Archivio per Maggio 2021

Buon lunedì sera in poesia “Farò” Gibran – arte Dhurmer – canzone “Quando l’estate verrà” Minghi   1 comment

 
 
 
 
               
Lucien Levy Dhurmer
 
 
 
 
 
 
 L’inizio e il declino dell’amore
si percepiscono dall’impaccio che si prova
nel trovarsi soli insieme.
Jean de La Bruyère, I caratteri, 1688
 
  
 

                  
Lucien Levy Dhurmer
 
 
 
 
FARO’
Kahlil Gibran
 
Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
Ti amerò come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle
canta l’eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.

 
 
 
 

Lucien Levy Dhurmer 

 
 

                 ro roro roro ro                     

 
 
 
 
 
 

 

Lucien Levy Dhurmer- M.lle Carlier


 
 

LA PITTURA FUTURISTA – Il manifesto.. le linee guida ed i dipinti – II PARTE   Leave a comment

 





Come accennavamo nel primo post dedicato al 
la corrente si estende in tutte le discipline artistiche.
 
Iniziamo da quella principale… la pittura
che ebbe anch’essa un suo manifesto,
anzi, più manifesti.




 

Carrà – Il cavaliere rosso

 
 
 

LA PITTURA FUTURISTA
MANIFESTO E CARATTERISTICHE

 
 
 
Il primo, dell’11 febbraio 1910, fu redatto da Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Gino Severini e Giacomo Balla che poi furono tra i più grandi pittori futuristi.
 
Ecco sulla pittura, certo la regina delle arti futuriste, quanto a numero ed importanza di opere, qual è il programma che i manifesti annunciano:
un assoluto rifiuto del tradizionale modo di dipingere per giungere ad un ampio rinnovamento sia mediante nuove tecniche (come ad esempio il collage molto usato ad es. dal Boccioni), che con l’esaltazione del movimento, delle macchine e della modernità in genere.

 
 
 
 

 Balla – Trasformazione forma spirito

 
 
 


Leggiamo però proprio su questo aspetto un significativo passo del manifesto del 1911:

“Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza delle immagini nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono.
Così un cavallo da corsa non ha quattro gambe: ne ha venti, e i loro movimenti sono triangolari.”
 
Il tutto, per la “filosofia” della corrente, deve avvenire nell’ambito di una ricerca che anticipi il futuro.
 
In verità la nascente pittura futurista risente molto di quella della corrente cubista, anch’essa nata anch’essa Parigi (Mont Martre) solo 2 anni prima (1907).

 
 
 


Luigi Russolo – La rivolta – 1911

 
 

Ma mentre Il cubismo scompone un oggetto e poi lo ricompone in una nuova forma o prospetto il futurismo interseca diverse cose tra loro.
Inoltre mentre il tempo nel cubismo è statico nel futurismo è accelerato… veloce.
 
 
 
Per chi pattina sul ghiaccio sottile, la sicurezza è nella velocità.
Ralph Waldo Emerson

 
 
 
Ed è proprio la velocità… simbolo della modernità… il principale carattere che gli artisti vogliono dare alle loro opere.
 
Come?
 
Molto bella, a mio parere, questa spiegazione del prof. Morante del Liceo Artistico di Benevento (http://www.francescomorante.it/cap_V/V.4.htm).

 
 
 
 

Boccioni – La città che sale – (New York – Museum of Modern Art)
 
 



“Nei quadri futuristi, la velocità si traduceva in linee di forza rette che davano l’idea della scia che lasciava un oggetto che correva a grande velocità.
Mentre in altri quadri, soprattutto di Balla, la sensazione dinamica era ricercata come moltiplicazione di immagini messe in sequenza tra loro.
Così che le innumerevoli gambe che compaiono su un suo quadro non appartengono a più persone, ma sempre alla stessa bambina vista nell’atto di correre («Bambina che corre sul balcone»).”
 
 

 

Balla – Bambina che corre sul balcone

  
 

LA STORIA DELLA PITTURA FUTURISTA
(ed in buona sostanza di tutta la corrente)


 
 
La prima mostra si tenne nel 1912 sempre a Parigi… all’epoca capitale mondiale di tutte le avanguardie.
 
L’attività del gruppo dei pittori futuristi aveva però la sede a Milano.
 
La mostra evidenziò la necessità di uniformare le diverse tecniche e tematiche dei vari artisti… che decisero di accogliere in parte la tecnica di scomposizione del cubismo per poter meglio rendere il movimento dei corpi e degli oggetti.
 
