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Benché coperta da un’ampia mole di simboli ed allegorie di tipo ermetico
tuttavia la mitica opera del ‘500 tedesco, che andremo ora ad esaminare,
non nasconde quello che è poi il suo vero significato.
E cioè descrivere quello stato d’animo leggermente triste,
ma anche meditativo… (se non troppo prolungato nel tempo)
che definiamo malinconia.
Albrecht Dürer
(Norimberga 21 maggio 1471 – Norimberga 6 aprile 1528)
è stato un pittore, incisore e matematico tedesco.
Dürer, di origine ungherese, è considerato
il massimo esponente del rinascimento… tedesco.
A seguito di contatti con ambienti neoplatonici veneziani
egli oltre a conoscere e studiare il rinascimento italiano
s’avvicinò alle conoscenze esoteriche ed ermetiche
di cui questa sua MELENCOLIA
è la massima espressione artistica.
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LA MELENCOLIA DI DURER
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Albrecht Dürer Melencolia I incisione a bulino, 1514
La materia al nero degli alchimisti è chiamata anche “primo segno” dell’opus poichè senza annerimento non ci sarà bianchezza. A.J.Pernety, Dictionnaire Mytho-Hermétique, 1758
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Melencolia I, detta anche Melancholia I (1514), è parte di un trittico di incisioni di Albrecht Dürer che comprende le allegorie di tre classi di virtù e tre sfere di attività secondo una classificazione ancora medioevale.
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Il Cavaliere (II)
La seconda opera del trittico, “Il Cavaliere, la morte e il diavolo” rappresenta la sfera morale e la terza “S. Girolamo nella cella” quella della teologia e della meditazione.
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San Girolamo nello studio (III)
ESAMINIAMO I SIMBOLI PRESENTI NELL’OPERA
Melencolia I simboleggiava invece la sfera intellettuale dominata dal pianeta Saturno, secondo la tradizione astrologica legato al sentimento della malinconia, ed intendeva istituire una connessione fra il mondo razionale e scientifico e quello immaginativo dell’arte.
Nello sfondo, incorniciata da un arcobaleno “lunare”, brilla una cometa, inquietante simbolo notturno capace di suscitare sentimenti melanconici.
Le chiavi rappresentano la conoscenza che sola può liberare l’uomo dallo stato melancolico della sua ricerca, e infatti in fondo portato da un pipistrello vi è una luce che rischiara le tenebre.
Tutta l’opera è disseminata dei simboli del “sapere” alchemico.
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Il personaggio principale della scena è la figura femminile dell’angelo che, seduta su un gradino, con la mano sinistra sorregge il capo mentre nella destra stringe un compasso, strumento indispensabile nella misurazione non solo delle cose e degli spazi terreni, ma anche della distanza tra finito e infinito.
Il volto è in ombra ed emerge, per contrasto, lo sguardo fisso in avanti e perso nel vuoto.
Il lungo abito non lascia intravedere alcuna forma anatomica ed è modellato con una serie di pieghe dal sapore baroccheggiante.
Dal fianco pende un mazzo di chiavi, mezzo e strumento per aprire le porte dell’ignoto ed avere accesso alla conoscenza.
La figura allegorica dell’angelo è simbolo dell’impotenza creativa del genio (quasi certamente lo stesso autore) dominato e, forse, momentaneamente domato dall’umore nero, dall’umore malinconico.
Il titolo dell’opera di Dürer è stampato su un cartello sorretto da un pipistrello da sempre simbolo della morte.
Malinconia, dunque, come morte della creatività, come momento di blocco creativo.
Arcobaleno.. cometa.. clessidra e bilancia
Un arcobaleno dai tratti netti e precisi incornicia un arco di cielo attraversato da una cometa dal nucleo brillante che si orienta da nord–ovest a sud–est e farebbe pensare alla cometa apparsa nei cieli dell’occidente negli anni 1513 – 1514.
Più che a un dato negativo e in correlazione con la bilancia (fine dei tempi), con la clessidra e con la meridiana quali simboli precipitosi degli avvenimenti di un ciclo che finisce, l’arcobaleno è un elemento positivo che, di contro alla negatività del pipistrello, rappresenta la speranza di superare l’attuale stato di abbattimento e dell’impossibilità creativa.
Arcobaleno e stella cometa illuminano un tratto di mare, forse l’Adriatico, e le terre in lontananza, quelle veneziane, da sempre più libere alle sperimentazioni scientifiche e alle meditazioni filosofiche in un rapporto più diretto con il mondo orientale.
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Sulla parete dell’edificio, in alto a destra e quasi sfiorato dall’ala sinistra dell’angelo, è scolpito il quadrato magico numerico di quarto ordine, ossia simmetrico, la cui somma dei numeri opposti all’angolo dà 17 (16 +1; 13 +4; 10 + 7; 11 + 6).
Nella credenza rinascimentale si riteneva che combattesse la malinconia di origine saturnina e fu collegato dagli astrologi a Giove.
L’ultima fila di numeri del quadrato può essere letta come la data di realizzazione dell’opera, 1514, ed i numeri 1 e 4 corrispondenti alle iniziali del nome e cognome dell’artista A(lbrecht) D(ürer) oppure sinonimi di A(nno) D(omini).
La sfera e il tetraedro troncato suggeriscono la base matematica dell’arte del costruire, mentre strumenti di carpenteria giacciono inutilizzati al suolo.
Secondo studi recenti il quadrato numerico è strettamente collegato al poliedro che in un disegno preparatorio poggiava su di una grande lastra quadrangolare la cui forma è interamente dedotta dal quadrato magico.

