Archivio per 27 novembre 2020

Buon weekend in poesia “L’angelo buono” R. Alberti – arte E. Vernon – canzone “Perché ti amo” Camaleonti   Leave a comment

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Emile Vernon

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Amano davvero,
quelli che tremano nel dire che amano
Philip Sidney
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Emile Vernon

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L’ANGELO BUONO
Rafael Alberti

Venne quello che amavo,
quello che invocavo.
Non quello che spazza cieli senza difese,
astri senza capanne,
lune senza patria,
nevi.
Nevi di quelle cadute da una mano,
un nome,
un sogno,
una fronte.
Non quello che alla sua chioma
legò la morte.
Quello che io amavo.
Senza graffiare i venti,
senza foglia ferire né smuovere cristalli.
Quello che alla sua chioma
legò il silenzio.
Senza farmi del male,
per scavarmi un argine di dolce luce nel petto
e rendermi l’anima navigabile.



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Emile Vernon
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da Orso Tony
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Emile Vernon


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Davvero simpaticissime e divertenti le letterine inviate dai bambini a Gesù Bambino   Leave a comment


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Sono note le simpaticissime e sorprendenti espressioni, 

domande e riflessioni dei bambini.



Non da meno sono quelle 

rinvenute nelle letterine a Gesù Bambino

di cui ora possiamo leggere una piccola antologia.




 

 


LETTERINE A GESU’



Sono alcune frasi raccolte dal libro:


“Caro Gesù, puoi cambiare il sapore degli asparagi?”

Ed. Sonzogno
 

 





* Caro Gesù, per noi la messa è molto noiosa.
Perché non ci aggiungi anche dei cartoni?
(Andrea)

* Caro Gesù, ti prego, prenditi cura del mondo.
Ci sono due grandi problemi, l’inquinamento e la guerra.
Comincia pure con quello che vuoi
(Nicola)

* Caro Gesù, con chi ti vedi nel tempo libero, con gli apostoli?
(Valentina)

* Caro Gesù, sei stato forte ad inventare la religione.
Tutti parlano di te
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Anche io vorrei diventare famoso.
Spero di avere un’idea come la tua.
(Mattia)

* Caro Gesù, che faccia facevano tutti quando facevi i miracoli?
Non ti veniva da ridere?
(Carolina)







* Caro Gesù, posso mandare delle preghiere per il campionato?
(Edoardo)

* Caro Gesù bambino, grazie per i gormiti che mi hai portato, scometto che piacciono anche a te.
Chi è il tuo preferito?
Il mio è helicon
(Leo)

* Caro Gesù, perché hai fatto quelle bestie brutte come gli scarafaggi e i ragni?
Ti servivano a qualcosa?
(Teresa)

* Caro Gesù, cosa ne pensi di chi dice che non esisti?
Li consideri come tifosi di un’altra squadra? Per esempio interisti?
(Paolo)

* Caro Gesù, mi piace tanto disegnare e vorrei farti un ritratto.
Puoi venire giù dal cielo così ti guardo bene da vicino?
(Carolina)







* Caro Gesù bambino, ci vediamo a Natale, non vedo l’ora…
(Clara)

* Caro Gesù Bambino, era bella la sveglia di Pooh che hai portato a me e a mia sorella.
Peccato che era rotta.
La prossima volta puoi controllare prima, per favore?
(Amalia)

* Caro Gesù, secondo me il wrestling è tutto una finta.
Giusto?
(Giovanna)

* Caro Gesù, il papà dice che il calcio è diventato brutto perché girano troppi soldi.
Puoi prenderne un po’?
Così ritorna più bello (non dire che sono stato io a darti l’idea)
(Enrico)

* Caro Gesù, la mamma dice che posso stare fuori fino al tramonto.
Sabato puoi fermare il sole?
(Erica)







* Caro amico Gesù, per me tu sei uno come noi.
Non ci credo che sei morto e risorto.
Magari abiti dalle mie parti.
(Giovanni)

* Caro Gesù, vado in una scuola di suore.
Sono gentili, ma non potevi farle vestire un po’ meglio?
I preti invece sono eleganti secondo me
(Lucia)

* Caro Gesù, ti voglio chiedere una cosa: più pace nel mondo.
E già che ci siamo, un paio di Reebok per Natale
(Edoardo)