Non più, dunque,  precisione di prospettiva e di proporzioni del soggetto dipinto ma l’esigenza di giungere a dare, mediante sequenze di parti ripetute e l’accavallamento o la separazione degli spazi,  la percezione del movimento.
 
La pittura futurista così come fu influenzata da altre avanguardie ebbe a sua volta molta influenza sulle altre correnti artistiche contemporanee…
 
All’estero ebbe molti seguaci soprattutto in Russia.


 
 
 
Natalija Gončarova – Il ciclista
 
 
 
 
 
IL SECONDO FUTURISMO

 
 
A seguito della morte di Boccioni nel 1916 ed il distacco da parte di Carrà e Severini attratti dal cubismo il gruppo, insieme a nuovi artisti,  si trasferì a Roma accanto a Marinetti fondatore del Futurismo.
 
Nasceva così nel 1918 il secondo futurismo che ebbe 2 fasi… la prima legata al postcubismo ed al costruttivismo e la seconda al surrealismo.
 
La novità artistica più importante di questa fase è senz’altro l’Aeropittura.

 
 
 

Tullio Crali 

 


Il gruppo all’arrivo del fascismo si divise tra fautori ed oppositori ma la maggior parte aderì (ricevendone favori)  anche se poi i gerarchi trattarono sempre il futurismo con sufficienza.
 
Pian piano il Futurismo declinò… ma pur senza assurgere ai vertici artistici iniziali ha vissuto alterne vicende ed in realtà non è mai davvero scomparso.
 
Per gli autori che ancor oggi si ispirano al futurismo si parla di Terzo Futurismo.

 
 
 

Enzo Benedetto – Ciclista – 1926

 
 

I PIU’ NOTI DIPINTI FUTURISTI

 
 
Osserviamo ora alcune tra le opere più importanti dei più famosi pittori della corrente.


 
 
GINO SEVERINI

 
 

 
Ballerina blu
 
 
 
 
Geroglifico dinamico del Bal Tabarin – 1912 – Metropolitan Museum (New York)
 
 
 

Il treno blindato – 1915 – collezione Zeisler, New York 
 
 
 
 

GIACOMO BALLA
 
 
 
 
 

Rondini in volo – 1913 – New York – Museum of Modern Art
 
 
 
 

Dinamismo di unc ane al guinzaglio – 1912 – Albright-Knox Art Gallery (Buffalo)
 
 
 
 
 

CARLO CARRA’


  

Funerali dell’anarchico Galli (1911)




 
Lo spirito del cavaliere occidentale
 
 
 
 

UMBERTO BOCCIONI

 
 
 
Pessimismo e ottimismo – 1923

 
 
 
Visioni simultanee

 
 
 

La risata – 1911




I rumori della strada invadono la casa – 1911


 
 
 
FINE II PARTE
 
 
 
 
Copyright Tony Kospan per il Mondo di Orsosognante


Il post proseguirà affrontando l’esame delle altre espressioni artistiche futuriste.


 
 

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Chi desiderasse conoscere la I PARTE del post
relativa alla nascita della corrente
ed al manifesto fondante del Futurismo
può cliccare qui giù.
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IL MONDO DELL’ARTE E DEGLI ARTISTI
NEL GRUPPO DI FB
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Gino Severini – La ballerina





 

Il giuggiolo.. questo sconosciuto – Riscopriamo la pianta, il frutto, la storia, gli usi ed il perché del noto detto   Leave a comment

 

 

 

 

Quasi tutti conosciamo l’espressione “andare in brodo di giuggiole”.

E’ un’esclamazione che talvolta sentiamo pronunciare e pronunciamo per sottolineare un momento vissuto con grande soddisfazione. 

Il “brodo di giuggiole” non è però uno strano modo di dire bensì un antico e prelibato distillato oggi però difficilmente reperibile nei grandi mercati.

 

 

 

Il fiore


 

IL GIUGGIOLO… QUESTO SCONOSCIUTO

 

 DESCRIZIONE – STORIA – RICETTA – MODI DI DIRE E…

a cura di Tony Kospan

 

 

LA PIANTA

 

 

 

 

Il giuggiolo (Zizyphus vulgaris) è una pianta alta  dai 5 a i 12 metri originaria dell’Africa settentrionale e della Siria che in tempi antichissimi si diffuse in Cina e in India, dove viene coltivato da oltre 4000 anni. 

E’ per questo che viene anche chiamato “dattero cinese”. 
Presenta un aspetto piuttosto contorto, con rami irregolari e spinosi. 
Le foglie di piccole dimensioni, sono d’un verde brillante con margini seghettati mentre i piccoli fiori sono gialli.

