Quest’opera, con il Cristo velato di cui abbiamo già parlato
ed il Disinganno di cui parleremo più avanti,
forma la triade delle opere della Cappella più apprezzate
fin dal ‘700 dai visitatori e dagli storici dell’arte
ed è oggi un’immagine che vediamo molto spesso nel web.
LE ALTRE OPERE DELLA CAPPELLA
LA PUDICIZIA
a cura di Tony Kospan
Il Principe Raimondo l’ha dedicata alla memoria
della “incomparabile madre”, la nobildonna Cecilia Gaetani,
morta quando Raimondo aveva meno di un anno.
L’autore, il veneto Antonio Corradini noto per le sue figure velate,
è davvero un grande della scultura dell’epoca.
Aveva lavorato con successo in diverse parti d’Europa
ma morì proprio poco dopo averla terminata.
La prima cosa che salta all’occhio nell’osservarla
è che il titolo “La pudicizia” è davvero strano
tanto la statua appare… maestosamente “impudica“!
Anche qui il “velo corradiniano” appare fantastico
con quelle pieghe trasparenti del tessuto
che aderiscono elegantemente e morbidamente alla pelle.
L’arte del velo nella scultura era già nota agli antichi
ed era molto amata dal Principe anche per il suo significato esoterico
del… velare e… svelare (la verità).
La donna ha una cintura di rose intrecciate
ed uno sguardo perso nel vuoto ed ha poi accanto a sé
l’albero della vita e una lapide divisa in 2 parti
simbolo indiscusso di una vita troppo presto spezzata
ed ancor più confermato dalla mano lì appoggiata.
La base infine su cui essa è situata
mostra un bassorilievo in cui è raffigurato
l’episodio evangelico del Noli me tangere.
Abbiamo dunque visto e descritto la statua
sia come “significato familiare“,
omaggio alla madre prematuramente morta,
che da un punto di vista artistico,
la genialità dell’arte del Corradini.
Ora esaminiamola anche secondo
le differenti ed opposte interpretazioni
esoteriche e cristiane della stessa.
INTERPRETAZIONE ESOTERICA
Appare chiaro che se la scultura voleva rappresentare
solo un omaggio alla madre morta così giovane
qui c’è molto… ma molto di più
a partire da quel velo di cui abbiamo già parlato,
riferimento alla sapienza nascosta ai non iniziati,
e per la figura accostabile alla dea egizia Iside.
Inoltre tanto gli arbusti di quercia,
albero della conoscenza del Bene e del Male per gli antichi,
l’opulenza delle forme, la cintura di rose (Rosa mistica?) etc
evidenziano che l’opera
non è altro che un’allegoria della sapienza esoterica.
INTERPRETAZIONE RELIGIOSA O CLASSICA
Tutti i simboli dell’opera non sono altro
che espressione della fede cristiana.
La quercia è anche un simbolo cristiano,
il vaso sotto la statua è un contenitore di incenso,
la cintura di rose rappresenta la nascita della vita,
la lapide rotta fa riferimento alla resurrezione
(lapide del sepolcro di Cristo trovata rotta )
ed il velo null’altro è che un omaggio
alla nuda castità e/o alla nudità di Eva.
UNA PERSONALE OPINIONE
Tanta religiosità nel Principe, noto massone
e duramente perseguitato a più riprese dalla Chiesa
mi sfugge proprio del tutto e mi appare incomprensibile.
Lo stesso Corradini, l’autore, era poi un iniziato.
Come pure non mi convince l’idea che un figlio
voglia ricordare la madre precocemente scomparsa
mostrandola con forme così procaci
e coperte solo da un leggero velo trasparente.
Però penso anche che sia innegabile
la presenza di diversi riferimenti religiosi.
Dunque ritengo che nell’opera siano presenti
entrambi gli aspetti che forse sono stati volutamente
tenuti insieme principalmente per 2 motivi.
Il primo è quello di renderla ancor più misteriosa
ed il secondo per evitare le ire delle Autorità ecclesiastiche.
In ogni caso è indubitabile che si tratta
di un vero e proprio fantastico capolavoro…
FINE DELLA IV PARTE
(LA CAPPELLA SANSEVERO
E LE 4 INTERPRETAZIONI
DELLE SUE MISTERIOSE OPERE)
La visita virtuale della Cappella
continuerà con le altre misteriose opere
Chi volesse legger la I parte
– Presentazione e biografia del Principe di Sansevero –
Chi volesse legger la II parte
– La storia fella misteriosa Cappella –
Chi volesse legger la III parte
– Il mitico Cristo Velato –
PER LE NOVITA’ DEL BLOG
SE… IL BLOG TI PIACE… I S C R I V I T I
.
.
.
.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Uno dei più grandi fotografi africani del '900

