Archivio per 25 novembre 2014

Felice notte con la bella minipoesia… L’amore… di Marina Cvetaeva   Leave a comment

 
 
 
 
 
 

L'AMORE
Marina Cvetaeva
 
L'amore
è lama? è fuoco?
Più quietamente
– perché tanta enfasi? –
è dolore
che è conosciuto
come gli occhi conoscono il palmo della mano
come le labbra sanno del proprio figlio
il nome.
 

 
 
Kagaya
 
 
 
 
 
 
 
 
 
by Tony Kospan
 
 
 
 
 

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Pubblicato 25 novembre 2014 da tonykospan21 in BUONANOTTE IN MINIPOESIA

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Come eravamo negli anni 50 e 60 – Ricordi ed immagini di un mondo che non c’è più   5 comments



E’ un testo molto noto nel web…
(qui però con diverse mie modifiche ed alcuni aggiornamenti)
ma che ogni tanto mi sembra sia utile riproporre,
sia per coloro che quegli anni li hanno vissuti
che per i giovani d’oggi che sanno ben poco
dell’atmosfera e della realtà dei loro padri o meglio… nonni.







COME ERAVAMO… NOI RAGAZZI DEGLI ANNI 50 e 60



Da bambini, andavamo in macchina (quelli che avevano la fortuna di averla) senza cinture di sicurezza e senza airbag! 
I flaconi dei medicinali non avevano delle chiusure particolari. 
Bevevamo l’acqua dalle fontanelle, ma anche dalle canne del giardino o dove capitava.
Andavamo in bicicletta senza casco. 
Passavamo dei pomeriggi a costruirci i nostri “carri giocattolo”. 






Ci lanciavamo dalle discese e dimenticavamo di non avere i freni fino a quando non ci sfracellavamo contro un albero o un marciapiede. 
E dopo numerosi incidenti, imparavamo a risolvere il problema… noi da soli!






Quando non dovevamo andare a scuola uscivamo da casa al mattino e giocavamo tutto il giorno.
I nostri genitori non sapevano esattamente dove fossimo, però, nonostante ciò, sapevano che non eravamo in pericolo. 
Non esistevano i cellulari per chiamarci… controllarci. 
Incredibile!! 
Ci procuravamo delle abrasioni, ci rompevamo le ossa o i denti… e non c’erano mai denunce, erano soltanto incidenti: nessuno ne aveva colpa. 
Avevamo delle liti, a volte dei lividi. 
E anche se ci facevano male, ed a volte piangevamo, tutto passava presto e per lo più i nostri genitori neanche se ne accorgevano.






Mangiavamo i dolci, pane con tanto burro e bevevamo bibite piene di zuccheri… ma nessuno di noi era obeso. 
Ci dividevamo una Fanta con gli amici, dalla stessa bottiglia, e nessuno mai ne morì a causa dei germi.
Non avevamo la Playstation, né il Nintendo, né i videogiochi.
Né tantomeno la TV a colori, né le webcam, né il PC, né internet, solo qualcuno avevano il mangiadischi.







Avevamo però soprattutto gli amici. Uscivamo da casa e li trovavamo.
Andavamo, in bici o a piedi, a casa loro, suonavamo al campanello o entravamo e parlavamo con loro.
Figurati: senza chiedere il permesso! 
Da soli! Nel mondo freddo e crudele! Senza controllo! 
Come siamo sopravissuti?
Facevamo incredibili gare in bicicletta senza dover fare lo slalom fra auto in sosta, parcheggi selvaggi e gas di scarico… al massimo dovevamo stare attenti al fosso accanto alla strada e alle buche sulla stessa. 
Ci inventavamo dei giochi con dei bastoni e dei sassi. 







Le strade, almeno quelle di paese, erano anche un campo di calcio: bastavano 4 mattoni.. e le poche auto in giro rallentavano e stavano attente a non schiacciarci.
Alcuni studenti non erano intelligenti come gli altri e dovevano rifare la seconda elementare. Che orrore!!! 
Non si attaccavano i maestri, per nessun motivo ma si accettavano senza problemi le loro decisioni e se protestavamo i genitori menavano noi e difendevano la scuola.
I peggiori problemi a scuola erano i ritardi o se qualcuno masticava una gomma in classe.
Ma soprattutto a scuola, vicina o lontana che fosse, andavamo da soli!