 

 

 

LA GIUGGIOLA (IL FRUTTO)

 

 

 

 

La giuggiola… il frutto… assomiglia ad una grossa oliva dal colore prima verdastro e poi rosso marrone scuro quand’è matura. 

La polpa di colore verde è soda e compatta ma farinosa ed ha un leggero sapore dolce.
Spesso il giuggiolo viene innestato nel melo per cui si ha un frutto… la giuggiola-mela… di dimensioni cospicue e dalla polpa zuccherina e soda.

 

 

 

LA STORIA DEL GIUGGIOLO

 

 

 

 

Già per Erodoto, che definì le giuggiole simili ai datteri, esse potevano essere usate  per produrre un vino liquoroso ed inebriante. 

Però i Greci  le mangiavano anche come frutta.

 

Narra Omero nell’Odissea che Ulisse e i suoi uomini a causa di una tempesta, si ritrovarono sull’isola dei Lotofagi e che i suoi uomini, si lasciarono tentare dal frutto del loto un frutto che magicamente  fece loro dimenticare mogli, famiglie e la nostalgia di casa. 
Si ritiene che il loto di cui parla sia lo “Zizyphus lotus”, un giuggiolo selvatico.

 

Una specie affine, lo “Zizypus spinachristi”, è ritenuto dalla leggenda una delle due piante che servirono a preparare la corona di spine di Gesù. 
Dopo un periodo in cui era diventato solo una pianta di nicchia sembra che ora stia tornando di moda.

 

 

 

 

IL GIUGGIOLO IN ITALIA

 

 

 

 

 

I romani per primi lo importarono  in Italia chiamandolo”Zyzyphum” e per essi era simbolo del silenzio ed adornava i Templi della Prudenza. 

Il termine latino è rimasto nel dialetto veneto “zizoea“. 

In Romagna in molte case coloniche era coltivato adiacente alla casa nella zona più riparata ed esposta al sole. 

Si riteneva che fosse una pianta portafortuna. 

In Veneto ed in particolare a d Arquà Petrarca i giuggioli sono ancora piantati nei giardini di molte abitazioni e le giuggiole sono variamente utilizzate in cucina ed in… cantina. 

Oltre all’espressione di cui parlavo all’inizio una volta era diffuso anche chiamare affettuosamente “giuggiolino” i bambini simpatici e grassottelli. 
Nella medicina popolare è considerata uno dei quattro frutti “pettorali” con fichi, datteri e uvetta. 
Viene usata in infuso o in decotto per prevenire e curare i sintomi da raffreddamento e le infiammazioni alle vie respiratorie. 

 

 

 

L’USO ODIERNO

 

 

 

 

Le giuggiole si consumano sia fresche, appena colte dall’albero, sia quando sono un po’ secche. 

C’è un solo nocciolo all’interno simile a quello delle olive. 

Si possono trasformare anche in marmellate oppure conservate sotto grappe. 

Si fanno anche tisane e sciroppi dolcissimi utilizzati contro la tosse ed anche il famoso… brodo liquoroso.

I frutti sono diuretici, emollienti e lassativi.



 

 

 

IL BRODO DI GIUGGIOLE

LA RICETTA 

 


INGREDIENTI:

 – 1 kg di giuggiole
 – 1 kg di zucchero
 – 2 mele cotogne
 – 1 limone non trattato
 – 1 litro di vino bianco
 – 200 gr di uva isabella o vespolina sgranata

 

ESECUZIONE:

 Prediligete delle giuggiole mature e raggrinzite, che sono poi quelle più dolci, eliminatene il nocciolo. 

Mettetele in acqua unitamente alle mele cotogne tagliate a fettine, la scorza di limone, l’uva e lo zucchero, cuocete e dopo un’oretta di cottura a temperatura dolce aggiungete un po’ alla volta il vino di modo che questo possa sostituire l’acqua.
 

Passate tutto al setaccio. 

Il risultato finale deve essere quello di una “marmellatina” tenera e saporita.




 

 


IL DETTO:

ANDARE IN BRODO DI GIUGGIOLE

 

 

L’espressione nasce a seguito della ricetta con questo nome usata nei paesi intorno al Lago di Garda e considerata una vera e propria prelibatezza.

Viene riportata già nel 1612 nel Vocabolario degli accademici della Crusca e le viene dato il significato di  “godere di molto di chicchessia”.