SEYDOU KEITA

Fotografo – Bamako 1921 (MALI) – Parigi 21 novembre 2001
E' CONSIDERATO IL RITRATTISTA
DELL'ANIMA AFRICANA
Seydou Keita nato nel 1923 a Bamako cominciò a fotografare nel 1945, ritraendo i propri familiari e sviluppando le istantanee presso il laboratorio di Pierre Garnier.
Nel 1949 apre il suo studio e con una macchina acquistata d'occasione e pochi accessori fotograferà fino agli anni '70.
Dal 1962 al 1977 ha lavorato per l'amministrazione dello Stato, come fotografo per la Sicurezza nazionale, anche se oggi non risulta alcuna documentazione di quel periodo.

Keita ha lasciato a Bamako, dove risiedeva, il suo grande archivio di negativi, da quando, nel 1977, ha lasciato l’attività.
Seydou Keita è forse il più grande tra i fotografi di studio africani.
Ciò che colpisce nelle sue fotografie è la grande abilità compositiva:
le pose dei soggetti ritratti, gli accessori, sempre decisivi nel caratterizzare ogni singolo scatto, e gli sfondi, semplici ma inconfondibilmente maliani, sono gli elementi che rendono unica l’opera di Keita, uno spaccato sociologico e antropologico del Mali che non ha sicuramente eguali.

La tecnica usata prevalentemente da Keita per lo sviluppo fotografico è quella della gelatina e dei sali d’argento, che permette un passaggio netto dal bianco a nero, donando nitidezza e contrasti molto netti alle immagini.
Egli cerca di immortalare in “stile esplicitamente africano” i soggetti fotografati, li inserisce in scenari particolari ed estremamente rappresentativi della cultura e del modo di vivere africani.
Le figure vengono spesso ritratte come modelli ideali per la collettività, leggermente sospesi al di sopra del quotidiano.

I singoli o i gruppi di persone che vengono immortalati negli studi fotografici di Bamko, desiderano fermare un’immagine ideale di se stessi, ed è per questo che sono spesso accostati ad oggetti ed abbigliamenti che non rappresentano affatto la vera quotidianità.
La realtà è volutamente tenuta fuori da questo tipo di espressione artistica, ciò che si desidera comunicare è fondamentalmente un messaggio simbolico esplicitato dall’utilizzo di particolari fondali con stampe bicromatiche, costumi, accessori e posture che rimandano ad uno specifico spaccato socio-culturale:
quello di una società investita dai mutamenti, una borghesia africana nascente,
l’arrivo della modernità e la contraddizione tra voglia di occidente e modernità e rispetto delle tradizioni locali .
ECCO ORA UNA CARRELLATA DI SUE FOTO


|
|





Testo da vari siti web – impaginaz. T.K.
TONY KOSPAN
|
Mi piace:
Mi piace Caricamento...

John P. O’Brien è stato un pittore americano molto interessante per il suo stile intriso di dolcissima e poetica malinconia.
La sua pittura è stata definita dai critici “realismo romantico contemporaneo“.
.
.
John Patrick O’Brien 2 giugno 1951 – 24 ott 2004
In esso non secondario è l’influsso dell’arte europea… soprattutto francese ed italiana da lui amatissima.
E’ mancato a soli 53 anni per un brutto male ma è indubitabile l’eleganza pittorica, la cultura, la poesia e la dolce malinconia che traspaiono con forza dai suoi dipinti.
I suoi temi sono in genere interni di appartamenti eleganti, strade e villaggi europei… e quartieri di città con pub.
Non è un artista molto noto, di lui si hanno poche immagini e poche notizie, ma in compenso i suoi romantici dipinti sono spessissimo postati in siti… blog e social network e qualcuno penso che lo riconoscerete certamente.
Nel dipinto qui sotto, che suscitò la mia curiosità e che mi spinse ad approfondire la sua conoscenza, egli si diverte ad inserire note opere d’arte nelle finestre del quartiere… ma questo non è proprio una rarità per lui..
Tony Kospan
IL GRUPPO DEGLI AMANTI DELL’ARTE (SU FB)
Veduta veneziana
Mi piace:
Mi piace Caricamento...