Archivio per 5 novembre 2020
Sir Edward John Poynter – Ore serene
Il cuore dello stupido è nella sua bocca,
ma la bocca del saggio è nel suo cuore.
(Benjamin Franklin)
Danza Jonica – Sir Edward John Poynter
A M O R E
Blaga Dimitrova
Ho perso l’andatura trascurata,
ho perso la mia risata presuntuosa
e il silenzio mite dell’anima,
e la freschezza nello sguardo distratto,
e di notte il sonno.
Ho perso i sentieri che mi attiravano,
la ribellione, e la libertà,
l’imprevisto, e il suono dei canti –
ho perso tutto, ma sono la più ricca
la più splendida del mondo.
Sir Edward John Poynter

UN MODO DIVERSO DI VIVER
LA POESIA E LA CULTURA
NELLA PAGINA FB
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Sir Edward John Poynter – Chloe
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Un bellissimo racconto
che ci parla dell’amore della natura per noi…
(che purtroppo la maltrattiamo).
L’ALBERO ED IL BAMBINO
Shel Silverstein
C’era una volta un albero che amava un bambino.
Il bambino veniva a visitarlo tutti i giorni.
Raccoglieva le sue foglie con le quali intrecciava delle corone per giocare al re della foresta. Si arrampicava sul suo tronco e dondolava attaccato ai suoi rami.
Mangiava i suoi frutti e poi, insieme, giocavano a nascondino.
Quando era stanco, il bambino si addormentava all’ombra dell’albero, mentre le fronde gli cantavano la ninna-nanna.
Il bambino amava l’albero con tutto il suo piccolo cuore. L’albero era felice.
Ma il tempo passò e il bambino crebbe.
Ora che il bambino era grande, l’albero rimaneva spesso solo.
Un giorno il bambino venne a vedere l’albero e l’albero gli disse: “Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l’altalena con i miei rami, mangia i miei frutti, gioca alla mia ombra e sii felice”.
Voglio dei soldi
“Sono troppo grande per arrampicarmi sugli alberi e per giocare”, disse il bambino.
“Io voglio comprarmi delle cose e divertirmi. Voglio dei soldi. Puoi darmi dei soldi?”
“Mi dispiace”, rispose l’albero, “ma io non ho dei soldi. Ho solo foglie e frutti. Prendi i miei frutti, bambino mio, va a venderli in citta’. Cosi’ avrai dei soldi e sarai felice”.
Allora il bambino si arrampico’ sull’albero, raccolse tutti i frutti e li portò via.
E l’albero fu felice.
Voglio una casa
Ma il bambino rimase molto tempo senza ritornare…. E l’albero divenne triste.
Poi un giorno il bambino torno’; l’albero tremo’ di gioia e disse:
“Avvicinati bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l’altalena con i miei rami e sii felice”.
“Ho troppo da fare e non ho tempo di arrampicarmi sugli alberi”, rispose il bambino, “Voglio una casa che mi ripari”, continuo’ “Voglio una moglie e voglio dei bambini, ho dunque bisogno di una casa. Puoi darmi una casa?”.
“Io non ho una casa”, disse l’albero: “La mia casa e’ il bosco, ma tu puoi tagliare i miei rami e costruirti una casa. Allora sarai felice”.
Il bambino taglio tutti i rami e li porto’ via per costruirsi una casa.
E l’albero fu felice.
Voglio una barca per fuggire
Per molto tempo il bambino non venne. Quando torno’, l’albero era cosi’ felice che riusciva a mala pena a parlare.
“Avvicinati, bambino mio”, mormoro’, “vieni a giocare”.
“Sono troppo vecchio e troppo triste per giocare” disse il bambino.
“Voglio una barca per fuggire lontano di qui. Tu puoi darmi una barca?”.
“Taglia il mio tronco e fatti una barca”, disse l’albero: “Cosi’ potrai andartene ed essere felice”. Allora il bambino taglio’ il tronco e si fece una barca per fuggire.
E l’albero fu felice….ma non del tutto.
Voglio riposare
Molto tempo dopo, il bambino tornò ancora.
“Mi dispiace, bambino mio”, disse l’albero “ma non resta piu’ niente da donarti… Non ho piu’ frutti”. “I miei denti sono troppo deboli per dei frutti”, disse il bambino. “Non ho piu’ rami”, continuo’ l’albero “non puoi piu’ dondolarti”..
“Sono troppo vecchio per dondolarmi sui rami”, disse il bambino. “Non ho piu’ tronco”, disse l’albero. “Non puoi piu’ arrampicarti”. “Sono troppo stanco per arrampicarmi”, disse il bambino. “Sono desolato”, sospiro’ l’albero. “Vorrei tanto donarti qualcosa….ma non ho piu’ niente. Sono solo un vecchio ceppo. Mi rincresce tanto….”.
“Non ho piu’ bisogno di molto, ormai”, disse il bambino. “Solo un posticino tranquillo per sedermi e riposarmi. Mi sento molto stanco”.
“Ebbene”, disse l’albero, raddrizzandosi quanto poteva “ebbene, un vecchio ceppo e quel che ci vuole per sedersi e riposarsi. Avvicinati, bambino mio, siediti, Siediti e riposati”.
Così fece il bambino.
E l’albero fu felice.