Poi essa si diffuse in tutta Italia e resiste bene ancor oggi… nel senso di “gran godimento“.




 

 


CIAO DA TONY KOSPAN





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La breve ma travolgente storia dei “Blog”… e qualche pensiero sul mio   2 comments

 


SOLO IERI NASCEVANO I BLOG

– STORIA.. EVOLUZIONE ED UN MIO PENSIERO –

 

 

 

 

NEL 1997 O NEL 1999 NASCEVA IL




 


 

 

 

Era il maggio 1999  quando Peter Merholz scrisse,  “we blog“, inteso come noi blogghiamo, sulla fascia laterale del suo sito.
E in quel momento nel gergo tecnologico e nei vocabolari si fece largo l’ uso del termine come sostantivo (“weblog”).
Ma forse era il 1997  dato che già 2 anni prima i pionieri del web incominciarono a sperimentare un modo per “auto pubblicare” i loro testi e foto senza chiedere permesso a nessuno.

 

 

 

 

Il mondo si era già “blog-formato” ma senza saperlo.

Oggi conosciamo siti che dettano legge nel web e paesi dove i blogger venivano (e ancora vengono) arrestati come Cina e Iran (e tanti altri).
 
E anche blog che si trasformano in giornali – qualcuno chiama ancora così l’ “Huffington Post” –  una corazzata con tantissimi collaboratori (ormai però è diventato un giornale).
 
Il blog da genere “antimedia” si è mutato in “mainstream”, ovvero abitudine di massa: abbiamo oltre 2 miliardi di iscritti a Facebook nel mondo che ogni giorno “bloggano” senza nemmeno sapere di farlo.
 
Si è polverizzato poi anche nei “twitter” di 140 caratteri o nel “TumblR”, più lungo, ma sempre fulmineo nel testo o nelle sentenze ma anche in nuovi e vari social.
 
E sono pure cose che ora si possono fare anche senza un computer: non c’ è telefono “smart” che non abbia il suo programmino per pubblicare un “post” o per leggere il flusso dei “twitter”.
 
 
 
 
 
 
 
 

Le idee si sminuzzano in uno spazio lungo quanto uno sms e stabiliscono la nuova unità di misura della comunicazione se n’è accorto il New York Times che ha nominato un “Social Media Editor”.
 
Si occuperà di “disseminare” le notizie del giornale, liofilizzate in micro messaggi, attraverso twitter, Facebook, MySpace e ovviamente attraverso i blog.
 
E come si fa a viaggiare nel mare del social web?
 
Il link è il collegamento che ogni blog (o twitter o microblog qualsiasi) stabilisce con la fonte della sua notizia o della sua indignazione.
 
Io cito te, tu citi me, e avanti così per migliaia di collegamenti.
 
Parole che comunicano con parole.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
C’erano una volta i blog del sottosuolo e dell’ antimedia.
 
Era il 1999 forse il 1997.
 
 
VITTORIO ZAMBARDINO – (con molte modifiche dato che l’articolo iniziale non è recente)
 
 
Dal quotidiano LA REPUBBLICA – impaginazione e libero adattamento di Tony Kospan
 
 
 
 

 

 
 
LA MIA ESPERIENZA ED UN PARERE
 
 
Oggi i blog classici stanno cambiando la loro funzione… ed in parte hanno anche perso la loro centralità nel mondo del web… dopo l’esplosione dei social network… in primis Facebook.
 
Dunque sta avvenendo una loro trasformazione da diario personale da mostrare ai visitatori a vero e proprio piccolo sito con proposte di informazioni, pareri, analisi, poesie, immagini, video etc… da condividere e scambiare con i lettori – frequentatori – visitatori casuali – amici.
 
Inoltre appare sempre più spesso esserci un’interazione tra social network e blog per le possibilità molto più ampie di immagini colori sfondi e musiche che presentano questi ultimi accanto alla strepitosa facilità di contatti dei primi.
 
Infine l’esplosione tecnologica, che consente a tutti di frequentare il web con una miriade di aggeggi elettronici (cellulari,  tablet, smartphone etc ), ha consentito una parallela esplosione delle offerte e richieste di informazioni, conoscenze, contatti etc..


Purtroppo c’è da constatare infine che questo immenso flusso di informazioni tocca molto poco i temi culturali rimanendo per la massima parte ancorato su temi sportivi… erotici… comici… politici e anche spesso interpretati solo come arene di insulti o come pedane di lancio di fake news (bufale) senza limiti.