* Caro Gesù, eri forte quando camminavi sulle acque.
Ma dovresti vedermi sciare
(Debora)

* Caro Gesù, per favore mi fai l’autografo?
Faccio la raccolta
(Cristina)







(LE FRASI SONO STATE RINVENUTE NEL WEB – IMPAGINAZ. TK)



CIAO DA TONY KOSPAN




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IL CUORE – Ecco come appare nelle poesie.. nell’arte.. nelle canzoni e negli aforismi   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 
 

Proseguiamo lungo l’immaginario percorso in poesia
(e non solo) che va dalla nascita fino all’affermarsi di un amore
e dunque, dopo gli occhi e l’incontro… di cosa parlare se non del cuore?

Eh sì dopo l’incrocio di sguardi e dopo essersi conosciuti
cosa è accaduto al nostro cuore? 
 
 

IL CUORE 
NELLE POESIE.. NEGLI AFORISMI.. NELL’ARTE E NELLE CANZONI
a cura di Tony Kospan


 
 
 
 
 
 


Ben dice con questo suo aforisma Carlo Dossi…

Dove gli occhi van volentieri,
anche il cuore va,
né il piede tarda a seguirli.
 
 
Dunque attraverso gli occhi e l’incontro
l’amore s’intrufola nel cuore… e lì si installa.


 

 



 

Inoltre se nel nostro immaginario l’amore ha una casa… 
questa è certamente il cuore.

E se provate cercare nella vostra mente un’immagine dell’amore
quale migliore di un cuore rosso?
 
 
Aggiungo infine, se proprio ce ne fosse bisogno,
che è proprio lui… l’organo più importante del nostro corpo
a segnalarci l’arrivo dell’amore battendo all’impazzata.


 
 
 
 
 
 


Debbo infine dire che 
se infiniti sono, nelle poesie, i riferimenti al cuore,
tuttavia, quelle in cui ne è proprio il soggetto principale,
non sono poi moltissime.
 
 
Prima di passare alle poesie, come di consueto,
leggiamo alcuni aforismi.


 
 
 
 

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Il cuore è una ricchezza che non si vende
e non si compera, ma si regala.
G. Flaubert
 
 
Si vede bene solo con il cuore.
L’essenziale è invisibile agli occhi.
Antoine de Saint-Exupéry
 
 
Diffida di tutto,
tranne di quello che ti dice il tuo cuore.
Susanna Tamaro
 
 
Il cuore ha le sue ragioni
che la ragione non conosce.
Pascal

 
 
 
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Ma veniamo ora alle poesie prescelte stavolta e,
come sempre, sarà bello leggere quelle che amate voi.
 
 
I dipinti accanto alle poesie sono tutti di Mojmir Jezek.


 
 
 
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BUSSANO
~ Jacques Prevert  ~
 
Chi è ?
Nessuno
E’ solo il mio cuore che batte
Che batte troppo forte
Per causa tua.
Ma di fuori
La piccola mano bronzea sulla porta di legno
Non si sposta ….
Non si muove
Non muove neanche la punta del dito.


 

 
 


LA CURVA DEI TUOI OCCHI INTORNO AL CUORE
~ Paul Eluard  ~
 
La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
ruota un moto di danza e di dolcezza,
aureola di tempo,arca notturna e sicura
e se non so più quello che ho vissuto
è perchè non sempre i tuoi occhi mi hanno visto.
Foglie di luce e spuma di rugiada
canne del vento,risa profumate,
ali che coprono il mondo di luce,
navi cariche di cielo e di mare,
caccia di suoni e fonti di colori,
profumi schiusi da una cova di aurore
sempre posata sulla paglia degli astri,
come il giorno vive di innocenza,
così il mondo vive dei tuoi occhi puri
e tutto il mio sangue va in quegli sguardi.


 
 
 


CUORE*
~ Vladimir Majakovskij ~
 
… Sbottonato sul petto,
col cuore quasi fuori,
m’apro al sole e alle pozzanghere.
Entrate con le passioni!
Venite con gli amori!
Ormai non è più in mio potere
controllare il cuore.
Conosco dove hanno di casa il cuore,
gli altri.
Dentro il petto, si sa.
Per me invece
è impazzita l’anatomia.
è tutto cuore,
romba dappertutto….
 
