Archivio per 11 aprile 2020
Tutti, penso, conoscono la prelibatezza…
i profumi e la dolcezza della pastiera napoletana…,
vera regina dei dolci pasquali…,
(anche se in verità ora si mangia tutto l'anno ed in ogni dove),
ma non tutti ne conoscono la simpatica leggendaria origine.
LA LEGGENDA DELLA PASTIERA NAPOLETANA
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Tanti anni fa la Sirena Partenope col suo bellissimo canto estasiava tutte le genti che abitavano il golfo di Napoli.
Allora le popolazioni, per ringraziarla vollero renderle omaggio regalandole i doni della loro fertile terra:
– la farina, forza e ricchezza della campagna;
– la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle;
– le uova, simbolo della vita che sempre si rinnova;
– il grano tenero, bollito nel latte, a prova dei due regni della natura;
– l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra solevano rendere omaggio;
– le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo;
– infine lo zucchero, per esprimere l’ineffabile dolcezza profusa dal suo canto, in cielo, in terra, ed in tutto l’universo.
John William Waterhouse – La sirena
La sirena, felicissima per tanti doni, si inabissò per fare ritorno nel suo regno e portò le preziose offerte ai piedi degli dei.
Questi, estasiati dal suo soavissimo canto e dalla bontà dei doni, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti ricevuti trasformandoli in una torta che superava in dolcezza, bellezza e bontà perfino il canto della stessa Partenope.
Era nata la Pastiera…

UNA REGALE… STORIELLA
Tra le tante storie (vere o meno) che si raccontano sulla pastiera, molto carina è quella che vede come protagonista Re Ferdinando II di Borbone.
Egli, pur essendo di carattere giocherellone, aveva invece sposato Maria Carolina d’Austria che invece era fredda ed austera, al punto da essere descritta da tutti come una che “non rideva mai”.
Un giorno la regina, dopo molte insistenze di Re Ferdinando, si decise finalmente ad assaggiare una fettina di pastiera e, cosa per lei inusuale, non poté far a meno di sorridere.
Pare che il re allora abbia detto:
“capperi… per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua, per vederla sorridere di nuovo”.
Maria Carolina d’Austria
CIAO DA ORSO TONY… CHE CONFESSA…
D'ESSERE INNAMORATO ED AMANTE
SI’…
E SENZA ALCUNA RISERVA ED ALCUN PUDORE 
DELLA “REGALE” PASTIERA


IL GRUPPO DI CHI AMA I RICORDI


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L’uovo è sicuramente il simbolo più rappresentativo della Pasqua,
che è, per eccellenza, anche la grande festa della primavera.
La tradizione di scambiarsi le uova come segno benaugurale è antichissima,
e precede addirittura il Cristianesimo.

LA STORIA DELL'UOVO DI PASQUA

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LA STORIA ANTICA
Simbolo della vita che si rinnova, l’uovo veniva donato un tempo quando la Pasqua coincideva con i riti primaverili per la fecondità della natura e delle colture.
I Persiani, per esempio, già 3000 anni fa consideravano l’uovo di gallina un segno augurale e simbolo della natura che si rinnova ed analogamente gli Egizi erano soliti donare all’inizio della primavera uova dipinte ad amici e parenti come augurio di rinascita.

I Romani erano soliti dire Omne vivum ex ovo (tutti i viventi nascono da un uovo), mentre risale alla tradizione orientale (Cina) l’idea che le origini della Terra vadano fatte risalire a un uovo primordiale gigante.
Secondo la tradizione cristiana, invece, le uova sono il simbolo della Resurrezione di Cristo.

L'UOVO NELLA LEGGENDA CRISTIANA
La leggenda narra che Maria Maddalena, di ritorno dal Santo Sepolcro rimasto vuoto, tornando a casa per raccontare il miracolo ai discepoli, si imbatté in Pietro che non le credette.
Anzi, schernendola Le disse: “Ti crederò solo se le uova che porti nel cestello si coloreranno di rosso”.
Immediatamente le uova assunsero un colore purpureo e lo scettico Pietro fu costretto a piegarsi davanti a cotanto miracolo.
Da allora, alla fine di ogni Messa pasquale, venivano donate ai fedeli uova benedette dipinte di rosso a testimonianza del sangue versato da Gesù.

