Archivio per 11 agosto 2013

Esiste davvero l’isola che non c’è! E’ l’isola Ferdinandea! Ecco tutta la storia   2 comments

 


Se ne sono occupati gli storici, i geologi,
i politici, i diplomatici, i vulcanologi,
ma l'isola Ferdinandea ha tutti gli elementi
del mito e della leggenda.




 



C'E' DAVVERO…
L'ISOLA CHE… NON C'E!
ECCOLA… E'…

L'ISOLA FERDINANDEA

 
 
 



 
  

 
 
 
Nel web sono molti i siti di varie nazioni che ne parlano, alcuni in termini robustamente rivendicativi, essenzialmente sulla scorta – anacronistica – del fatto che, all'epoca della sua comparsa, l'Italia non era un'entità politica.
 
L'Isola Ferdinandea è conosciuta oggi come “Banco Graham”, ovvero una vasta piattaforma rocciosa a circa 6 metri dalla superfice marina tra Sciacca e l'isola di Pantelleria.
 
Costituisce la bocca di un vulcano sommerso che, eruttando, nel 1831, vide l'isola crescere fino ad una superficie di circa 4 km2 e 65 m di altezza.
 
Tuttavia essa era composta da materiale eruttivo chiamato tefra o tefrite, materiale facilmente erodibile dall'azione delle onde.
 
Alla conclusione dell'episodio eruttivo si verificò una rapida erosione e l'isola scomparve definitivamente sotto le onde nel gennaio del 1832, prima di ogni soluzione del problema sorto intorno alla sua sovranità .

 
 
 
 LA STORIA

 


Il 10 dicembre 1831 Benedetto Marzolla, dipendente dell'Officio Topografico del Regno delle Due Sicilie, pubblicò una Descrizione dell'Isola Ferdinandea nel mezzo-giorno della Sicilia, comunicando che il precedente 12 luglio un vulcano era emerso dal mare e, dopo numerose eruzioni, aveva lasciato un'isoletta.
 
Era un piccolo pianoro di sabbia nera e pesante, tanto friabile da non sostenere il peso di una persona; nel centro vi sorgeva un colle e poco discosto c'era un laghetto di acqua fumante, dall'acre odore di zolfo.

 
Si trovava sul banco detto dai Siciliani Secca di Mare o Secca del Corallo e dagli inglesi di Malta Banco di Graham, circa 30 miglia a sud di Sciacca.






 

 

Il canonico Arena scriveva che queste eruzioni “sono state sempre precedute da brevi scosse di terremoto che si sono susseguite con fortissimo fragore di boati”. Secondo l'Arena “testimoni dell'evento furono i capitani Trafiletti e Corrao, naviganti in quel mare (latitudine 37,11 nord e longitudine 12,44 est) che osservarono un getto d'acqua a cui tennero dietro colonne di fiamme e di fumo che si elevavano ad un'altezza di 550 metri circa. Il 16 luglio si vide emergere la testa di un vulcano in piena eruzione e il 18 lo stesso capitano Corrao, di ritorno, osservò il cono del vulcano che sporgeva dal mare. Presto si vide emergere un'isoletta che crebbe sempre in eruzione e raggiunse, il 4 agosto, una base di tre miglia di circonferenza ed un'altezza di sessanta metri, con due preminenze, una da levante ed una da tramontana, a guisa di due montagne legate insieme; con due laghetti bollenti”.
 
Non appena si diffuse la notizia dell'apparizione del piccolo lembo di terra, accorsero, ad osservare l'evento, navi e scienziati di vari Paesi, dal Regno delle Due Sicilie, alla Svizzera, alla Germania, alla Gran Bretagna.
 
Si susseguirono visite da parte di vari studiosi, tra cui il prof. Karl Hoffman, geologo dell'Università di Berlino, il fisico Domenico Scinò , il prof. Carlo Gemellaro, docente di Storia Naturale presso l'Università di Catania per osservare l'evento.
Poiché Re Ferdinando aveva da poco visitato Palermo, il prof. Carlo Gemellaro suggerì che l'isola gli fosse intitolata.
Per effetto di un regio decreto del 17 agosto, l'isola Ferdinandea fu annessa al Regno delle Due Sicilie.