Le nostre iniziative erano nostre. E le conseguenze, pure. 
Nessuno si nascondeva dietro a un altro.
L’idea che i nostri genitori ci avrebbero difeso se trasgredivamo ad una legge non ci sfiorava; loro erano sempre dalla parte della legge.
Se ti comportavi male i tuoi genitori ti mettevano in castigo e nessuno li metteva in galera per questo.
Sapevamo che quando i genitori dicevano “NO”, significava proprio NO.
I giocatoli nuovi li ricevevamo per il compleanno, a Natale o alla Befana, non ogni volta che si andava al supermercato.
I nostri genitori ci facevano dei regali con amore, non per sensi di colpa. 
E le nostre vite non sono state rovinate perché non ci fu dato tutto ciò che volevamo.
Avevamo libertà, successi, insuccessi, e responsabilità, e abbiamo imparato a gestirli.






La musica si sentiva fuori casa con gli amici accanto al mitico juke box.






Le feste? Non c’erano discoteche né la movida ma si facevano in casa.
Erano alla buona…ma intime, calde e vivaci.
Beh direi che la panoramica su quel mondo ormai scmparsa sia stata ampia e documentata benché, a dire il vero tanto altro ci sarebbe ancora da dire su quegli anni che poi ci portarono al mitico Boom.

Testo dal web con molte modifiche e con impaginazione di Tony Kospan






Originale riflessione di Lella Costa contro chi minimizza le violenze sulle donne   Leave a comment




Nella Giornata mondiale contro la Violenza sulle Donne
che si celebra il 25 novembre di ogni anno
e che fu istituita dall’Onu nel 1999
per tener vivo un argomento sempre attuale,
ma spesso trascurato,
come quello della violenza di genere, degli stupri e del femminicidio
mi fa piacere riproporre questo brano davvero originale, benché duro.






In realtà l’ignoranza “sentimentale”
che vedo spesso nei social network che seguo
è davvero estesissima e diffusissima.







Molti si beano nel dire
se mia moglie mi lascia la uccido
come se fosse una cosa normale
e non un’aberrazione del concetto d’amore!

Ed altri mettono pure il “like” (“mi piace”).







Ma se questa è la cultura dell’amore dei nostri connazionali,
a mio parere ancora vicina a quella delle caverne,
(senza parlar poi di quella addirittura allucinante di altri popoli),
come meravigliarsi di quel che accade nelle nostre case
ed intorno a noi?

Per questo auspico che si introduca finalmente nelle scuole
la materia dell’educazione sentimentale…
sennò saremo sempre prigionieri di stereotipi superati e senza senso.
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Ma è giunto il momento di leggere il bell’articolo di Lella Costa che sfata,
con splendida amara ironia, 
i ridicoli luoghi comuni assolutori 
degli amici e dei parenti dei responsabili di crimini contro le donne.






STOP VIOLENZA SULLE DONNE!


E BASTA CON LE SCUSE!

SMETTETELA! E PER SEMPRE!

La prima volta che per la strada, tornando da scuola, un tale ti si è avvicinato e ha cominciato a dirti cose, e tu non le capivi nemmeno, ma hai intuito lo schifo prima ancora del pericolo, e sei scappata via, e la notte non riuscivi a dormire, ma neanche a dirlo.

Come se un po’, almeno un po’, te la fossi andata a cercare.

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La manomorta sull’autobus, e se provi a reagire intorno c’è solo scherno, e donne più grandi che stringono le labbra contrariate – da che mondo e mondo – son cose che succedono, non sei né la prima né l’ultima, fai finta di niente che è meglio, e poi a vestirti in quella maniera un po’, almeno un po’, te la sei andata a cercare.


(Quale maniera, di che cosa state parlando, avevo i jeans, faceva freddo, non si vedeva niente.)



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Le facce delle madri degli imputati nei processi per stupro.

Ti aspetteresti che maledicessero i figli, che li disconoscessero, bibliche, inesorabili, che stringessero tra le braccia la vittima, e la consolassero, e le chiedessero scusa e avessero cura di lei.
E invece la guardano con odio e disprezzo lei, la rovina dei loro bravissimi ragazzi, lei che ci stava, altroché se ci stava, lei che li ha provocati, lei che se l’è andata a cercare.

