
Corrado Govoni
Il fango è le tue scarpe.
La tua pezzuola è il vento.
Ma il sole è il tuo sorriso e la tua bocca
e la notte dei fieni i tuoi capelli.
Ma il tuo sorriso e la tua calda pelle
è il fuoco della terra e delle stelle.


Tutti crediamo di conoscer la Befana-Epifania
ma sappiamo davvero… cosa significa…
e qual è la sua storia?
EPIFANIA E BEFANA
SIGNIFICATO STORIA E TRADIZIONI
L'Epifania è una festa religiosa che deriva il suo nome da un termine greco – ἐπιφάνεια, epifaneia -che significa rivelazione.
E', infatti, in questo giorno che Gesù bambino si rivelò come figlio di Dio ai Re Magi.
Nel mondo cristiano il termine indica dunque la festa religiosa che evoca, oltre all’adorazione dei Magi, anche vari avvenimenti della vita di Cristo, soprattutto la nascita, il battesimo, il primo miracolo operato a Cana, la sua venuta alla fine dei tempi.
Mentre in Occidente l'Epifania è ora nettamente distinta dal Natale e celebra la manifestazione di Gesù ai pagani, nelle chiese orientali, l’Epifania è invece la festa del battesimo di Gesù nel Giordano. Per questo fin dal secolo IV si introdusse nel giorno dell’Epifania, la benedizione dell’acqua proprio in memoria del battesimo di Gesù.
L’aspetto da vecchia sarebbe dunque una raffigurazione dell’anno vecchio: una volta davvero concluso, lo si può bruciare così come accadeva in molti paesi europei, dove esisteva la tradizione di bruciare fantocci, con indosso abiti logori, all’inizio dell’anno (vedi ad esempio la Giubiana e il Panevin o Pignarûl, Casera, Seima o Brusa la vecia).
In alcune chiese orientali… la festa della celebrazione del Natale, dell’adorazione dei Magi e del battesimo di Gesù è tutt'uno.
FOLCLORE E TRADIZIONI
La festa dell’Epifania è salutata in molti paesi da manifestazioni di carattere folcloristico come accensioni di falò, elezioni di Re per burla, … da taluni riferite come eredità dei festeggiamenti che si tenevano durante i saturnali.
Nei paesi di tradizione cattolica vige il costume, come a Natale, di scambiarsi i regali e soprattutto di farne ai bambini ai quali la befana viene descritta come personificazione di una vecchia brutta ma buona che nella notte tra il 5 e il 6 gennaio lascia nelle calze dolciumi e doni ai bambini buoni e carbone a quelli che sono stati cattivi.
Secondo la poetica immagine… la vecchia, che nella tradizione contadina entra nelle case attraverso la cappa del camino, viene dalle montagne a notte fonda, attraversa il cielo a cavallo di una scopa e con un grosso sacco ricolmo sulle spalle.
In varie città, come a Firenze, se ne faceva un fantoccio che veniva portato in giro per le vie e dispensava caramelle ai più piccini.
Nelle leggende anglosassoni e nordiche, la notte dell’Epifania, o dodicesima notte, è uno spazio di tempo favorevole ai presagi e ai prodigi, il più indicato per combattere le forze del male.
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1. NOI ED… I NUMERI…
Questo convincimento poggia anche sul fatto che sono esistiti in passato ed esistono anche attualmente, presso alcune popolazioni, conteggi e registrazioni dei numeri basati sulle dita di una sola mano (sistema di numerazione «quinario»), o sulle venti dita complessive delle mani e dei piedi (sistema di numerazione «vigesimale»).
La numerazione celtica, ad esempio, era una numerazione a base venti e i francesi, nella loro lingua, conservano il ricordo del modo di indicare i numeri di quell’antica popolazione: per dire ad esempio ottanta, i francesi dicono quatre-vings, cioè quattro volte venti.