 
 
 



 
 
 
 

L'isoletta suscitò anche l'interesse di alcune potenze straniere alla ricerca di avamposti strategici per gli approdi delle loro flotte mercantili e militari.
 
Così il 2 agosto l'Inghilterra prese possesso dell'isola chiamandola “Graham”, suscitando le proteste dei siciliani e dello scopritore capitano Corrao.
 
Il 26 settembre anche la Francia inviò un brigantino con a bordo il geologo Constant Prévost e il pittore Edmond Joinville, che realizzò i disegni dell’isola, per compiere rilievi e ricognizioni che evidenziarono frane sul terreno e pronosticarono il prossimo inabissamento dell’isola.
 
Come gli inglesi, anche i francesi non avevano chiesto alcun permesso al re Ferdinando II di Borbone, quale legittimo proprietario dell'isola, essendo questa sorta nella acque siciliane. Anzi i francesi la ribattezzarono “Iulia” in riferimento alla sua comparsa avvenuta nel mese di luglio, poi posero una targa a futura memoria e innalzarono sul punto più alto la bandiera francese.








 
Allora Ferdinando II inviò sul posto il capitano Corrao il quale, sceso sull'isola, piantò la bandiera borbonica battezzando l'isola “Ferdinandea” in onore del sovrano. Sembrava che l'evento non suscitasse altro clamore, invece giunse sul posto la marina britannica e fu deciso di rimettere la questione ai rispettivi governi.
 
A fine ottobre del 1831 il governo borbonico prendeva posizione ufficiale ricordando ai governi di Gran Bretagna e Francia che a norma del diritto internazionale la nuova terra apparteneva alla Sicilia. A quanto sembra però i due governi non risposero, e iniziarono le rivalità fra le due nazioni, entrambe interessate a favorire le loro posizioni strategiche nel Mediterraneo. Il 7 novembre un capitano inglese misurò di nuovo l'isola, che risultò ridotta ad un quarto di miglio con un'altezza di venti metri.
 
Il 16 novembre si scorgevano soltanto piccole porzioni e l'8 dicembre un capitano siciliano ne costatò la scomparsa, mentre alcune colonne d'acqua si alzavano e si abbassavano.
 
 
 
 
 


 

 

 

A scanso di equivoci i siciliani posero sulla superfice del banco Graham una targa in pietra tra le cui righe si legge che “[…] l'Isola Ferdinandea era e resta dei Siciliani”.

Rotta qualche anno fa (probabilmente per colpa di un'ancora) è stata prontamente sostituita.

Successivamente il vulcano è rimasto dormiente per decenni con la cima circa 8 mt. sotto il pelo dell'acqua (il cosiddetto Banco di Graham nella cartografia ufficiale).

 

 

 




 

Nel 1986 fu erroneamente scambiato per un sottomarino libico e colpito da un missile della U.S. Air Force nella sua rotta verso Tripoli.

Nel 2002 una rinnovata attività sismica nella zona di Ferdinandea ha indotto i vulcanologi a speculare sopra un imminente nuovo episodio eruttivo con conseguente nuova emersione dell'isola.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Per evitare in anticipo una nuova disputa di sovranità, dei sommozzatori italiani hanno piantato un tricolore sulla cima del vulcano di cui si aspettava la riemersione. 

Però le eruzioni non si sono verificate e la cima di Ferdinandea rimane ancora circa 6 metri sotto il livello del mare.



F I N E



Testo dal web con qualche modifica o integraz. – Impaginazione T.K.
 
 
 
 

CIAO DA TONY KOSPAN



IL GRUPPO DI FB

D'ARTE POESIA MUSICA ETC.
COLLEGATO ALLA PAGINA





 


 

Et maintenant – Storia… significato e 2 versioni della mitica canzone poesia   Leave a comment

 

 

 

Una canzone… una poesia… un mito…

 

 

 


 

 

 

ET MAINTENANT
Gilbert Bécaud
 
 
 
 
 

 

 

 

Sublime poetica e musicale descrizione

del perdimento di sé per la fine di un grande amore. 

