Archivio per 13 agosto 2014

Signora scriverebbe una poesia per me? – Dal Reader’s Digest un bellissimo racconto… poetico ed emozionante   1 comment


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Questo mi appare uno dei racconti più belli
che ho avuto la fortuna di leggere.
 
Debbo dire che mi emoziona sempre nel rileggerlo…
 
Qui emozioni, poesia, amore… ed… amore filiale…
s'intrecciano in modo davvero sublime…
e non esito a definirlo… poetico.
 
Consiglio di leggerlo anche
perché penso faccia bene al nostro animo.
 
 

 
 
 
 
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SIGNORA SCRIVEREBBE UNA POESIA PER ME?
Margaret E. Sangster

 
Se ci va possiamo leggerlo ascoltando
“A drop of silence”

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Molte persone che hanno una storia da raccontare sono capaci di metterla sulla carta, quasi tutti coloro che vorrebbero scrivere una poesia non riescono a trovare le rime o a scrivere versi che scorrano.
Ecco perché una volta redassi per una rivista una rubrica che intitolai : Una poesia vostra e mia.
 A tutti coloro che avevano in mente una poesia, chiedevo di comunicarmi l'idea e promettevo che avrei pubblicato la loro lettera e scritto la poesia secondo le loro richieste. Ricevei migliaia di lettere da persone che avevano un poema nel cuore.
Ce ne fu una che ricorderò sempre.
Era di una ragazza, una certa Mary. Non ne ho mai saputo il cognome.
Un giorno, in un cestino colmo di posta, trovai una lettera espresso contenente un foglio di carta rigata da poco prezzo e, in mezzo al foglio, un consunto biglietto da un dollaro.
Leggendo la lettera, mi sembrava quasi di sentire la voce di Mary.
 
 
 
 

 
 
“Voi dite, signora, che scriverete una poesia per chi desidera averne una scritta e pubblicata nella rivista. Io vorrei che me ne scriveste una e me la mandaste invece di pubblicarla.
Ecco perché accludo un dollaro.
Non voglio che vi disturbiate senza compenso.
Credo che vorrete sapere qualcosa di me.
Fui lasciata sui gradini di un orfanotrofio quand'ero in fasce, e nessuno mi adottò perché non ero bella nè molto intelligente. Perciò rimasi all'orfanotrofio finché non ebbi l'età d'andarmene e allora mi trovarono un lavoro in una fabbrica. Lavoravo sei giorni la settimana perché eravamo in tempo di guerra e in fabbrica c'era molto da fare, ma la domenica ero libera e andavo a passeggiare nel parco. Una domenica un soldato mi rivolse la parola; mi chiese se ero sola, io risposi di si, ed egli disse che anche lui era solo. Aggiunse che non era di quella città e che sperava di poter passeggiare un po' con me. Era un giovane in uniforme e mi parve che non ci fosse niente di male. Cosi, passeggiando e discorrendo, mi disse che era d'una regione rurale e che era in una caserma dall'altra parte del fiume. Mi disse che al suo paese abitava con la madre e che era figlio unico; non era sposato, e non aveva nemmeno l'innamorata, perché se la madre avesse saputo che s'interessava a qualche ragazza avrebbe fatto il diavolo a quattro. Quindi mi chiese se quella sera volevo cenare con lui e poi andare al cinema.” Fu cosi che Mary conobbe Ross, il soldato, e fu al cinema che senti la mano di lui cercare la sua… E capì, senza ombra di dubbio, d'essere innamorata. Passò un mese, e un'altra domenica, mentre erano al parco, si misero a sedere su una panchina e parlarono dell'avvenire. “Non avevo mai avuto un avvenire fino a quella domenica, perché fu allora che Ross mi disse che mi amava e che voleva sposarmi. Naturalmente gli risposi di si, e poi Ross si rannuvolò in viso e spiegò che non osava dirlo alla madre, perciò non avrebbe potuto far assegnare a me la quota della paga destinata alla persona a carico, ne farmi beneficiaria della sua assicurazione. Ma a me non importava. Volevo soltanto lui e il suo amore. Volevo soltanto qualcuno che m'appartenesse. Quando glielo dissi, il viso gli si rischiarò.” Cosi Mary e Ross si sposarono, e appena Ross aveva un permesso andava nella camera ammobiliata di Mary.
Le comprò il primo vestito di seta della sua vita, le scarpe con il tacco alto e una vestaglia. Ma il regalo più importante fu l'anello nuziale. E quando Ross fu mandato oltremare, Mary gli scrisse tutte le sere ed egli ogni volta che poteva. Passò il tempo, e poi un giorno Mary svenne mentre era in fabbrica. Il medico della Società le disse che avrebbe avuto un bambino. Fu proprio mentre scriveva a Ross la più bella notizia del mondo che la sorte volle colpirla in modo crudele. Ricevé un telegramma dalle autorità militari. “Ne fui sconvolta, signora” mi scrisse Mary “Mio marito era morto. Non avrei più sentito le sue labbra sulle mie, ma avevo una consolazione. Non ero più sola come prima. Sebbene Ross non fosse più mio, m'aveva lasciato qualcosa che sarebbe stata mia per sempre. Mary lavorò fin quando poté e risparmiò ogni centesimo (non aveva l'assicurazione di Ross, ricordate?). Sulla polizza c'era il nome della madre. Non scrisse alla madre di Ross perché, come mi disse nella sua lettera, non le avrebbe creduto. La bambina di Mary nacque nel reparto maternità d'un ospedale e quando Mary ne usci, si trovò a dover affrontare un problema. Adesso doveva guadagnare da vivere non soltanto per sé, ma anche per la sua creatura. E cosi decise di mettere la bimba in un nido per l'infanzia, non in uno gratuito, ma in uno di cui i suoi mezzi le permettessero di pagare la retta.
“Tutte le mattine portavo la piccola al nido, e tutte le sere, dopo il lavoro, andavo a prenderla e la portavo a casa. La vedevo sveglia di rado, tranne la domenica. Siccome tutto quello che guadagnavo serviva per il vitto, per la pigione e per il nido, la piccola non aveva belle vestine o giocattoli. Gli abitini che portava durante il giorno appartenevano al nido, e cosi i giocattoli. Io avevo soltanto il cesto di vimini nel quale dormiva, le coperte e un sonaglio di celluloide. Ma ero felice perché, mentre lavoravo, sapevo che l'avrei portata a casa la sera e l'avrei tenuta tra le braccia finché si fosse addormentata. Un pomeriggio mi telefonarono dal nido e mi dissero di accorrere subito… ma non arrivai in tempo.”