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Questo il mio parere, oggi, ma devo dire che l’evoluzione tecnologica non solo non rallenta, nonostante la crisi, ma procede in modo velocissimo e certamente assisteremo presto a nuovi ulteriori cambiamenti, a nuove imprevedibili velocizzazioni ed ampliamenti delle telecomunicazioni.

Personalmente sono giunto in ritardo al blog, prima ero nelle comunità virtuali (antesignane degli attuali social network), e l’impostazione iniziale nell’accostarmi a questo mondo era quella di scrivere, o selezionare, messaggi, pensieri, poesie, riflessioni, sogni, interessi etc… (ma non tanto personali) ed inserirli poi in una bottiglia (post) lanciata nell’immenso mare di internet.
 
Successivamente ho creato una inter-relazione tra Blog e Mondo Social (Facebook e Twitter), ma in modo assolutamente molto personale.
 
Devo infine dire che oltre alle numerosissime frequentazioni quotidiane questo mio blog appare anche punto di riferimento e di dialogo per molti e la cosa mi rende molto felice per cui sento anche il dovere di ringraziare  in primis i tantissimi visitatori e poi soprattutto coloro che, commentando i vari post o scrivendo al blog, entrano in contatto con me con le loro idee, i loro pareri, i loro consigli, i loro suggerimenti etc. e perché no critiche (per fortuna rare).
 
Concludo pertanto augurando “Lunga vita ai blog”.
 
 
 

 


Tony Kospan

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La Grande Piramide di Giza ed i suoi segreti   Leave a comment


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Ancora oggi sono molti i misteri di questa
che è la più bella piramide in assoluto.

Esaminiamoli… uno per uno

 
 
 
 
 
La Grande Piramide di Giza  – Lo splendore di Khufu

 

 

 

I MISTERI DELLA GRANDE PIRAMIDE

 
 
 
 
 
Interno della Piramide
 

 

 

1 – IL MISTERO DEL MODO IN CUI FU COSTRUITA

 

Come siano riusciti gli antichi Egizi ad edificare una struttura che occupa un’area di 5,3 ettari, che si innalza verso il cielo per circa 145 metri, composta da due milioni e mezzo di massi calcarei e che complessivamente pesa 6 milioni di tonnellate, non è ancora del tutto chiaro, anche perché sull’argomento, stranamente, non sono rimaste moltissime testimonianze.

Di sicuro gli architetti dovevano essere buoni conoscitori delle scienze matematiche, dato che le proporzioni e le misure della piramide sono straordinariamente precise. 

I risultati di tutte le altre misurazioni hanno portato, inoltre, alla convinzione che la Grande Piramide, in realtà, sia stata progettata come un gigantesco schema del tempo, in attesa di essere interpretato dalla civiltà futura.







Si ipotizza che la costruzione di questo straordinario monumento sia durata circa trent’anni con l’impiego di circa quattromila uomini, fra muratori e costruttori.

A differenza di altri antichi monumenti egizi, la Grande Piramide contiene vani e corridoi anche nelle parti alte della struttura. Per 3000 lunghi anni l’interno della piramide è rimasto inviolato.

Fu solo nel 820 d.C. che una spedizione archeologica riuscì finalmente ad individuarne l’entrata.

All’interno, anche il corridoio ascendente era stato chiuso e nascosto attraverso l’utilizzo di blocchi di granito.

Dopo aver aperto un varco attorno ad essi, la spedizione raggiunse la Camera del Re solo per scoprire che il sarcofago del faraone era vuoto.

 

 

 

 

 

 

2 – IL MISTERO DELLA CAMERA DEL RE

 

Attraverso un’entrata praticata appena sopra la base, al centro del lato nord, si accede ad uno stretto passaggio che scende in una camera scavata nella roccia sotto al monumento.

Sempre dallo stesso passaggio parte un altro corridoio che, invece, sale fino a sboccare prima in un piccolo vano, denominato Camera della Regina, e poi nella Grande Galleria, che porta fino alla Camera del Re, la stanza più imponente, che contiene un cofano a sarcofago.

Questa camera di Re: scoperta intorno all’anno 820 d.C. dal Califfo Ma’mun.

Essa è situata a un terzo dell’altezza della Grande Piramide, e cioè a circa 45 mt dalla base.

Ci si aspettava di trovare un  tesoro proporzionato alla grandezza del monarca, ed invece la camera del faraone (funeraria secondo l’egittologia ortodossa) era completamente vuota e spoglia dal qualsiasi decorazione e iscrizione.

