Archivio per 29 ottobre 2014

La Cappella Sansevero e le sue mitiche… magiche e misteriose opere d’arte – I PARTE   2 comments

 
 
 
 

 

 

  

L'enigmatica Cappella Sansevero
è uno dei luoghi più visitati di Napoli,
e riscuote notevole interesse e grande curiosità
da oltre duecento anni.
 
E' altresì considerata, da un sondaggio fatto
tra tutti coloro che hanno visitato dei musei,
il museo più amato d'Italia ed è pure presente
nella top ten dei musei europei.
 
 
 
 
 
 
 


LA CAPPELLA ED IL PRINCIPE DI SANSEVERO
 
ARTE E… MISTERI…
 
a cura di Tony Kospan


 
 

PRESENTAZIONE
 
 
 

 
Perché una piccola cappella suscita tanto interesse e tanta curiosità?
 
Perché visitarla è come fare 2 passi… nel mistero, 2 passi… nella grande arte, 2 passi… nella storia del '700  e 2 passi… nel mondo umano e familiare di un geniale ed enigmatico principe ed alchimista Raimondo de Sangro, Principe di Sansevero.
 
 
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Pur essendo il tema apparentemente semplice, la biografia di un Principe e la descrizione di una piccola cappella, per la notevole complessità e quantità di aspetti artistici, storici, scientifici, alchemici, esoterici… etc… il post dovrà esser diviso in parecchie parti.
 
Inizieremo ordunque col parlare qui, in breve, della vita del Principe per passare poi ad esaminare la Cappella e le sue opere d'arte, le diverse stranissime invenzioni del Principe e ci soffermeremo anche su alcuni suoi contatti con personaggi altrettanto noti e misteriosi.
 
Questa prima parte, che possiamo definire essenzialmente di presentazione e biografica, è forse la meno affascinante ma è assolutamente necessaria per meglio comprender tutto quanto vedremo e conosceremo dopo…
 
 
 
 
 
I PARTE
 
 
 
 
DISSERO DEL PRINCIPE DI SANSEVERO



 
 
 
 
 
 



Ecco cosa scrisse di lui Benedetto Croce:
“Ammazzò sette cardinali e con le loro ossa costruì sette seggiole, mentre con la pelle, opportunamente conciata, ricoprì i sedili”
– Benedetto Croce-Storie e leggende napoletane -.
 
 
Per la gente del luogo era invece una specie di stregone ed ancora secoli dopo, al solo nominarlo, molti si facevano il segno della croce.
 
 
Wikipedia però lo definisce così… semplicemente
“Raimondo di Sangro (Torremaggiore 30.1.1710 – Napoli 22.3.1771) fu il VII principe di San Severo e studioso napoletano”.
 
 
Ma chi era e da dove veniva in verità costui?



 
 

 

 

LA FAMIGLIA D'ORIGINE DEL PRINCIPE

 
 
I conti dei Marsi e di Sangro vantavano, come si può evincere dal loro stemma, una discendenza “borgognona” dallo stesso Carlo Magno.
 
Inoltre la famiglia dei Sangro era molto legata al potente Ordine Benedettino, ed aveva avuto nei suoi ranghi, oltre ad abati ed altissimi prelati, anche i santi Oderisio, Bernardo e Rosalia e ben 4 Papi erano stati loro parenti.


 
 
 
 

 

 


Innocenzo III (1198-1216), Gregorio IX (1227-1241), Paolo IV Carafa (1555-1559) e Benedetto XIII (1724-1730).
 
Il padre di Raimondo, Antonio di Sangro, fu personaggio poco limpido, libertino e molto controverso. 
Accusato dell'omicidio del padre di una ragazza di Sansevero, che era contrario alla loro relazione, scappò a Vienna dichiarandosi innocente ma, dopo che la Magistratura, forse corrotta, archiviò il caso, tornò e fece uccidere il Sindaco di Sansevero che era stato il suo accusatore.
 
Scappò di nuovo… stavolta a Roma dove infine prese i voti e si ritirò in un convento.

 
 
 

 

 
 

 

BIOGRAFIA DEL PRINCIPE RAIMONDO
 
 
A causa di un genitore così scapestrato il ragazzo visse un'infanzia un po' disorientata con i nonni paterni che a 10 anni lo mandarono a studiare dai Gesuiti a Roma dove brillò negli studi ed acquisì una grande cultura di cui poté far sfoggio quando, tornato a Napoli, primeggiò tra i Nobili dell'epoca che erano molto poco inclini al sapere ed alla cultura.
 
