Archivio per 3 dicembre 2016

Antonia Pozzi… grande ma sfortunata poetessa del primo ‘900 – Biografia ed alcune sue bellissime poesie   3 comments



Sono passati oltre 100 anni dalla sua nascita

ma le sue poesie sono più vive che mai

e personalmente,

ogni volta che ne parlo o leggo sue poesie,

non riesco a non emozionarmi.





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ANTONIA POZZI
UN BREVE RICORDO ED ALCUNE POESIE
a cura di Tony Kospan







BREVE BIOGRAFIA



Antonia Pozzi nasce a Milano il 13 febbraio 1912.

Da piccolina è biondina ma delicatina di salute.




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Crescendo diventa una bella ragazza contenta dei suoi genitori, l’avvocato Roberto Pozzi e la contessa Lina Cavagna Sangiuliani, e vive in un ambiente familiare (in senso ampio) molto colto ed elegante.


E’ però il liceo che segnerà la sua vita.


Qui inizia ad avere delle belle amicizie ed inizia a scrivere poesie.









Ma soprattutto resta affascinata dal professore di latino e greco.


Non dalla sua bellezza però… bensì dalla sua profonda cultura e dalla sua grande passione per l’insegnamento.

E’ il 1927.







Antonia scopre, nonostante la severità e gli occhi tristi del docente,  d’aver in comune con lui tantissime affinità e tanti ideali… ma soprattutto l’amore per la poesia, la cultura, l’arte etc..

Scoppia l’amore…

Il padre cerca però in ogni modo di contrastarlo.








Nel 1933 Antonia si arrende al volere della famiglia… ma scrive di farlo “non secondo il cuore, ma secondo il bene”.


In realtà questo amore non finirà mai d’albergare nel suo cuore anche se cerca di vivere altri amori e di dedicarsi ad altri interessi.

Nel 1935 si laurea con lode con una tesi sulla formazione letteraria di Flaubert.







In questi anni vive come qualsiasi giovane alto-borghese di quei tempi frequentando molto anche la montagna con passeggiate e scalate.

Questo le dà molte emozioni che trasferisce poi nelle poesie.

Fa però anche una crociera nel mediterraneo visitando quei luoghi d’antica civiltà di cui le parlava il “suo” professore… nonché un viaggio in Austria e Germania per approfondire la lingua tedesca che tanto amava.


Una  foto scattata da Antonia


 

 


Un altro suo grande interesse è, in quegli anni, la fotografia… (i suoi scatti appaiono vere e proprie poesie figurate) e l’impegno sociale verso i poveri.

Nel 1937 Antonia inizia ad insegnare presso l’Istituto Tecnico Schiapparelli.


Tuttavia nonostante tutte queste sue numerose attività non viene mai meno in lei una grave inquietitudine… che il 3 dicembre del ’38 la porta ad un tragico gesto.


Probabilmente i forti contrasti col padre, oltre all’amore negato, hanno avuto un’enorme importanza nella genesi delle sue gravi difficoltà psicologiche.





 

Addirittura risulta che il padre, dopo la sua morte, arrivò a censurare e modificare alcune sue poesiee questo la dice lunga sulla tremenda pressione psicologica subita da Antonia.



LA SUA POETICA



Il manoscritto di una delle sue più note poesie





Non sono poche le sue poesie… ben 300… soprattutto se consideriamo la prematura scomparsa.

Qualcuno ha voluto limitarne la bellezza e la profondità definendole “diaristiche”.

Non sono poi da sottacere diversi aspetti innovativi e coraggiosi della sua poetica nè la sua capacità, pur essendo giovanissima, d’affrontar con coraggio i difficili temi della vita.




ALCUNE TRA LE SUE PIU’ BELLE POESIE






PREGHIERA ALLA POESIA

Oh, tu bene mi pesi
l’anima, poesia:
tu sai se io manco e mi perdo,
tu che allora ti neghi
e taci.
Poesia, mi confesso con te
che sei la mia voce profonda:
tu lo sai,
tu lo sai che ho tradito,
ho camminato sul prato d’oro
che fu mio cuore,
ho rotto l’erba,
rovinata la terra –
poesia – quella terra
dove tu mi dicesti il più dolce
di tutti i tuoi canti,
dove un mattino per la prima volta
vidi volar nel sereno l’allodola
e con gli occhi cercai di salire –
Poesia, poesia che rimani
il mio profondo rimorso,
oh aiutami tu a ritrovare
il mio alto paese abbandonato –
Poesia che ti doni soltanto
a chi con occhi di pianto
si cerca –
oh rifammi tu degna di te,
poesia che mi guardi.



SCRIVER Penna che scriveSCRIVER Penna che scriveSCRIVER Penna che scrive



CONFIDARE

Ho tanta fede in te. Mi sembra
che saprei aspettare la tua voce
in silenzio, per secoli
di oscurità.
Tu sai tutti i segreti,
come il sole:
potresti far fiorire
i gerani e la zàgara selvaggia
sul fondo delle cave
di pietra, delle prigioni
leggendarie.
Ho tanta fede in te. Son quieta
come l’arabo avvolto
nel barracano bianco,
che ascolta Dio maturargli
l’orzo intorno alla casa.


