Archivio per 11 dicembre 2020

LOMBARD STREET – LA VIA PIU’ TORTUOSA.. BELLA E FIORITA.. DEL MONDO   Leave a comment







In verità, a mio parere, non è interessante solo perché è considerata la più tortuosa ma anche per altri aspetti.








LOMBARD STREET LA VIA PIU’ TORTUOSA DEL MONDO


Lombard Street è una via di San Francisco in California.

Il tratto più celebre di Lombard Street è Russian Hill, tra Hyde Street e Leavenworth Street, dove la carreggiata ha otto ripidissimi tornanti che hanno regalato alla via la fama di “strada più tortuosa del mondo“.








Questo tratto, istituito nel 1922, è nato per la necessità di ridurre la pendenza della collina che è del 51% .








E’ lungo 400 mt, presenta una pavimentazione di mattoni rossi, ha ai lati fantastiche coloratissime aiuole ed è percorribile dalle vetture solo in discesa.








Il limite di velocità consentito in questo tratto è di 8 km/h ma è stato superato spesso nelle scene di inseguimento con auto di vari film polizieschi americani di cui questa strada è stata spesso il set.




Il panorama di San Francisco visto dalla sommità di Lombard Street





Eccola anche in questo mio mini video FB






CULTURA CON LEGGEREZZA
E… SETI PIACE… I S C R I V I T I









La lunga storia.. in breve.. del Presepe da San Francesco ad oggi – Religiosità e piccoli capolavori   1 comment

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Il Presepe e l’Albero di Natale sono i simboli principali

di quella che è la più grande festa della Cristianità.


Ma mentre l’Albero di Natale ha un’origine abbastanza recente

il Presepe vanta un’origine “santa” essendo stato “inventato” da S. Francesco

e presenta una storia lunghetta ma molto interessante

 che in breve ora possiamo conoscere.


 

 
 
 
 
 

LA VERA STORIA DEL PRESEPE

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sono gli evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la Natività.
Nei loro brani c’è già tutta la sacra rappresentazione che a partire dal medioevo prenderà il nome latino di praesepium ovvero recinto chiuso, mangiatoia.
Si narra infatti della umile nascita di Gesù come riporta Luca “in una mangiatoia perché non c’era per essi posto nell’albergo” (Ev., 2,7) dell’annunzio dato ai pastori, dei magi venuti da oriente seguendo la stella per adorare il Bambino che i prodigi del cielo annunciano già re.
Questo avvenimento così famigliare e umano se da un lato colpisce la fantasia dei paleocristiani rendendo loro meno oscuro il mistero di un Dio che si fa uomo, dall’altro li sollecita a rimarcare gli aspetti trascendenti quali la divinità dell’infante e la verginità di Maria.
Così si spiegano le effigi parietali del III secolo nel cimitero di S. Agnese e nelle catacombe di Pietro e Marcellino e di Domitilla in Roma che ci mostrano una Natività e l’adorazione dei Magi, ai quali il vangelo apocrifo armeno assegna i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ma soprattutto si caricano di significati allegorici i personaggi dei quali si va arricchendo l’originale iconografia: il bue e l’asino, aggiunti da Origene, interprete delle profezie di Abacuc e Isaia, divengono simboli del popolo ebreo e dei pagani; i Magi il cui numero di tre, fissato da S. Leone Magno, ne permette una duplice interpretazione, quali rappresentanti delle tre età dell’uomo: gioventù, maturità e vecchiaia e delle tre razze in cui si divide l’umanità, la semita, la giapetica e la camita secondo il racconto biblico; gli angeli, esempi di creature superiori; i pastori come l’umanità da redimere e infine Maria e Giuseppe rappresentati a partire dal XIII secolo, in atteggiamento di adorazione proprio per sottolineare la regalità del nascituro.