Ma le sue non furono solo conoscenze scolastiche in quanto si estesero anche ad altre discipline ed alle lingue straniere.
 
Già da studente mostrò le sue capacità inventive. Infatti quando per uno spettacolo a scuola bisognava smontare presto il palco per consentire un successivo spettacolo equestre superò “primi Ingegneri e valentuomini” creando un palco che “coll'aiuto di alcuni argani e di alcune nascoste rote” spariva in breve tempo.
 
 
 

 

 
 
 

Tornato all'età di 20 anni a Napoli, divenuta sede principale della famiglia, già con il titolo di  VII° Principe di Sansevero, per la morte del nonno, sposò per procura la giovanissima cugina Carlotta Gaetani residente nelle Fiandre che conobbe però solo 6 anni dopo a causa delle continue guerre di quegli anni.
 
Per le sue conoscenze dell'arte militare divenne Colonnello del Reggimento Capitanata e nel 1744 mostrò il suo valore nella Battaglia di Velletri contro gli Austriaci e gli apprezzamenti del Re Carlo di Borbone.

 
 
 
 

Il Re alla Battaglia di Velletri contro gli Austriaci

 
 
 
Nel frattempo scriveva libri, che editava egli stesso nella tipografia che aveva fatto costruire negli scantinati del suo palazzo, frequentava le migliori Accademie letterarie e culturali dell'epoca ed approfondiva studi, ricerche ed esperimenti in materia chimica ed alchemica.
 
I suoi libri di chiaro stampo massonico venivano spesso censurati dalle Autorità ecclesiastiche mentre la sua tipografia stampava libri di vario genere che nessuno pensava di pubblicare in Italia.

 
 
 
 

 
 
 
Nel 1744 il Principe iniziò quello che oggi possiamo definire il suo capolavoro principale e cioè il restauro e la risistemazione della Cappella familiare, oggi nota in tutto il mondo come “Cappella Sansevero” per la qual cosa chiamò i più grandi (e costosi) artisti dell'epoca come vedremo in seguito.
 
Sempre nel 1744 si iscrisse alla Massoneria ed in breve scalò tutti i gradini della Loggia Napoletana divenendone il Gran Maestro.
 
 
 
 

 
 
 
Questi sono però anche gli anni un cui, per impulso del Re Carlo III di Borbone, avvengono grandi scoperte archeologiche nelle aree soprattutto di Pompei, Ercolano e Paestum.
 
Scoperte che per la loro straordinarietà rafforzarono negli adepti della Loggia le loro convinzioni esoteriche.
 
Ma Re Carlo III, suo amico, nel 1759 fu chiamato a regnare sulla Spagna per la morte del fratello maggiore e lasciò così il Regno delle due Sicilie al giovane ed inesperto Re Ferdinando IV.
 
 
 
 

Re Carlo III di Borbone

 

 
 
Quest'ultimo, su consiglio del Ministro della Real Casa (e suo nemico), Bernardo Tanucci, lo fece arrestare perché aveva affittato delle stanze del suo palazzo ad una bisca per pagare i debiti contratti con gli artisti e le maestranze che lavoravano per la Cappella.
 
Dopo qualche mese però per le sue importanti ed aristocratiche amicizie fu liberato.
 
 
 
 

La Cappella in una antica stampa

 
 
 
Allora il Principe, per risolvere una volta per tutte i problemi economici, fece sposare il primogenito con la principessa Gaetana Mirelli di ricca famiglia che gli portò una considerevole dote che, non solo gli consentì di non aver più debiti, ma anche di continuare l'opera di completamento di quella che possiamo definire… la ragione della sua vita….
 
I suoi ultimi anni li passò, oltre che nella cura della Cappella, suo amato gioiello, anche a studiare, a fare esperimenti ed ad inventare come vedremo più avanti.
 
Morì nel 1771
 
 
 
 

 
 
 
 
 
FINE DELLA I PARTE

 

 

continua…

 

 

Fonti: 

vari siti web e conoscenza diretta (della cappella eh eh)

 

Immagini dal web

 

– Copyright: Tony Kospan




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Siedi qui in Paradiso – Andiamo oltre la realtà materiale con questa suggestiva poesia Sufi   2 comments


 
 
 
 
 
 
 
Torniamo, con questa, a leggere poesie Sufi…  
poesie suggestive e sublimi
che ci portano in mondi… ultraterreni…
pieni di amore…
 con leggerezza e soavità… facendoci volare…
oltre le miserie umane….
 
