Archivio per 13 gennaio 2020

Felice lunedì sera in poesia “Vieni con me” Hesse – arte A. Tadema – canzone “The power of love”   3 comments

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Alma Tadema
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Nessun travestimento
può nascondere l'amore dove esiste,
né fingerlo a lungo dove manca.
Francois de La Rochefoucauld

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Alma Tadema – Primavera
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VIENI CON ME
Hermann Hesse
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Vieni con me!
Devi affrettarti però –
sette lunghe miglia
io faccio ad ogni passo.
Dietro il bosco ed il colle
aspetta il mio cavallo rosso.
Vieni con me! Afferro le redini –
vieni con me nel mio castello rosso.
Lì crescono alberi blu
con mele d'oro,
là sogniamo sogni d'argento,
che nessun altro può sognare.
Là dormono rari piaceri,
che nessuno finora ha assaggiato,
sotto gli allori baci purpurei –
Vieni con me per boschi e colli!
tieniti forte! Afferro le redini,
e tremando il mio cavallo ti rapisce.

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Alma Tadema
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Alma Tadema

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La leggenda Maya dei teschi di cristallo – Quelli ritrovati appaiono per lo più dei falsi ma su di uno resta il mistero   1 comment



Un’antica leggenda Maya parla dell’esistenza nel mondo
di 13 teschi di cristallo d’età antichissima.
 
Alcuni sarebbero stati ritrovati
e li possiamo vedere… altri invece mancano. 

Qui, in breve, la loro storia e il mistero,
vero o presunto, che li circonda.
 
Alla fine potremo vedere il video di Voyager.
 
 
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IL MISTERO DEI TESCHI DI CRISTALLO
 
 
 
 
 
1 – IL TESCHIO DI MITCHELL – HEDGES

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Il primo teschio fu ritrovato per caso nell’estate del 1926 nella città di Lubaatun nello Yucatan da Anna, figlia dell’archeologo Mike Mitchell-Hedges. Si tratta di un teschio di cristallo davvero notevole, privo della mandibola inferiore, che tuttavia fu ritrovata qualche mese dopo a circa dieci metri di distanza. Gli indigeni a seguito della spedizione affermarono sconvolti che “era il dio cui si rivolgevano per essere guariti dalle malattie o per chiedere di morire”. Ad ogni modo, suscitava una strana inquietudine. C’era chi rimaneva incantato nel vederlo, chi giurava di averlo visto muoversi, etc. Anna era talmente affascinata dal teschio al punto di trarne benessere e compagnia (ne è ancora la detentrice); il padre invece non ne sopportava la presenza. Esiste un inquietante passaggio nel racconto autobiografico dell’archeologo che dice: “…portammo con noi anche il sinistro teschio del destino, su cui molto è stato scritto. Ho delle buone ragioni per non rivelare come quest’oggetto venne in mio possesso… è stato descritto come la rappresentazione del male, ma io non desidero spiegare questo fenomeno”.
Il teschio è ricavato da un solo cristallo di quarzo, unico per lucentezza e trasparenza.
La sua superficie è perfettamente levigata e risalirebbe più o meno a 3600 anni fa. è stato oggetto di numerose indagini scientifiche, fisiche, antropologiche e sociologiche che hanno portato a risultati sorprendenti.
Le sue dimensioni sono perfettamente naturali: altezza 13 cm, larghezza 13 cm, profondità 18 cm, peso 5 kg. Il teschio rimase in possesso di Mitchell-Hedges fno alla sua morte, nel 1959, poi passò alla figlia Anna, che ancora lo possiede e lo considera (al contrario di quello che aveva provato suo padre, il quale ne era intimorito) un oggetto meraviglioso e gioioso, capace di trasmettere protezione e affascinare.
Esaminata al microscopio, la superficie levigata del Teschio non presenta graffi o segni di qualsiasi utensile; questo suggerisce che l’oggetto sia stato lavorato con lo sfregamento di sabbia. Ma per completarlo, sarebbe stato richiesto il lavoro, da parte di artigiani esperti, assiduamente, giorno dopo giorno, per almeno 300 anni! Tale infatti è il tempo che occorre per levigare e modellare così con tanta stupefacente precisione, solo con l’ausilio della sabbia, un blocco di quarzo di tale durezza.
Se ne parla anche in una leggenda risalente ai Maya, la quale racconta che al Mondo esistono 13 teschi di cristallo a grandezza naturale e quando tutti saranno riscoperti e riuniti, trasmetteranno agli uomini tutta la loro conoscenza avvertendoci però che accadrà soltanto quando gli uomini saranno sufficientemente evoluti ed integri moralmente.