L'UOVO NEL MEDIOEVO
Nel corso del Medioevo la tradizione voleva che uova sode dipinte a mano fossero servite a pranzo e donate ai servitori, mentre nel XV secolo si diffuse l’usanza di servire per colazione un’omlette preparata con le uova deposte dalla gallina il giorno del Venerdì Santo.
Contrastanti, invece, le leggende che riguardano la nascita dell’uovo fatto interamente di cioccolato: c’è chi dice che fu Luigi XIV il primo a farle realizzare mentre altri, invece, sostengono che l’usanza provenga dalle Americhe poiché il cacao è una pianta originaria del Messico.

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L'UOVO DI PASQUA NELLA STORIA RECENTE
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La tradizione dell'uovo di Pasqua non è mai terminata
ed oggi è più viva che mai..
Ormai però le uova hanno quasi dappertutto la caratteristica
d'esser di cioccolata e con la sorpresa incorporata.

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Dopo un lungo periodo in cui le uova erano artigianali
ora sono diventati un prodotto di larghissimo consumo
e dunque industriali.
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LE MITICHE UOVA D'ORO FABERGE'
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Prima di concludere questo post non posso non ricordare
le fantastiche uova d'oro di Fabergé…
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Erano prodotte per lo Zar di Russia in occasione della Pasqua

Erano vere e proprie uova matrioska
ed un vero e proprio mix d'arte e gioielleria davvero favoloso.
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Ancor oggi stupiscono per la loro sognante bellezza.

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Chi desidera approfondire la conoscenza
delle mitiche uova Fabergé…
può cliccare qui giù.
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INFINE DA ORSO TONY
A VOI TUTTI UN UOVO PASQUALE
BENCHE' VIRTUALE







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ECCO IL TUO NUOVO GRUPPO DI FB


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Michelangelo – La pietà
E' proprio nella Resurrezione che è racchiuso
il più profondo significato di questa festa.
Penso quindi che per chi ama l'arte,
veder raccolte in un unico post
alcune tra le più note opere d'arte sul tema
Pasqua e Resurrezione, non possa che far piacere.
Chi volesse, può segnalarmi altri dipinti sul tema
che ritiene essere di rilevante importanza
ed io cercherò poi di aggiungerli.
LA PASQUA NELL'ARTE
a cura di Tony Kospan
Giotto – La Pasqua

Tiziano Vecellio – Polittico
Fra Angelico – Donne al Sepolcro – Resurrezione di Cristo
Andrea del Castagno – Resurrezione
El Greco
Resurrezione – Piero della Francesca
Resurrezione – Luca Giordano
Resurrezione – Andrea Mantegna
Dieric Bouts – 1475
Annibale Carracci – Resurrezione di Cristo – 1593
Carlo Crivelli – Resurrezione
Pinturicchio – Resurrezione
La Resurrezione – Carl Heinrich Bloch (1834-1890)
Rubens – Resurrezione di Cristo
Chagall – Pasqua
Benjamin Gerritsz – L'Angelo apre la tomba di Cristo
F I N E



Approfitto infine per fare a te, sì a te,
proprio a te che mi leggi, i miei auguri

IL GRUPPO DI CHI AMA
VIVER L'ARTE… INSIEME
Raffaello Sanzio – Trasfigurazione
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Questa è una piccola raccolta
di brevi ma profonde riflessioni
che va per la maggiore nel web…
Ignoro se sia autenticamente espressione
della cultura degli indiani d'America o meno…
(ho grossissimi dubbi)
ma penso anche che, in ogni caso, questi pensieri
meritino senz'altro d'esser letti con attenzione.
FRAMMENTI DI SAGGEZZA INDIANA
NON MI INTERESSA
Non mi interessa cosa fai per vivere,
voglio sapere per cosa sospiri,
e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore.

Non mi interessa quanti anni hai,
voglio sapere se ancora vuoi rischiare
di sembrare stupido per l’amore,
per i sogni, per l’avventura di essere vivo.

Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna,
voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita,
o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.

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Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo;
se puoi ballare pazzamente
e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita
senza prevenirci di cautela,
di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni
degli esseri umani.

Non voglio sapere se la storia
che mi stai raccontando sia vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro
per essere autentico a te stesso,
se puoi subire l’accusa di un tradimento e,
non tradire la tua anima.

Voglio sapere se sei fedele e quindi di fiducia.
Voglio sapere se sai vedere la bellezza
anche quando non è bella tutti i giorni
se sei capace di far sorgere la tua vita
con la tua sola presenza.