 

 

 

 

 

 

STORIA DELLA CANZONE

 

La canzone è del 1961… autori Pierre Delanoë e Gilbert Bécaud.

E' stato (ed è ancora) uno dei più grandi successi della storia della musica leggera francese ed è stato interpretato tra gli altri, da Frank Sinatra e Judy Garland nella versione tradotta in inglese di What now my love… ed in italiano soprattutto da Battiato con il testo tradotto da lui.

La passionalità e la durezza quasi drammatica di Becaud nell'interprepazione di Battiato è sostituita da quella malinconica dolcezza che caratterizza il pensiero direi anche filosofico… del nostro grande cantautore… a cui mi sento vicino…

 

 

 

 

IL SIGNIFICATO

 

Sono magiche le parole disperate di quest'uomo, ormai solo in una Parigi che gli appare estranea.

Parole magiche che insieme alle note parlano ai nostri cuori…

Sente d'aver perso tutto perdendo il suo amore…e si chiede:

E adesso cosa farò?

Notti e giorni si susseguono ormai senza senso…

Gli è rimasto il mondo… tutto il mondo…

Ma tutto il mondo… è nulla senza di lei…

 

 

 

 

IL TESTO

ET MAINTENANT

Traduz. di… Franco Battiato…

 

 

 

 

E ADESSO

E adesso cosa farò
di tutto questo tempo cosa sarà la mia vita
e tutte queste persone che mi sono indifferenti
ora che sei partita.
Tutte queste notti, perchè per chi
e questo mattino che viene per niente
questo cuore che batte, per chi, perchè
e ora cosa farò
verso quale niente scivolerà la mia vita
e tutte queste persone che mi sono indifferenti
ora che sei partita.
Tutte queste notti, perchè per chi
e questo mattino che viene per niente
questo cuore che batte, per chi, perchè
che batte troppo forte, troppo forte.
e ora cosa farò
verso quale nulla scivolerà la mia vita
tu mi hai lasciato tutta la terra
ma la terra senza te è piccola.
Voi, amici miei, siate gentili
sapete bene che non si ci si può far nulla
anche Parigi muore di noia
tutte le strade mi uccidono
e ora cosa farò
riderò per non piangere
brucerò notti intere
al mattino ti odierò
e una sera nel mio specchio
vedrò la fine del mio cammino
non un fiore e non una lacrima
al momento dell’addio
non ho veramente più niente da fare
Non ho veramente più niente…

 

 

 

 

Ma ora ascoltiamola….

prima nella versione originale di Becaud…

 

 
 

 

 

e poi in quella di Battiato…

 

 

 

 

 

CIAO DA TONY KOSPAN…

 

 

 

       
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Il gioiello nascosto… saggio raccontino della cultura Vedica   2 comments

 

 

 

 

 

Saggio raccontino tratto dal libro Surangama-sutra

che contiene l'essenza degli insegnamenti del Budda


e rappresenta una delle massime espressioni


della cultura vedica indiana.

 

 

 

 

 

 

IL GIOIELLO NASCOSTO

BEL RACCONTINO BUDDISTA

 

 

 

 

 
 
«Un giorno un uomo, dopo essersi abbuffato in un abbondante banchetto, cadde in un sonno profondo.
Passò un caro amico, restò un po’ di tempo presso di lui e, quando dovette andarsene – temendo che l’amico potesse trovarsi nel bisogno – gli mise un gioiello nel bavero dell’abito.
Quando l’uomo si risvegliò, ignaro del gesto dell’amico, condusse la sua solita vita errabonda, vivendo nella fame e nella miseria.
Passarono gli anni e i due amici si incontrarono di nuovo.
L’amico gli disse del gioiello e l’uomo, rovistando nel suo abito, subito lo trovò.
Incredulo, si rattristò amaramente riflettendo sul fatto che per tutti quegli anni avesse condotto una vita miserabile avendo con sé un gioiello di tale valore.
Allo stesso modo, gli uomini vagano tra le sofferenze di questo mondo, ignari che tra le pieghe più profonde del proprio essere è nascosto il gioiello del pieno risveglio.»
 