*versi estratti dalla poesia Adulto


 
 
 
 


DESIDERIO
~  Federico Garcia Lorca  ~
 
Solo il tuo cuore ardente
e niente più.
Il mio paradiso un campo
senza usignolo
né lire,
con un fiume discreto
e una fontanella.
Senza lo sprone del vento
sopra le fronde
né la stella che vuole
essere foglia.
Una grandissima luce
che fosse
lucciola
di un’altra,
in un campo di
sguardi viziosi.
Un riposo chiaro
e lì i nostri baci,
nèi sonori
dell’eco,
si aprirebbero molto lontano.
Il tuo cuore ardente,
niente più.
 
 
 

 

 

PER IL MIO CUORE
~  Pablo Neruda  ~
 
Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua libertà bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriverà fino in cielo
ciò che stava sopito sulla tua anima.
E in te l’illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada sulle corolle.
Scavi l’orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l’onda.
Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi maestri delle navi.
Come quelli sei alta e taciturna.
E di colpo ti rattristi, come un viaggio.
Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono
gli uccelli che dormivano nella tua anima.

 
 
 

 
 

 

 

 

 

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Quale emisfero del nostro cervello è dominante? Questo test ci dice se in noi domina la razionalità o la fantasia   Leave a comment





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Sappiamo tutti che il nostro cervello
è formato da 2 emisferi
ciascuno con specifiche competenze…
e che comunicano tra loro
attraverso il cd. corpo calloso.



Ecco un elenco (ma a grandi linee) 
delle competenze dei due emisferi:


Emisfero sinistro

Emisfero destro

logica

istinto

lingua, parole (parlare, leggere, scrivere)

disegno, musica, canto, arte, danza

affronta una cosa alla volta

integra diversi input contemporaneamente

elabora le informazioni in maniera lineare

percepisce e pensa in modo olistico

compie operazioni in modo sequenziale

sede dei sogni

concreto, razionale

spirituale, sacro, mistico

calcolo matematico

interpretazione di forme e volumi

dogmi e vecchie regole

dà nuove regole

vecchie soluzioni a nuovi problemi

nuove soluzioni a vecchi problemi

comunicazione logica

comunicazione gestuale, emozionale

mette in sequenza, linearità, lista

visione d’insieme, schemi

classificazione

percezione

ragionamento

sintesi

memoria verbale

memoria visiva

dettagli

globale

bianco e nero

colori

spazio 2D

spazio 3D

metodo

intuito

nota le differenze

nota le somiglianze

scompone

ricompone

pone obiettivi

più sensibile alle idee positive

tempo (prima, dopo)

focalizzazione sul presente (qui e ora)

orecchio sx (linguaggio, particolari del discorso)

orecchio sx (musciale, discorso in generale)

occhio dx (vedere da vicino, mettere a fuoco)

occhio sx (vedere da lontano, spaziare)

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tabella dal web




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In sintesi, ma molto ampia, possiamo dire
che uno è addetto alla razionalità…al metodo
e l’altro alla fantasia… all’istinto

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Noi utilizziamo entrambi gli emisferi a turno,
a seconda delle occasioni in cui ci troviamo ad agire…
ma abbiamo anche… naturalmente la tendenza
ad usare uno più dell’altro che pertanto
possiamo definire dominante.








Come possiamo stabilire quale facciamo lavorare di più
e quindi alla fin fine dominare?

Questo test di un può aiutarci a capirlo…




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Se ci va raccontiamo
qual è il nostro emisfero dominante…


Ciao


Tony Kospan




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“Il gregge” – Bello ed elegante davvero questo racconto di Miriam Ballerini (con dipinti.. pastorali)   Leave a comment



Non ricordo più dove trovai,

parecchio tempo fa, questo racconto.


L’autrice in seguito l’ho poi conosciuta un po’ (virtualmente)

frequentando il sito di un’amica.


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Francesco Paolo Michetti – Pastorella con il suo gregge




Grande fu quindi la mia sorpresa nel leggere il suo nome
come autrice di questo bel racconto quando mi tornò tra le mani…
(ohibò… ma si può dir ancora così dato che oggi
grazie al web tutti i documenti sono virtuali?).



Jules Dupré



Si tratta di un racconto che unisce eleganza di prosa,
a realismo, emozione,  dolcezza…
e grande tensione verso una visione positiva della vita.

