Questo bellissimo e dolcissimo raccontino giapponese
è, a mio parere ma non solo,
un un vero e proprio sublime brano di prosa poetica,
che ci parla d’un cacciatore di scimmie e
del suo incontro con una scimmia ed il suo piccolo.
Merita proprio d’esser letto…
e penso anche che ci faccia anche
davvero bene al cuore.
LE MANI GIUNTE
Kikuo Takano
Quando la scimmia col suo piccolo in braccio
corre sconvolta ma non fa in tempo
a fuggire, né trova il suo rifugio,
verso chi le punta il fucile
giunge le mani e implora
di lasciarla andare, di salvarla,
piangendo disperata, strofinandosi
le mani con tutte le forze:
Il suo gesto nel chiedere pietà al cacciatore,
è come quello dell’uomo.
Per quanto esperto, il cacciatore di scimmie
non se la sente allora di sparare.
“Su, fuggi, fa presto!” Chiusi gli occhi
scoppia a piangere – così ci racconta.
Sebbene non ricordi più il nome
del vecchio che mi ha raccontato
con amarezza quel suo lugubre lavoro
dicendomi di non volere mai più affrontare,
né in campagna né sui monti,
la tragedia del cacciatore di scimmie,
non posso scordare le mani giunte
della scimmia, quel tremolio di mani
che ad altre somigliano.
(KIKUO TAKANO, da Nel cielo alto, Oscar Mondadori, 2003)
.
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CIAO DA TONY KOSPAN
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Dopo “L’allodola”, di cui abbiamo parlato tempo fa
ecco un’altra poesia sublime di Antonia Pozzi.
CONFIDARE
ANTONIA POZZI

BREVE ANALISI
Questa lirica possiamo facilmente dividerla in 3 parti.
I primi versi ci portano ad una visione dell’amore quasi come divinizzazione dell’amata/o.
Questo è certo un aspetto non nuovo se pensiamo alla donna angelicata cantata da Dante
nei versi dedicati a Beatrice ed al “dolce stil novo“

Nella seconda strofa Antonia esalta poi della persona amata tutte quelle doti
capaci di far nascere e vivere ovunque… fiori di luce.

La terza infine, attraverso la figura dell’arabo avvolto nel suo barracano
(all’epoca… siamo nel 1934… per la cultura occidentale era l’emblema della tranquillità)
esalta il suo assoluto sentir se stessa commossamente serena e protetta.

Tuttavia… nonostante quest’esaltazione dell’amore sublime e quasi a negar la lettera dei versi
traspare in modo invisibile ma evidente un urlo silenzioso sottile disperato ed esasperato
per il suo difficile amore tanto contrastato dalla sua famiglia
e dalla società “bene” di Milano (ma vale per ogni luogo della Terra).
Antonia Pozzi
Come sappiamo l’impossibilità a vivere il suo amore la portò ad abbreviar la sua vita…
recidendola ancora in fiore…
Ma leggiamo la poesia

CONFIDARE
Antonia Pozzi
Ho tanta fede in te. Mi sembra
che saprei aspettare la tua voce
in silenzio, per secoli
di oscurità.
Tu sai tutti i segreti,
come il sole:
potresti far fiorire
i gerani e la zàgara selvaggia
sul fondo delle cave
di pietra, delle prigioni
leggendarie.
Ho tanta fede in te. Son quieta
come l’arabo avvolto
nel barracano bianco,
che ascolta Dio maturargli
l’orzo intorno alla casa.
(8 dicembre 1934)
Mi farebbe piacere, come sempre, conoscere anche il vostro parere…
Tony Kospan
Chi volesse legger la biografia di Antonia
e altre sue bellissime poesie può cliccar qui giù…
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E’ considerato
uno dei padri della fotografia italiana
GIANNI BERENGO GARDIN
fotografia & arte
L’EMOZIONE DELLA QUOTIDIANITA’
Santa Margherita Ligure – 10 ottobre 1930
Negli anni cinquanta la ricostruzione culturale e morale portò l’estetica verso il realismo, un’evoluzione voluta da molti artisti e stimolata dai bisogni materiali di una generazione frustrata da vent’anni di teorie moderniste e chiusure di regime.
Le prime influenze internazionali brandirono così la spada del risveglio e grazie ai rappresentanti d’oltreoceano (e non solo) i fotografi italiani edificarono il Neorealismo.