 
Anche i doni dei Magi sono interpretati con riferimento alla duplice natura di Gesù e alla sua regalità: l’incenso, per la sua Divinità, la mirra, per il suo essere uomo, l’oro perché dono riservato ai re.
A partire dal IV secolo la Natività diviene uno dei temi dominanti dell’arte religiosa e in questa produzione spiccano per valore artistico: la natività e l’adorazione dei magi del dittico a cinque parti in avorio e pietre preziose del V secolo che si ammira nel Duomo di Milano e i mosaici della Cappella Palatina a Palermo, del Battistero di S. Maria a Venezia e delle Basiliche di S. Maria Maggiore e S. Maria in Trastevere a Roma.
In queste opere dove si fa evidente l’influsso orientale, l’ambiente descritto è la grotta, che in quei tempi si utilizzava per il ricovero degli animali, con gli angeli annuncianti mentre Maria e Giuseppe sono raffigurati in atteggiamento ieratico simili a divinità o, in antitesi, come soggetti secondari quasi estranei all’evento rappresentato.


 
 
 

Presepe di Arnolfo di Cambio – 1283

 
 
 


Dal secolo XIV la Natività è affidata all’estro figurativo degli artisti più famosi che si cimentano in affreschi, pitture, sculture, ceramiche, argenti, avori e vetrate che impreziosiscono le chiese e le dimore della nobiltà o di facoltosi committenti dell’intera Europa, valgano per tutti i nomi di Giotto, Filippo Lippi, Piero della Francesca, il Perugino, Dürer, Rembrandt, Poussin, Zurbaran, Murillo, Correggio, Rubens e tanti altri.

 

 

 

 
 
 


Il presepio come lo vediamo rappresentare ancor oggi nasce, secondo la tradizione, dal desiderio di San Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Betlemme coinvolgendo il popolo nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio la notte di Natale del 1223, episodio rappresentato poi magistralmente da Giotto nell’affresco della Basilica Superiore di Assisi.
 
Primo esempio di presepe inanimato è invece quello che Arnolfo di Cambio scolpirà nel legno nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue nella cripta della Cappella Sistina di S. Maria Maggiore in Roma.
 
Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti producono statue di legno o terracotta che sistemano davanti a una pittura riproducente un paesaggio come sfondo alla scena della Natività, il tutto collocato all’interno delle chiese.
 
Culla di tale attività artistica fu la Toscana ma ben presto il presepe si diffuse nel regno di Napoli ad opera di Carlo III di Borbone e nel resto degli Stati italiani.
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Nel ‘600 e ‘700 gli artisti napoletani danno alla sacra rappresentazione un’impronta naturalistica inserendo la Natività nel paesaggio campano ricostruito in scorci di vita che vedono personaggi della nobillà, della borghesia e del popolo còlti nelle loro occupazioni giornaliere o nei momenti di svago, nelle taverne a banchettare o impegnati in balli e serenate.
 
Ulteriore novità è la trasformazione delle statue in manichini di legno con arti in fil di ferro, per dare movimento, abbigliati con vesti di stoffe più o meno ricche, adornati con monili e muniti degli strumenti di lavoro tipici dei mestieri dell’epoca e tutti riprodotti con esattezza anche nei minimi particolari.




 



A tali fastose composizioni davano il loro contributo artigiani vari e lavoranti delle stesse corti regie o la nobiltà, come attestano gli splendidi abiti ricamati che indossano i Re Magi o altri personaggi di spicco, spesso tessuti negli opifici reali di S. Lencio.
 


In questo periodo si distinguono anche gli artisti di Genova e quelli siciliani che, fatta eccezione per i siracusani che usano la cera, si ispirano sia per i materiali che per il realismo scenico, alla tradizione napoletana. Sempre nel ‘700 si diffonde il presepio meccanico o di movimento che ha un illustre predecessore in quello costruito da Hans Schlottheim nel 1588 per Cristiano I di Sassonia.
La diffusione a livello popolare si realizza pienamente nel secolo scorso quando ogni famiglia in occasione del Natale costruisce un presepe riproducendo la Natività secondo i canoni tradizionali con materiali – statuine in gesso o terracotta, carta pesta e altro – forniti da un fiorente artigianato.
 