E cosi Mary si ritrovò sola come prima : una giovane donna non molto bella, non molto intelligente, una donna che aveva soltanto la gran dote di amare e di dare.
La sua lettera finiva cosi : “Siccome la mia piccola non aveva bei vestiti o giocattoli, o nessuna delle cose che i bimbi di solito hanno, io non avrò nulla di lei da conservare. E temo che, con il passare degli anni, il suo ricordo svanirà, e chiudendo gli occhi non riuscirò più a vederne il viso.
Ecco perché voglio che scriviate una poesia su di lei, una poesia bella come era lei, una poesia che me la riporti vicina ogni volta che la leggerò, che mi faccia sentire ch'è ancora accanto a me, non tra le mie braccia, ma nel mio cuore.
Vi prego spedite la poesia a Mary, Fermo Posta, e io passerò all'ufficio postale tutti i giorni finché arriverà. “
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Scrivere quella poesia fu uno dei compiti più difficili che abbia mai avuto e, per quanto sembri un paradosso, uno dei più facili.
Non ne ho tenuto una copia perché temevo che, prima o poi, potessi essere tentata di pubblicarla, e allora la poesia non avrebbe più appartenuto soltanto a Mary.
Quando misi la poesia nella busta, fui sul punto di mettervi anche il biglietto da un dollaro, ma poi mi resi conto che sarebbe stata una crudeltà.
Mi resi conto che Mary comprava un ultimo regalo per la sua creatura.
Sì, cercai di rintracciare Mary, ma non fu possibile; aveva ritirato la lettera, e poi era scomparsa.
Sebbene questo sia accaduto parecchio tempo fa, conservo ancora il dollaro, nella speranza che un giorno, non so dove, mi capiti d'incontrare Mary.
Se m'avverrà d'incontrarla, le darò il dollaro e le spiegherò che un ricordo non si può comprare.
Deve essere sempre un dono.
 
 
 
 
 

Suhair Sibai – Introvert – 2011

 
 
 
 
 

 
 
 
 

(dal Reader’s Digest – Impaginazione Orso Tony) 
 
 
 
 
 







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Vivere – 1937 – Originale simpatica… mitica… canzone di un tempo…   3 comments


VIVERE – 1937

 
 
 
 

 

 
 
Nell’epoca dell’imperante (in tutti i sensi)  
“DIO… PATRIA E FAMIGLIA”
ecco una canzone che sembra proprio
in totale controtendenza rispetto
agli apparenti costumi dell’epoca.



 

 
 
 

Non lo credete? Leggete questi versi…
quasi di… liberazione maschile
e quasi inneggianti al… divorzio.


 
 
Oggi che magnifica giornata
che giornata di felicità,
la mia bella donna se n’è andata
m’ha lasciato al fine in libertà.
 
