Archivio per 22 Maggio 2014

Buonanotte con la bella minipoesia… Vado alle mie solitudini… di Lopez De Vega   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 
 
VADO ALLE MIE SOLITUDINI
Lopez De Vega
 
Vado alle mie solitudini,
 dalle mie solitudini vengo,
 perché per stare con me
 mi bastano i miei pensieri.
 
 
 
 
 
 
 

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by Tony Kospan
 
 
 
 
 

 

IL GRUPPO DI GOOGLE PLUS
DI POESIA E CULTURA
I N S I E M E

 
 
 

Pubblicato 22 Maggio 2014 da tonykospan21 in BUONANOTTE IN MINIPOESIA

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Energia mutabile – Piccola intensa e profonda poesia di Antonio Conte   Leave a comment

Pubblicato 22 Maggio 2014 da tonykospan21 in Senza categoria

Donne in rinascita – Mitico… bellissimo omaggio al mondo femminile…   Leave a comment

Pubblicato 22 Maggio 2014 da tonykospan21 in Senza categoria

Il male nella storia del mondo e… il silenzio della filosofia   Leave a comment

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Un articolo interessante… un piccolo excursus
sul  concetto di male…  attraverso i secoli
che porto all’attenzione di chi… come me… 
è interessato anche a questi temi…
e che propongo alla vostra lettura…

Sono passati ormai diversi anni
da quando lo lessi per la prima volta
 ma ritengo che,  quanto in esso viene evidenziato,
mantenga intatta la sua importanza e la sua suggestione.




IL SILENZIO DELLA FILOSOFIA

SUL MALE NEL MONDO

 
 
 

 

Mario Tessari – 11 Settembre

 
 
 

 
Il brano è una parte dell’intervento di Sergio Givone
ad UmbriaLibri sul Tema
In fondo al male

 
 
 

NotaNEWAGE Nota

 

 

La filosofia tace sul male

 

Diceva David Foster Wallace, lo scrittore americano da poco scomparso:
anche l’ aragosta “sa” il male, quanto meno lo sente.
Basta prestare orecchio al rumore sordo delle chele che sbattono contro i bordi della pentola in cui è stata gettata viva. E non si dica che il suo è un sentire elementare, rozzo.
Se l’ aragosta non ha le parole per dire la sofferenza che prova e il tormento che le viene inflitto, forse noi le abbiamo? Si pensi alla filosofia.
Di fronte al male è stata reticente, ha balbettato.
Vero è che tutte le tradizioni da cui proveniamo traboccano di riferimenti al più inquietante dei molti misteri che ci circondano.
Non c’ è male che sia stato risparmiato a Giobbe.
«Appena temo un male, questo mi colpisce».
Inutile chiedere perché, avverte Qohélet.
Tutto è inutile. Tutto è vano.
E questo forse è anche peggio del male.
«Sarebbe opportuno che noi ci radunassimo a piangere la casa nella quale qualcuno sia venuto alla luce, pensando ai molti mali della vita umana, ma a chi con la morte ha posto fine a gravi sofferenze, gli amici con lode e con gioia dovrebbero dare sepoltura», aveva scritto Euripide, rievocando l’antica sentenza del Sileno (…) per cui la cosa migliore sarebbe non nascere, e in subordine morire al più presto.
Ma siamo sicuri che in quei testi si stia parlando del male e non di qualche cos’altro?
Qualcosa che ha bensì a che fare col male, ma che nulla dice circa la sua natura?
Certamente le sciagure che senza tregua colpiscono gli uomini, con il loro corteo di sofferenze afflizioni pene e tormenti vari, per non parlare della morte e del nulla, sono dei mali.
Ma non lo sono necessariamente.
Tant’ è che hanno potuto presentarsi talvolta come forme di liberazione o di sollievo.
Il male sfugge alla presa. E si rifugia in una dimensione dov’è difficilissimo stanarlo.
E’ la dimensione in cui il male appare strettamente legato alla colpa.
Anzi, non appare se non come colpa.
Ossia come qualcosa di cui l’individuo deve rispondere.
Non importa a chi: se a Dio, alla propria coscienza, agli altri uomini.
Né importa se ciò di cui deve rispondere è un che di fatale, addirittura un destino.
C’è autentico male dove c’ è assunzione (o rifiuto) di responsabilità per una colpa.
Ma quale colpa?
A questo proposito i greci hanno parlato di amartia.
I cristiani invece di peccato.
Si coglie qui la differenza nel modo in cui gli antichi e i moderni hanno concepito il male.
Per gli antichi la colpa appartiene all’ordine delle cose.
E’ una specie di marchio, è il retaggio della nostra finitezza, come sostenne Anassimandro.
Siamo mortali; lo siamo poiché ci siamo separati dall’uno-tutto e siamo precipitati nel mondo della vita e del divenire.
Questa separazione è la nostra colpa.
Da espiare con la morte.
Come se ci dicessero: sei venuto al mondo, hai goduto della luce del sole, e allora paga.
Anche per il cristianesimo la colpa è tutt’uno con la nascita.
L’uomo nasce portatore di un peccato d’origine.
Però questo peccato non appartiene all’ ordine delle cose, come nel mondo classico, ma a quel principio spirituale che è l’anima.
Donde la questione come possa essere imputabile all’anima un peccato non commesso.
Il cristianesimo introduce allora l’idea della solidarietà nella colpa.
Ricevendo la vita, ciascuno è tenuto a farsi carico di tutto ciò che la vita comporta, non solo nel bene ma anche nel male.
Un pò come quando si riceve un’eredità.
Se la si accetta, i debiti connessi devono essere onorati.
C’ è dunque differenza, ma anche profonda affinità fra la nozione di colpa tragica e quella di peccato originale. (…)
Ma che cosa accade nel momento in cui, come oggi, la colpa perde credibilità filosofica?
Chiaro che se la colpa è sempre e soltanto della società, o non è che senso di colpa, di cui è bene disfarsi per igiene mentale, allora tanto vale rinunciare ad essa.
Salvo che, tolta la colpa, è tolto anche il male.
Non è certo un caso se la filosofia contemporanea, tranne pochissime eccezioni, sul male ha taciuto.
 