SCRIVER Penna che scriveSCRIVER Penna che scriveSCRIVER Penna che scrive



PUDORE

Se qualcuna delle mie parole
ti piace e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato
ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino è bello.

SCRIVER Penna che scriveSCRIVER Penna che scriveSCRIVER Penna che scrive

BELLEZZA

Ti do me stessa
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.
 Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.
 Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –
 E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch’io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette.







Grazie Antonia per le bellissime poesie
e scusaci per tutto il dolore che il perbenismo formale
di una società ipocrita ti ha dato.


Tony Kospan

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E’ in questa crepuscolare poesia di Gozzano l’origine della nota frase “Non amo che le rose che non colsi”   1 comment





Gregory Frank Harris



Chi di noi non conosce questa frase?
Ma penso che pochi sappiano,
come me, prima di scoprirlo,
in quale circostanza sia stata scritta
e da chi…








Gironzolando tra le amate poesie
ho trovato la soluzione
che ora mi fa piacere condividere con voi.



Risultati immagini per cocotte gozzano



NON AMO CHE LE ROSE CHE NON COLSI
a cura di Tony Kospan








E’ in una strofa di questa poesia,
apparentemente sognante e birichina,
ma profondamente crepuscolare
di Guido Gozzano…
poeta tra i più interessanti di questa corrente
morto prematuramente a soli 32 anni.




Guido Gozzano
(Torino 19.12.1883 – Torino 9.8.1916)




La poesia crepuscolare fu molto in voga
a partire dal secondo decennio del ‘900
in aperto contrasto con le visioni futuriste e moderniste
delle avanguardie culturali di quel periodo




Fernand Toussaint



Ma torniamo alla mitica frase
e vediamo il punto esatto dove nasce…


Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!


Il poeta ci parla di sé, bambino, ma già ammiratore
di una, “Cocotte” vicina di casa,
che, avendogli donato un furtivo bacio ed un confetto,
rimase scolpita nel suo cuore.




Vincenzo Irolli – Tra Le Rose



Gozzano si abbandona languidamente ai ricordi
di quel volto, di quei volti,
di quei luoghi e di quelle emozioni,
che dopo tanti anni vivono ancora forti in lui,
ma rimane fermo lì, nella sola contemplazione.




John William Waterhouse – Mia dolce rosa (partic.)


           cuori stellecuori stelle          






E’ una poesia, per me carinissima, che rallegra il cuore 
unendo freschezza e profumi della memoria
in un ampio caldo affresco avvolto in forte romanticismo
pur nella sua profonda atmosfera d’abbandono.



Vincenzo Irolli – Sdraiata nel giardino      


Ma il successo di questa poesia è forse dovuto soprattutto

a quella frase diventata di uso comune.

“non amo che le rose che non colsi”.

Ma ora leggiamola tutta…



Alphonse Mucha




COCOTTE

(Guido Gozzano)


I
Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto…
II
«Piccolino, che fai solo soletto?»
«Sto giocando al Diluvio Universale.»
Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chinò come chi abbia
fretta d’un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baciò di tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.
Sempre ch’io viva rivedrò l’incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!
«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»
«Sì… vedi la mia mamma e il mio Papà?»
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità…
«Una cocotte!…»
«Che vuol dire, mammina?»
«Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!»
Co-co-tte… La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d’ovo e di gallina…
Pensavo deità favoleggiate:
i naviganti e l’Isole Felici…
Co-co-tte… le fate intese a malefici
con cibi e con bevande affatturate…
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!
III
Un giorno – giorni dopo – mi chiamò
tra le sbarre fiorite di verbene:
«O piccolino, non mi vuoi più bene!…»
«è vero che tu sei una cocotte?»
Perdutamente rise… E mi baciò
con le pupille di tristezza piene.
IV
Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent’anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei, cattiva
Signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere più viva!)
la discesa terribile degli anni?
Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l’ultimo amante disertò l’alcova…
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d’un bacio e d’un confetto,
dopo vent’anni, oggi ti ritrova
in sogno, e t’ama, in sogno, e dice: T’amo!
Da quel mattino dell’infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t’aspetta, o creatura!
Vieni! Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!
Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!
Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia…
Vieni! T’accoglierà l’anima sazia.
Fa ch’io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacierò; rifiorirà, nell’atto,
sulla tua bocca l’ultima tua grazia.
Vieni! Sarà come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d’allora.
Il bimbo parlerà con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.






Gregory Frank Harris



Ed infine, in ideale dolce collegamento floreale,
ascoltiamo la mitica voce dell’altrettanto sfortunata
Giuni Russo che ci canta
Una rosa è una rosa


notes1
Alphonse Mucha


CIAO DA TONY KOSPAN



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