 
 
 
 
 
 
 
Ricordo che queste poesie affascinanti
e che hanno sempre avuto nel corso dei tempi…
stuoli di ammiratori…
hanno anche diverse chiavi di lettura
 
 
Ora però leggiamola con calma,

e… se vi va… poi… parliamone…

 
 
Tony Kospan…
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SIEDI QUI IN PARADISO
Omar Khayyam


Voglio un carico di vino di rubino, e un libro di versi.
Mi occorre appena lo stretto necessario, e un pezzo di pane.
Poi io e te seduti in un luogo deserto… 
Questa è una vita superiore al potere d’ogni sultano.
Non t’affliggere così vanamente, vivi contento,
e nell’ingiusta via della tua sorte, vivi con giustizia. 
Giacché in conclusione questo mondo è il nulla,
pensa di essere il nulla, e libero vivi.
Per quanto d’ogni lato io volga lo sguardo,
scorre nel giardino un rivo di paradiso.
La piana è divenuta un paradiso, non parlare d’inferno!
Siedi qui in paradiso, assieme a un volto di paradiso.
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Cosa ne pensate?

 

 

CIAO DA TONY KOSPAN

 

 


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Arte e segreti – Scopriamo quelli della mitica opera del Bronzino… L’allegoria dell’amore e del tempo – III PARTE   Leave a comment

 

 

 

 

 

 

 

L'ALLEGORIA DELL'AMORE E DEL TEMPO

ARTE E SEGRETI

 

III  PARTE

 

 

 

 

 

 

Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.

La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.

Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto. Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata”. Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo.
 
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi.
 
 
 
 
 

 

 

 

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
 
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
 
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
 
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
 
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
 
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.
 
 
 
 
Rivediamolo infine un'ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.

 

 

 

 

 

Un altro titolo dell'opera, forse più vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
 
 
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
 
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
 
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
 
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
 
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
 
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
 
Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.

 

F i n e

 

Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan

 
 
 
 
PER CHI VOLESSE LEGGER
LA I PARTE

 
 
 

PER CHI VOLESSE LEGGER
LA II PARTE:

 

 

 

 
IL GRUPPO DEGLI ARTISTI
E DI CHI AMA L'ARTE?

 
 
 

Le lacrime di Mago Magone – Una bella e saggia favola… fantasy   3 comments

 
 
Per coloro che amano
racconti o favole di saggezza
 
 
 
 
 
 

 

 

  LE LACRIME DI MAGO MAGONE…

 

Il Mago Magone era sempre tanto triste; bastava che una nuvola oscurasse il sole e cominciava a piangere e se gli si slacciava una stringa della scarpa gli venivano i lustrini agli occhi; piangeva perfino ogni volta che starnutiva, gli veniva il mestolino qualunque notizia sentisse alla radio e si affliggeva terribilmente quando guardava tramontare il sole.
 
Insomma: non gli andava mai bene niente, sia che avesse la pancia piena oppure vuota.

 

 

 

 

Finché un giorno si accorse di aver finito le lacrime, ma ciò non lo fece piangere: lo preoccupò talmente che perse anche l’uso della parola.
Allora si diede a correre in lungo e in largo per il suo enorme castello; era disperato e guardò in tutti i cassetti in cerca di una preoccupazione, dentro tutti gli armadi per trovare un dispiacere, sotto tutti i letti per scovare un mal di pancia, ma niente da fare; mise a soqquadro la casa, ma dentro ai cassetti trovò solo chili di salute, negli armadi tonnellate di lavoro e sotto i letti monete d’oro a non finire.
La cosa brutta era che non poteva chiedere aiuto a nessuno visto che era diventato muto, e comunque, a forza di piangere, col tempo la gente lo aveva lasciato solo, quindi doveva risolvere questo problema per conto suo.
Si sedette davanti al camino e, a forza di fissare quelle fiamme che guizzavano allegramente, assicurandogli che in fondo la vita è bella anche se brucia, giunse in breve alla conclusione che prima di parlare bisogna pensare (cosa che lui non aveva mai fatto) e a forza di pensare riuscì, dopo qualche giorno, a dire delle cose sensate.
Per la prima volta in vita sua, il Mago Magone era contento!
Non lo preoccupava più il fatto di aver finito le lacrime così, non sapendo che fare, si recò al fossato, ai piedi del castello e il coccodrillo, appena vide il Mago Magone che correva a gambe levate verso di lui, incominciò a piangere; aveva appena mangiato un’anatra e gli dispiaceva molto (del resto in quel castello piangevano tutti, e spesso non sapevano neppure perché, così piangevano anche per questo).
Il Mago Magone – che era un mago vero – si affrettò a raccogliere le lacrime del coccodrillo (il quale probabilmente pensava invece che avrebbe ricevuto un sonoro rimprovero), in una boccettina di vetro, e le portò in cima alla torre più alta, nel suo laboratorio; non si era mai domandato di che cosa fossero fatte le lacrime.