Alle pareti dell’edificio, quasi in posizione speculare, sono appesi una bilancia ed una clessidra
(vedi su immagine con arcobaleno);
la prima non solo simbolo di giustizia, ma anche strumento presente in tutte le botteghe degli alchimisti,
l’altra porta con sé varie simbologie:
dal lento ed inesorabile fluire del tempo fino alla vanità delle cose terrene.
Il tempo che passa e, quindi, la clessidra, può essere la metafora di una vita regolata che tende a Dio,
al mondo sovrannaturale ed è anche quanto viene suggerito dalla scala
che non è solo uno strumento che serve per innalzare edifici,
ma diventa simbolo dell’ascesa dal mondo delle apparenze al mondo della conoscenza
in perfetta simbiosi sia con il credo cristiano che con la filosofia neoplatonica.
Tutto è immobile, un momento di sospensione suprema e un’atmosfera di silenzio,
è sottolineato dal levriero accucciato ai piedi dell’angelo quale servitore fedele
e quasi sopraffatto dal masso alle sue spalle geometricamente modellato
che sembra delimitare uno spazio protetto in cui potersi accucciare
e non ribellarsi a niente e nessuno, neanche a quella fame che lo ha ormai ridotto
ad una forma scheletrica al limite di una naturale sopravvivenza.
Tutta l’opera, che è conservata al Metropolitan Museum di New York,
è composta con i soli colori bianchi e neri con diverse sfumature e tonalità.
“Io Albrecht Dürer di Norimberga, all’età di 28 anni,
con colori eterni ho creato me stesso a mia immagine”
Fonti : vari siti web
CIAO DA TONY KOSPAN
IL GRUPPO IN CUI POSSIAMO VIVER L’ARTE…
INSIEME
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Nell’anniversario della cessazione del corso legale della Lira,
il 28 febbraio 2002,
mi fa piacere ricordar la nostra vecchia moneta.
I ricordi addolciscono la realtà del suo percorso di vita,
che non fu affatto sempre cosparso di rose e fiori…, anzi,
ma in ogni caso le vogliamo bene,
perché è stata nostra compagna di vita*
fin dalla nostra nascita… per diversi decenni.
*Ovviamente vale solo per chi è nato nel secolo scorso
La lira è stata la nostra moneta ufficiale
dal conseguimento dell’unità nazionale nel 1862
fino all’introduzione dell’euro nel 1999.
Il suo simbolo era ₤ e le sigle erano L. o Lit
Aggiungo al brevissimo ricordo questo mio post dedicato
alla mitica canzone… Mille lire al mese.
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La lira è stata la nostra moneta ufficiale
dal conseguimento dell'unità nazionale nel 1862
fino all'introduzione dell'euro nel 1999.
Il suo simbolo era ₤ e le sigle erano L. o Lit
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Ma veniamo alla mitica canzone…
scritta da Carlo Innocenzi e Alessandro Sopranzi
di cui è lei… la Lira… la grande protagonista.
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“Se potessi avere mille lire al mese” cantava Umberto Melnati
nel film nato a seguito del successo della canzone
– Mille lire al mese – del 1939