Voglio sapere se puoi vivere
con il fracasso, tuo o mio,
e continuare a gridare all’argento di una luna piena:
SI!

Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai,
mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore,
triste o spaccato in due,
e fare quel che si deve fare per i bambini.

Non mi interessa chi sei,
o come hai fatto per arrivare qui,
voglio sapere se sapresti restare
in mezzo al fuoco con me, e non retrocedere.

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Non voglio sapere cosa hai studiato,
o con chi o dove,
voglio sapere cosa ti sostiene dentro,
quando tutto il resto non l’ha fatto.

Voglio sapere se sai stare
da solo con te stesso,
e se veramente ti piace la compagnia
che hai nei momenti vuoti.





Scritto da un’indiana della tribù degli Oriah (1890)
(Questi pensieri , con questa attribuzione,
li trovai nel web diverso tempo fa
ma confermo notevoli dubbi su questa paternità)

Ciao da Orso Tony della tribù degli Orsi Sognanti 


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Doveroso ritengo, nell’anniversario della sua nascita,
tracciare un breve ritratto dell’uomo e dello scrittore che,
più e meglio di ogni altro,
è stato capace di narrare la tragica realtà dei lager
trasmettendola alla memoria nostra e delle future generazioni.

(Torino 31.7 .1919 – Torino 11.4.1987)
PRIMO LEVI…
TESTIMONE… SCRITTORE E… VERO UOMO

Nato a Torino da genitori di religione ebraica, fu brillante studente del liceo classico Massimo D’Azeglio e si laureò in modo encomiabile in Chimica con una tesi però di Fisica per l’ostracismo dei professori nei suoi confronti a seguito delle famigerate e vergognose Leggi Razziali.
Lavorava a Milano come chimico quando nel ’43 fu catturato dai Tedeschi che dopo un pò lo trasferirono ad Auschwitz… luogo di cui lui (come gli altri prigionieri) ignorava tutto…
«Avevamo appreso con sollievo la nostra destinazione.
Auschwitz: un nome privo di significato, allora e per noi»
(P. Levi – Se questo è un uomo)

Primo Levi giovane con amici (ultimo a dx)
Essendo giovane e valido non scomparve subito nel nulla come i vecchi… le donne ed i bambini… ma assegnato ad una fabbrica di gomma.
Nonostante fosse rasato a zero, con vestito a righe, costretto a rigidissime regole e con un numero cucito sulla giacca…, il suo era 174517, all’inizio non capiva quel che davvero stava accadendo.
In breve tempo però la tremenda realtà gli apparve chiara…

Primo Levi con la sorella Anna Maria nel 1947
Le sue conoscenze di tedesco e di chimica… gli consentirono però di evitare lavori troppo duri… ma l’esperienza vissuta nei campi di concentramento tra rapporti di grande amicizia tra prigionieri e per converso di incredibile violenza fisica e spirituale lo segnarono profondamente.
Fu liberato il 27 gennaio 1945 dai Russi, anche grazie a circostanze fortunate, (era stato spostato nel campo di Buna-Monowitz perché ammalato di scarlattina) ma riuscì a tornar in patria solo nell’ottobre successivo.
Primo Levi è stato dunque tra i pochissimi a tornare dai campi di concentramento.

In Italia, essendo stato testimone di tanta assurda e cieca violenza, sentì l’obbligo di rivelare al mondo quel che nessuno poteva immaginare e quindi nemmeno credere.
In questo modo poteva poi anche elaborare l’immenso dolore da cui non riusciva a liberarsi.

Primo Levi e Philip Roth
Da ciò nacque l’ormai mitico libro “Se questo è un uomo” che in un primo tempo piacque solo ai critici ma poi pian piano venne tradotto in diverse lingue ed apprezzato in tutto il mondo.
Con il libro “La Tregua” vinse la prima edizione del Premio Campiello.
Seguì negli anni la pubblicazione di tante altre sue opere.
Morì l’11 aprile del 1987.
Dirà di lui il letterato Claudio Toscani:
«L’ultimo appello di Primo Levi non dice… non dimenticatemi, bensì non dimenticate».

Infine, come omaggio al suo ricordo, ecco questo notissimmo suo poetico brano…
SE QUESTO E’ UN UOMO
Primo Levi
«Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi, alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi».

Grazie… Primo…
Tony Kospan
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