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Le donne, le bambine violentate dai padri, dai mariti, dai fratelli, dagli amici di famiglia, che preferiscono tacere, subire, sperare che la smettano da soli, perché mai, mai potrebbero sopportare che si sapesse, che se ne parlasse.



Troppa vergogna. 
Le vittime che si vergognano al posto dei loro carnefici..

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Niente da dire, è il crimine perfetto. 
Complimenti.

E poi, si fa presto a dire violenza, a dire stupro, ma insomma si sa che a volte si trascende, ma il desiderio acceca, travolge e poi che diamine, alle donne piace…
è sempre stato così.
Vis grata puellae, no?

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No.
Che siate stramaledetti, no.
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Non provate a spacciare per complicità il sopruso, per gioco la brutalità.


E soprattutto smettetela di tirare in ballo l’istinto, la provocazione, il desiderio irrefrenabile. 
Balle. Non c’è desiderio in uno stupro, mai.

Non c’è nemmeno sguardo. 
Una donna vale l’altra, con buona pace dei moralisti e dei prefetti. 
Non c’entra l’abbigliamento, l’ora, il posto, l’incoscienza, neppure l’età – andate a chiederlo a chi lavora nei centri di soccorso – alle donne stuprate.

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Non esiste picchiare… uccidere… per amore

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Andate a leggere i resoconti di donne più che adulte, più che modeste, a volte precocemente piegate da una vita di torti e miseria. 
Andate a dirlo a loro, che se la sono andata a cercare.



Andate a dirlo alla ragazza omosessuale che è stata violentata
perché “imparasse la lezione”, che si è trattato di attrazione fatale e incontrollabile.

Andate a dirlo alle donne vittime di quelli che chiamiamo stupri etnici, e neanche ci rendiamo conto dell’abominio, dell’orrore assoluto che evochiamo.

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E poi smettetela, per sempre.

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Lella Costa

(E polis – Milano)

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Ciao da Tony Kospan
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La storia dell’Operetta e il Paese dei Campanelli con trama e… video   3 comments

 
 
 
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Stavolta nell'ambito delle musiche ed atmosfere d'un tempo
non parleremo di canzoni ma dell'operetta in generale
e di un’operetta in particolare…

 
 
 
 


 
 
 
 

IL PAESE DEI CAMPANELLI
STORIA TRAMA… E VIDEO
a cura di Tony Kospan

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
LA STORIA DELL' OPERETTA
 
 
L’operetta, come sapete,
è uno spettacolo d’argomento giocoso o sentimentale
ed in particolare la si può definire
una commedia in parte recitata e in parte cantata che,
per l’importanza delle parti musicali,
viene in genere considerata come una filiazione
del teatro musicale e, in particolare,
dell’opera comique francese.
 
 
La sua massima popolarità si ebbe durante la Belle Epoque…
 
 
Di essa ci restano oggi solo sognanti ricordi…
di quelle che la TV trasmetteva negli anni 50 e 60
e che possiamo rivivere attraverso
alcune brillanti ripresentazioni
in tanti teatri italiani…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
LA STORIA DEL… PAESE DEI CAMPANELLI
 
 
 
Questa operetta fu scritta
da Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato.
 
 
Composta nel 1923  andò in scena il 23 novembre
di quello stesso anno al Teatro Lirico di Milano.
 
 
Ma veniamo ad una breve sintesi della trama…
prima di vedere il video con alcune scene…
 
 


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LA TRAMA

 
 
In una immaginaria isoletta olandese esiste il Paese dei Campanelli dove sopra ad ogni casa c’è un piccolo campanile che custodisce un campanello.
Secondo la leggenda, questi campanelli suonano ogni volta che una donna tradisce il marito : ma ciò non è mai accaduto, perché nel paese regna da tempo la tranquillità.
A seminare il disordine arriva una nave di militari, costretta all’attracco da un’avaria.
I marinai scendono a terra e subito cominciano a corteggiare le graziose donne del paese e, com’è facile prevedere, accade l’inevitabile: il comandante Hans fa suonare i campanelli con Nela, moglie di Basilio, il marinaio Tom con la bella Bombon, consorte di Tarquinio ed il buffo La Gaffe, per un imperdonabile errore, con Pomerania, la donna più brutta del paese, sposa del borgomastro Attanasio.
 
