
Bella… profonda…suggestiva e piena di saggezza
mi appare questa poesia che non esito a definire sublime
benché l’autore non sia proprio notissimo.
LA MIA VITA NON E’ STATA UNA SCALA DI CRISTALLO
Langston Hughes
Figlio, ti dirò
che la mia vita
non è stata una scala di cristallo…
ma una scala di legno tarlato
con dentro i chiodi e piena di schegge
e gradini smossi sconnessi
e luoghi squallidi
senza tappeti in terra.
Ma ho sempre continuato a salire,
ed ho raggiunto le porte
ed ho voltato gli angoli di strade,
e qualche volta mi sono trovato nel buio,
buio nero, dove mai è stata luce.
Così ti dico, ragazzo mio,
di non tornare indietro,
di non soffermarti sulla scala
perché penoso è il cammino,
di non cedere, ora.
Vedi io,
continuo a salire…
E la mia vita,
non è stata una scala di cristallo.
Langston Hughes
è stato un poeta, scrittore, drammaturgo e giornalista statunitense
i cui temi principali dell’attività letteraria sono stati
la vicinanza agli emarginati e la lotta al razzismo.
(Joplin, 1.2.1902 – New York 22.5.1967)
Tony Kospan
UN MODO DIVERSO DI VIVER
LA POESIA E LA CULTURA
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Davvero imperdibili e tutte da godere
queste riflessioni di Tommaso Moro
Pierre Puget
BEATI QUELLI…
Beati quelli che sanno ridere di se stessi,
perché non finiranno mai di divertirsi.
Beati quelli che sanno distinguere una montagna da un ciottolo,
perché eviteranno molti fastidi.
Beati quelli che sanno riposare e dormire senza trovare scuse:
diventeranno saggi.
Beati quelli che sanno ascoltare e tacere:
impareranno cose nuove.
Giuseppe Mariotti – Picnic
Beati quelli che sono abbastanza intelligenti per non prendersi sul serio:
saranno apprezzati dai loro vicini.
Beati quelli che sono attenti alle esigenze degli altri,
senza sentirsi indispensabili:
saranno dispensatori di gioia.
Beati sarete voi se saprete guardare seriamente le cose piccole
e tranquillamente le cose importanti:
andrete lontano nella vita.
Beati voi se saprete apprezzare un sorriso
e dimenticare uno sgarbo:
il vostro cammino sarà pieno di sole.
Walter Crane – Le stagioni
Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare,
che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare,
che io possa avere soprattutto l'intelligenza di saperle distinguere.
Se l'onore fosse redditizio, tutti sarebbero onorevoli.
Datemi o Signore () un'anima che non conosca la noia,
i brontolamenti, i sospiri e i lamenti,
e non permettete che io mi crucci eccessivamente
per quella cosa troppo invadente che si chiama IO.
Datemi, o Signore, il senso del ridicolo.
Concedetemi la grazia di comprendere uno scherzo,
affinché conosca nella vita un po' di gioia
e possa farne parte anche ad altri.
L'autore è Thomas More, italianizzato in Tommaso Moro…
brillante scrittore e giurista inglese che fu decapitato
perché non volle abbandonare la Chiesa di Roma
a favore della nascente Chiesa Anglicana.
Per questo è stato proclamato Santo.
Thomas More (Tommaso Moro) – Londra 7.2.1478 / Londra 6.7.1535
Jan Matsys – A Merry Company
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Non possiamo… noi che amiamo la poesia,
nel giorno in cui morì Napoleone,
non ricordare la più grande e la più bella poesia,
benché dubbiosa, scritta dal Manzoni per lui.
(Ajaccio 15.8.1769 – Longwood – Sant'Elena 5.5.1821)
Poesia che oltre ad esser nota a tutti,
perché ce la fanno studiare a scuola,
ha anche una notevole valenza storica…
oltre ad esser densa di significati spirituali.
Alessandro Manzoni (Milano 7.3.1785 – Milano 22.5.1873)
Il Manzoni la scrisse quasi di getto (4 o 5 gg)
dopo aver saputo che Napoleone era morto
ma soprattutto perché commosso dal fatto
che si era convertito poco prima di morire…
Il poeta, quando il Bonaparte dominava l'Europa
non era stato tra i suoi ammiratori…, anzi,
per cui appare chiaro che questa poesia
in cui ne riconosce comunque la grandezza
(all'epoca Napoleone era amatissimo o odiatissimo)
non poteva certo portar vantaggi allo scrittore milanese.
Questo il foglio su cui fu scritta
In realtà egli si astiene da un preciso giudizio storico
limitandosi a dire… con i mitici versi…
“Fu vera Gloria?
Ai posteri l'ardua sentenza” (vv 31-32),
frase poi entrata a far parte anche del nostro comune dire.
La poesia fu censurata dalle Autorità Austriache
che governavano all'epoca la Lombardia ma,
grazie a Goethe, che la fece pubblicare su una rivista tedesca,
ebbe un'eco immediata in tutta Europa.
Ma ora leggiamola… rileggiamola.
IL CINQUE MAGGIO
Alessandro Manzoni
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie' mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al sùbito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.
Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de' manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e l'avvïò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trïonfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.
Tony Kospan
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