Il tema poetico di questa settimana è il sole… e con esso iniziamo una trilogia che possiamo definire… astrale dato che proseguiremo con la Luna e le stelle…
IL SOLE IN POESIA ARTE AFORISMI E… CANZONI (2013) a cura di Tony Kospan
Parlare del sole è quasi inutile tanto è ovvio che è la nostra stella grazie alla quale è possibile la vita nel nostro pianeta…ed intorno alla quale ruotano 8 pianeti e tanti altri pianetini… con i loro satelliti.
Il Sole è sì una stella medio-piccola di colore giallo e senza nulla di particolare ma per noi è come una grande madre dato che senza la sua luce e il suo calore la vita non sarebbe mai sorta nel nostro pianeta nè potrebbe più proseguire se si spegnesse.
Dipinge divinamente il rapporto tra noi umani e la nostra amata stella questa mitica mini poesia del premio Nobel… Quasimodo…
Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera
Prima di passare alle poesie ecco alcuni aforismi…
Il sole non dimentica alcun villaggio. Proverbio africano
Accada quel che accada, anche il sole del giorno peggiore tramonta. Proverbio cinese
Anche il sole ha le sue macchie. Napoleone Bonaparte
Il medesimo sole fa conoscere ed onora le gesta di uno, espone al biasimo le azioni di un altro. Giordano Bruno
Il sole stesso fu un tempo una novità, e fu una novità la terra, e una novità l’uomo. Jean Jaurès
Ma veniamo alle poesie prescelte quest'anno.
Con esse vi auguro tanto sole fuori e dentro i vostri cuori….e come sempre mi piacerebbe leggere quelle che, sul tema, amate voi…
(Pooh – La casa del sole)
Vincent Van Gogh – Il seminatore
INNO AL SOLE Indiani Zuni
Di buon ora, al mattino, Noi ci svegliamo, noi ci svegliamo, Quando la madre Dio-Sole sorge. Noi la salutiamo con gioia. Lei ci accoglie con un viso radioso. Lei ci incontra con un caldo bacio. Così dolcemente, così dolcemente… Ascoltate, ascoltate soltanto! Da dove vengono quei suoni lontani? Echi da dove la luce abbonda, Torrenti di cristallo dal pallido mormorìo Scintillante senza ritegno. Sono i semi d’oro del pensiero, I mormorii silenziosi, appena percepiti, Che ci riempiono di gioia e di contentezza, I sentieri per i quali l’anima si eleva.
(Al Bano – Nel sole)
Edvard Munch – Il sole (1912)
GLORIA DEL DISTESO MEZZOGIORNO Eugenio Montale
Gloria del disteso mezzogiorno quand'ombra non rendono gli alberi, e piú e piú si mostrano d' attorno per troppa luce, le parvenze, falbe. Il sole, in alto, – e un secco greto. Il mio giorno non è dunque passato: l'ora piú bella è di là dal muretto che rinchiude in un occaso scialbato. L'arsura, in giro; un martin pescatore volteggia s'una reliquia di vita. La buona pioggia è di là dallo squallore, ma in attendere è gioia piú compita.
(Pavarotti – 'O Sole Mio)
Lisa Lancaster – Risplenda la vostra luce – 2011
INNO AL DIO SOLE Akhenaton (Faraone della della XVIII dinastia)
Come è bella la tua aurora all’orizzonte, Oh Aton vivente, iniziatore della vita!… Quando ti levi al bordo del cielo, Oh Aton radioso, Oh Aton radioso, Il mondo si illumina!… Gli uomini si svegliano e si alzano, Alla vista della tua aurora le loro braccia Si levano per adorare la tua venuta… Benché tu sia così lontano, i tuoi raggi cadono sulla terra e i volti degli uomini ne sono il riflesso.
(Un raggio di sole – Jovanotti )
David Caspar Friedrich – Donna di fronte al sole
BIMBA BRUNA E FLESSUOSA Pablo Neruda
Bimba bruna e flessuosa, il sole che fa la frutta, quello che riempie il grano, quello che piega le alghe, ha fatto il tuo corpo allegro, i tuoi occhi luminosi e la tua bocca che ha il sorriso dell’acqua. Un sole nero e ansioso si attorciglia alle matasse della tua nera chioma, quando allunghi le braccia. Tu giochi con il sole come un ruscello e lui ti lascia negli occhi due piccoli stagni scuri. Bimba bruna e flessuosa, nulla mi avvicina a te. Tutto da te mi allontana, come dal mezzogiorno … Sei la delirante gioventù dell’ape, l’ebbrezza dell’onda, la forza della spiga. Eppure il mio corpo cupo ti cerca, e amo il tuo corpo allegro, la tua voce disinvolta e sottile. Farfalla bruna dolce e definitiva come il campo di grano e il sole, il papavero e l’acqua.
