E’ considerato
uno dei padri della fotografia italiana
GIANNI BERENGO GARDIN
fotografia & arte
L’EMOZIONE DELLA QUOTIDIANITA’
Santa Margherita Ligure – 10 ottobre 1930
Negli anni cinquanta la ricostruzione culturale e morale portò l’estetica verso il realismo, un’evoluzione voluta da molti artisti e stimolata dai bisogni materiali di una generazione frustrata da vent’anni di teorie moderniste e chiusure di regime.
Le prime influenze internazionali brandirono così la spada del risveglio e grazie ai rappresentanti d’oltreoceano (e non solo) i fotografi italiani edificarono il Neorealismo.


Scrisse efficacemente Cesare Pavese ne L’influsso degli eventi, in La letteratura americana, 1946:
“Noi scoprimmo l’Italia […] cercando gli uomini e le parole in America, in Russia, in Francia e nella Spagna”.



E’ bene quindi ripensare a quel periodo della cultura fotografica italiana cercando all’interno delle sue principali caratteristiche le evoluzioni della poetica dello stesso Gardin e di tutti coloro che direttamente o indirettamente entrarono i contatto con il Neorealismo.
(Questa di Migliori e le successive testimonianze sono riprese dalle interviste presenti in: AA.VV., Gli anni del Neorealismo. Tendenze della fotografia italiana, Prato, Fiaf, 1998, n.d.r.).
Nel 1963 il grande maestro della fotografia italiana impresse uno scatto – non lontano da Siena – che racchiude l’essenza del mutamento. Una strada bianca s’inerpica nella campagna toscana. Pochi alberi ne seguono il tracciato. Un uomo e una donna camminano verso l’orizzonte.
A riguardarla dopo trentacinque anni, Berengo Gardin riesce ancora a emozionarsi. “E’ come rivedere un figlio”, ammette e racconta di come questo scatto “racchiuda in sé il valore del documento”.
Poi, spiega: “Sono ripassato per questa stessa strada dieci anni dopo e non esisteva praticamente più: per prima cosa è stata asfalta correggendo una delle curve, poi è stato costruito il guard rail.
Infine gli alberi sono morti con la gelata del 1985″.

Intorno proprio alla questione del Neorealismo è interessante leggere proprio la posizione in merito dello stesso Berengo Gardin, sempre ricordando che capire l’opera di un autore richiede un approfondimento, seppur minimo, sul periodo nel quale è vissuto e sulle influenze culturali che quel periodo è stato in grado di imprimere nella poetica e nell’estetica:
“Forse non avevamo la consapevolezza di aderire al Neorealismo fotografico, etichetta che, beninteso, non ci dispiace affatto, si trattava di un esperienza irrinunciabile, di una risposta espressiva ad uno stato d’animo comune a tutti.”
Ritiene poi che le influenze di – Life – e dei fotografi della Farm Security Administration, alla fine degli anni trenta, abbiano cambiato molte cose e impressionato molti animi.
Il manifesto pubblicato proprio su Life nel ’36 esprimeva quei concetti che furono propri del successivo realismo italiano: “Vedere la vita, vedere il mondo, essere testimoni oculari di grandi eventi, osservare i volti dei poveri e i gesti dei superbi. Vedere e gioire nel vedere, vedere ed essere sorpresi, vedere e apprendere”.
Una lezione ancora valida che crea nei discorsi di Berengo Gardin, tuttora, grande suggestione e gli permette di affermare: “Fotografia di reportage – o, se preferite, Neorealismo fotografico – come possibilità di fotografare e interpretare le cose che accadono in modo che esse assumano e poi riescano a comunicare ulteriori significati.”
La fotografia di questo autore è in definitiva una storia di luoghi e di volti, un lavoro costante che ripropone oggi, nella sua varia complessità, avvenimenti e situazioni di un’Italia povera, di un’Italia in continuo movimento ed evoluzione.
Nei volti e nelle situazioni si riscoprono atmosfere lontane, luoghi fermi nel tempo, volti di statuaria memoria.