Quindi… alla ricerca dei teschi del destino!
 
 
 
 

 

 

 

Oltre al teschio di sopra… detto di Mitchell-Hedges, ne esisterebbero quindi altri 12, e alcuni di essi sarebbero già stati trovati.
 
 
 
 
 
2 – IL TESCHIO DEL BRITISH MUSEUM

 
 
 

 


Uno, ad esempio, si trovava già tra i reperti esposti al British Museum a Londra. 
Nel 1936, lo stesso museo chiese di esaminare il teschio trovato da Anna. Il teschio del museo londinese è molto simile all’altro. 
Sempre in grandezza naturale, sempre dal peso di 5 kg ma, per alcuni, meno affascinante, anche se allo stesso modo inquietante. 
Si racconta di persone fuggite urlando per il museo di fronte a tale teschio. Quello di Londra è meno preciso anatomicamente.

Qui, i denti sono appena abbozzati. 
Secondo gli studiosi londinesi, questo teschio è d’origine azteca, d’età incerta, ma probabilmente non più antico del XV secolo d.C. (per via della lavorazione accurata del quarzo).

Si sa di certo che arrivò a Londra dopo esser passato per mani diverse, ma inizialmente fu portato in Europa dal Messico, da un ufficiale spagnolo.
 
 Il sospetto che si tratti di un falso ha fatto decidere i dirigenti del Museo di Londra di toglierlo dall’esposizione… tuttavia è tra i più verosimili.
 
 
 
3 – IL TESCHIO DI SHA-NA-RA
 
 
 
 

 
 
 
 

Anch’esso in cristallo (quarzo bianco), appartiene a JoAnn Parks di Houston, in Texas.

Prima di finire nelle sue mani, apparteneva al tibetano Norbu Chen, ma non si sa niente di più.



LA SITUAZIONE ATTUALE ED ALCUNE LEGITTIME DOMANDE


Quindi alcuni teschi ritrovati presentano delle particolarità che li fanno ritenere presumibilmente attendibili come reperti mentre altri di cui non parlerò sono certamente dei falsi e pure grossolani.
Ma alcune domande sorgono spontanee.
Perché alcuni degli esperti non hanno voluto fornire i risultati delle analisi condotte dal British Museum?
Perché questi studiosi vorrebbero proteggere ad ogni costo i segreti contenuti nel Teschi di Cristallo?
E perché venne scelto proprio il quarzo come materiale da costruzione di questi Teschi?
Il quarzo è il principale costituente del vetro, della porcellana e di altri materiali di uso comune.

 

 

– PROPRIETA’ DEL QUARZO

 

 

 

 


Per la sua durezza, se ne fanno abrasivi.

Ha una grande resistenza al calore, per questo viene usato per fabbricare oggetti destinati a sopportare alte temperature e forti sbalzi termici.

Ma c’è di più.

La più sorprendente proprietà fisica del quarzo è la piezoelettricità, scoperta alla fine dell’800 da Marie Curie.

Se un cristallo di quarzo viene sollecitato da una pressione meccanica, genera elettricità.

La scintilla degli accendini detti “piezoelettrici” è data appunto da questo cristallo. 







 

 – CONSIDERAZIONI VARIE

 

Inizialmente si pensava che i teschi fossero di origine precolombiana.

Ma ci si chiedeva come le popolazioni maya erano state in grado di realizzare simili creazioni con i pochi utensili che avevano a disposizione.

Alcuni sostengono che i teschi sarebbero stati realizzati con frese da gioielliere, strumenti presenti già dall’800.

Altri affermano che quei reperti sarebbero solo una truffa, risalente all’inizio del ‘900, per ricavare denaro a spese dei più grandi musei europei.

Un teschio in particolare, però, smetirebbe l’ipotesi della truffa: quello trovato dall’archeologo Frederick Mike Mitchell-Hedges nel 1927, in Belize.

