Archivio per 14 giugno 2019

Buon weekend in poesia “Il giorno in cui” Tagore – arte V. Corcos – canzone “Almeno tu nell’universo”   1 comment



 
 
 
 
Vittorio Matteo Corcos



 
 
 
 
 

cuorecuorecuorecuorecuore

Se cerco l'amore vero…
prima devo stancarmi degli amori mediocri
– Paulo Coelho
cuorecuorecuorecuorecuore
 
 
 
Vittorio Matteo Corcos – Lettura sul mare


 

IL GIORNO IN CUI FIORI' IL LOTTO
Rabindranath Tagore
 
Il giorno in cui fiorì il loto,
ahimè, la mia mente era persa
e io non me ne accorsi.
Il mio cestino rimase vuoto
e il fiore inosservato.
Ogni tanto però
una tristezza mi prendeva
mi svegliavo dal mio sogno
e sentivo nel vento del sud
la presenza dolce
di una strana fragranza.
Quella vaga dolcezza
come desiderio tormentava il mio cuore
sembrava l'alito ardente dell'estate
in cerca di soddisfazione.
Non sapevo allora
che era così vicina
che era già mia
che questa dolcezza perfetta
era fiorita
nel profondo del mio cuore.
 
 
 
 
Vittorio Matteo Corcos         

                                                   

     

 

a tutti… da Orso Tony

 
 
 
 
 


IL GRUPPO DI CHI AMA LA STORIA ED I RICORDI

 

 

Vittorio Matteo Corcos

 
 

 

 

Salvatore Quasimodo – Breve biografia poetica.. ed alcune note liriche del grande poeta del ‘900.. Premio Nobel   Leave a comment




E' stato uno dei più noti ed apprezzati
esponenti della corrente poetica
definita dell'ermetismo






BREVE BIOGRAFIA


Dopo esser vissuto in diverse citta siciliane
seguendo il padre capostazione
s'iscrive alla facoltà d'Ingegneria a Roma.

Presto però la lascia per lavorare come tecnico
girando per varie regioni ma è a Firenze
che, grazie al supporto del cognato Elio Vittorini,
pubblica la sua prima raccolta di poesie “Acque e terre”.



Modica 20.8.1901 – Napoli 14.6.1968

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Ciò gli consente d'esser subito riconosciuto
come uno dei maggiori rappresentati dell'Ermetismo.

Trasferitosi a Milano inizia con successo l'attività
di traduttore dei grandi poeti dell'Antica Grecia.






Seguono diversi libri di poesie in cui forte appare
l'omaggio alla Resistenza ed il suo impegno civile.

Nel 1959 riceve il premio Nobel per la letteratura.



Salvatore Quasimodo con la principessa Margaretha di Svezia per il Nobel
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LA SUA POETICA
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I suoi versi, oltre a rievocare i colori mediterranei
della sua gioventù, evidenziano le inquietudini,
le incertezze e le contraddizioni della moderna società.

Le sue poesie, spesso brevi, presentano versi intensi,
forti, decisi ma anche ricchi di metafore e simboli.
In lui appare concreto il desiderio di contribuire,
con le sue opere, ad una nuova società
in cui prevalgano pace e solidarietà umana.






Il suo approdo all'ermetismo non avvenne
a tavolino o per un ragionamento
bensì in modo naturale e spontaneo.

E' considerato tra i grandi poeti italiani del '900.







ALCUNE SUE NOTE POESIE
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ESTATE

Cicale, sorelle, nel sole
con voi mi nascondo
nel folto dei pioppi
e aspetto le stelle.






SPECCHIO

Ed ecco sul tronco
si rompono gemme:
un verde più nuovo dell'erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul declivio
E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell'acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c'era.



Dipinto di C. C. Curran



VOGLIO PENSARE AL CUORE CHE HAI

Voglio pensare al cuore che hai mentre danzi,
e scavi le braccia
e il capo sollevi come a donarti intera all’aria.
Quel cuore io cerco;
con esso raggiungerai il gesto preciso
che ti farà alta nell’arte che ami,
e per la quale, come me, consumi ogni fuoco.
Ma come sei distante nel tempo!
Mi pare talvolta,
e lo temo fino all’angoscia nella mia solitudine di uomo,
che tu possa scomparire
come sei apparsa improvvisamente quella sera
con un po’ di fuoco nei capelli e sulla fronte.
Penso anche che andrai ora dove non posso vederti,
ancora più distaccata da me.
La memoria mi aiuterà a soffrire ancor più;
perché in fondo noi siamo della razza di coloro
che hanno per legge questa assidua pena
di cercare armonia
conquistando il dolore.








ALLE FRONDE DEI SALICI

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.






NON HO PERDUTO NULLA

Sono ancora qui, il sole gira
alle spalle come un falco e la terra
ripete la mia voce nella tua.
E ricomincia il tempo visibile
nell’occhio che riscopre la luce.
Non ho perduto nulla.
Perdere è andare di là
da un diagramma del cielo
lungo movimenti di sogni, un fiume
pieno di foglie.
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ED E' SUBITO SERA

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera



Quasimodo con Neruda
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F I N E

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Copyright Tony Kospan

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UN MODO DIVERSO DI VIVER
LA POESIA E LA CULTURA
NELLA PAGINA FB




Giacomo Leopardi.. mito della letteratura italiana – Un mio breve ricordo ed alcune sue magiche poesie   Leave a comment

 
 
 
 
 
 


Parlare di Leopardi è per me come parlare di un proprio Padre spirituale…

Penso però che questa sia la sensazione che vivono tutti coloro che sentono di far parte davvero della grande e comune famiglia della Poesia.