 
 

 

 

 

CIAO DA TONY KOSPAN

 

 

 

 

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La spada nella roccia… mito o realtà… esiste davvero! Ed è in Italia! Conosciamola…   1 comment




Molti pensano che si tratti solo di una leggenda medievale
ma la spada nella roccia la possiamo ammirare davvero
ed è in Italia nell’Abbazia di San Galgano.








“Un Cavaliere è devoto al valore,
il suo cuore conosce solo la virtù,
la sua spada difende i bisognosi,
la sua forza sostiene i deboli,
le sue parole dicono solo verità,
la sua ira si abbatte sui malvagi.”








LA SPADA NELLA ROCCIA
– LA LEGGENDA E’… REALTA’ –




Ma andiamo con ordine.
Tra le tante leggende quella di Re Artù è sicuramente una delle più affascinanti.
Tanti sono i personaggi e le storie che ruotano intorno al Re, nato, secondo la leggenda, grazie ad un incantesimo di Merlino.
Il mago permise infatti a Uther Pendragon, re di Britannia, di giacere con la bella Igerna, trasformando i suoi lineamenti in quelli del marito di lei.






La spada nella roccia di San Galgano



Merlino pretese che, in cambio dell’incantesimo, Re Uther gli consegnasse il bambino non appena fosse nato. 
Al momento della nascita, Merlino reclamò il neonato e lo affidò ad una famiglia per allevarlo. 
Ma il mago aveva grandi progetti per il piccolo, che infatti, apparentemente per caso divenne Re di Britannia, dopo essere riuscito a estrarre la Spada nella Roccia. 
Fin qui la leggenda arturiana, ma la leggenda della spada nella roccia si intreccia in maniera decisamente affascinante con la realtà, e per l’esattezza con una realtà tutta italiana.
Siamo nella Toscana del XII secolo, poco lontani da Siena, in un paesino chiamato Chiusdino. 
Qui, nel 1148, nasce Galgano Guidotti. 
La cavalleria lo affascina al punto che, dopo una prima visione di San Michele, decide di diventare egli stesso un cavaliere, e la sua vita viene segnata da un comportamento libertino e dissoluto. 
I suoi genitori avevano per lungo tempo atteso l’arrivo di un figlio, tanto da recarsi in pellegrinaggio verso la Basilica di San Michele sul Monte Gargano in Puglia, (da qui forse il nome del santo).
Ma si abbandonano allo sconforto per i suoi comportamenti. 
Il destino ha, però, riservato loro una sorpresa.





Un’antica immagine raffigurante Galgano e la sua spada nella roccia




Galgano, dopo una seconda visione di San Michele, si interroga sulla sua vita e decide di dedicare i suoi anni a venire a Dio e di vivere come un eremita.
Impugnata la sua spada, la conficca in una roccia, e davanti all’elsa, che si erge come una croce, egli pregherà (una variante della storia narra che fu lo stesso San Michele a conficcare la spada).
Era il 1180 e l’intero anno successivo viene segnato dai miracoli di Galgano, che muore di stenti nel 1181. 
La sua beatificazione avviene in soli 3 giorni e nel 1185 papa Urbano III lo proclama Santo.
Di lui rimane solo il teschio, conservato nella chiesa di Chiusdino, da cui si racconta crescessero capelli biondi, tanto da nominare San Galgano protettore dei calvi.
Il resto del corpo non è mai stato trovato, sebbene alcuni testi indichino come luogo di sepoltura l’area intorno alla spada.
Sul luogo è stata poi costruita una chiesetta, con una particolare volta dipinta con cerchi concentrici bianchi e neri.






Si potrebbe pensare ad una variazione della leggenda Arturiana, ma c’è una testimonianza incontestabile: la spada è ancora oggi conficcata nella roccia.
E su questo mistero sono iniziate le indagini di alcuni ricercatori delle Università di Pavia, Milano, Padova e Siena.
I risultati hanno confermato che l’elsa che emerge dalla roccia appartiene a una intera spada realmente conficcata nella roccia. 
Le ricerche hanno anche permesso di datare con precisione la chiesa e alcuni resti ossei trovati in una piccola scatola, anche se purtroppo i risultati non sono stati resi pubblici.
La cronologia degli eventi, e delle diverse opere che hanno reso celebre Re Artù, testimoniano come in realtà si potrebbe vedere in Galgano un vero e proprio ispiratore del famoso ciclo Arturiano.
Lo stesso nome Galgano pare sia stato mutato in Galvano, uno dei cavalieri della tavola rotonda. 
Il ciclo Arturiano inoltre risale alla fine del XII secolo, esattamente dopo la morte del santo senese.