Secondo le analisi realizzate sul reperto, sembra che il teschio sia stato scolpito lungo l’asse principale del cristallo, cioè con una tecnica molto avanzata.

Inoltre il taglio è estremamente preciso e, secondo gli esperti, avrebbe richiesto oltre 300 anni di lavoro.

Per il professor Freestone, per la precisione della lavorazione di una materia così dura, “Qualunque opinione si abbia in merito a questo, è un oggetto fantastico.

Anche se fosse stato fabbricato in Germania alla fine del 19° secolo.




 

 



– IL VIDEO DA VOYAGER
 
 
 
Consiglio infine, a chi fosse interessato a questo mistero, di guardare questo video che riporta un accurato servizio di VOYAGER – RAI2.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
– PERSONALE OPINIONE
 
 
A mio parere il mistero continua, tra dubbi e perplessità, in quanto nessun teschio di cui si discute è stato rinvenuto in scavi archeologici ufficiali (mentre gli altri, di cui non abbiamo parlato, sembra certo che siano dei falsi).
 
Tuttavia l’incredibile perfezione della fattura del teschio di Mitchell-Hedges lascia a bocca aperta in quanto all’epoca non c’erano i moderni raffinati sistemi di lavorazione del quarzo e nessuno finora è stato in grado di darci una spiegazione razionale ed esauriente di chi, come e quando l’abbia realizzato.

 
 
 
 
 
 
 
 

FONTI WEB IMPAGINAZIONE NOTE E COORDINAM. T.K.
 
 
 

CIAO DA TONY KOSPAN



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NERUDA – LE PIU’ BELLE POESIE D’AMORE   1 comment


 

La poetica di Neruda in generale spazia
dal senso di vicinanza alla natura.. all’impegno sociale e politico,
dalla difesa del sud del mondo.. all’amore in ogni suo aspetto.
 
 
E’ però quella che riguarda quest’ultimo tema

 che lo ha reso leggendario.

 

 

 

 

 

NERUDA
LA SUA POETICA D’AMORE
ED ALCUNE GRANDI POESIE
a cura di Tony Kospan

per il blog

 
 
 

 

  

 

LA POETICA DI NERUDA

 

 
Anche se, come abbiamo visto nella sua biografia, il mondo dei suoi versi spazia in molteplici ambiti ai quali poi negli ultimi anni si aggiunsero pure liriche e riflessioni che, sempre in modo sublime, affrontarono temi morali ed indagarono sul senso della vita, qui parleremo soprattutto della sua poetica d’amore pur con un accenno alla sua poetica generale.
 
Il bello (o il curioso) è che poi non era questo genere di poesia che apprezzava di più… in quanto era convinto che le sue poesie più importanti fossero invece quelle di natura sociale.
 
Eh sì… al contrario sono proprio le poesie d’amore che lo fanno ritenere oggi uno dei più grandi poeti di sempre ed in particolare… il più grande cantore dell’amore.
 
Amore che lui canta in ogni suo aspetto… e senza confini… se non quelli… umani.
 
L’amore da vivere in modo intenso, totale, senza riserve, per un’ora, per un giorno o per la vita.
 
 
 
 

 
 

I suoi versi non presentano parole raffinate o difficili… né paroloni… né tantomeno misteriose contorsioni da decifrare… bensì vocaboli e frasi semplici… naturali a volte perfino umili… eppure però capaci di donarci, con la loro armonia e musicalità, insieme alla bellezza delle immagini che evocano, grandiose coinvolgenti emozioni.
 
Tuttavia non possiamo, anche se solo per un attimo, non dare prima uno sguardo anche alla sua tematica poetica complessiva.
 
Egli appare nei suoi versi un osservatore della vita umana nei suoi vari aspetti con passione, intensità ed in modo quasi incantato.
 
Ma è proprio “cantando” la “normalità” del vivere che i suoi versi acquistano significati universali.
 
Infatti viene da molti anche definito “Il profeta dell’Uomo“.
 
Certo l’ideale sarebbe leggere le sue poesie in originale per coglierne al massimo la musicalità – nonostante la massima libertà metrica – ma ritengo che la lettura in italiano non la danneggi poi molto vista la vicinanza linguistica con lo spagnolo.