Lui pensava che fossero senz’altro costituite più d’acqua salata che di buon vino bianco, ma fu proprio in quella strana circostanza che gli venne la curiosità di accertarsene; lui non ne possedeva più neanche una goccia, perciò depositò sotto la lente del microscopio (s’inizia sempre così) quel prezioso campione.
Ma cosa vide!
Vide che cos’erano la fame, la malattia e la sofferenza; vide la guerra, l’odio e la morte; vide madri disperate piangere per i loro bambini e bambini piangere per le loro paure. I vecchi piangevano per i loro rimpianti e i giovani per i loro rimorsi.
Poi guardò in faccia l’invidia e la gelosia mentre danzavano, ridendo fino alle lacrime, intorno al mondo.
Vide che anche molti animali piangevano, specialmente quelli chiusi in prigione; piangevano i fiori recisi, i pesci nel mare sporco, e anche le montagne quando venivano scavate con le trivelle fin nel loro cuore.
L’aria stessa lacrimava a causa del fumo degli incendi che facevano piangere i boschi.
Vide infine piangere gli occhi di Gesù e quelli di Buddha.
Scoprì così che esistono diverse specie di lacrime: molte sono causate dal dolore, altre dalla compassione, alcune perfino dalla gioia oppure dal sollievo.
Certe, come quelle che sgorgavano fino a qualche tempo prima dai suoi propri occhi, addirittura sembrava non avessero una causa apparente, e invece erano pur’esse lacrime di sofferenza: perché anche il vuoto è dolore; forse, quel dolore, è persino più acuto perché non si sa come spiegarlo a sé stessi o agli altri.
Il Mago Magone capì che le lacrime di tutte le creature contengono queste cose poiché esse non sono affatto semplice acqua salata oppure buon vino bianco; sono il sangue dell’anima ferita.
Mentre pensava a ciò non si accorse – tanto era immerso in quelle visioni – che due lacrimoni gli rigavano le guance, scorrevano lungo la sua folta barba bianca e cadevano ai suoi piedi, trasformandosi in due enormi diamanti.
Perché fu in quel tormento che il suo cuore si aprì per far sbocciare il fiore dell’amore.
Quando se ne accorse si vergognò molto per tutto il tempo che aveva perduto a piangere per niente, anche se quel niente lo aveva spinto a farsi queste stupefacenti domande.

 

 

Sergio Fasolini – Il Mago dei Rovi

 

 

 

 

FINE

DAL WEB – IMPAGINAZIONE ORSO TONY

 

 

 

   
LA PAGINA DI SOGNO DI FB?
 
samp5873205a0f06c928.jpg PSICHE E SOGNO picture by orsosognante
 
 

Felice mercoledì in poesia – Ripenso il tuo sorriso di Montale – arte.. Bronzino – canzone.. Il mio canto libero – e..   3 comments

 

 

Agnolo Bronzino

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barra__7hrts.gif picture by indiaguerreira

L'anima nasce dalla bellezza e di bellezza si nutre.

Ne ha bisogno per vivere.

James Hillman

barra__7hrts.gif picture by indiaguerreira

 

 

 Bronzino – Amore Venere e Satiro
 
 
 
RIPENSO IL TUO SORRISO…
Eugenio Montale
 
 

Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida

scorta per avventura tra le pietraie d’un greto,

esiguo specchio in cui guardi un’ellera e i suoi corimbi;

e su tutto l’abbraccio di un bianco cielo quieto.

 

Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,

se dal tuo volto si esprime libera un’anima ingenua,

vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua

e recano il loro soffrire con sé come un talismano.

 

Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie

sommerge i crucci estrosi in un’ondata di calma,

e che il tuo aspetto s’insinua nella memoria grigia

schietto come la cima di una giovane palma…

 

 

Bronzino – Dante

 
 
 
 
 
160x65160x65160x65160x65

 

 



 

à tout le monde par Tony Kospan




 
 
 
 
 

 
 


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