 

 SERGIO GIVONE

 

 

 

 

 
 
 
Repubblica-07 11 2008-sez. Cultura
Impaginaz. T.K
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Sorridiamo con… le differenze – Barzellettine e vignette   Leave a comment


 
 
 
 
 
 
 
VOGLIAMO PESCARE QUALCHE SORRISO
PER UN PO' DI RELAX?
 
 
 
 

 
 
 
 
LE DIFFERENZE  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il seno di una donna e un trenino elettrico?
Nessuna, sono fatti tutti e due per i bambini
ma ci giocano i… grandi!
 
 

Fra un cardinale che fa all’amore con Miss Italia
e tu che fai all’amore con Miss Italia?
 
Se lo fa il Cardinale è un peccato,
se lo fai tu è un…. miracolo!
 
 
 
 
 
 

Un messicano vestito e uno nudo?

 
Il messicano vestito dice: “Hasta la vista!”,

mentre quello nudo dice: “Ah Vista la hasta?”.

 

 

Una bionda ed una Ferrari?

La Ferrari non si presta agli amici.

 

 

 

 

 

 

Tra una fata e una strega?

Due anni di matrimonio.

 

 

Tra i pedoni e i capitali?

Nessuna, entrambi possono essere investiti!!!

 

 

 

 

Tra uno stupido e uno specchio?

Lo specchio riflette e lo stupido no!

 

 

Tra le ragazze buone e le cattive?

Le buone vanno in Paradiso e le cattive dappertutto.

 

 

 

 

 

 

Il calcio maschile e quello femminile?

In quello femminile non ci sono i falli!

 

 

Uno pneumatico e 365 profilattici?


Lo pneumatico è un Good Year,

365 profilattici sono un very very Good Year!

 

 

 

 

 

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Paolo e Francesca – Il mitico passo… la lettura di Benigni e… Il mistero dell’amore per Dante   Leave a comment

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 Qui leggeremo il passo più famoso della Divina Commedia
e comunque quello per me (ma non solo per me)
più bello ed emozionante…
con la sublime presentazione e la geniale e coinvolgente lettura
di Benigni anche in… video.

T.K.