Tornando alla sua poetica d’amore essa è caratterizzata anche da un ritmo incalzante che ci conquista, ci avvolge, ci coinvolge, ci prende l’anima… con stupore e calore.  
 
 
 
 

 

 

 

Neruda poi non ha alcuna remora a mostrare, denudando il suo cuore ed anche il suo IO, il suo temperamento caldo e passionale.
 
Stupisce infine questo suo cantare l’amore in modo sempre giovanile ed emozionante nonostante le grandi e gravi vicissitudini della sua vita umana e politica di cui abbiamo parlato nella sua biografia.
 
Ma ora è giunto il momento di passare dalla teoria alla… pratica… e cioè di leggere ora diverse sue poesie d’amore da me scelte per questa occasione (tralasciando in questa sede quelle di genere più erotico che saranno eventualmente oggetto di un post ad hoc) alle quali mi piacerebbe che voi ne aggiungeste altre dal suo vastissimo repertorio.
 
 
Tony Kospan




 
 
 
 
 
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LE PIU’ BELLE POESIE D’AMORE DI NERUDA
 
 
 
 
 

 
 
 
E’ OGGI
 


E’ oggi: tutto l’ieri andò cadendo
entro dita di luce e occhi di sogno,
domani arriverà con passi verdi:
nessuno arresta il fiume dell’aurora.
Nessuno arresta il fiume delle tue mani,
gli occhi dei tuoi sogni, beneamata,
sei tremito del tempo che trascorre
tra luce verticale e sole cupo,
e il cielo chiude su te le sue ali
portandoti, traendoti alle mie braccia
con puntuale, misteriosa cortesia.
Per questo canto il giorno e la luna,
il mare, il tempo, tutti i pianeti,
la tua voce diurna e la tua pelle notturna.
 
 
 
 
 


 
 
 
IL TUO SORRISO
 
Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’ aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’ improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’ aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della
vita.
Amore mio, nell’ ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d’ improvviso
vedi che il mio sangue macchina
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d’autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera,
amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Riditela della notte,
del giorno, delle strade
contorte dell’isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.
 
 
 
 

 
 
 
XLIV SONETTO
 


Saprai che non t’amo e che t’amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un’ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.
Io t’amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l’infinito,
per non cessare d’amarti mai:
per questo non t’amo ancora.
T’amo e non t’amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.
Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t’amo quando non t’amo
e per questo t’amo quando t’amo.

 
da Cento sonetti d’amore

 
 
 
 
 
 
 
XVII SONETTO
 

Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t’amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l’ombra e l’anima.
T’amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T’amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t’amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.
 
da Cento sonetti d’amore
 
 
 
 
 
 
 
 
XLVIII SONETTO
 


Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell’erba,
lascian camminando due ombre che s’unisco,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.
Di tutte le verità scelsero il giorno:
non s’uccisero con fili, ma con un aroma
e non spezzarono la pace né le parole.
E’ la felicità una torre trasparente.
L’aria, il vino vanno coi due amanti,
gli regala la notte i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.
Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l’eternità della natura.

 
da Cento sonetti d’amore  
 
 
 

 
 
 
 
 
IL RAMO RUBATO


Nella notte entreremo
a rubare
un ramo fiorito.
Passeremo il muro,
nelle tenebre del giardino altrui,
due ombre nell’ombra.
Ancora non se n’è andato l’inverno,
e il melo appare
trasformato d’improvviso
in cascata di stelle odorose.
Nella notte entreremo
fino al suo tremulo firmamento,
e le tue piccole mani e le mie
ruberanno le stelle.
E cautamente
nella nostra casa,
nella notte e nell’ombra,
entrerà con i tuoi passi
il silenzioso passo del profumo
e con i piedi stellati
il corpo chiaro della Primavera.