I resti dell’Abbazia di San Galgano 




Se ci si fa trasportare dalla leggenda non si può ignorare uno dei sogni fatti da Galgano, in cui egli incontrò Gesù e i dodici Apostoli seduti intorno ad una tavola rotonda e vide il Santo Graal.
Coincidenze si potrebbe dire, ma è facile cedere al fascino dei miti celtici e ambientazioni medievali che fanno da sfondo alla storia e di Galgano. 
A poca distanza dalla collinetta su cui sorge la chiesetta, infatti, si trovano i resti di un’antica abbazia cistercense, ormai senza tetto, a causa del crollo del campanile, e con un prato al posto del pavimento.
Un paesaggio che sembra essere tratto dalle più antiche e famose leggende dei cavalieri medievali, un luogo quasi magico in cui circa 750 anni fa si svolsero eventi straordinari.
TESTO DI GIANLUCA MARRAS 






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STORIA.. RICORDI E ATMOSFERE DI UN TEMPO
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Vamos alla playa… dei Righeira… canzone dell’estate 1983. Nasce il termine… tormentone   1 comment




Questa nostra piccola antologia stavolta
ci ricorderà e ci farà ascoltare
una canzone che più estiva non si può
anche se ormai l’estate è finita.






Quando il caldo esplode,
l’unico desiderio di tutti noi qual’è
se non quello di correre al mare
 – in spagnolo “Vamos alla playa” –
e lì starsene a mollo?




VAMOS ALLA PLAYA
LE CANZONI DELL’ESTATE
by Tony Kospan



VIII



La canzone che con allegria
ci invita a far ciò è la notissima e mitica
VAMOS ALLA PLAYA
di cui ora parleremo.






Siamo nel 1983 e l’allegra canzone,
a dispetto del titolo spagnolo è invece dei Righeira
gruppo musicale torinese formato da Michael,
(Stefano Rota) e Johnson (Stefano Righi).






Certo il suo successo non fu dovuto
alla bellezza del testo
ma alla semplicità ed al ritmo allegro
direi ehm ehm… ondeggiante
e però anche quasi… fresco… marino
ma soprattutto grazie al ripetitivo, 
ma piacevole, ritornello.






Proprio per questa sua ripetitività
la canzone ha il merito (o demerito)
d’aver fatto nascere il termine “tormentone“.

Prima di passare a riascoltarla
ecco qualche immagine del 1983.



L’attentato al Papa




Carrie Fisher






Ora ascoltiamola o riascoltiamola.

Ci sentiremo meglio… anche solo nel ricordo
dovunque siamo… anche lontani dal mare.



ombrelloneombrelloneombrelloneombrellone



Il video ci consente anche di ricordare
che questa canzone fu davvero
cantata e ballata in tutto il mondo.



fre bia pouce     musicAnimata



Ciaooooooooooo  a  tutti

da Tony Kospan



Ti amo di 2 amori… Antica sorprendente poesia Sufi d’amore   2 comments

 
 
 
Torniamo alla poesia Sufi con questa gemma
 
che ci parla in modo davvero sublme
 
della grandezza del sentimento d'amore…
 
e di una “moderna” poetessa di 1400 anni fa…
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
TI AMO DI 2 AMORI
–  DELIZIOSA POESIA SUFI D'AMORE –
 
 
 
 
 
Rabi'a al-Adawiyya – (Bassora 713/717 – 801)
 
 
 
 
 Rabi'a al-Adawiyya è una grande poetessa
e mistica medievale irachena,
nonché grande esponente del sufismo
inteso sia come pensiero che come poesia
ed addirittura ne viene considerata
la madre“.
 
 
 
 
 
 
 
 
Questo dimostra anche come nel sufismo
non c'era differenza tra i sessi
in quanto la spiritualità non è maschile nè femminile…
e ciò ci porta ad una incredibile considerazione
e cioè che le donne dell'epoca,
pur nell'ambito islamico,
godevano di grande considerazione e libertà.
 