 

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A Roma le famiglie importanti per censo e ricchezza gareggiavano tra loro nel costruire i presepi più imponenti, ambientati nella stessa città o nella campagna romana, che permettevano di visitare ai concittadini e ai turisti. Famosi quello della famiglia Forti posti sulla sommità della Torre degli Anguillara, o della famiglia Buttarelli in via De’ Genovesi riproducente Greccio e la caverna usata da S. Francesco o quello di Padre Bonelli nel Portico della Chiesa dei Santi XII Apostoli, parzialmente meccanico con la ricostruzione del lago di Tiberiade solcato dalle barche e delle città di Gerusalemme e Betlemme.
 
 
 Oggi dopo l’affievolirsi della tradizione, causata anche dall’introduzione dell’albero di Natale, il presepe è tornato a fiorire grazie all’impegno di religiosi e privati che con associazioni come quella degli amici del presepe, Musei tipo il Brembo di Dalmine vicino Bergamo, Mostre, tipica quella dei 100 Presepi nelle Sale del Bramante di Roma, una tra le prime in Italia, rappresentazioni dal vivo come quelle di Rivisondoli in Abruzzo o Revine nel Veneto e soprattutto gli artigiani napoletani e siciliani in special modo, eredi delle scuole presepiali del passato, hanno ricondotto nelle case e nelle piazze d’Italia la Natività e tutti i personaggi della simbologia cristiana.

 
 
 
 

 

 


Ora da alcuni decenni il cuore mondiale del presepe… è Via San Gregorio Armeno… la famosissima via del centro di Napoli in cui sono concentrati tantissimi laboratori artigianali (ma che non è esagerato definire talvolta artistici) che creano presepi di ogni tipo e forma…
 
Questa stradina è in ogni stagione, ma soprattutto nel periodo prenatalizio, meta di centinaia di migliaia di turisti e di appassionati del presepe provenienti da ogni parte del  mondo… (N.T.K.)

 
 
 
 

 
 
 

Testo presente in vari siti web – impaginazione e note di Tony Kospan




UNO SPAZIO VIRTUALE COMUNE D’ARTE
POESIA MUSICA SOGNI RACCCONTI
RIFLESSIONI BUONUMORE ETC
NEL GRUPPO…
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LA FAMIGLIA DELL’INFANTE DON LUIS DI BORBONE – Storia.. analisi.. personaggi ed enigmi del primo capolavoro di Goya   Leave a comment





Questo dipinto, di cui ora vi parlerò, è il primo capolavoro di Goya,  il suo primo grande ritratto e tra le sue pochissime opere esistenti in Italia!

Ne conosceremo la storia.. i personaggi.. i misteri e ne farò una breve analisi. 

Personalmente amo molto i dipinti in cui sono presenti numerosi soggetti perché mi appaiono suggestivi in quanto rappresentano spesso l’unica documentazione di un’epoca, di una società, di un ambiente e di un’atmosfera.

Questo poi, oltre a contenere tutto quanto appena detto, vi aggiunge anche un preciso aspetto storico, ma presenta pure dei lati arcani, quasi divertenti e  geniali.

Ma andiamo con ordine.

Il dipinto è LA FAMIGLIA DELL’INFANTE DON LUIS DI BORBONE creato da Goya nel 1783-1784 e conservato presso la Fondazione Magnani-Rocca di Parma.




Goya – Autoritratto giovanile
Francisco José de Goya y Lucientes (Fuendetodos, 30.3.1746 – Bordeaux, 16.04.1828)



STORIA DEL DIPINTO


Siamo nella seconda metà del ‘700, Goya è un pittore non ancora affermato ed il committente Don Luis, è il fratello del Re di Spagna Carlo III.