 
 
 
 

 
 
 
 
 
SETE DI TE M’INCALZA
 


Sete di te m’incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.
Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.
Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda atroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perché esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perché esistono i tuoi baci.
L’anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l’acqua nel fuoco.

 
da “Il Fromboliere Entusiasta”
 
 
 

indacoindaco

 
 
 
Ed infine in formato  video…
 
 
 
 
 
 
 
 

 

F I N E
 

CIAO DA TONY KOSPAN

 
 
 
 
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Chi desiderasse leggere la romanzesca storia della vita 
di Pablo Neruda con immagini sue ed altre poesie.
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LA TUA PIU’ BELLA PAGINA DI FB
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Ecco l’amaranto.. antica pianta dell’amicizia – Storia.. miti.. giardinaggio e “bomba” di sani nutrienti   3 comments

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Tutta la storia…  in breve… dell'amaranto


Così si chiamava nell'antica Grecia la pianta simbolo dell'amicizia
ma oggi è il nome di una pianta dello stesso colore,
sempre più apprezzata per le sue proprietà, proveniente dall'America
e molto utilizzata da tutte Civiltà Precolombiane
 
 

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L’AMARANTO…  
DALLA GRECIA ALLE AMERICHE…
 
STORIA – MITO – GIARDINAGGIO – ALIMENTAZIONE
E… SPORT…
 
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Lunga è la tradizione che considera l’amaranto una pianta sacra.

Il nome Amaranto* deriva dal greco amarantos e cioè “che non appassisce“.

Di qui il significato attribuito ad esso dai Greci di pianta dell’amicizia, della stima reciproca e più in generale espressione di tutti i sentimenti veri che non dovrebbero mai cambiare con il trascorre del tempo, in quanto eterni e unici.

Nella mitologia greca si narra che le Dee amassero essere festeggiate con ghirlande di amaranto; in tale contesto l’amaranto era dunque utilizzato per ottenere protezione e benevolenza.

I romani attribuivano all’amaranto il potere di tenere lontana l’invidia e la sventura.

Nel periodo ’600-’800 l’amaranto veniva utilizzato per ornare vestiti e abiti, in quanto si pensava fosse in grado di donare benessere fisico.

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* In verità con la parola “amaranto” gli antichi greci indicavano una pianta simile al crisantemo… se non proprio il crisantemo… mentre l'amaranto che conosciamo oggi è originario delle Americhe dove era molto amato ed usato nelle cerimonie religiose dai Maya, dagli Aztechi e dagli Incas.

 

Inoltre nelle Americhe era anche molto utilizzato come alimento.
 
 
 
 

 

 

Storia dell'amaranto

 

I romani attribuivano all’amaranto (*nel senso però su specificato) il potere di tenere lontana l’invidia e la sventura.

Nel periodo ’600-’800 l’amaranto veniva utilizzato per ornare vestiti e abiti, in quanto si pensava fosse in grado di donare benessere fisico

 

 

 

 

 

 

 

Ambiente

 

L’amaranto ha buona efficienza fotosintetica in quanto rientra nel gruppo delle piante C4.

Inoltre deve essere considerata una specie molto competitiva anche per il fatto che è in grado di sottrarre una notevole quantità di elementi nutritivi alle colture

 

 

 

 

 

 

Letteratura e Mitologia

 

 

Nella mitologia greca si narra che le Dee amassero essere festeggiate con ghirlande di amaranto*;

in tale contesto era, dunque, utilizzato per ottenere protezione e benevolenza

 

 

 

 

 

 

 

NOTIZIE PER IL GIARDINAGGIO

 

 

Amaranthus caudatus


Amaranto-Amaranthaceae

 

Generalità: erbacea annuale, originaria dell’America meridionale; al genere Amaranthus appartengono molte specie, alcune delle quali sono commestibili e venivano coltivate per l’alimentazione.

Ha portamento eretto, e fusti molto ramificati, che raggiungono i 90-100 cm di altezza; le grandi foglie, ovali o lanceolate, sono di colore verde scuro, opaco, in alcune varietà hanno colore rossastro o porpora; per tutta l’estate, fino ai primi freddi autunnali, produce particolari infiorescenze allungate, pendule, piumose, di colore rosso, arancio o giallo, contenenti numerosissimi piccoli semi scuri.

Queste piante si possono coltivare in giardino, come bordure, ma sono anche molto adatte ad essere poste a dimora in contenitore, per meglio godere dell’aspetto pendulo delle infiorescenze. Le infiorescenze di amaranto vengono utilizzate come fiori recisi e anche essiccate.