Alida Valli nel film
MILLE LIRE AL MESE
ATMOSFERE E NOTE… D’UN TEMPO
a cura di Tony Kospan
La canzone ebbe gran successo…
Successo che è poi proseguito fino ai nostri giorni…

Oggi certo non ci bastano neanche lontanamente 1000 lire al mese
(poco di più di cinquanta centesimi attuali)
anzi non ci bastano per nulla nemmeno 1000 euro al mese…

Questa qui giù è l'ultima versione della banconota
di mille lire prima dell'avvento dell'euro..

Oggi questa simpatica canzone rimane
piacevole e storico simbolo dell’aspirazione dell’italiano medio
ad una vita di tranquillo… benessere.

Ascoltiamola… ora qui nella versione originale
cantata da Natalino Otto potendo nel contempo
leggere il testo…



Se si vuole… poi… possiamo ascoltarla anche qui…
in questo video… dove vi sono
anche diverse bellissime immagini sia di quel tempo…
e… della mitica… Mille Lire…



Ciao da Tony Kospan
LA PAGINA DELLA POESIA E DELLA CULTURA VARIA
CON LEGGEREZZA

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Una festa che ha superato i millenni
ma che, pur con tante modifiche,
ha mantenuto quasi intatto
il suo spirito sorridente e trasgressivo.
Nei secoli scorsi i festeggiamenti per il Carnevale
hanno avuto quale epicentro varie città italiane
ed in particolare Firenze e Venezia
mentre oggi il più noto è quello di Rio.
STORIA DEL CARNEVALE
Le prime notizie sul Carnevale, all’inizio un vero e proprio rito religioso in onore della Dea Iside, risalgono ai tempi degli Egizi.
Inoltre il popolo, mascherato, intonando inni e lodi, accompagnava una sfilata di buoi che venivano sacrificati in onore del dio Nilo.
I Greci poi, in attesa della fine dell’inverno, dedicavano riti festosi al dio del vino Dionisio.
Ma è soprattutto nel variegato mondo delle feste popolari dell’antica Roma, che possiamo ritrovare le origini del nostro carnevale.
I Romani infatti si lasciavano prendere da grandissima euforia durante i Baccanali, festeggiamenti in onore del dio Bacco, che si svolgevano lungo le strade della città e prevedevano l’uso di maschere tra fiumi di vino e danze.
Famosa era anche la festa di Cerere e Proserpina, che si svolgeva di notte, in cui giovani e vecchi, nobili e plebei si univano nell’entusiasmo dei festeggiamenti.
Festa in onore di Bacco
In marzo e dicembre era poi la volta dei Saturnali, le feste sacre a Saturno, padre degli dei, che si svolgevano nell’arco di circa sette giorni durante i quali gli schiavi diventavano padroni e viceversa, dove il “Re della Festa”, eletto dal popolo, organizzava i giochi nelle piazze, e dove negli spettacoli i gladiatori intrattenevano il pubblico.
E’ noto il detto romano “semel in anno licet insanire” che si riferiva al fatto che in queste feste erano consentite a tutti follie assolutamente inaccettabili negli altri periodi dell’anno dati i severi costumi dell’antica Roma.
Nel corso degli anni i Saturnali divennero sempre più importanti, all’origine infatti duravano solo tre giorni, poi sette finché, in epoca imperiale, furono portati a quindici.
Ai Saturnali si unirono le Opalia, in onore della dea Ope moglie di Saturno, e le Sigillaria, in onore di Giano e Strenia.
Con il cristianesimo questi riti persero il carattere magico e rituale e rimasero semplicemente come forme divertimento popolare.