(Lucio Battisti – La Canzone del Sole )
Monet – Impressione del sole nascente – 1872
IL SOLE Charles Baudelaire
Lungo il vecchio sobborgo, ove le persiane pendono dalle catapecchie rifugio di segrete lussurie, quando il sole crudele batte a raggi raddoppiati sulla città e i campi, sui tetti e le messi, io mi esercito tutto solo alla mia fantastica scherma, annusando dovunque gli imprevisti della rima, inciampando nelle parole come nel selciato, urtando qualche volta in versi a lungo sognati.
Questo padre fecondo, nemico di clorosi, sveglia nei campi i vermi e le rose, fa svaporare gli affanni verso il cielo, immagazzina miele nei cervelli e negli alveari. è lui a ringiovanire coloro che vanno con le grucce e a renderli allegri, dolci come fanciulli, lui a ordinare alle messi di crescere e maturare entro il cuore immortale che vuol sempre fiorire.
Quando, simile a un poeta, scende nelle città, nobilita le cose più vili e s’introduce da re senza rumore, senza paggi, entro tutti gli ospedali e tutti i palazzi.
COSA FARE QUANDO PERDIAMO LA FIDUCIA IN NOI STESSI?
Francesco Alberoni
Borgonovo Val Tidone 31 dicembre 1929
Noi non possiamo darci valore da soli.
Ce lo danno gli altri fin da bambini amandoci, apprezzandoci, dicendoci bravo.
In realtà non possiamo dare valore a nulla perché sono gli altri che, con il loro comportamento o le loro parole, ci dicono cosa è buono o cattivo, cosa è desiderabile.
Se prendete due fratellini e mettete davanti a loro un qualsiasi oggetto, non appena uno lo prende in mano, l’altro lo vuole anche lui.
Ha imparato a desiderarlo dal primo.
Esiste poi, in ogni essere umano, una spinta interiore a creare, ad agire, a costruire, cioè a oggettivare tutto ciò che sente e pensa.
C’è chi suona uno strumento musicale, chi apre una pizzeria, chi diventa insegnante, chi scrive libri e chi costruisce grattacieli.
Sono tutte oggettivazioni del suo spirito: l’uomo si realizza in ciò che fa.
Ma quando abbiamo creato una nostra opera, abbiamo anche bisogno di vederla riconosciuta, apprezzata dagli altri.
Il musicista la sua musica, l’architetto la sua costruzione, lo scienziato la sua ricerca.
Perché nessuno può dirsi bravo da solo.
Possiamo costruire, realizzare, fare cose stupende ma, per sapere che valgono, per sapere che abbiamo meritato, bisogna che qualcuno ce lo dica.
Il bisogno di riconoscimento non è vanità.
Che cosa avviene allora quando una persona ha dedicato anni e anni a costruire qualcosa di stupendo per la sua comunità, il suo Paese, e non solo nessuno l’apprezza, ma la ostacola e gliela distrugge?
Come può conservare la fiducia in se stessa, trovare la forza di vivere e creare?
La risposta è una sola: devi ricominciare da capo.
Allontanarti dal vecchio mondo, andare in esilio, affrontare la solitudine.
E vedere nuova gente, quella che non hai mai frequentato, quella che non conoscevi che non capivi e di cui magari diffidavi.
Avere nuove esperienze, fino a che non cambi interiormente, fino a che non ti importa più nulla di ciò che è accaduto e scopri nuovi piaceri e nuovi interessi.
Finché non ritrovi il gusto di ridere e non torni a vedere il mondo con l’occhio ingenuo, fresco del bamhino. Allora ti accorgi che non hai poi perso molto, che ci sono altri modi di vivere ed altre cose da fare e da inventare.
Certo è una cosa più facile da fare da giovani e che diventa sempre più difficile da vecchi perché si diventa schiavi delle proprie abitudini e del passato.
Ma è l’unica salvezza.
Chi si ferma a guardare indietro diventa una statua di sale
come è successo – ci racconta la Bibbia – alla moglie di Lot.
Dice Platone – e qui la sua risposta diventa canonica -: “del male, e quindi del nostro far male, il Dio non può essere ritenuto causa.
Dio è bene, Dio è immutabile, è semplice, è veritiero, ed è causa di tutti i beni. ‘Theòs anàitios’, Dio è innocente”.
Tutta la riflessione teologica successiva si fonda su questo presupposto platonico: Dio deve essere ritenuto innocente dei mali del mondo, del nostro far male; e quindi è per nostra scelta, è per nostra libertà che noi facciamo male.