Esposizione: porre a dimora gli amaranti in posizione soleggiata, possibilmente al riparo dai venti forti, che potrebbero danneggiare i fusti sottili e le infiorescenze.

Annaffiature: questi piccoli arbusti possono sopportare brevi periodi di siccità, è bene però annaffiarli abbastanza regolarmente, lasciando asciugare bene il terreno tra un’annaffiatura e l’altra. Nei mesi primaverili fornire del concime per piante da fiore ogni 15-2 giorni, mescolato all’acqua delle annaffiature.

Terre: preferiscono terreni sciolti e molto ben drenati, asciutti e sabbiosi. Porre a dimora dopo aver ben lavorato il terreno, a cui è bene aggiungere del terriccio bilanciato, sabbia e materiale drenante a granulometria grossolana, come pietra pomice o lapillo. Gli amaranti hanno sviluppo abbastanza vigoroso, quindi se si decide di porli in vaso è bene scegliere contenitori abbastanza capienti.

Moltiplicazione: avviene per seme: seminare in febbraio-marzo in semenzaio, che va tenuto in luogo protetto fino a germinazione avvenuta; in aprile-maggio è possibile seminare l’amaranto direttamente a dimora, in piena terra o in contenitore.

Parassiti e malattie: generalmente gli amaranti non vengono colpiti da parassiti o da malattie.


 

 

 




L’AMARANTO E LA SALUTE A TAVOLA



Molto grande è la sua ricchezza di nutrienti come proteine, grassi, minerali e fibre, vitamine A, B, C, B1, B2, B3, acido folico, niacina, calcio, ferro e fosforo presenti nelle sue spighe che sono a loro volta racchiuse nelle sue pannocchie.

Inoltre per il basso contenuto di sodio e l'assenza di grassi saturi è indicato per una dieta equilibrata.

Perfetto anche per chi non tollera il glutine e per i celiaci.

Le sue proteine presentano un indice glicemico basso e la ricchezza di fibre aiuta a combattere la stitichezza.

L'eccezionale quantità e qualità dei nutrienti (in particolare di calcio, ferro e fosforo) ben ci fa comprendere quanto possa essere utile
a tantissime persone.

Queste accertate notevoli qualità salutari fanno oggi dell'amaranto una pianta sempre più apprezzata nel campo dell'alimentazione in tutto il mondo.



 

 

 


L’AMARANTO NELLO SPORT

 

Il colore amaranto è stato adottato per le divise di diverse squadre di calcio…
 
Le più importanti sono

 
 
 
LIVORNO
 
  
  
 
 
 
 
 
 
E
 
 
 
REGGINA… 
 
 
 
 

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Fonti web… impagin.e coordin. by t.k.

 
 

Ciao da Tony Kospan
 
 
 
 

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Breve ricordo di James Joyce con un accenno al suo capolavoro… l’Ulisse… ed alcune belle poesie   Leave a comment


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Questo grande poeta e scrittore irlandese
è considerato il creatore della letteratura moderna
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James Augustine Aloysius Joyce
(Dublino 2.2.1882 – Zurigo 13.1.1941)


JAMES JOYCE
L’UOMO – LE OPERE – L’ULISSE…
ED ALCUNE POESIE
a cura di Tony Kospan
 
 
 
 
Cercare adagio, umilmente, costantemente di esprimere,
di tornare a spremere dalla terra bruta o da ciò ch’essa genera,
dai suoni, dalle forme e dai colori,
che sono le porte della prigione della nostra anima,
un’immagine di quella bellezza che siamo giunti a comprendere:
questo è l’arte.
J. J.

 
 
 
 
 
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BREVE BIOGRAFIA
 
 
 
Nato in una famiglia cattolica con problemi economici studiò presso i Gesuiti per esser avviato al sacerdozio.


Non solo non divenne sacerdote ma fu sempre molto critico nei confronti della Chiesa e degli ambienti cattolici.


Abbandonati gli studi universitari e le turbolenze giovanili, girò un po’ qua ed un po’ là per l’Europa, dedicandosi a diversi lavori ma soprattutto insegnando l’inglese, con Nora, la donna irlandese che l’accompagnò per tutta la vita.