 
 
 
 

  

Ma La Gaffe, il cui nome dice tutto sulle sue caratteristiche, continua a fare “gaffes”:
la prima è quella di rivelare a Nela che Hans è già sposato; la seconda, e decisiva, è di far arrivare in paese, per un malaccorto scambio di telegrammi, tutte le mogli dei marinai, a cominciare da Ethel, la signora del comandante.
E la storia si ripete, ma questa volta a far suonare i campanelli sono le mogli dei cadetti con i pescatori Attanasio, Basilio e Tarquinio.
Dopo questa specie di pareggio, i marinai ripartono con le loro mogli e Bombon, una donna con un “passato”, non se la prende tanto.
Sa bene, infatti, che non bisogna cedere all’amore dei marinai… magari le resterà solo il ricordo di una vorticosa “giava” ballata con La Gaffe mentre a Pomerania resterà il ricordo di essere “piaciuta”.
La più disperata è Nela ma ben presto dimenticherà Hans e tornerà ad amare il suo noioso, ma buono, marito.
Tutto come prima, dunque, ma c’è da giurare che i campanelli non suoneranno più?
 
 
 
 
 


 
 
 

IL VIDEO
 
 
Questo video ci può dar un’idea 
anche se molto parziale… dell’operetta
ma certamente ci fa fa vivere la sua atmosfera
tanto colorata e tanto spensierata…
 
 
 
 
 






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Quando tu sarai vecchia – Bella e sublime poesia di Yeats d’amore… non corrisposto   8 comments

 
 

Questa poesia,
che ci riporta al tema dell’amore che va oltre il tempo,
(benché non corrisposto)
è stata amata da molti, tra cui Montale e Branduardi,
ed è tuttora amata da moltissimi…
 
 
E’ considerata un capolavoro ed il titolo originale è
WEN YOU ARE OLD



  
J.W. Waterhouse – Lady of Shalott
 
 
 
 

QUANDO TU SARAI VECCHIA
– YEATS –
POESIA D'AMORE SUBLIME
a cura di Tony Kospan
 
 
 
 
Stavolta preferisco che la leggiate,
e che ne gustiate in pieno le emozioni che dà,
prima di approfondirne diversi aspetti.
 

 
 
 




 
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QUANDO TU SARAI VECCHIA
William Butler Yeats
 
 
Quando tu sarai vecchia e grigia,
col capo tentennante
ed accanto al fuoco starai assonnata,
prenderai questo libro.
E lentamente lo leggerai, ricorderai sognando
dello sguardo che i tuoi occhi ebbero allora,
delle loro profonde ombre.
Di quanti amarono la grazia felice
di quei tuoi momenti
e, d’amore falso o a volte sincero,
amarono la tua bellezza.
Ma uno solo di te amò l’anima irrequieta,
uno solo allora amò le pene del volto tuo che muta.
E tu, chinandoti verso le braci, sarai un poco triste,
in un mormorio d’Amore dirai,
di come se ne volò via…
passò volando oltre il confine di questi alti monti
e per sempre poi il suo volto nascose
in una folla di stelle.
 







 
 




E’ chiaro che Yeats con questa poesia
ha il coraggio di guardare all’amore…
in modo originale, ma nel contempo sublime,
immaginando la donna amata ormai anziana.
 

 
 
LA STORIA DI QUESTA POESIA


 
 
 
Wiiliam Butler Yeats – Dublino 13.6.1865 – Roquebrune-Cap-Martin 28.1.1939
 
 

 
Il poeta anglo-irlandese l'ha scritta 
per l’attrice Maud Gonne, da lui amata per la tutta la vita, 
che però non corrispose mai al suo amore.


Il poeta ne è consapevole ma con questi versi,
pur nel dolore,
mostra una grande capacità di amare…
una capacità che supera ogni limite…
perfino il non amore dell'amata.


 
 
 
Maud Gonne
 
 
 
 
 
L’ANALISI DELLA POESIA

 
 
Egli si rivolge alla donna amata prefigurandola
nel momento in cui, col tempo, sfiorita la sua bellezza,
ormai prevarranno le difficoltà fisiche…
e cioè nella vecchiaia.
 