Ciao da Tony Kospan

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GLI OCCHI DI UN GUERRIERO

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UN CENNO SULLA POESIA DEI PELLEROSSA
La poesia degli Indiani d’America
ha una nascita… una storia ed un’identità diversa
rispetto alla poesia che conosciamo in occidente.
Essa, in origine, è più vicina ai canti ed alle preghiere…
che i componenti delle tribù cantavano o recitavano insieme
la sera accanto al fuoco.
Solo in tempi recenti la loro poesia,
pur con le particolari connotazioni culturali di quel popolo,
ha assunto caratteristiche simili alle nostre.
Quello che unisce la poesia pellerossa antica
a quella moderna è soprattutto la presenza
di un alto valore morale nei versi.
Si tratta infatti quasi sempre di poesie – riflessioni,
che mostrano una profonda conoscenza ed ad un profondo rispetto…
della natura e della vita.
Attenzione, Il temine ”guerriero” non va inteso
come
amante della guerra
bensì come difensore della storia,
della cultura e della libertà di un popolo.
Ma ora leggiamola.
Tony Kospan

GLI OCCHI DI UN GUERRIERO
(Canto dei nativi americani)
Gli occhi,
la porta dell’anima
il recipiente della verità
l’essenza dell’uomo.
Io guardo negli occhi di un guerriero e
vedo la gloria della nazione.
Un uomo, stà ritto, spalle larghe
sostenendo la storia e l’insita dignità
del suo popolo.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e capisco l’onore della nazione
la moralità
l’umiltà
la spiritualità
di questo popolo.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo il protettore della nazione
la prima e l’ultima linea di difesa
per i bambini e per gli anziani
per le donne e i deboli.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo la fragilità dell’uomo
vacillare sotto il peso della sua responsabilità
e pur vacillante,
ancora fermo in piedi senza vergogna.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo la visione di un uomo
i suoi sogni corrono più veloci
può misurare la sua impaziente andatura.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo l’uomo.




Ciao da Tony Kospan

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Nel fare gli auguri di buon compleanno al dr. Raffaele Morelli,
famoso psicoterapeuta e scrittore italiano,
mi fa piacere riproporre un mio post
dedicato ad una sua interessantissima riflessione
(Milano, 5 novembre 1948)
Mi sono davvero molto piaciute queste considerazioni
e quindi mi fa piacere condividerle con voi
così come mi piacerebbe
anche conoscere il vostro parere.
2 PAROLE SULLA FELICITA’
“… Se vogliamo trovare la via della vera felicità,
che non è una via né difficile né faticosa,
dobbiamo prima di tutto fare il contrario di ciò cui siamo abituati:
dobbiamo svuotarci.
Svuotare la mente di tutte le cose che ci abbiamo infilato dentro
e che ci impediscono di fare la cosa più semplice:
vivere secondo la nostra natura.
Si chiede forse a un fiore, o un animale, quali obiettivi porsi,
quali ruoli assolvere, quali comportamenti è meglio avere?
No, semplicemente la pianta diventa ciò che il suo progetto profondo,
contenuto nel seme, aveva pronto per lei.
Diventa stelo e fiore.
Senza elucubrazioni, senza teorizzazioni, senza dubbi, sensi di colpa o ambizioni.