Noi non siamo determinati dal Divino ad agire male; le nostre imperfezioni le nostre miserie sono frutto e prodotto della nostra libertà.
Dio è innocente, è l’uomo che è causa del male, è l’uomo – secondo il grande mito che Platone narra nella Repubblica – che si sceglie il proprio ‘dàimon’, il proprio carattere, il proprio demone.
Ma non solo nel momento della scelta nella cultura classica greca l’uomo è libero, non solo nel momento supremo – come lo chiama Platone -: il momento supremo in cui io scelgo il mio carattere, il mio ‘dàimon’.
Io sono in qualche modo libero anche durante la mia vita, e la mia libertà, però, coincide nel corso della mia vita con il conoscere; cioè io sono libero nel corso della mia vita di accumulare tutte le conoscenze necessarie perché poi nel momento supremo della decisione io possa essere consapevole del destino che scelgo.
Questo è un tema caratteristico della cultura greca, è la sua dominante – come dire – intellettualistica: la libertà dell’uomo si esplica essenzialmente nella sua volontà di conoscere.
Soltanto qui sta la mia – come dire – possibile salvezza: io posso conoscere il destino, posso conoscere ciò che mi destina.
Solo la conoscenza può salvarmi dal seguire – un’immagine che ricorre in tutta la cultura ellenistica, e anche nella cultura latina, non solo greca – il carro del destino in ceppi come uno schiavo oppresso.
Ciò che sta a me non ha nulla a che vedere con la possibilità di sfuggire il destino; ma ciò che sta a me è essenzialmente la possibilità di conoscere il destino, e dunque di seguirlo volentieri, non come gli schiavi seguono il carro dei vincitori, in catene.
Se la mia libertà consiste nel farmi una ragione dell’unica ragione, dell’unico ‘lògos’ che pervade tutto il cosmo?
Quando io mi son fatto questa ragione che cosa succede del male?
Il male non consiste più, perché tutto è ragione e male e bene non diventano altro che due punti di vista soggettivi: il male non diventa nient’altro che ciò che fa male a me, ma che non riguarda affatto la ragione del tutto; il bene diventa soltanto ciò che fa bene a me, ciò che mi aiuta a vivere, ciò che aiuta il mio benessere, ma non riguarda la ragione del tutto in cui il male e il bene cessano di avere alcun significato, perché ciò che ha significato è nient’altro che il necessario, il ‘lògos’ onnipervadente; male e bene hanno una consistenza veramente soggettiva.
In fondo, se noi rimanessimo fissi a valutazioni di male e di bene, non faremmo altro che dimostrare la nostra mancanza di sapere, perché colui che sa non sa né di male né di bene: sa il necessario.
Il bene ed il male quindi, secondo la tesi del filosofo veneziano,
non esisterebbero quali realtà a sé stanti
ma solo nella misura in cui sono percepiti da ciascuno.
Penso davvero che meriti d'esser letta e… gustata…
LA LEGGENDA DELLA LUNA PIENA
In una calda notte di luglio di tanto tempo fa un lupo, seduto sulla cima di un monte, ululava a più non posso.
In cielo splendeva una sottile falce di luna che ogni tanto giocava a nascondersi dietro soffici trine di nuvole, o danzava tra esse, armoniosa e lieve.
Gli ululati del lupo erano lunghi, ripetuti, disperati. In breve arrivarono fino all’argentea regina della notte che, alquanto infastidita da tutto quel baccano, gli chiese:
– Cos’hai da urlare tanto? Perché non la smetti almeno per un po’?-
– Ho perso uno dei miei figli, il lupacchiotto più piccolo della mia cucciolata.
Sono disperato… aiutami! – rispose il lupo.
La luna, allora, cominciò lentamente a gonfiarsi.
E si gonfio, si gonfiò, si gonfiò, fino a diventare una grossa, luminosissima palla.
– Guarda se riesci ora a ritrovare il tuo lupacchiotto – disse, dolcemente partecipe, al lupo in pena.
Il piccolo fu trovato, tremante di freddo e di paura, sull’orlo di un precipizio.
Con un gran balzo il padre afferrò il figlio, lo strinse forte forte a sé e, felice ed emozionato, ma non senza aver mille e mille volte ringraziato la luna.
Poi sparì tra il folto della vegetazione.
Per premiare la bontà della luna, le fate dei boschi le fecero un bellissimo regalo: ogni trenta giorni può ridiventare tonda, grossa, luminosa, e i cuccioli del mondo intero, alzando nella notte gli occhi al cielo, possono ammirarla in tutto il suo splendore.