Son padrone ancor della mia vita
e goder la voglio sempre più,
ella m’ha giurato nel partir
che non sarebbe ritornata mai più.
 
 
 
 
 
Caterina Boratto
 
 
 
 
La canzone d’un tempo di cui parleremo e che ascolteremo
(in una doppia versione) stavolta è quindi
 
 
 
 V I V E R E
 
 
scritta da Cesare Andrea Bixio in occasione dell’omonimo film


 
 
 
 
 
 
 
 
 

Il film ebbe quali interpreti
Tito Schipa, Caterina Boratto, Paola Borboni,
Enzo Besozzi, Doris Duranti…
attori tra i più in auge all'epoca.
 
 
La canzone ebbe ben presto gran successo
e fu interpretata dai più grandi cantanti dell’epoca…
Tito Schipa, Ferrucio Tagliavini e Beniamino Gigli… etc.
 
 
 
 
 
Tito Schipa
 
  
 
 
Ma ecco ora la canzone…
che possiamo ascoltare in una prima versione
cantata da Tito Schipa
 
 
 

 

 
 
 
ed in una seconda un po' più recente versione,
cantata da Claudio Villa
 
 
 
 

 

 
 

Buon ascolto, se vi fa piacere.
 
Ciao da Tony Kospan




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Morire d’amore… Questa poesia Sufi ci spiega il senso della nota espressione…   2 comments

 
 
 


 
 

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Nel nostro linguaggio usuale usiamo o ascoltiamo spesso
l’espressione “morire d’amore“.
 
 
Molto nobile ed universale è però la sua origine e qui…
in pochi versi
ci viene poeticamente e genialmente spiegata.
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MORIRE D’AMORE
GRANDE POESIA SUFI D’AMORE
 
 
 
L’Amore… il vero Amore… non è spensieratezza…
ma assoluta dedizione… di sé… ed oltre sé.
 
 
E’ la totale intima unione di anima e corpo degli Amanti
 (nel senso di coloro che si amano)
ed assoluta reciproca dedizione… donazione…
al punto che essi diventano una cosa sola.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’inizio dell’Amore, infatti, non è forse ansia, paura,
perdimento di sé?
 
 
E la fine dell’Amore… non ci appare forse
come la perdita di una parte di noi… come un morire?

 
 
 
 
 
 
 
 

Se non sei pronto a morire per il tuo amore…
allora… il tuo è… proprio Amore?
 

Una verità assoluta e profonda, 
un insegnamento universale ed eterno
dunque ci giunge dai versi rivelatori e folgoranti di questo 

poeta mistico di quasi mille anni fa.

 
 
 
 
 
 


MORIRE D’AMORE


Ibn al-Fàrid (1181-1235) 
 

 
 
E' Lui l’amore! Vive solitario perché
 
il suo riposo è fatica, un male il suo
 
inizio e la sua fine una morte.
 
Se vuoi vivere felice, sii martire d’amore
 
se no lascia l’amore a quelli che sanno
 
amare. Chi non muore davvero del suo amore
 
di vivere d’amore non avrà la ventura.



 
 
 
 
 
 
 
 

Come sempre…
mi piacerebbe conoscere il vs pensiero… 
 
Tony Kospan
 
 
 
 
 
 


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Buon mercoledì in poesia.. Amore di B. Dimitrova – arte di F. Zandomeneghi – canzone.. Per me per sempre   Leave a comment

 
 
 
 

Federico Zandomeneghi – Riflessione

 

 
 
 
 
 
Ormai si sente forte nell'aria
il profumo di quella che è la festa clou dell'estate…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il fiore che sboccia non fa alcun rumore;
la bellezza, la vera felicità e il genuino eroismo
camminano su suole silenziose!
Wilhelm Raabe
 
mini fleur mini fleur mini fleur mini fleur
 

 

 

Nota

Federico Zandomeneghi – Sul divano

 
 
AMORE
Blaga Dimitrova
 
Ho perso l’andatura trascurata,
ho perso la mia risata presuntuosa
e il silenzio mite dell’anima,
e la freschezza nello sguardo distratto,
e di notte il sonno.
Ho perso i sentieri che mi attiravano,
la ribellione, e la libertà,
l’imprevisto, e il suono dei canti
– ho perso tutto, ma sono la più ricca
la più prodiga del mondo.
 
 
 

Federico Zandomeneghi – La passeggiata

 

 

 

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Buonanotte con la bella minipoesia… Dimmi tu addio… di Umberto Saba   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 
 
 
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DIMMI TU ADDIO
Umberto Saba
 
 
Dimmi tu addio
che a me dirlo non riesce
 
Morire è facile.
 
Perderti è difficile…
 
 
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Pubblicato 13 agosto 2014 da tonykospan21 in BUONANOTTE IN MINIPOESIA

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