 
La “vede” seduta accanto al fuoco
in una sorta di leggera sonnolenza
e spera che prenda un libro, proprio quel libro,
 in cui ci sono le poesie che lui le ha dedicato.



 Maud Gonne
 



Che lo legga lentamente
riandando con il pensiero ai suoi passati amori,
alcuni sinceri ed altri meno,
riscoprendo in lui
l’unico che l’amò davvero nella sua vera essenza,
adorandone lo spirito irrequieto e non solo la sua bellezza.
 
 

 
 
Yeats and Maud Gonne by Anne Marie ODriscoll
 
 
 
 
L’ultima parte ci riporta alla dolce atmosfera iniziale
e qui il poeta sogna che Lei nel riveder, triste,
le immagini degli amori passati,
che nulla le hanno lasciato,
tra le stelle ritrovi nascosto il volto del poeta che l’ha amata
al di sopra ed al di là di ogni cosa.
 
 
Ovviamente questa è solo la mia interpretazione
e sono curioso di leggere la vostra.

 
 
 

 
 
 
 
 

INFINE LA POESIA IN… VIDEO
 
 
 
Ma non è un video in cui si ascolta un fine dicitore che la legge,
bensì… cliccando qui giù, possiamo ascoltarla cantata da Branduardi
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao da Tony Kospan



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IL MONDO DI ORSOSOGNANTE
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L’arte visionaria… enigmatica ed originale… di Fabrizio Clerici… artista poco noto del 900   Leave a comment


  


La barca solare

 

 

 

Fabrizio Clerici… pittore di archeologie fantastiche

è considerato il più visionario artista italiano del Novecento

anche se è poco noto alle masse. 




I suoi dipinti sono molto amati dalla popstar Madonna

 

 


 



(Milano 15.5.1913 – Roma 7.6.1993) 

 

 

BREVE BIOGRAFIA


 

Nato nel 1913 a Milano nel 1920 si trasferisce a Roma dove si laurea presso la Scuola Superiore di Architettura nel 1937.

Roma con i suoi monumenti, la sua architettura e la spettacolarità delle manifestazioni religiose è fondamentale per la formazione della sua visione artistica si guardi giù in tal senso “Sonno Romano” del 1955.

Notevole influenza ebbero poi gli incontri con i più grandi artisti della sua epoca ed i suoi viaggi. 

 

 

Qui con Moravia

 

 

Oltre alla pittura, a partire dagli anni 50, si dedicò con passione anche alla creazione di scene per il teatro… collaborando con vari registi tra cui Strehler… ed ad una grande vetrata per la Basilica di San Domenico di Siena nel '57.


La sua attività artistica si svolse fin quasi alla fine della sua vita. 


Dopo la sua morte, avvenuta nel 1993, è stato creato un archivio delle sue opere in suo onore e secondo i suoi desideri.


 

 

 
 
 
 

ENIGMA FABRIZIO CLERICI

LAURA LARCAN


 

 

 

 


Accadde un giorno del 1990 che Jean Paul Gaultier, quello che stava per diventare uno degli stilisti più eccentrici e geniali del fashion system, visitando il Museum of Modern Art di New York s'imbatté nel “Duo per arp“, quadro d'una sontuosa suggestione mitica del 1944 di Fabrizio Clerici.
Gaultier si fermò a contemplarlo a lungo, gli ricordava molta fotografia surrealista parigina degli anni Sessanta.
Ne rimase folgorato.
Chiese subito informazioni, voleva assaporare questo Clerici che lo gustava molto!
Quel 1990, stava per essere l'anno esplosivo del designer francese anche perché la popstar Madonna gli aveva affidato il disegno e i costumi del suo Blond Ambition Tour.
 
 
 
 


 
 
 



E quel Clerici, quelle tracce di genio romantico e apocalittico, facevano al caso suo. Accadde, allora, che Gaultier regalò alla Material Girl, per una scena del concerto, la più segreta reinterpretazione di arte italiana, nella storia del costume e della moda, di “Solo per Arpa”, citando un'opera del 1946.
Galeotto fu Gaultier.
Perché anche Madonna impazzì per quell'italiano che dipinge pastiche di fantasia e fantascienza infarciti di decadenze antiquarie, tra grandiosità di un'archeologia romana e orientalismi esuberanti che evocano universi paralleli. E quattro anni dopo, quando scrive la sceneggiatura del videoclip “Bedtime story” invoca l'occhio di Horus, proprio come fa Fabrizio Clerici nelle sue opere. Quella di Madonna è stata la celebrazione più sensazionale che il pop abbia mai offerto all'arte “fantastico visionaria italiana”, con un tributo all'iconografia di Fabrizio Clerici. E mentre la sua bocca comincia a scandire “Today is the last day that I'm using words”, la sua faccia somiglia a quelle che Clerici ha disegnato nei “Testimoni oculari” del 1943 e nei “Testimoni oculari” del 1946. 
 
