Abbiamo ballato l’Hully Gully per trenta anni e nessuno pensava di definirlo Ballo di gruppo o Social Dance ah ah.
Era… Hully Gully e… basta.
Ogni volta che veniva suonato, le coppie in pista si scioglievano e singolarmente, in gruppo ordinato e compatto, si mettevano a ballare muovendo nella stessa direzione quei passi semplici semplici facili facili: quattro più quattro più quattro etc .
Nel corso degli anni eravamo convinti della eternità e della unicità dell’Hully Gully.
SIGNIFICATO DEL NOME
Ma cosa significa “Hully Gully”?
L’espressione deriva da un gioco popolare in America in cui un giocatore scuote una manciata di noci,
noccioline o semi e chiede al suo avversario “Hully Gully” cioè “Quanti sono?”
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DURATA DEL BALLO NEL TEMPO
Fra successi che andavano e venivano, esso sopravviveva, uguale a se stesso, immutabile e inimitabile per circa un decennio.
Era italiano o cubano? Era americano o caraibico?
All’epoca non ci interessava affatto… a noi bastava sapere che esistesse.
Nessuno si chiedeva da dove fosse venuto, e come, perché e quando.
Noi lo sentivamo più nostrano che mai, un compagno di giochi adolescenziali, che si manteneva in perfetto equilibrio con l’universo delle danze in continua trasformazione.
PERCHE’ ERA TANTO AMATO?
Era anche una certezza per i più timidi.
Nei tempi in cui non esistevano tante scuole di ballo, tutti potevano affrontare la pista su un brano di hully gully:
era un ballo amico che non tradiva mai e non nascondeva brutte sorprese.
Era un ponte levatoio aperto ed invitante verso il ballo:
era la porta d’ingresso che portava in pista anche i non ballerini.
Il grande Edoardo Vianello, con le sue canzoni ( I Watussi – 1963 / Hully Gully in 10 – 1964 / ecc.), ci ha dato tanti momenti di allegria e per questo lo ringraziamo.
Ascoltiamo infine una delle canzoni italiane di maggior successo con questo ritmo…
E’ il mitico ma leggero e spensierato brano…I Watussi… di Edoardo Vianello che, anche grazie al video, ci riporta alle atmosfere di allora.
CIAOOOOOOOOOO
TONY KOSPAN
Testo dal web con modifiche, impaginazione e rielaborazione T.K.
mi appare questa poesia che non esito a definire sublime
benché l’autore non sia proprio notissimo.
LA MIA VITA NON E’ STATA UNA SCALA DI CRISTALLO Langston Hughes
Figlio, ti dirò
che la mia vita
non è stata una scala di cristallo…
ma una scala di legno tarlato
con dentro i chiodi e piena di schegge
e gradini smossi sconnessi
e luoghi squallidi
senza tappeti in terra.
Ma ho sempre continuato a salire,
ed ho raggiunto le porte
ed ho voltato gli angoli di strade,
e qualche volta mi sono trovato nel buio,
buio nero, dove mai è stata luce.
Così ti dico, ragazzo mio,
di non tornare indietro,
di non soffermarti sulla scala
perché penoso è il cammino,
di non cedere, ora.
Vedi io,
continuo a salire…
E la mia vita,
non è stata una scala di cristallo.
Langston Hughes
è stato un poeta, scrittore, drammaturgo e giornalista statunitense
i cui temi principali dell’attività letteraria sono stati
la vicinanza agli emarginati e la lotta al razzismo.