Perché noi non siamo capaci di fare la cosa più semplice di tutte?
Dov’è la nostra superiorità,
in cosa siamo più intelligenti di un fiore o di un animale?
Comincia a farsi strada una verità profonda:
la vera felicità non è uno stato isterico di continua allegria,
ma è la realizzazione del nostro progetto più profondo,
il progetto che la Vita ha per noi.
Non c’è niente di complicato o misterioso in queste parole.
Non più dello sbocciare di un fiore o del crescere dei nostri capelli.

La vera felicità, allora, non ha nulla a che vedere con ciò che sta attorno a noi,
non dipende da ciò che abbiamo o da come stiamo, dalla nostra forza o debolezza,
dal fatto di aver capito o non capito qualcosa, dall’avere vissuto più gioie o più dolori.
La felicità dipende solo da noi stessi.
Da come sappiamo osservarci senza giudicare,
da come lasciamo che la Vita, tutta la Vita in tutte le sue forme
– che noi scioccamente dividiamo in buone o cattive –
può scorrere in noi.
Coi nostri giudizi, noi permettiamo o impediamo alla Vita di sgorgare.
La deviamo, la costringiamo, la mortifichiamo, la spegniamo.
E ci condanniamo così all’insensatezza e all’infelicità.
E alle malattie, che sono il segno più chiaro ed evidente, s
e non fossimo ciechi, di tutte le dighe che costruiamo
di fronte al fiume dell’energia vitale.

Felicità è osservare serenamente la Vita
mentre incessantemente ci forma e ci crea.
Osservare i dolori e lasciarli venire,
la tristezza e lasciarla venire, la gioia e lasciarla venire.
Allargare lo sguardo, cedere alla Vita.
Solo così, nella consapevolezza,
diventiamo davvero donne e uomini,
e smettiamo di recitare come burattini.”
– Prof. Dr. Raffaele Morelli –

Testo dal web – impaginaz. t.k.

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Breve ricordo della protagonista di uno dei più grandi film di sempre.

VIVIEN LEIGH

Darjeeling 5.11.1913 – Londra 8.7.1967
E’ famosa soprattutto per esser stata la protagonista
di uno dei film più belli e più noti di sempre,
nonché pietra miliare della storia del cinema…
VIA COL VENTO

Sì lei è stata Scarlett (in italiano Rossella) O’Hara,
la vivace, ribelle ed audace protagonista,
con l’altrettanto forte Rhett Butler
interpretato da Clark Gable, nel kolossal del 1939…
uno dei più grandi film di sempre.

LA DONNA E L’ATTRICE
E’ stata una donna dal carattere molto contraddittorio,
dagli umori imprevedibili e dalla personalità fragile
(soffriva anche di un disturbo bipolare).
Solo la recitazione riusciva a darle sollievo
e con essa però raggiungeva vette artistiche assolute
sia a cinema che a teatro.

La sua fragilità non le impedì di vivere diversi amori.
Quello più grande fu con Laurence Olivier,
il grande attore e regista inglese famoso
per la sua interpretazione dell’Amleto.

La loro relazione all’epoca destò molto scandalo,
(entrambi erno sposati ma poi lasciarono
i rispettivi coniugi e si sposarono).
Il loro rapporto fu molto sensuale e passionale
come le lettere, recentemente ritrovate, hanno rivelato.

I diversi ed inconciliabili caratteri,
insieme ai reciproci tradimenti, causarono
però la fine anche del loro matrimonio.

Tuttavia restarono, anche dopo il divorzio,
sempre “caldamente” in contatto.

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Tornando alla sua carriera artistica,
pur piacendole molto il Cinema
(vinse ben 2 premi Oscar),
tuttavia amava soprattutto il teatro.

Mi pare però giusto ora ricordarla ed ammirarla
in 2 famose scene del mitico film
grazie al quale ancora vive e vivrà nell’Olimpo del Cinema.

La prima è quella del bacio


e la seconda è quella del tremendo ed emozionante finale.


CIAO DA ORSO TONY

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