 
 
 


 
 

 
 
 

E questo maestro del Novecento (1913-1993), ma allo stesso tempo così avulso dai canoni delle avanguardie storiche, così profondamente colto ma anche inattuale, così permeato di una componente visionaria di derivazione onirica, ma sempre così razionale nell'articolazione delle immagini, così “stendhaliano” nelle sue suggestive scenografie evocatrici di archeologie fantastiche, ma anche così attento alla letteratura fantascientifica che a sua volta diventa nutrimento per i film di fantascienza, dal Pianeta delle scimmie a 2001 Odissea nello Spazio, questo maestro della pittura calligrafica e dell'indeterminatezza temporale, di architetture fossili, di ruderi e rovine di civiltà antiche che rimandano a scoperte temerarie ma anche a viaggi della mente, di miraggi sospesi in paesaggi fantastici, dove l'enigma sembra essere il Dna di un'iconografia germogliata dalla fascinazione per Böcklin e per De Chirico, per Ernst e per Tanguy, per Kircher, ma anche per Signorelli, questo maestro di utopie e catastrofi figurative, di cui Alberto Savinio scrisse in “Ascolto il tuo cuore città” (1944) “Fabrizio del resto è così naturalmente stendhaliano, nell'animo, nel carattere, nel costume, che per una volta mi è consentito credere che la natura ha fatto le cose a dovere”…
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 

La sua è una produzione “visionaria”, bizzarra, affabulatoria e ossessiva. Fabrizio Clerici esordì nel '49 come pittore relativamente tardivo, quando aveva trentasei anni e un passato già da disegnatore e scenografo, ma con in mente un'opera che fondeva con assoluta audacia le suggestioni del Piranesi, l'autorevolezza negli studi sull'antichità classica del gesuita ed erudito tedesco del XVII secolo Athanasius Kircher, le romantiche e struggenti evocazioni del sublime di Caspar David Friedrich e le simbologie decadenti e misteriose di Arnold Böcklin, trasferendone i codici figurativi e di ricerca nel suo paesaggio contemporaneo, inevitabilmente intriso di inquietudini ed introspezioni.
Un'opera che ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali per la sua opera. Dal MoMA al Guggenheim di New York, dal Centre Pompidou di Parigi al Puskin di Mosca, dai musei Vaticani a prestigiose collezioni private e pubbliche, le sue opere sono parte importante e significativa dell'arte italiana del Novecento.
E questa componente di spettacolarizzazione sul baratro di una teatralità effimera e magniloquente, rimasta forte, quasi incandescente, nelle sue opere sempre pregne di un carisma ambizioso, costante nella sua grandeur surrealista, che non cederà il passo a nessun'altra ricerca di impronta neoavanguardista, conservando sempre la sua aulica e algida poetica, estranea, intenzionalmente sorda a qualsiasi dibattito del secondo dopoguerra.


 
 
 
 
 

Recupero del Cavallo di Troia


 

Forse un suo limite? Forse una sua spasmodica ancora di salvezza nel tourbillon di prove d'autore che hanno imperversato nel secondo Novecento. Sicuramente una cifra stilistica che ne ha segnato, nel bene e nel male, tra successi e critiche, il peso di un'identità nella storia dell'arte contemporanea. Una carriera, quasi quarantacinque anni di arte complessa e colta, densa di raffinati riferimenti culturali, fitta di virtuosismi surreal-metafisici, alimentata di umane inquietudini che hanno tormentato il secolo scorso, documentata da un percorso di oltre cento opere, fra dipinti, disegni e bozzetti di scena provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, a ricostruire l'evoluzione visionaria di Fabrizio Clerici, dai famosi labirinti alle composizioni fantastiche di immaginari paesaggi archeologici, dagli interni di matrice onirica, le cosiddette “stanze”, alla serie dedicata alle figure e ai simboli dell'antico Egitto, fino alle opere ispirate a Friedrich, Böcklin e Signorelli.
 