Scrisse efficacemente Cesare Pavese ne L’influsso degli eventi, in La letteratura americana, 1946:
“Noi scoprimmo l’Italia […] cercando gli uomini e le parole in America, in Russia, in Francia e nella Spagna”.



E’ bene quindi ripensare a quel periodo della cultura fotografica italiana cercando all’interno delle sue principali caratteristiche le evoluzioni della poetica dello stesso Gardin e di tutti coloro che direttamente o indirettamente entrarono i contatto con il Neorealismo.
(Questa di Migliori e le successive testimonianze sono riprese dalle interviste presenti in: AA.VV., Gli anni del Neorealismo. Tendenze della fotografia italiana, Prato, Fiaf, 1998, n.d.r.).
Nel 1963 il grande maestro della fotografia italiana impresse uno scatto – non lontano da Siena – che racchiude l’essenza del mutamento. Una strada bianca s’inerpica nella campagna toscana. Pochi alberi ne seguono il tracciato. Un uomo e una donna camminano verso l’orizzonte.
A riguardarla dopo trentacinque anni, Berengo Gardin riesce ancora a emozionarsi. “E’ come rivedere un figlio”, ammette e racconta di come questo scatto “racchiuda in sé il valore del documento”.
Poi, spiega: “Sono ripassato per questa stessa strada dieci anni dopo e non esisteva praticamente più: per prima cosa è stata asfalta correggendo una delle curve, poi è stato costruito il guard rail.
Infine gli alberi sono morti con la gelata del 1985″.

Intorno proprio alla questione del Neorealismo è interessante leggere proprio la posizione in merito dello stesso Berengo Gardin, sempre ricordando che capire l’opera di un autore richiede un approfondimento, seppur minimo, sul periodo nel quale è vissuto e sulle influenze culturali che quel periodo è stato in grado di imprimere nella poetica e nell’estetica:
“Forse non avevamo la consapevolezza di aderire al Neorealismo fotografico, etichetta che, beninteso, non ci dispiace affatto, si trattava di un esperienza irrinunciabile, di una risposta espressiva ad uno stato d’animo comune a tutti.”
Ritiene poi che le influenze di – Life – e dei fotografi della Farm Security Administration, alla fine degli anni trenta, abbiano cambiato molte cose e impressionato molti animi.
Il manifesto pubblicato proprio su Life nel ’36 esprimeva quei concetti che furono propri del successivo realismo italiano: “Vedere la vita, vedere il mondo, essere testimoni oculari di grandi eventi, osservare i volti dei poveri e i gesti dei superbi. Vedere e gioire nel vedere, vedere ed essere sorpresi, vedere e apprendere”.
Una lezione ancora valida che crea nei discorsi di Berengo Gardin, tuttora, grande suggestione e gli permette di affermare: “Fotografia di reportage – o, se preferite, Neorealismo fotografico – come possibilità di fotografare e interpretare le cose che accadono in modo che esse assumano e poi riescano a comunicare ulteriori significati.”
La fotografia di questo autore è in definitiva una storia di luoghi e di volti, un lavoro costante che ripropone oggi, nella sua varia complessità, avvenimenti e situazioni di un’Italia povera, di un’Italia in continuo movimento ed evoluzione.
Nei volti e nelle situazioni si riscoprono atmosfere lontane, luoghi fermi nel tempo, volti di statuaria memoria.

Le sue fotografie sono state insignite del prestigioso Lucie Awards, la massima onoreficenza per la fotografia che, in precedenza, era stata data a grandi maestri come Henri Cartier-Bresson, Gordon Parks, William Klein e Wily Ronis.
Testo estratto da un articolo di Andrea L. Casiraghi su New Cult Frame
– impaginazione Tony Kospan
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LA TUA NUDITA’
– Juan Ramon Jimenez –
La rosa: la tua nudità fatta grazia.
La fonte: la tua nudità fatta acqua.
La stella: la tua nudità fatta anima.
Ti riconobbi.
Velasquez – Venere allo specchio
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*Lorenzo Lotto – Venere e Cupido
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