Solamente un sarcofago in granito vuoto (oggi tale materiale viene intagliato per la sua durezza, con abrasivi quali la polvere di diamante o di carburo di silicio detto carborundo.

Per accedere alla Camera del Re, si devono superare  percorsi stretti ed impraticabili, corridoi e gallerie piccolissime.

La domanda che ci si pone è come hanno fatto i saccheggiatori di tombe a trafugare tutto (se mai c’è stato un tesoro, ndA) , ma proprio tutto all’interno di una stanza situata a circa 45 mt di altezza, e  il cui unico modo per raggiungerla dalla base è una galleria ascendente (bloccata da pesantissimi tappi in granito) che si collega alla Grande Galleria, lunga circa 46 mt e con una pendenza di 26°?

 

 



 

 

 

3 – IL MISTERO DEI MOTIVI DELLA COSTRUZIONE

 

Ancora oggi nessuno può sapere con esattezza quale fosse la reale destinazione della Grande Piramide, a parte il fatto di essere il prodotto di numerosi e precisi calcoli matematico-astronomici.

Se non era una tomba costruita per ospitare il corpo di Cheope, a cosa serviva?


Chi aveva bloccato il passaggio, in che modo e soprattutto perché, visto che non conteneva nessun tesoro? 

Ma poi… come fu possibile realizzarla in un tempo così remoto?


E’ credibile che una civiltà dell’età del rame abbia accumulato 21 milioni di tonnellate di pietre in circa un secolo, di cui 12 milioni solo a Giza, realizzando qualcosa che si discostava completamente da quanto mai realizzato sia prima che dopo?

 

 

 

 

 

 

Tra gli specialisti in archeologia egizia, è opinione comune che fu costruita come tomba per il faraone della IV Dinastia (2575-2467 a.C.) Khufu (conosciuto come Cheope).

Questa opinione si basa principalmente sul ritrovamento di geroglifici su alcune pietre all’interno della piramide che assomigliano al suo sigillo, e alla testimonianza di Erodoto che vide i monumenti nel V° secolo a.C., cioè più di 2000 anni dopo che erano stati costruiti.

Nonostante il fatto che nessun corpo fu mai trovato all’interno delle sue stanze ben sigillate, gli egittologi persistono nella loro teoria, facendo nascere una storia su decine di migliaia di schiavi costretti al lavoro per decine di anni nella costruzione di una montagna di pietre in cui mettere il cadavere di un solo uomo.

Stranamente, i meticolosi scrivani dell’antico Egitto non hanno lasciato nè una parola ne un geroglifico riguardante la piramide.

Inoltre la più antica immagine conosciuta, un affresco rappresentante degli schiavi forzati a trasportare dei blocchi di pietra su delle slitte di legno, fu dipinto mille anni dopo la data in cui gli egittologi ritengono che la piramide sia stata costruita.

 

 

 

 

 


UN’IPOTESI SULLE MODALITA’ DELLA COSTRUZIONE

 

Per non parlare del metodo utilizzato, così bene descritto da John Baines, professore di Egittologia presso l’Università di Oxford: “Via via che la piramide cresceva in altezza, la lunghezza della rampa e la sua larghezza alla base venivano aumentate per mantenere una pendenza costante (di circa uno a dieci) e impedire che crollasse. Con tutta probabilità vennero utilizzate più rampe accostate alla piramide da vari lati“.

Però per portare un piano inclinato alla cima della Grande Piramide con una pendenza di 1:10  sarebbe stata necessaria una rampa lunga 1460 metri, con un volume più elevato della stessa piramide.

E’ difficile immaginare come, lungo questa chilometrica salita, gli schiavi trascinavano blocchi pesanti diverse tonnellate.

Altri egittologi hanno ipotizzato allora l’utilizzazione di rampe a spirale realizzate in mattoni e fango attaccate ai fianchi della Piramide.

Indubbiamente per queste ci sarebbe voluto meno materiale nella loro costruzione, ma l’idea di squadre di operai che trascinano massi pesantissimi su per curve a gomito è paradossale.  

 

 

 

 

 

 

Testo da vari siti web – coordinamento ed impaginaz. Orso Tony
 
 
 
 
 
CIAO DA TONY KOSPAN




 


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Breve ricordo di Walt Whitman.. noto poeta americano.. anche con la sua passionale poesia “Credo in te anima mia”   Leave a comment

 
 





Walter Whitman, noto come Walt Whitman, 
è stato un poeta, scrittore e giornalista americano. 

Questo notevole poeta americano dell’ottocento 
ci offre, in modo libero e direi modernissimo,
versi densi di grande sensualità
immersi in un ambiente in cui la natura è parte importante.