Durante il Tardo Medioevo il travestimento si diffuse nei carnevali delle città.
In quelle sedi il mascherarsi permetteva lo scambio di ruoli, il burlarsi di figure gerarchiche, le caricature di vizi o malcostumi con quelle stesse maschere che sono poi diventate simbolo di città ed indicatrici di debolezze umane.
Nel Rinascimento i festeggiamenti in occasione del Carnevale presero piede anche nelle corti europee ed assunsero pian piano forme sempre più raffinate, legate anche al teatro, alla danza ed alla musica.
La festa di carnevale raggiungerà il massimo splendore nel XVI secolo nelle strade della Firenze di Lorenzo dei Medici ma è presente in tutte le città italiane ed europee.
La festa fiorentina si svolgeva con danze, lunghe sfilate di carri allegorici e costumi sfarzosi e ciò rivela una vera svolta di questa festa, amatissima nella cultura popolare rinascimentale.
Carnevale rinascimentale di Firenze
Con gli attori della Commedia dell’Arte, alla fine del ‘500, alcuni dei tipici personaggi carnevaleschi assumono precise forme e vengono caratterizzati nel linguaggio e nei gesti.
Nascono pertanto “le maschere” che penetrano nella tradizione collettiva e ci accompagnano ancora oggi.
La galleria delle maschere italiane è vasta.
Il Carnevale nel corso dei secoli ha assunto fisionomie e caratteristiche diverse in relazione alle località ed ai periodi storici in cui veniva festeggiato.
A partire dal 700 è certamente quello veneziano il più vivace, elegante ed affascinante.
IL CARNEVALE OGGI
Ancor oggi questa festa continua a rappresentare un importante momento di sospensione della routine e dei problemi quotidiani.
Infatti è una festività celebrata in quasi tutto il mondo con forme caratterizzate dalle culture dei vari popoli.
La sua grande diffusione è paragonabile ad un’altra ben nota festa profana, quella dell’ultimo giorno dell’anno.
Molto noti in particolare sono il Carnevale di Rio de Janeiro e quello di New Orleans mentre in Italia sono molto noti quello di Venezia con le sue mitiche maschere, quello di Viareggio con i suoi carri, quello di Ivrea con la battaglia delle arance e quello di Putignano con il funerale di Re Carnevale.
Carnevale di Putignano
In particolare quello di Venezia è uno dei più antichi dato che si hanno documenti del 1094 in cui si parla delle feste prima della quaresima anche se, come abbiamo detto su, raggiunge il massimo splendore nel ‘700.
I giorni di più intensa baldoria e licenziosità sono il Giovedì, il Sabato e in particolare il Martedì Grasso.
Storicamente infatti sono stati sempre i giorni precedenti alla quaresima ad esser vissuti con consapevole massima trasgressione e con eccessi di ogni genere… in attesa della “liberazione” della Pasqua.
Carnevale di Venezia
Infine un’immagine dell’originale Carnevale di Ivrea
caratterizzato dalla “Battaglia delle arance”.
Carnevale di Ivrea
In conclusione, anche se ai giorni nostri la Quaresima è molto meno dura, il Carnevale mantiene intatto il suo fascino per grandi e (soprattutto) piccoli benché ormai appaia sempre più intriso di consumismo (tra l’altro opportuno vista la crisi).
FONTI: VARI SITI WEB – COORDINAM. ED IMPAGINAZIONE T.K.
a tutti da Orso Tony
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