Louis Rubio – Paolo e Francesca – 1833






Roberto Benigni recita e…
ci racconta Dante
 
 
In particolare qui ci parla
(tra l'altro) del…
 
mistero dell'amore
 
 
 
PAOLO E FRANCESCA
 
 
 
 
 
 
 
 
Benigni:
Omissis
“E’ un libro tutto al femminile la Divina Commedia, è un libro tutto sull’amore, basato tutto sull’amore.
Ora, quando parla di Paolo e Francesca, che sono i passi più famosi, sentiamo che è il primo dannato con il quale parla, Francesca.
E per la prima volta nella storia – un’invenzione di lui, uomo del Medio Evo – per descrivere tutto un personaggio, prende un momento della sua vita. Questa è un’idea che mi ha sempre affascinato.
Prende un solo momento della sua vita e quel personaggio è scolpito per l’eternità.
E’ un’invenzione di Dante Alighieri.
Per Paolo e Francesca prende il momento in cui loro due non sapevano di essere innamorati e vengono trafitti dall’amore
e quel momento rimarrà scolpito per sempre.
Lui sceglie quel momento e sarà il momento dell’eternità.
Mentre noi sentiamo Francesca che parla e piange e dice, soffriamo.
Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.
E caddi come corpo morto cade.
Ma quando si sente: l’altro piangea, il cuore sobbalza, e quel verso che dice quando hanno scoperto…
Dante vuol sapere come hanno fatto a capire che erano innamorati. Gli interessa a lui personalmente, è proprio la sua domanda: come accadde che voi vi scopriste innamorati?
E lei dice:
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Sono versi che lasciano…
(applauso)
Siamo nel primo girone dellInferno – il primo, vero – dove Dante ci ha messo (non a caso in quello dove si soffre meno, per modo di dire) quelli che sono morti per amore, i lussuriosi, ma anche quelli che sono morti per amore perché si amavano l’uno con l’altro. Proprio perché lui stesso c’aveva paura di andarci: “Meglio che faccio un posto un po’ meno sofferente!” Quindi in questo canto si parla di questa storia. Di questi due amanti che so’ stati presi mentre stavano leggendo una storia che li riguardava – erano quasi loro – un libro.
La storia di Paolo e Francesca la sapete tutti, insomma che… lei doveva sposare Gianciotto Malatesta e naturalmente era bruttissimo, era anche zoppo.
Gli è arrivato brutto e zoppo, ma brutto, una personaccia! Gli portò la cosa di matrimonio il su’ fratello che era bellissimo. Lei pensava fosse quello suo marito. Pensate quando è arrivato quell’altro, che era cattivo, brutto e zoppo, ma proprio ignorante come una capra e quindi… Non è che poi l’ha tradito, solamente che il primo afflato d’amore con il primo che vedi… magari se vedeva prima quell’altro si sarebbe innamorata. Ha visto prima quello, allora… Aspettava l’amore. Quando aspetti l’amore non si vede più niente, diventa tutto meraviglioso.
 
 
 
 

 
 
 
 
 
Questo afflato d’amore, Dante gli chiede, vuol sapere da loro come fecero a ‘nnamorarsi.
Perché a Dante gli interessa come si fa a ‘nnamorarsi:
“Voglio sapere come scatta questo mistero dell’universo dell’amore”,
che può scattare tra chiunque, con chiunque e in qualsiasi momento.
E quella è una cosa che dentro ci sono… c’è Semiramide, che era una talmente lussuriosa che aveva fatto un editto dove imponeva a tutti di fare all’amore per la strada dalla mattina alla sera, di modo che anche lei fosse normale.
Siccome questa Semiramide faceva all’amore dalla mattina alla sera con tutti, ha fatto un editto…
E’ come se anche qui in Italia si dovesse tutti…
Non facciamo riferimenti che è sempre brutto e terribile…
C’è Minosse in questo canto, con tutte le similitudini…
“Vabbè Benigni, abbiamo capito, facci ‘sto canto”.






Ary Scheffer






Qui possiamo ora leggere questo mitico passo dantesco,
e volendo, possiamo farlo mentre ascoltiamo
l'interpretazione di Benigni col video che segue…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
INFERNO – CANTO V
 
OMISSIS
 
 
così vid’io venir, traendo guai,
ombre portate da la detta briga;

per ch’i’ dissi: “Maestro, chi son quelle

51 genti che l’aura nera sì gastiga?”.
“La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper”, mi disse quelli allotta,

54 “fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,

57 per tòrre il biasmo in che era condotta.
Ell’è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:

60 tenne la terra che ’l Soldan corregge.
L’altra è colei che s’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;

63 poi è Cleopatràs lussurïosa.
Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi ’l grande Achille,

66 che con amore al fine combatteo.
Vedi Parìs, Tristano”; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,

69 ch’amor di nostra vita dipartille.
Poscia ch’io ebbi il mio dottore udito
nomar le donne antiche e ’ cavalieri,