 
 
Attar fu un suo grande ammiratore
e su di lei scrisse
Storie e detti di Rabi‘a.
 
 
 
 
 
 
 
 
Per comprender la forza
e l'indipendenza del suo pensiero
ecco un significativo botta e risposta
così come ci è stato tramandato:
 
 
“Donde sei venuta?”
“Dall’altro mondo”.
“E dove sei diretta?”
“All’altro mondo”.
“E cosa fai in questo mondo?”
“Me ne prendo gioco.
Mangio del suo pane
e compio l’opera dell’altro mondo”.
 
 
 
 
 
Duncan – Tristano ed Isotta
 
 
 
 
Ma veniamo alla poesia
i cui simboli stavolta appaiono
(a mio parere)
 di non difficile interpretazione:
 
 
 
Il primo amore
appartiene alla sfera umana
ed il secondo
supera i confini del tempo e dello spazio.
 
 
 
 
 
 
L'amore profondamente vissuto
in queste 2 modalità
ci conduce verso l'Assoluto
 
 
 
Leggiamola…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
TI AMO DI 2 AMORI
Rabi'a al-Adawiyya
 
 
Ti amo di due amori,
uno di passione, uno a Te dovuto.
Nell’amore di passione
chiamo costantemente il Tuo nome e nessun altro.
Nell’amore a Te dovuto
ti togli il velo e lasci ch’io Ti veda.
Non merito lode per nessuno di questi amori.
Tu solo meriti lode per entrambi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Penso però che possano esserci interpretazioni diverse
come ad esempio sul tipo di amore di cui parla la poetessa.
 
 
Voi cosa ne pensate?
 
 
 
Ciao da Tony Kospan
 
 
 
 
 

LA PAGINA CULTURALE DI FB
 
 

 
 
 

Felice domenica d’agosto con la poesia – In fondo al mare di A. Storni – arte… S. Hanks – canzone… Mediterraneo di Mango… e   1 comment

 



 
 
 Steve Hanks



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
.
.
 
 
 
 
 
Il mare spesso parla con parole lontane,
dice cose che nessuno sa.
Soltanto quelli che conoscono l’amore
possono apprendere la lezione dalle onde,
che hanno il movimento del cuore.

– Romano Battaglia –
 
 
 

.
 
Cari amici buona anche se siamo rimasti a casa, 
possiamo trascorrere insieme una bella serata
anche se solo in modo… virtuale.
 
 
 
 
 
 

Steve Hanks – Emozioni marine

 
 
 

IN FONDO AL MARE
Alfonsina Storni 1934
 

In fondo al mare
c’è una casa
di cristallo.
A un viale
di madrepore
guarda.
Un grande pesce d’oro
alle cinque
viene a salutarmi.
Porta per me
un rosso mazzo
di fiori di corallo.
Dormo in un letto
un pò più azzurro
del mare.
Un polipo
mi fa l’occhiolino
attraverso il cristallo.
Nel bosco verde
che mi circonda
-din don… din dan-
cantano e si dondolano
le sirene
di madreperla verdemare.
E sulla mia testa
bruciano, nel crepuscolo
le irruvidite punte del mare. 

 
 

Steve Hanks



 
 
 
 
 
Dato il caldo… beviamoci
virtualmente insieme questo drink

 
 
 
 
 
 
 
 
 
chi di noi… vivendo
e chi di noi… sognando
l’azzurro e la frescura del mare
 
 
 
 
 
 
 
 
a tutti… dovunque voi siate,
da
Orso Tony
 
 
 
 
 

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   (Mango – Mediterraneo)
Steve Hanks



Felice notte con la minipoesia… stellare… A chi… di Victor Hugo   2 comments

 
 
 
 
 
 
 
A CHI
Victor Hugo
 
 
A chi il gran cielo cupo
getta i suoi astri d'oro?

Pioggia sprizzante dall'ombra,
cadono… ancora! ancora!
 
 
 
 
 
 
 
 
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à tout le monde…
 
par Tony Kospan
 
 
 
 
 

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