E’ considerato il padre della poesia americana 
ed anche il primo poeta moderno 
ad utilizzare normalmente il verso libero, 
di cui è considerato in un certo senso l’iniziatore.


Per conoscerlo un po’
propongo la lettura di questa sua notissima poesia 
che non è solo una poesia d’amore
ma molto di più.

 
 
 
 
 
Talantbek Chekirov
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CREDO IN TE ANIMA MIA
di WALTER WHITMAN 
POESIA SUBLIME D’AMORE E PASSIONE
a cura di Tony Kospan



 
 
 



E’  riconosciuta come una di quelle poesie sublimi
che ci fa “conoscere”
quello che la quotidianità e chiuse visioni secolari
 non ci consentono spesso di vedere e sentire.
 
 
.
.
 
 
 
 
 
 


L’idea che emerge, in modo forte e chiaro,
nella visione di questo poeta,
è che il piacere fisico, i momenti di passione,
non sono accessori…
bensì elementi sostanziali dell’amore.
 
 
Elementi che insieme ad un reale sentimento
ed a una sincera partecipazione emotiva
ci consentono di giungere all’estasi sublime.

 
 
 
 
 
Tiziano – Amor Sacro e Amor Profano
 
 
 
 

L’eros quindi assume anch’esso una sua sacralità,
negata per millenni dai fondamentalismi religiosi
 che hanno in pratica… staccato l’anima dal corpo…
demonizzando quest’ultimo
ed impedendo emozioni e vibrazioni di luce.
 
 
In tal senso anche la poesia Sufi d’amore
fu combattuta all’interno della sua religione.

 
 
 
 
Walt Whitman (West Hills 31.5.1819 – Camden 26.3.1892)




 
 Ma ora leggiamola…

 
 
 
 
 


Alma Tadema

 
 
 
 
 
 CREDO IN TE ANIMA MIA
 Walt Whitman
 

 

Credo in te, anima mia,

l’altro che io sono non deve umiliarsi di fronte a te,

 e tu non devi umiliarti di fronte a lui.

 Ozia con me sull’erba,

libera la tua gola da ogni impedimento, 

né parole, né musica o rima voglio,

 né consuetudini né discorsi,

neppure i migliori, soltanto la tua calma voce bivalve,

 il suo mormorio mi piace.

Penso a come una volta giacemmo, 

un trasparente mattino d’estate,

come tu posasti la tua testa

di per traverso sul mio fianco

ti voltasti dolcemente verso di me,

 e apristi la camicia sul mio petto,

e tuffasti la tua lingua sino al mio cuore snudato,

e ti stendesti sino a sentire la mia barba,

 ti stendesti sino a prendere i miei piedi.

 Veloce si alzò in me

e si diffuse intorno a me la pace e la conoscenza

che va oltre ogni argomento terreno,

io conosco che la mano di Dio è la promessa della mia,

 e io conosco che lo spirito di Dio

 è il fratello del mio,

e che tutti gli uomini mai venuti alla luce

sono miei fratelli e le donne sorelle ed amanti,

 e che il fasciame della creazione è amore,

 e che infinite sono le foglie rigide o languenti nei campi,

 e le formiche brune nelle piccole tane sotto di loro,

 e le incrostazioni muschiose del corroso recinto,

pietre ammucchiate, sambuco, verbasco ed elleboro.


 

 

 

 

Lauri Blank


 
 
 
 

CIAO DA TONY KOSPAN




Csaba Markus – Rapsodia d’amore


 
 
 

Martedì notte in poesia “Come angeli” Ive Balsamo – arte Tran Nguyen – canzone “Cercami” R. Zero   Leave a comment

 
 
 
 
 
 Tran Nguyen

 
 

 

 

 

fiori ximqrfiori ximqr

L’amore immaturo dice:

“Ti amo perché ho bisogno di te”.

L’amore maturo dice:

”Ho bisogno di te perché ti amo”

Erich Fromm

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Tran Nguyen

 

 

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fre bia pouce     musical notes

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COME ANGELI 
Ive Balsamo
 
 
Danziamo
come angeli
nel buio
dei Quasar
stringendoci le mani.
Baci
di stelle
si posano
sulle labbra,
polveri di luna
ci abbracciano.
Come sfere
impazzite
rotoliamo
nel vuoto
intonando
canti d’amore
al ritmo
di suoni siderali.
E’ un sogno
incantato,
amore mio,
svanisce
all’alba.

