Questo, di Pascal, è un interessantissimo pensiero
a mio parere, sulla condizione umana.
Biagio Pascal
Lo sottopongo pertanto alla nostra riflessione
e, perché no, alle nostre considerazioni.
N O I
Biagio Pascal
“Rendiamoci dunque conto delle nostre possibilità:
noi siamo qualcosa, ma non siamo tutto;
quel tanto di essere che possediamo ci nasconde la vista dell’infinito. […]
Questa è la nostra vera condizione,
la quale ci rende incapaci di sapere con certezza
e di ignorare assolutamente.
Noi navighiamo in un vasto mare, sempre incerti ed instabili,
sballottati da un capo all’altro.
Qualunque scoglio a cui pensiamo di attaccarci e restare saldi,
viene meno e ci abbandona e, se l’inseguiamo,
sguscia alla nostra presa, ci scivola di mano e fugge in una fuga eterna.
Per noi nulla si ferma.
Questa è la nostra naturale condizione, che tuttavia è la più contraria
alla nostra inclinazione: desideriamo ardentemente trovare un assetto stabile
e una base ultima per edificarvi una torre che si levi fino all’infinito,
ma ogni nostro fondamento si squarcia e la terra s’apre in abissi”.
Nato a Milano in una nobile ed agiata famiglia milanese
(Il padre era un ricco proprietario terriero
e la madre era la figlia di quel noto illuminista italiano, Cesare Beccaria,
autore del libro, all'epoca rivoluzionario… “Dei delitti e delle pene”)
visse un'infanzia ed un'adolescenza difficili
per le conseguenze del fallimento del matrimonio dei genitori.
A 17 anni la sua prima pubblicazione grazie
ad un esule della sfortunata esperienza della
“Repubblica Napoletana” che inserì un suo sonetto
dedicato a Dante come prefazione in un suo libro.
Dalla frequentazione con alcuni poeti dell'epoca, tra cui il Foscolo,
egli inizia a ritenere che sia un dovere per il poeta
esprimere sempre, o quasi, concetti di alto valore morale
ed a studiare i grandi autori classici e contemporanei.
Nel 1802 sposa la sedicenne protestante Enrichetta Blondel
che in seguito si convertirà al Cattolicesimo insieme al marito,
prima molto indifferente sul punto,
dopo un lungo periodo di riflessioni e studi.
Egli è tra gli esponenti principali della cultura
dell'epoca ed è molto attivo nello scrivere opere di vario genere.
Ma i momenti più importanti della sua attività letteraria
e/o quelli che ancor oggi sono letti ed amati
sono quelli in cui scrive la poesia il 5 MAGGIO
ed il notissimo romanzo I PROMESSI SPOSI
considerato un'opera fondamentale per la diffusione
della lingua italiana in una nazione in cui
i dialetti (o lingue locali) erano preponderanti.
Ora per non tediare il lettore e per penetrare nel suo animo
penso sia utile ricordarlo
con questa sua mitica poesia dalle tante valenze…
Questa poesia, oltre ad esser nota a tutti
perché ce la fanno studiare a scuola è certamente anche di grande valenza storica…
e non solo perché ci parla di Napoleone… ed inoltre è densa di significati spirituali.
Il Manzoni, la scrisse quasi di getto (4 o 5 gg) dopo aver saputo che Napoleone era morto ma soprattutto perché commosso dal fatto che si era convertito poco prima di morire…
Infatti il Manzoni, quando il Bonaparte dominava l'Europa non era stato tra i suoi ammiratori…, per cui appare chiaro che questa poesia in cui ne riconosce comunque la grandezza
(all'epoca Napoleone era amatissimo o odiatissimo) ormai non poteva certo portargli vantaggi…
Questo il foglio su cui fu scritta
In realtà egli si astiene da un preciso formale giudizio storico limitandosi a dire… con i mitici versi… “Fu vera Gloria?
Ai posteri l'ardua sentenza” (vv 31-32), frase poi entrata a far parte del nostro comune dire…
La poesia fu censurata dalle Autorità Austriache che governavano all'epoca la Lombardia ma, grazie a Goethe, che la fece pubblicare su una rivista tedesca, ebbe un'eco immediata in tutta Europa…
Ma ora leggiamola… rileggiamola…
IL CINQUE MAGGIO Alessandro Manzoni
Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, così percossa, attonita la terra al nunzio sta, muta pensando all'ultima ora dell'uom fatale; né sa quando una simile orma di pie' mortale la sua cruenta polvere a calpestar verrà. Lui folgorante in solio vide il mio genio e tacque; quando, con vece assidua, cadde, risorse e giacque, di mille voci al sònito mista la sua non ha: vergin di servo encomio e di codardo oltraggio, sorge or commosso al sùbito sparir di tanto raggio; e scioglie all'urna un cantico che forse non morrà. Dall'Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; scoppiò da Scilla al Tanai, dall'uno all'altro mar. Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza: nui chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui del creator suo spirito più vasta orma stampar. La procellosa e trepida gioia d'un gran disegno, l'ansia d'un cor che indocile serve, pensando al regno; e il giunge, e tiene un premio ch'era follia sperar; tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio, la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio; due volte nella polvere, due volte sull'altar. Ei si nomò: due secoli, l'un contro l'altro armato, sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato; ei fe' silenzio, ed arbitro s'assise in mezzo a lor. E sparve, e i dì nell'ozio chiuse in sì breve sponda, segno d'immensa invidia e di pietà profonda, d'inestinguibil odio e d'indomato amor. Come sul capo al naufrago l'onda s'avvolve e pesa, l'onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa, scorrea la vista a scernere prode remote invan; tal su quell'alma il cumulo delle memorie scese. Oh quante volte ai posteri narrar se stesso imprese, e sull'eterne pagine cadde la stanca man! Oh quante volte, al tacito morir d'un giorno inerte, chinati i rai fulminei, le braccia al sen conserte, stette, e dei dì che furono l'assalse il sovvenir! E ripensò le mobili tende, e i percossi valli, e il lampo de' manipoli, e l'onda dei cavalli, e il concitato imperio e il celere ubbidir. Ahi! forse a tanto strazio cadde lo spirto anelo, e disperò; ma valida venne una man dal cielo, e in più spirabil aere pietosa il trasportò; e l'avvïò, pei floridi sentier della speranza, ai campi eterni, al premio che i desideri avanza, dov'è silenzio e tenebre la gloria che passò. Bella Immortal! benefica Fede ai trïonfi avvezza! Scrivi ancor questo, allegrati; ché più superba altezza al disonor del Gòlgota giammai non si chinò. Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola: il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, sulla deserta coltrice accanto a lui posò.
Esistono procedimenti magici che aboliscono le distanze di tempo e di spazio: le emozioni Simone de Beauvoir
(
James Jacques Tissot – Il saluto
LA MIA FANTASIA Giorgio Bonnin
…e cercavo parole d’Amore tra i capelli del bosco; cercavo batuffoli di sole caldi di verità imprigionate nel sogno di un guerriero bambino… Il sentiero del Tempo era un ricamo di luce tra il verde e le ombre della sera, colorato di silenzi. Inchiodai le mie paure, le mie ansie, i fantasmi della mia tristezza alle ali del Sogno, e la mia fantasìa ritornò a volare, leggera, come volo di farfalla…
Non mangia che colombe l’amore, e ciò genera sangue caldo, e il sangue caldo genera caldi pensieri e i caldi pensieri generano calde azioni, e le calde azioni sono l’amore.