72 pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.
I’ cominciai: “Poeta, volontieri
parlerei a quei due che ’nsieme vanno,

75 e paion sì al vento esser leggeri”.
Ed elli a me: “Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega

78 per quello amor che i mena, ed ei verranno”.
Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: “O anime affannate,

81 venite a noi parlar, s’altri nol niega!”.
Quali colombe dal disio chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido

84 vegnon per l’aere dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,

87 sì forte fu l’affettüoso grido.
“O animal grazioso e benigno
che visitando vai per l’aere perso

90 noi che tignemmo il mondo di sanguigno,
se fosse amico il re de l’universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,

93 poi c’hai pietà del nostro mal perverso.
Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,

96 mentre che ’l vento, come fa, ci tace.
Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ’l Po discende

99 per aver pace co’ seguaci sui.
Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona

102 che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

105 che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense”.

108 Queste parole da lor ci fuor porte.
Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso e tanto il tenni basso,

111 fin che ’l poeta mi disse: “Che pense?”.
Quando rispuosi, cominciai: “Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio

114 menù costoro al doloroso passo!”.
Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: “Francesca, i tuoi martiri

117 a lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette amore

120 che conosceste i dubbiosi disiri?”.
E quella a me: “Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice

123 ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.
Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,

126 dirò come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;

129 soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;

132 ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,

135 questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:

138 quel giorno più non vi leggemmo avante”.
Mentre che l’uno spirto questo disse,

l’altro piangëa; sì che di pietade

141 io venni men così com’io morisse.
E caddi come corpo morto cade.

 

 

 

INFINE IL VIDEO…

BENIGNI RECITA DANTE

 

 
 
 
 
CIAO DA TONY KOSPAN

 
 
 
 
 
TESTO LETTURA BENIGNI DAL WEB
 
 
 
 
 
IL GRUPPO DI CHI AMA LA POESIA

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Quando il paracadutismo è spettacolo. Immagini e musica emozionanti   Leave a comment

Pubblicato 22 Maggio 2014 da tonykospan21 in Senza categoria

Alba Radiosa e Lupo Solitario – Bella leggenda dei Nativi Americani   1 comment


 

 

 

 

Suggestiva leggenda degli Indiani d'America…
 
 
 
 

 
  
 
 

ALBA RADIOSA E LUPO SOLITARIO
 
 
 
 

 

 

 

 

 

Lune orsono nella tribù del popolo degli uomini, che voi bianchi battezzaste con il nome di Sioux, visse una principessa così bella e radiosa e che ogni mattina al suo risveglio ella trovava una rosa nel suo teepee proprio accanto al suo viso.

 

 

 
 
 
 
 

Ella era molto corteggiata ed i più giovani e forti guerrieri della tribù facevano a gara per portare a suo padre Orso Saggio i più bei cavalli e le armi più decorate come voleva l’uso per chiedere la mano della principessa.

E da tutte le tribù vicine ella era conosciuta ed amata e sarebbe stato fortunato colui che avesse avuto il suo cuore.

Alba Radiosa, questo era il nome che la tribù le aveva dato per la sua solarità, viveva gaia e felice quindi nell’attesa di scegliere il suo compagno come era in uso nella tribù.

 

 

 

 

Poco distante dall’accampamento, ai limiti della foresta, viveva in una modesta capanna un guerriero di nome Lupo Solitario, egli non era bello e nemmeno più giovane ma il suo cuore batteva per Alba Radiosa e batteva così forte che, quando vedeva la principessa, sembrava che i tamburi di guerra tuonassero all’unisono!Ed era lui che ogni notte sfidava le ire di Orso Saggio per posare la rosa accanto alla principessa.


Una notte però calda e afosa le principessa si svegliò proprio mentre lui poneva la rosa accanto a lei.

 

 

 

Lei gridò… Orso Saggio si destò all’improvvivo e colpì col suo coltello Lupo Solitario al cuore.

Ma la Madre Terra, dea dei Sioux, ebbe pietà di Lupo e lo tramutò in una costellazione, la Costellazione del Lupo.

Se guardi a destra dell’Orsa Minore la vedrai e se ascolterai bene udrai anche un ululato lontano nella foresta al limitare dell’accampamento della tribù degli uomini.

E’ il lamento di Lupo Solitario per il suo amore mai realizzato.