 
 
 
 

 Tran Nguyen

 
 
 
 
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PER LE NOVITA’ DEL BLOG
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Tran Nguyen



Felice domenica sera in poesia “Qui ti amo” Neruda – arte Dvorak – canzone “Che vuole questa musica” P. Gagliardi   Leave a comment

 
 

Franz Dvorak – Le 4 rose

 
 
 
 
 
 
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mhbkup

Soltanto l’amore è in grado di unire gli esseri umani
in modo da completarli e appagarli, 
giacche’ solo l’amore li conquista e li aggrega
ricorrendo al sentimento più profondo che si cela in loro. 
– Padre Pierre Teilhard De Chardin –

 mhbkup
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Franz Dvorak
 
 
 

QUI TI AMO
Pablo Neruda


Qui ti amo. Negli oscuri pini si districa il vento.
Brilla la luna sulle acque erranti.
Trascorrono giorni uguali che s’inseguono.
La nebbia si scioglie in figure danzanti.
Un gabbiano d’argento si stacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte, alte stelle.
O la croce nera di una nave. Solo.
A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima.
Suona, risuona il mare lontano.
Questo è un porto. Qui ti amo.
Qui ti amo e invano l’orizzonte ti nasconde.
Ti sto amando anche tra queste fredde cose.
A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,
che corrono per il mare verso dove non giungono.
Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.
I moli sono più tristi quando attracca la sera.
La mia vita s’affatica invano affamata.
Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante.
La mia noia combatte con i lenti crepuscoli.
Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi.
La luna fa girare la sua pellicola di sogno.
Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi.

E poiché io ti amo, i pini nel vento vogliono cantare
il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.
 

 
 
 
Franz Dvorak
 
 
 
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da Orso Tony

 
 
 


3
PER CHI AMA L’ARTE…
Frecce (174)
Ripped Note




fre bia pouce    musical notes

Franz Dvorak




Paesaggi naturali incredibili ed affascinanti (ma quasi impossibili da vedere) anche in video   1 comment

 








Sparsi per il mondo ci sono
paesaggi davvero stupefacenti.



 





 



 Sono luoghi che, volenti o nolenti,
non potremo mai veder da vicino…
o molto difficilmente potremo farlo.

  






  Alcuni di essi sono davvero fantastici…
e questo video di consente di ammirarli…
da molto vicino…
forse perfino meglio che stando sul posto.

 





 


Video… imperdibile…





Guardiamolo…
 







 



 



Ciao da Tony Kospan





Il venditore di palloncini (Quello che ci fa volare) – Raccontino simpatico ma anche saggio   1 comment





Un raccontino davvero sublime

che ci consente qualche semplice

ma interessante riflessione







QUELLO CHE CI FA VOLARE

(Il venditore di palloncini)



Parecchi anni fa, un uomo vendeva palloncini per le strade di New York. 

 
Quando gli affari erano un pò fiacchi, faceva volare in aria un palloncino. 

Mentre volteggiava in aria, si radunava una nuova folla di acquirenti e le vendite riprendevano per qualche minuto. 

Alternava i colori, sciogliendone prima uno bianco, poi uno rosso e uno giallo. 

Dopo un po’ un ragazzino afroamericano gli dette uno strattone alla manica della giacca, lo guardò negli occhi e gli fece una domanda acuta:

“Signore, se lasciasse andare un palloncino nero, salirebbe in alto?” 

Il venditore di palloncini guardò il ragazzo e con saggezza e comprensione gli disse:

“Figliolo, è solo quello che è dentro i palloncini che li fa salire verso il cielo”.







Raccontino dal web




ARCOBALEN99



“Se fossi più giovane, se fossi più ricco,

se fossi più grande, se fossi più bello…”  


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Come il bambino della storia molte persone pensano che il successo, ma anche il solo star bene con sé stessi, dipenda esclusivamente da fattori esterni e non da ciò che hanno dentro



Ecco perché passano tutta la loro vita aspettando che altri li facciano volare… finché poi non si sgonfiano… perché non hanno trovato il tempo, o forse il coraggio, di guardarsi veramente dentro ed esprimere poi le proprie potenzialità quali che siano. 

Però quel che conta non è tanto l’affermazione in sé e per sé, che va comunque ricercata senza frenesie ed evitando competizioni eccessive, continue ed inutili, ma l’esser contenti con se stessi per esser riusciti in ogni caso ad esprimere ed a “far volare”, il proprio mondo interiore.







E voi cosa ne pensate?

Ciao da Tony Kospan



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