Esistono anche delle basi di numerazione che non derivano dall’anatomia del nostro corpo, ma dall’astronomia, come le numerazioni per dozzine o per sessantine, che si usano ad esempio quando si conteggia il tempo, dove, come tutti sanno, sessanta secondi sono un minuto e sessanta minuti sono un’ora e dove un giorno consta di ventiquattro ore ed un anno di dodici mesi.
3. COME FU RISOLTO IL PROBLEMA
DEL”FAR DI CONTO”
Le numerazioni dell’antichità non erano molto adatte per fare calcoli, e specialmente non lo era quella romana. Immaginiamo di dover sommare il numero XVI al numero IV o peggio ancora di dover moltiplicare il primo per il secondo senza trasformarli prima nel sistema decimale. L’operazione, come è facile comprendere, risulta tecnicamente pressoché impossibile.
Gli antichi, in verità, per fare i calcoli usavano i cosiddetti «abachi», cioè tavolette divise in scomparti nei quali venivano sistemati dei sassolini che corrispondevano alle cifre di cui erano composti i numeri; essi funzionavano un poco come funzionano i pallottolieri. In ciascuno scomparto veniva sistemata una serie di sassolini a seconda delle unità, delle decine, delle centinaia e così via, di cui era composto il numero. Negli stessi scomparti, in modo coerente, venivano aggiunti i sassolini corrispondenti al numero che doveva essere sommato. Si contavano quindi tutti i sassolini presenti nel comparto delle unità e, se superavano il dieci, si lasciavano solo quelli eccedenti tale numero, mentre, nel secondo scomparto, quello delle decine, si aggiungeva un sassolino che valeva pertanto quanto dieci del primo scomparto. Si raggruppavano quindi i sassolini dello scomparto delle decine e, come nel caso precedente, se superavano il dieci, se ne toglieva appunto tale numero lasciandone il resto e si aggiungeva quindi un sassolino nello scomparto delle centinaia e così di seguito.
Successivamente, vennero introdotti dei simboli speciali per ciascun numero da 1 a 9. Con l’introduzione dei nuovi simboli che probabilmente arrivarono dall’India, e furono chiamati «numeri d’abaco», invece che sistemare negli scomparti i sassolini corrispondenti al numero che si voleva rappresentare, si piazzava direttamente il simbolo equivalente a quella cifra. In questo modo si arrivò praticamente all’introduzione del sistema moderno di numerazione.
Questo è detto posizionale perché ogni cifra di un numero ha un certo significato a seconda della posizione che occupa all’interno del numero stesso. L’adozione del sistema posizionale riduce la quantità dei simboli necessari per rappresentare i numeri. Senza questo artifizio la registrazione di un numero non sarebbe niente di più di una specie di stenografia, cioè una sequenza di simboli senza senso logico che certamente non avrebbe consentito alla matematica alcun progresso.
4. LA NASCITA DELLO… ZERO
Lo guardi e non lo vedi
lo ascolti e non lo senti
ma se lo adoperi è inesauribile
Mancava, tuttavia, per arrivare alla scrittura moderna dei numeri, un perfezionamento di non secondaria importanza: l’introduzione dello zero, una cifra alla quale nessuno, fino a quel tempo, aveva ancora pensato.
Lo zero venne introdotto, come simbolo della numerazione, dai mercanti indiani del IX secolo dopo Cristo, poiché essi si erano accorti che lasciando degli spazi vuoti, nella scrittura dei numeri, c’era il rischio di incorrere in equivoci molto seri. Due cifre, per esempio l’uno e il due, potrebbero indicare nella numerazione decimale numeri diversi, a seconda della posizione assunta dai simboli stessi. Essi potrebbero indicare, ad esempio, il numero 12, ma anche il numero 102 se rimanesse vuoto uno spazio fra le due cifre. Il pericolo maggiore di errore si sarebbe verificato tuttavia se gli spazi vuoti fossero stati quelli finali, quindi ad esempio per i numeri 120 o 1200. I mercanti indiani, che erano gente pratica che non andava troppo per il sottile, al contrario di quanto avveniva per i filosofi greci per i quali la scienza era un raffinato gioco intellettuale, introdussero, senza farsi troppi scrupoli, un simbolo specifico per indicare il vuoto. Del nuovo modo di scrivere i numeri vennero a conoscenza gli Arabi, i quali, essendo anch’essi dei mercanti, assimilarono immediatamente l’innovazione indiana, e successivamente la diffusero anche in Europa.