 

 

 

 

web

 

 

 

 

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Victor Hugo grande scrittore dell’800 – Un ricordo con breve biografia… un aforisma ed una sua sublime poesia   Leave a comment






Victor-Marie Hugo



E' stato poeta, scrittore, saggista, pittore,
ma anche politico riformista, difensore dei diritti civili
ed ancora tanto altro.

E' universalmente considerata
una delle più grandi e stimate figure
della cultura europea e mondiale dell'ottocento.
.
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Incredibile, e costante per tutta la vita,
fu il suo attivismo nei vari campi, soprattutto letterari,
nonostante diverse amare esperienze di vita.

E' anche considerato
il padre del romanticismo francese.



Victor-Marie Hugo
(Besançon 26.2.1802 – Parigi 22.5.1885)



Mi fa piacere rendergli omaggio con
un suo aforisma ed una grande poesia




Umanità significa identità:
tutti gli uomini sono fatti della stessa argilla;
nessuna differenza, almeno quaggiù, nella predestinazione;
la medesima ombra prima,
la medesima carne durante,
la medesima cenere dopo.



In questa sua grande poesia (un vero inno)
l’uomo e la donna appaiono
nella loro diversità
ed insieme però complementarità.






Cosa questa per nulla ovvia… in quell'epoca,
(ma anche oggi…. ahimè…).

A mio parere la poesia che leggeremo ci immerge
in un’atmosfera dolce, fantastica e sognante…
ancor di piu’, forse, se la leggiamo
ascoltando questa dolcissima musica…  



Josephine Wall 


L’UOMO E LA DONNA
Victor Hugo
 
L’uomo è la più elevata delle creature.
La donna è il più sublime degli ideali.
Dio fece per l’uomo un trono, per la donna un altare.
Il trono esalta, l’altare santifica.

L’uomo è il cervello. La donna il cuore.
Il cervello fabbrica luce, il cuore produce amore.
La luce feconda, l’amore resuscita.
L’uomo è forte per la ragione.
La donna è invincibile per le lacrime.
La ragione convince, le lacrime commuovono.
 
L’uomo è capace di tutti gli eroismi.
La donna di tutti i martìri.
L’eroismo nobilita, il martirio sublima.
L’uomo ha la supremazia.
La donna la preferenza.
La supremazia significa forza;
la preferenza rappresenta il diritto.

L’uomo è un genio. La donna un angelo.
Il genio è incommensurabile;
l’angelo indefinibile.
L’aspirazione dell’uomo è la gloria suprema.
L’aspirazione della donna è la virtù estrema.
La gloria rende tutto grande; la virtù rende tutto divino.

L’uomo è un codice. La donna un vangelo.
Il codice corregge, il vangelo perfeziona.
L’uomo pensa. La donna sogna.
Pensare è avere il cranio di una larva;
sognare è avere sulla fronte un’aureola.

L’uomo è un oceano. La donna un lago.
L’oceano ha la perla che adorna;
il lago la poesia che abbaglia.
L’uomo è l’aquila che vola.
La donna è l’usignolo che canta.
Volare è dominare lo spazio;
cantare è conquistare l’Anima.

L’uomo è un tempio. La donna il sacrario.
Dinanzi al tempio ci scopriamo;
davanti al sacrario ci inginocchiamo. Infine:
l’uomo si trova dove termina la terra,
la donna dove comincia il cielo.  



Renoir – Passeggiata



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Felice giovedì in poesia – Stella di R. Perin – arte.. J. Vettriano – canzone.. Parlami di te – e..   4 comments

 
 
 
 
Jack Vettriano
 
 
 
 
 
 
 
cuorecuorecuorecuorecuore

 

Tu sei una persona di quelle che si incontrano
quando la vita decide di farti un regalo.
Charles Dickens
 
cuorecuorecuorecuorecuore

 
 
 
 

Jack Vettriano
 
 
 
 
STELLA

Roberto Perin

 
Ho trovato
un mondo dove giocare.
Ho trovato
un mondo dove vivere.
Ho trovato
un mondo dove sognare,
con le bolle color grano,
saltare i riflessi
di cielo nelle acque vive.
Ho trovato dove correre
in sella alla libertà,
mentre cerco l’orizzonte.
Penso che questa
non può essere realtà.
Ho sciolto i nodi
dei miei pensieri,
ho liberato al vento i desideri
in questo mondo magico.
Una mano mi stringe,
mi prende, è la tua mano.
La mano di chi mi ha
fatto sognare con il suo amore.
 
 
 
 

Jack Vettriano

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
da Orsosognante
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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