 
 
 
 

GIACOMO LEOPARDI

(Recanati 29.6.1798 – Napoli, 14.6.1837) 
 

 


Per questo… per la sua immensa grandezza… la sua intramontabile notorietà… e per la geniale profondità dei suoi versi… e delle sue opere in genere, qualunque cosa io possa scrivere sembrerebbe (e sarebbe) vecchia e banale… 



La sua infatti è una delle più grandi figure di tutti tempi nell’ambito della letteratura mondiale…


 
 
 

 
 
 


Mi astengo dunque dal parlare della sua poetica e della sua biografia… e mi limiterò a condividere con te, lettore amante della poesia, alcune tra le sue più note e stupende liriche… 


Aggiungo solo che da ragazzo mi sentivo tanto profondamente vicino a lui ed al suo animo da giungere a scrivere sulla copertina di un mio diario… questi miei modestissimi versi… (eravamo nell’epoca della contestazione giovanile e delle battaglie per il divorzio etc…)

 
 
 
Qui la sensibil alma
di colui che singolar vita visse
nel borghese mondo
che la bestia umana crear seppe
per ritener valori
che pur già morti
vissero ancora a rovinar le genti
la fraterna dolorosa psiche
dell’amico Leopardi ammirando
all’ignara pagina
tutta si svelò…






 
 

Ma torniamo al Sommo Conte Giacomo… che non era, come sembrerebbe, solo dedito a profondissimi pensieri ma aveva passioncelle umanissime come ad es. il piacere di viaggiare, lo star in bella compagnia, l’amore per i dolci… (che gli rovinarono i denti) ed una finissima e come sempre geniale… autoironia.




Ah, signora!
Quello che lei crede una gobba
è l’astuccio delle mie ali!
Giacomo Leopardi





Immagine dal film a lui dedicato “Il giovane favoloso”





Ma veniamo alle sue mitiche liriche… 
 
Quelle che ho scelto e che possiamo leggere qui di seguito sono tra quelle che considero più belle.

Se vi va, potete aggiungere o indicare le sue poesie che amate di più…



 
 



LA SERA DEL DI’ DI FESTA

Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t’accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai nè pensi
Quanta piaga m’apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a salutar m’affaccio,
E l’antica natura onnipossente,
Che mi fece all’affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io, non già, ch’io speri,
Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
Quanto a viver mi resti, e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
In così verde etate! Ahi, per la via
Odo non lunge il solitario canto
Dell’artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov’è il suono
Di que’ popoli antichi? or dov’è il grido
De’ nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l’armi, e il fragorio
Che n’andò per la terra e l’oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
Il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s’aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch’egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s’udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core.



.

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 A SILVIA

Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all’opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D’in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d’amore.
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell’età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l’amor, l’opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell’umane genti?
All’apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.



 

L’INFINITO
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Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.






ALLA LUNA
.
O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, nè cangia stile
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri!






Passiamo ora a 2 video davvero belli
dedicati ad altre 2 bellissime sue opere.



Il primoè “LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA” letta da Vittorio Gassman
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e l’altro il “CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA” 
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CIAO DA TONY KOSPAN









Il Baobab – Ecco un albero davvero molto strano ed un po’ misterioso!   1 comment

 
 
 
 
 
 
 
 
Abbiamo sentito spesso parlar del baobab
e lo consideriamo un albero strano, misterioso 
e quasi magico… o da favola.
 
 
Per questo, spinto da una bella immagine,
ho voluto approfondire la conoscenza
sia della pianta che dei suoi frutti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L'ALBERO
 
 
 
Viene definito 
Albero Magico”, “Albero Farmacista” e “Albero della Vita”,
 dagli Africani.
 
 
La parola Baobab deriverebbe dall'arabo “bu- hibab”,  
(il frutto dai molteplici semi).







 
 
 La sua denominazione botanica è però
Adansonia Digitata in onore dello studioso francese
Michael Adanson che, nel XVIII secolo, 
per primo ce ne diede una descrizione dettagliata.
 
 
 

 
Alberi di Baobab delll'isola del Madagascar

 
 
 

I Baobab appartengono alla famiglia delle Bombacaceae
che comprende otto specie:
sette diffuse in Africa e una in Australia
 
 
Il suo tronco può arrivare fino ad circonferenza di 40 metri
ed un'altezza di 20 metri, mentre la sua chioma
può addirittura raggiungere i 50 metri di diametro
ed inoltre ha anche radici lunghissime.



 
 
 
 
 
 
IL FRUTTO E LE SUE PROPRIETA'
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Il frutto si presenta con forme variabili.

La superficie è legnosa mentre all'interno v'è una polpa,
divisa da filamenti di fibra in 8-10 spicchi, in cui ci sono i semi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ha un colore biancastro ed sapore leggermente acidulo,
dovuto alla presenza di diversi acidi organici
insieme a zuccheri, proteine e vitamine in particolare la C,
ben 6 volte più di quella contenuta in un'arancia.
 
 
Diversi studi ne hanno confermato
 virtù antinfiammatorie ed antivirali
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL TRONCO
 
 
 
 
Il tronco del baobab è così largo
che talvolta è usato come… casa.
 
Qui giù vediamo però possiamo vedere
il primo baobab… bar!!!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
F I N E

 
 
 
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