Vi consiglio di tutto cuore di leggerlo.
 


 
 
Henri Jean Guillaume Martin

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IL GREGGE
Miriam Ballerini
 
 


Tobia subì l’ennesimo strepito di urla della madre. Nascosto, seduto in cima alle scale, sull’ultimo gradino di legno, quello che scricchiolava meno degli altri; assisteva a un nuovo litigio dei genitori. 
O, forse, era sempre lo stesso che veniva ripresentato in una nuova versione.
“Non ne posso più della tua gelosia!”, gridò suo padre. 
La sua voce salì per la scala a chiocciola, fino a scontrarsi coi suoi piedi imbacuccati in un paio di pantofole a forma di cane.
“E io sono stanca delle tue bugie!” 
Sua madre, se possibile, urlò più forte di prima. 
Il bambino provò a coprirsi le orecchie con le mani, stringendo forte gli occhi, sperando in un qualche rifugio interiore, dove rintanarsi. 
“Basta! Me ne vado!”
“No, caro! Non sei tu che te ne vai, sono io che ti caccio via!” 
Tobia scalciò l’aria nel tentativo di rialzarsi velocemente. 
Rinculò fino alla sua camera, dove indossò le scarpe da ginnastica e il giubbetto che da poco si era tolto, tornando da scuola. 
Dall’alto delle scale vide l’ombra di suo padre stagliata sul muro: un lungo braccio nero che si allungò per aprire la porta, poi, solo il rumore dei suoi passi sul vialetto e l’accendersi del motore dell’auto. 
Tobia discese qualche gradino; sua madre piangeva in cucina, sentiva i suoi singhiozzi, nonostante cercasse di coprirne il suono lavando i piatti, sbattendoli fra loro nell’acqua saponata. 
Percorse il corridoio piano; delicatamente aprì la porta e la richiuse adagio. 
Aveva otto anni e il pensiero che gli si era presentato alla mente, era semplice e lineare: sottrarsi con la fuga ai litigi dei suoi genitori. 
Si sentiva svigorito, a furia di passare sempre più giornate ad ascoltare le loro urla, inerpicarsi sui gradini fino a raggiungerlo. 
Aveva paura, di un timore semplice che solo una parola sapeva racchiudere interamente: divorzio. 
A scuola sentiva i discorsi degli altri bambini, figli di divorziati: prima erano le urla, poi il silenzio della divisione. 
E loro, i bambini, rimanevano in quella terra di mezzo – una terra di nessuno – sbatacchiati ora da un genitore, ora dall’altro. 
E questo quando ti andava bene: a volte, venivi affidato a mamma e, papà, non si faceva più vivo. 
Senza accorgersene, Tobia camminò per le strade del paese, con le lacrime che a forza di pungergli gli occhi, avevano finito per trovare la loro via d’uscita. 
Si avviò verso la campagna, passando da un sentiero che a volte percorreva con papà, quando uscivano a raccogliere more; con i guanti per non pungersi le mani e i cestini di vimini che finivano per tingersi di blu. 
Superata una modesta altura, venne accolto dal latrare di alcuni cani e si ritrovò circondato da pecore, agnellini e un paio d’asini! 
Due pastori sedevano su dei massi, intenti a mangiarsi un panino, mentre custodivano il loro gregge. 
Quando i loro animali avessero ripulito a dovere quel campo, si sarebbero spostati in cerca di una nuova pastura. 
Tobia si soffermò ai margini di quell’insieme bianco sporco, belante, ad osservare gli agnellini che trotterellavano intorno alle zampe degli adulti. 
Trascorse così alcune ore, divertendosi ad accarezzare la lana sporca delle pecore e quella più candida dei loro cuccioli. 
I quali si avvicinavano giusto il tempo per farsi accarezzare il muso rosa, e poi scappare via. 
I suoi genitori, nel frattempo, si erano riconciliati, come sempre accadeva dopo le loro liti. 
Per il bene di Tobia, perché non c’erano davvero questi grandi motivi di contrasto. 
Erano la tensione, i malumori raccolti sul lavoro che andavano sfogati in qualche futile scontro; per liberarsi da quel catarro vischioso prodotto dallo stress. 
E poi, ancora si guardavano con negli occhi il velo dell’amore. 