 
 
 
 
 


Sonno Romano – 1955

 
 
 

Roma sarà decisiva per la sua maturità immaginifica. Arriva da Milano all'età di sette anni, si laurea in architettura a ventiquattro, e si innamora dei suoi monumenti antichi, della pittura e dell'architettura rinascimentale e barocca che lo influenzarono fortemente. E' tutto l'apparato teatrale, folclorico e mistico della città che lo seduce.

Sempre a Roma, negli anni della guerra, si appassiona agli studi scientifici di Athanasius Kircher, agli anamorfici di Erhard Schön e a quelle teorie ottico-prospettiche del Padre Jean-Francois Niceron dell'ordine dei Minimi.
In piena Roma città aperta incontra Leonor Fini, che gli regala il senso tangibile dell'atmosfera di magia infusa nelle sue opere. Ma gli anni Quaranta sono anche gli anni in cui frequentava Alberto Moravia, Elsa Morante, Renato Guttuso, che lo ritrarrà negli anni settanta con de Chirico e Savinio nel dipinto “Caffè Greco“.
L'incontro con Tristan Tzara, la collaborazione con Lucio Fontana, l'amicizia con Salvador Dalì, sono tutti eventi che ne accentuano la creatività eccentrica.
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 

Poi arrivano i viaggi, le sue peregrinazioni nel Medio Oriente, negli anni Cinquanta, l'Egitto e successivamente la Siria, Giordania, Libia, Cirenaica e Turchia, che gli regaleranno i temi che gli saranno sempre cari, i Miraggi e i Templi dell'uovo, cicli di costruzioni utopistiche nei deserti, che si sviluppano a spirale partendo da un nucleo centrale dove ha sede un ipotetico uovo primigenio.
Viaggi che gli infonderanno la dimensione mitologica, quel senso di fatalità quanto mai vivo nelle sue tele.
Alla pittura, che si evolve secondo l'indirizzo sempre più fantastico e magico, si dedica al teatro.
Al ritorno dall'Egitto, Giorgio Strehler lo invita a creare le scene per La Vedova scaltra di Carlo Goldoni. Non è il primo, e non sarà l'ultimo.
Anche Federico Felllini non riuscì a resistere all'eloquente ambiguità dell'immaginario fantastico di Clerici, come raccontano i bozzetti per “Tre passi nel delirio”, del 1968.
 
 
 
 

 

 

  

 
 
 
Testo di Laura Larcan eggermente adattato al post… da T.K.
Diverse immagini dal sito ARCHIVIO FABRIZIO CLERICI
Impaginaz. T.K.
 
 
 
 
 

CIAO DA TONY KOSPAN
 
 
 
 
 
 
 


IL GRUPPO IN CUI VIVER L'ARTE…
INSIEME
Ripped Note

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Un istante dopo


Buon martedì in poesia.. Che mi ami tu lo dici.. di J. Keats – arte.. E. Vernon – canzone.. Strani amori   4 comments

 

 

Emile Vernon

 

 

 

              

 

 

 

L'amore, sia quando nasce,

sia quando si desta da un letargo

che è sembrato mortale,

riempie il cuore di una luce

che si riflette sul mondo circostante.

Nathaniel Hawthorne

 

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Emile Vernon – Garofani per amore

 

 

 

CHE MI AMI TU LO DICI…

John Keats

 

 

Che mi ami tu lo dici, ma con una voce

Più casta di quella d’una suora

Che per sé sola i dolci vespri canta,

Quando la campana risuona –

Su, amami davvero!

 

Che mi ami tu lo dici, ma con un sorriso

Freddo come un’alba di penitenza,

Suora crudele di San Cupido

Devota ai giorni d’astinenza –

Su, amami davvero!

 

Che mi ami tu lo dici, ma le tue labbra

Tinte di corallo insegnano meno gioia

Dei coralli del mare –

Mai che s’imbroncino di baci –

Su, amami davvero!

 

Che mi ami tu lo dici, ma la tua mano

Non stringe chi teneramente la stringe;

è morta come quella d’una statua

Mentre la mia brucia di passione –

Su, amami davvero!