Don Luis, fratello minore del Re già ad 8 anni era stato nominato arcivescovo di Toledo e poi cardinale ma a 28 anni aveva rinunciato alla carriera ecclesiastica per poter vivere senza freni da grande libertino.

Pur considerato non molto “sveglio”, infatti fin da giovanissimo era andato a caccia di donne e di selvaggina nonché di altri piaceri, approfittando del suo potere regale dato che, a detta di Casanova, era uno degli uomini più brutti della Spagna.



Don Luis e la moglie



A circa 50 anni però aveva deciso di mettere la testa a posto, di tirare i remi in barca e di ritirarsi nel suo Palazzo di Arenas de San Pedro, a 140 km a ovest di Madrid.

Si era sposato, innamorato, con una donna molto più giovane di lui di ben 32 anni, María Teresa de Vallabriga y Rozas, ma di una nobiltà minima che gli aveva fatto perdere, con il decreto (non casuale) del Re “Pragmatica de matrimonios desiguales”, ogni diritto al trono per lui ed i suoi eredi.

Comunque manteneva la possibilità di mantenere una piccola corte nel suo Palazzo insieme ad altri privilegi.

Era però molto svampito e la moglie lo riprendeva pubblicamente e duramente e si vociferava che talvolta lo menasse perfino.

Tuttavia il nostro mostrava anche dei lati positivi dato che da amante dell’arte aveva deciso di avere una piccola corte di pittori, musicisti… etc. per onorare lui e la sua famiglia.

Tra i vari pittori contattati per selezionare il pittore “di corte” la sua scelta era caduta su Goya, pittore promettente ma ancora semisconosciuto e squattrinato.

Lo evinciamo dalle parole di gioia dello stesso Goya alla notizia, consapevole che per lui questo poteva essere, come poi sarà, il primo passo di una grande carriera: 
Sua Altezza mi ha coperto di doni, io ho fatto il suo ritratto, quello della moglie, del figlio e della figlia, con un successo insperato perché altri pittori si erano già misurati, senza riuscirci, in questa impresa”.

Infatti qualche anno dopo ormai noto ed apprezzato, persa la protezione di Don Luis a causa della sua morte, troverà facilmente nuovi committenti.







IL DIPINTO 


L’artista dunque riceve alla fine del 1783, quando da Don Luis ha 56 anni (ma ne dimostra tanti di più), l’invito a dipingere tutta la sua famiglia e la sua piccola corte.

Il dipinto, a lungo poco apprezzato, è ora invece considerato il primo vero capolavoro del pittore spagnolo ed è tra i pochissimi conservati in Italia.

Goya per la prima volta dipinge un grande ritratto (248 x 328 cm) con molti personaggi e mette insieme, senza alcuna distinzione, principi e domestici, funzionari ed artisti.

Luigi Magnani, che lo comprò a caro prezzo negli anni ’70 dalla famiglia Ruspoli, era convinto che nascondesse un segreto.

Il gruppo appare in riunione prima di ritirarsi nelle stanze per la notte ma appare immobile come se fosse su di un palcoscenico… il che è evidenziato anche dalle grandi tende alle loro spalle.

Il tutto è poi illuminato da una piccola ed inadeguata candela che accentua un’atmosfera poco allegra anche se con lati tragicomici come la risata del segretario di Donna Maria Teresa (e non solo).

Le uniche 2 persone che appaiono “vive” sono l’anzidetto segretario giulivo e la piccola María Teresa.

Goya ritrae anche se stesso mentre dipinge il gruppo e questo escamotage ci riporta al mitico “Las Meninas” di Velazquez.

Qui però non si vede lo specchio che tuttavia, secondo una corrente interpretazione, il pittore immagina e lascia immaginare che sia di fronte al gruppo.