La statua di Joyce a Trieste




Fu con lei a lungo anche a Trieste dal 1904 al 1915 (dove nacque il suo primo figlio Giorgio).
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Qui nella città dell’alto adriatico Joyce migliorò il suo stile e la sua arte letteraria grazie all’ispirazione che gli diedero le storie, le persone ed i luoghi elaborando i quali creò le sue opere, per l’epoca, rivoluzionarie.


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J. J. da giovane


 
 
Da Nora ebbe 3 figli… tra cui Lucia che s’ammalò di mente influenzando così in vario modo sia la vita di Joyce che della sua famiglia. 


Oltre che a Trieste visse a Roma, a Parigi ed infine, dopo l’inizio della guerra, a Zurigo dove morì.


Non trascurò però di tornare diverse volte a Dublino.
 
 

 
 
 
 
 

L’UOMO

 
 
Durante la sua vita fu sempre in compagnia dell’alcool, del suo spirito anticonformista e delle difficoltà economiche, anche quando raggiunse il successo, a causa della sua leggerezza nello spendere il denaro.
 
 
 
 
 
 
 
INFLUENZA SULLA LETTERATURA DEL 900
ED IL MODERNISMO
 

 
E’ considerato il padre del modernismo in letteratura. 
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Il modernismo fu una delle tante correnti d’avanguardia (futurismo, dadaismo, cubismo, surrealismo etc.) dell’inizio del secolo scorso. 

Essa si caratterizzava per l’ampio svecchiamento degli anchilosati stili ottocenteschi. 
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In particolare ricercava: l’avvicinarsi alla lingua parlata, l’uso di simboli anche psicoanalitici, la riscoperta dei miti, la trattazione di temi tabù… soprattutto sessuali (Joyce per “Nausicaa” fu oggetto di un processo a New York e l’opera fu condannata per oscenità), e la sperimentazione di nuove tecniche espressive.


ll carattere delle sue opere  fu insieme profondamente irlandese ma nel contempo anche veramente europeo. 
 
 


 
 
 
 
LE OPERE PRINCIPALI
 
 
Poesie:
Musica da camera, Poesie da un soldo, Collected Poems
 


Racconti:
Gente di Dublino 
Teatro:
Esuli
 


Romanzi:
Ritratto dell’artista da giovane o Dedalus,
Ulisse, Finnegans Wake, Stefano eroe

 
 
 
 
 
 
 
 


L’ULISSE
 
 
E’ la sua opera principale…
Si tratta di una reinterpretazione della vicenda omerica nella Dublino del 900.
L’opera presenta un linguaggio pressoché rivoluzionario per l’epoca, come il monologo interiore, l’esame di coscienza, enigmi nascosti, la parodia etc… 
Ma non basterebbero queste tecniche a farne un capolavoro, infatti a ciò si aggiunge la verità e vivacità dei personaggi, dei paesaggi e delle vicende narrate in un’atmosfera che genialmente crea tensione, inquietudine perché porta alla luce l’immensa varietà dei sentimenti umani dai più nobili ai più perversi.





 
 
 
 
ALCUNE SUE POESIE
 
 

 


Infine ricordiamolo con 3 sue belle poesie…

 

 

Jan Van Beers 

 

NELLA BUIA PINETA


Nella buia pineta
Vorrei con te giacere,
 Nella frescura dell’ombra densa
 A mezzogiorno.

Là com’è dolce distendersi,
 Soave baciarsi,
 Della vasta pineta
 Sotto le navate.



Jan Van Beers



NEL CREPUSCOLO SOAVE
Nel crepuscolo soave,
 ascolta il canto del tuo amante,
 ascolta la chitarra.

Bella, bella signora,
 raccogli in fretta il tuo mantello,
 perché il tuo amante possa gustare
 la dolcezza dei tuoi capelli…



Claude Theberge



LA PIOGGIA E’ CADUTA TUTTO IL GIORNO
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La pioggia è caduta tutto un giorno.
Oh, vieni tra gli alberi madidi.
Le foglie giacciono fitte sul viale
Dei ricordi.
Nel viale dei ricordi sosteremo
Un poco e poi ci lasceremo.
Vieni, amore, dove io possa parlarti
Intimamente.




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Ciao da Tony Kospan

 
 
 
 
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