Come mai ci volle tanto tempo per capire che lo zero rappresentava una cifra fondamentale per la scrittura dei numeri? Il fatto è che i numeri vennero introdotti per contare gli elementi di una collezione e lo zero, all’interno di questa operazione, rappresenta il nulla, il vuoto. Era quindi difficile pensare allo zero come a qualche cosa di concreto.
Prima dell’invenzione dello zero fu introdotto, in verità, il punto per indicare lo spazio vuoto. Il punto è il simbolo visibile di più piccole dimensioni che si possa utilizzare per mostrare qualche cosa di immateriale e quindi era ciò che più si avvicinava al concetto di niente. Il punto però non rappresentava un numero, e quindi non poteva dare una risposta concreta ad un’operazione matematica del tipo, ad esempio, di due meno due.
Numeri Maya
Per la verità… molto probabilmente i primi ad adottare lo zero come numero, da un punto di vista storico-cronologico, furono invece i Maya, con il loro sistema vigesimale, cioè in base venti… ma la loro storia rimase nel chiuso delle Americhe… N.T.K.
F I N E
DA VARI SITI WEB – IMPAGINAZIONE T.K.
CIAO DA TONY KOSPAN
Un bellissimo saggio raccontino zen…
PERCHE' LA GENTE GRIDA?
Un maestro domanda ai suoi discepoli: “Perchè la gente grida quando è arrabbiata?”
I discepoli pensano per un attimo e poi rispondono:
Il maestro aggiunge:
Non sarebbe possibile parlare a bassa voce?? Perchè gridare proprio quando si è arrabbiati?”
I discepoli davano delle risposte ma purtroppo non soddisfacevano il maestro.
Il maestro allora rispose:
Per coprire questa distanza debbono gridare e così poter ascoltarsi. Quindi… più arrabbiati si è, più si deve alzare la voce per ascoltarsi.”
Dopo il maestro fa un’altra domanda: “Cosa succede quando 2 si innamorano??
Essi si parlano sottovoce, perchè?
Perché i loro cuori sono molto vicini . . . E quando si innamorano di più, cosa succede?
Non parlano, sussurrano
Quando discutiamo,
Non diciamo parole che ci possano distanziare ancora di più,
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CIAO… A BASSA VOCE… DA TONY KOSPAN
– Dal web – Impaginaz. dell’Orso per il Blog-
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Davvero simpaticissima questa leggenda
sull'origine della Befana…
LA DOLCE LEGGENDA DELLA BEFANA CRISTIANA
I Re Magi sulla strada per Betlemme si fermarono nei pressi di una casa per chiedere informazioni.
Bussarono e li accolse una vecchietta che non sapeva nulla dell’evento e non poteva aiutarli con nessuna indicazione.
Allora i Re Magi invitarono la vecchia ad unirsi a loro ma questa rifiutò perchè aveva molto lavoro da sbrigare.
Soltanto dopo che i Re se ne furono andati ella capì che aveva commesso un errore e tentò di ritrovarli per unirsi a loro e andare ad adorare il bambino Gesù.
Li cercò per ore ed ore ma non li trovò, allora decise di fermarsi da ogni bambino con un dono nella speranza che questi fosse Gesù Bambino.
E così ogni anno, nella notte della vigilia dell’Epifania, la vecchietta, a cavalcioni di una scopa, si mette in cammino alla ricerca di Gesù con un sacco colmo di doni e calandosi dai camini si ferma in ogni casa dove c’è un bambino per lasciare un dono, se è stato buono, o del carbone, se invece è stato cattivo.
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Testo coordinato da vari siti – impagin. Tony Kospan
BUONA BEFANA A… TUTTI
DA TONY KOSPAN
Se si desidera conoscere la storia,
il significato e le tradizioni della Befana.. Epifania..