I PERSONAGGI



Il personaggio principale, Don Luis, non è al centro ma appare di lato e sembra guardare nel vuoto quasi inebetito, mentre sul tavolo ci sono delle carte da gioco (l’asso di denari, il due e il re di bastoni) che indicano un “solitario” il più triste tra i giochi con le carte.

Centrale è invece la moglie che in vestaglia si fa pettinare dal suo parrucchiere.

E’ lei, con lo sguardo ed il portamento, che ci mostra chi sia la personalità forte del gruppo anche se non appare molto interessata alla scena.







Partendo dalla sinistra vediamo prima lo stesso Goya che sta dipingendo il gruppo, poi due cameriere con accanto, vestito di azzurro, il piccolo don Luis María (futuro cardinalee la piccola María Teresa (futura moglie di Godoy e contessa di Chinchón) che guarda il pittore dipingere.








Dopo il parrucchiere e la moglie di don Luis notiamo in braccio alla bambinaia l’altra figlia, la piccola María Josefa, che diverrà contessa di San Fernando.

Identifichiamo infine i 4 uomini sulla destra tra cui spicca quello che ride apertamente e che buca tutta la scena.






Il primo è don Manuel Moreno responsabile della Segreteria ed accanto a lui, molto elegante, il musicista e violoncellista italiano Luigi Boccherini che faceva parte della piccola corte e che visse a lungo in Spagna.

Gli altri 2, alle loro spalle, sono Francisco del Campo, il segretario particolare (e molto… molto intimo) di donna María Teresa che è l’unico del gruppo a ridere apertamente e don Alejandro de la Cruz, pittore da camera di sua Altezza.







IL SIGNIFICATO


Innanzitutto cosa esprime il dipinto?

Una nobiltà che dopo secoli di potere appare stanca, formale, vuota, ingessata e prossima alla fine.

Ce lo dice Goya con quel “tavolino impossibile” dato che ha una sola gamba, con quel lume così piccolo e scadente, con lo sguardo vuoto del fratello del Re e tanti altri piccoli particolari come ad es. le carte da gioco che per i tarocchi significherebbero perdita e cambiamento.

Don Luis morirà qualche anno dopo e la Rivoluzione Francese è molto vicina ed anche se non avrà riflessi diretti sulla Spagna tuttavia provocherà un gran bello scossone.

Tuttavia Goya qui, così come in tutta la sua produzione, dipinge una doppia realtà pur se senza alcun intento satirico né moraleggiante.

La prima realtà è quella che vede con gli occhi… la seconda è quella che da artista percepisce.








I SEGRETI O  GLI ENIGMI



Penso che non si sbagliasse il Magnani quando diceva dei segreti del dipinto.

Vediamone alcuni.

Il principale è il tavolino con una gamba sola indicante quasi certamente una situazione ed un ambiente traballante ma che potrebbe avere anche altre spiegazioni.

Soprattutto però è enigmatica la figura del segretario bendato e che se la ride tanto (perché è bendato?  perché se la ride?).

Alcuni studiosi hanno intravisto in lui la figura di un popolano che sbeffeggia la poco nobile situazione.

Questa tesi non mi convince molto (in relazione a quanto detto prima sul modus operandi del pittore) e ritengo quindi che il Goya volesse solo “rivelare in modo criptico” qualcosa della regale combriccola che non poteva mostrare chiaramente, ma che lui conosceva bene.








Ma non finiscono qui le stranezze di questo personaggio, se osservate bene, ha anche una mano aperta dietro di sé come per ricevere qualcosa che l’uomo alle sue spalle sta prendendo dal panciotto.

Cosa? Le chiavi della camera di Donna Maria Teresa, una sua lettera, o?








CONCLUSIONE


La Fondazione Magnani-Rocca di Parma merita certo una visita, per ammirare questo dipinto, ma non solo.


FINE


Copyright Tony Kospan
In caso di copia… indicare blog ed autore.