Forse era un po’ rattoppato, logoro, ma pur sempre lì, a fungere da mantello per ripararsi l’un l’altro. 
La donna scese le scale di corsa, allarmata: “Tobia non c’è!”
“Non c’è?”
“Era in camera sua a fare i compiti. Non ci sono nemmeno più le sue scarpe!” 
Si guardarono, lei con le guance arrossate per la corsa, lui pallido, sbiancato dall’ angoscia.
Uscirono di casa, scordandosi di coprirsi.
Il freddo di dicembre li avvinghiò appena li ebbe fra le sue braccia.
Cominciarono a cercarlo dai vicini, nei negozi, nei bar. 
Fra le vie del paese agghindate con file di luci colorate e alberi di Natale, a recitare auguri con le scritte a intermittenza. 
Infine, udirono dei belati giungere dalla campagna, e le voci di alcuni uomini che chiedevano aiuto. 
I due coniugi di precipitarono verso quei suoni, davanti ai loro occhi si presentò una scena tremenda: le pecore erano discese tutte insieme da una collina che era franata sotto al loro peso, fra rovi e alberelli. 
Le bestie che erano scese per prime, stavano distese a terra, schiacciate dalle altre. 
I pastori tentavano di allontanare il resto del gregge, per impedirgli di finire anch’essi soffocati. 
Tobia corse loro incontro: “Mamma! Papà! Dobbiamo aiutarli!”
La madre lo afferrò per le spalle: “Io e te stiamo qui, è pericoloso”. 
Il padre si gettò fra le ressa di animali spaventati, sbattendo le mani e urlando, per far allontanare le altre pecore. 
Nonostante gli sforzi di tutte le persone accorse, e i pastori che provarono a rianimare le pecore praticando loro la respirazione bocca a bocca, per venti animali non ci fu nulla da fare. 
Tobia, stretto fra i genitori, rimase lì a guardare gli agnellini che richiamavano le loro madri defunte, distese in mezzo all’erba con le zampe levate in aria. 
La madre lo abbracciò stretto: “Vieni, torniamo a casa”.
“E adesso?”
Il padre si incamminò con loro, esausto, sporco. “Adesso ci penseranno i pastori. 
Ai piccoli rimasti orfani daranno loro il latte”. 
Entrarono in casa e il padre sedette con Tobia sul primo gradino della scala. “Tesoro, perché sei scappato?”
“Litigavate”.
Il bambino volse verso di lui due occhioni pieni di lacrime: “Litigate sempre! Io non voglio che divorziate”. 
La madre gli si inginocchiò accanto: “Tobia, papà e io ci vogliamo bene. Siamo un po’ nervosi, è vero, ma non abbiamo nessuna intenzione di lasciarci”. 
“E di lasciare me?” pensò alle zampe di quelle povere bestie, coi piccoli zoccoli appuntiti a indicare un posto lontano del campo. 
“Ma cosa dici?” Suo padre gli accarezzò i capelli. “Non pensarlo nemmeno”.
“Io e papà siamo un po’ come quei pastori che hai conosciuto oggi: per la nostra famiglia faremmo di tutto. 
Hai visto come hanno tentato di salvare il loro gregge? Noi faremmo lo stesso per te. Tu sei il nostro agnellino!” 
Sua madre lo baciò sulla fronte. “Il più bell’agnellino che abbia mai visto!” 
Tobia rise fra le lacrime, tirando su col naso gli ultimi singhiozzi che ancora aveva in gola. “E tu e papà siete due pecore?” 
“Bhè…io un bell’ariete, e mamma una pecora con tanta lana!” 
Risero, abbracciandosi, ritrovandosi in quell’amara esperienza.
********* 
Il giorno dopo degli uomini caricarono su di un camion le carcasse degli animali morti, per portarli all’inceneritore. 
Il gregge, nonostante la tremenda sciagura, proseguì nel suo viaggio. 
Tobia, divenuto adulto, non scordò mai quelle povere bestie morte schiacciate e l’impegno messo dai pastori per salvarle. 
Divenne padre di famiglia e, un giorno, si ritrovò a raccontare questa storia ai suoi figli. 
“… i miei genitori mi consolarono facendo questo esempio, da allora, ho sempre pensato alla famiglia come a un gregge: unita”.



Pellizza da Volpedo


 Ciao da Tony Kospan




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Francesco Paolo Michetti – Ritorno all’ovile




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