 

Su, incendiamoci di parole

E bruciandomi sorridimi – stringimi

Come devono gli amanti – su, baciami,

E l’urna, poi, delle mie ceneri seppelliscila nel tuo cuore –

Su, amami davvero!

 

 

 

Emile Vernon

 

 

    

 

a tutti da Tony Kospan

 

 

 

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Ricevetti dei fiori oggi – Un brano originale ma amaro per condannare il permanere delle violenze sulle donne   Leave a comment

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Questo brano davvero bello… ma  direi anche geniale,
pur se amaro, amarissimo, ci ricorda, facendocela quasi vivere,
una incontestabile dura realtà e ci fa comprendere
quanto questo problema sia grave e difficile da superare.







– RICEVETTI DEI FIORI OGGI –
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E' incredibile, siamo nel 3° millennio ma nel chiuso delle nostre case o altrove,
ed in molte parti del mondo addirittura col consenso della legge,
le donne vengono maltrattate, violentate ed uccise in ogni modo.

Questo testo, davvero forte, di cui ignoro l'autore… o autrice
merita certamente d'esser letto
in quanto emblematico di questa situazione
e, più e meglio di tante parole, ci disvela questa drammatica realtà.




Migliaia anche quest'anno le denunce e già molte le donne uccise
nel nostro “civile” paese…

Pertanto ritengo doveroso far sì che non abbassi ma la guardia
davanti a fenomeni così esecrabili



 





– RICEVETTI DEI FIORI OGGI –


Non è il mio compleanno o nessun altro giorno speciale;
ieri sera abbiamo avuto il nostro primo litigio,
e mi disse molte cose crudeli che in realtà mi offesero.
Ma Lui ha detto che è pentito e non lo ha dette sul serio,
perché oggi mi mandò dei fiori.


Ricevetti dei fiori oggi!


Non è il nostro anniversario o nessun altro giorno speciale;
ieri sera mi spinse contro la parete e cominciò a picchiarmi.
Sembrava un incubo, ma dagli incubi ti svegli e sai che non è reale;
questa mattina mi alzai addolorata e con lividi da tutte le parti,
ma io so che è pentito; perciò mi mandò oggi dei fiori.








Ricevetti dei fiori oggi!


E non è il giorno di San Valentino o nessun altro giorno speciale;
ieri sera mi picchiò e minacciò di ammazzarmi;
né il trucco o le maniche lunghe potevano nascondere
i tagli e colpi che mi causò questa volta.
Non potei andare oggi al lavoro, perché non volevo che mi vedessero così.
Ma io so che è pentito; perché lui mi mandò oggi dei fiori.


Ricevetti dei fiori oggi!


E non era giorno delle mamma
o nessun altro giorno speciale ieri sera ritornò a colpirmi,
ma questa volta molto peggio.
Se riesco a lasciarlo, che cosa faccio?
Come farei io da sola a tirare avanti con i bambini?
Che cosa succederà se ci manca il denaro?.
Ho tanta paura, ma dipendo tanto da lui che temo a lasciarlo.
Ma io so che è pentito perché quello mi mandò oggi dei fiori.






Ricevetti dei fiori oggi!


Oggi è un giorno molto speciale: è il giorno della mia funzione funebre.

Ieri sera finalmente riuscì ad ammazzarmi.

Mi picchiò fino alla morte.

Se per lo meno avessi avuto il coraggio e la forza di lasciarlo;

se avessi accettato l'aiuto di professionisti.

Oggi non avrei ricevuto fiori!

Alla fine, l'amore che ricevi è l'amore che dai!






BASTA VIOLENZA SULLE DONNE


FINE



PER UNA VITA SENZA VIOLENZE!!!







Tony Kospan




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Buonanotte con la bella minipoesia… Incontro… di Carlo Bramanti   2 comments

 

 

 
 
 
INCONTRO
Carlo Bramanti

Un mar
Di sogni e pensieri
Di volti sinceri
S’affollano, ora assolati
E c’è odor di foglie
Di verdi voglie
E ora null’altro
Null’altro che gli occhi tuoi

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

par Tony Kospan

 

 

 

 

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Pubblicato 25 novembre 2014 da tonykospan21 in BUONANOTTE IN MINIPOESIA

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