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IL TUO GRUPPO D’ARTE E DI ARTISTI








IN RIVA AL MARE – Inusuale ma poetico racconto che ci racconta la magica nascita di un amore tra persone mature   Leave a comment




Frederic Leighton – Idillio



IN RIVA AL MARE
PROSA-POETICA DI SOGNO E D’AMORE MATURO






Questa prosa-poetica (che scambiai per poesia) mi piacque subito.
Non parlava di amori giovanili o di amori tout court, ma di un amore tra persone mature… cosa alquanto rara… non nella realtà… ma nel panorama generale delle poesie e della narrativa.
E’ poi molto bella, a mio parere, anche per la freschezza e la semplicità delle immagini evocate… e l’atmosfera dolce e romantica.
Debbo dire che per me il titolo giusto sarebbe… IL GRANDE SOGNO… e cioè la prima frase.

Essa ci rivela anche che, finché vivremo, non dovremmo smettere di sognare… mai!

Ma ora leggiamola…







IN RIVA AL MARE
Riccardo Spelta

Il grande sogno.
S’erano cercati a lungo.
Vite trascorse con tutti gli alti e bassi di chi non si accontenta di un semplice rapporto, ma non trova mai di meglio.
Ormai erano convinti che le loro aspirazioni sarebbero rimaste per sempre un sogno nel cassetto.
Rassegnati a lasciarsi vivere, dedicavano i loro tempi ad altre effimere soddisfazioni.
Finì l’estate e le vacanze, trascorse nella stessa pensione, senza conoscersi nè mai incontrarsi, se non all’ora di pranzo.
Quell’ultimo giorno, triste come tutti gli ultimi giorni di piacevole vacanza, ebbero la stessa idea: un ultimo saluto al mare.
Ognuno di loro si recò alla spiaggia e si sdraiò a gustare quell’ultima brezza.
Poi i loro sguardi s’incrociarono.
Un semplice sorriso.
Le prime frasi di convenienza.
Ma la chiacchierata si ampliò, toccando temi sempre più personali ed intimi.
Avvicinarono le sdraio, con la scusa dell’ascoltare meglio.
Tante affinità emersero d’incanto.
La piacevolezza reciproca era incontestabile.
L’attrazione irresistibile.
Moriva un’estate, ma nasceva una storia, che sicuramente era quella tanto sognata.
Il sole tramontò senza che loro se ne rendessero conto e la brezza si fece pungente.
Lui le prestò la giacca per coprirsi e la invitò a rientrare.
Lei lo prese sottobraccio, con un gesto così spontaneo e naturale come di una intera vita insieme.








E voi cosa ne pensate?


Orso Tony




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Il Pinturicchio – Breve ricordo.. anche con dipinti e video.. del pittore del ‘400   Leave a comment



Ritorno di Ulisse




Il suo vero nome era Bernardino di Betto Betti

ma è sempre stato chiamato… Pinturicchio




(Perugia 1452 c/a – Siena 11.12.1513)




Perché Pinturicchio?


Semplice… perché era di piccola statura…

e tutti lo chiamavano così…

ed a lui il soprannome piaceva così tanto

da firmar dei dipinti proprio in questo modo.




Giulia Farnese



Era un artista della scuola Umbra del ‘400

dalla notevole tecnica e “completo”

nel senso che era bravo in tutti i generi di pittura.


Infatti eccelleva sia nella pittura su tavola,
che nell’affresco e nella miniatura.







Fino all’ottocento tuttavia il nostro non era molto amato dai critici
benché diverse sue opere fossero sempre state celebri.
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Fu ricordato anche dal Vasari… ma in maniera molto negativa.



Madonna della pace




In questo bel video un’ampia serie di suoi dipinti




L’aritmetica



Diversi anni fa il suo nome tornò in auge

quando l’Avvocato Agnelli paragonò il giocatore Del Piero,

artista del pallone, proprio al Pinturicchio.




Papa Pio II




Tony Kospan





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