Le sue fotografie sono state insignite del prestigioso Lucie Awards, la massima onoreficenza per la fotografia che, in precedenza, era stata data a grandi maestri come Henri Cartier-Bresson, Gordon Parks, William Klein e Wily Ronis.
Testo estratto da un articolo di Andrea L. Casiraghi su New Cult Frame
– impaginazione Tony Kospan
CIAO DA TONY KOSPAN
IL MONDO DEGLI ARTISTI
E DI CHI AMA L’ARTE
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Delacroix


I fanciulli trovano tutto nel nulla,
gli uomini trovano il nulla nel tutto.
Giacomo Leopardi




La barca di Dante – Delacroix
VOLA CANZONE RAPIDA
Paul Verlaine
Vola, canzone, rapida
davanti a Lei e dille
che, nel mio cuor fedele,
gioioso ha fatto luce un raggio.
Dissipando, santo lume,
le tenebre dell’amore: paura,
diffidenza e incertezza.
Ed ecco il grande giorno!
Rimasta a lungo muta
e pavida. La senti?
L’allegria ha cantato
come una viva allodola
nel cielo rischiarato.
Vola, canzone ingenua,
e sia la benvenuta
senza rimpianti
vani colei che infine torna.
Cleopatra e il contadino – Delacroix
a tutti da Tony Kospan
IL GRUPPO DI CHI AMA VIVER L’ARTE…
I N S I E M E
Il cesto di fiori – Delacroix
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Quella che ascolteremo
non è una gran bella canzone in senso classico…
né come testo né come musica…
ma è stata ugualmente una canzone cult…
e su di lei si scrisse di tutto e di più
come vedremo in seguito…
Il periodo in cui questa canzone
trionfa ed è cantata in Italia dappertutto
è l'inizio degli anni 50…
Per la precisione siamo nel 1952…
PAPAVERI E PAPERE
ATMOSFERE E NOTE DI QUALCHE TEMPO FA
a cura di Tony Kospan
Questa canzone non ha nè testo poetico nè musica eccezionale…
tuttavia è una canzone simpatica e.. (ingenuamente) divertente…
Molto si ipotizzò e si scrisse su eventuali significati nascosti…
e sottilmente politici…
la paperina = il popolo
e
i papaveri = i potenti.
Tuttavia essa entrò allora
ed è rimasta sempre nel cuore degli Italiani.
E' una canzone che ha segnato davvero un'epoca…
essendo il suo successo durato molto a lungo…
grazie all'interpretazione di Nilla Pizzi…
che vediamo qui sotto con Antony Quinn
La canzone fu la 2° classificata al Festival di Sanremo del 1952,
dopo Vola Colomba, sempre cantata da Nilla Pizzi,
ma ebbe però molto più successo della prima.
1952 – La mitica Mille miglia
Il motivetto insieme a questa strofa… è di quelli che,
una volta entrati nella mente, per qualche magia…,
vi restano appiccicati… per sempre…
“Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti,
e tu sei piccolina, e tu sei piccolina,
lo sai che i papaveri son alti, alti, alti,
sei nata paperina, che cosa ci vuoi far…”
Ma ora ascoltiamola… leggendo… se ci va…
anche il testo…
e/o, se ci fa piacere, in questo video…
simpaticissimo e… floreale…
1952 – Nilla Pizzi al Festival di Sanremo
CIAO DA TONY KOSPAN









LA TUA NUOVA PAGINA DI CULTURA CON LEGGEREZZA
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Breve ricordo di colei che
“ogni volta che canta
sembra che strappi la sua anima per l’ultima volta”
questa la definizione della sua voce
da parte di Jean Cocteau
EDITH PIAF UNA CANTANTE NEL MITO
(Parigi 19.12.1915 – Grasse 10.10.1963)
La ricorderò con una brevissima biografia
e con 2 sue mitiche canzoni la
“L’himne à l’amour“ e “Non je ne regrette rien“
BREVE BIOGRAFIA
La sua vita è stata davvero romanzesca,
nel senso più vero del temine,
con grandissime luci e grandissime ombre.

Nata in una famiglia in cui la madre era molto “allegra”
ed il padre un artista del circo, fu così trascurata dai genitori,
che non si accorsero nemmeno che stava per diventare cieca.
Il problema fu scoperto solo quando,
affidata ad una zia che era cuoca di un bordello,
le “professioniste” se ne accorsero.
La sua vita fu un continuo e forte alternarsi
di grandi successi e di momenti difficili
sia nel campo artistico che affettivo ed economico.
Finì poi quasi in miseria.
Qui è con il suo amato pugile che però morì in un incidente aereo.
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L’unica cosa che non cambiò mai
fu la sua inimitabile ed indimenticabile voce…
al punto che, uscendo da lei che era così piccola e minuta,
le fece avere il soprannome di “ragazza uccellino“
Ma ora è giunto il momento di ascoltar per prima,
con le orecchie e con il cuore,
dato che è una musica che emoziona ed affascina ancor oggi,
la canzone scritta da lei per la morte del suo amato pugile Marcel Cerdan
che fu il più grande amore della sua vita.
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In quest’altro video d’epoca, possiamo invece ammirarla
nella sua interpretazione di un altro trionfo che pure ha superato
i confini del tempo ed è ancor oggi la canzone più amata dai francesi.
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CIAO DA TONY KOSPAN
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