scultore, architetto e designer ungherese famosissimo per l'invenzione dell'omonimo cubo e di altri giochi analoghi mi fa piacere riproporre questo mio post dedicato al gioco che ha spopolato per anni in tutto il mondo.
(Budapest, 13 luglio 1944)
IL ROMPICAPO CHE CI HA FATTI
DIVERTIRE O… IMPAZZIRE
NEGLI ANNI 80…
IL CUBO DI RUBIK
COS’E'…?
Il cubo di Rubik, detto anche “Cubo Magico”, è composto da 26 cubetti esterni ed un “cubetto invisibile” interno in cui risiede il meccanismo che permette la rotazione dei piani in tutte le direzioni.
Lo scopo del gioco è di risalire alla posizione originale dei cubetti portando il cubo ad avere per ogni faccia un colore uguale.
Sei lati, ogni lato 9 quadratini colorati, e tutti i lati che si possono muovere sia in orizzontale che in verticale..vi sembra di ricordare, vero? 43.252.003.274.489.856.000 (si, proprio 43 miliardi di miliardi..) di possibili combinazioni, e una sola che portava al risultato agognato, tutte e 6 le facce del colore giusto, nello stesso momento!
Uscito dalla mente malefica di un matematico ungherese, il cubo di Rubik è stato per noi ragazzi degli anni ’80 quello che i Pokemon sono per i ragazzini di oggi, una mania, una febbre da cui non si poteva guarire. In tutti i formati e le dimensioni, ci giocavamo a tutte le ore, a scuola e fuori scuola, anche e soprattutto durante le lezioni..e mentre per molti l’unica soluzione possibile era quella di staccare i quadratini colorati e attaccarli dove serviva, ai campionati mondiali c’era chi lo completava in meno di 30 secondi!
Ma ecco ora in breve la storia completa di questo mitico rompicapo…
LA STORIA
Il cubo di Rubik (o cubo magico) è un celebre rompicapo inventato dal professore di architettura e scultore ungherese Ernő Rubik nel 1974.
Originariamente chiamato dallo stesso inventore Cubo Magico, fu rinominato nel 1980 “Rubik’s Cube” dalla Ideal Toys, l’azienda che ne ha curato la distribuzione.
Nello stesso anno ha vinto il premio come gioco dell’anno in Germania.
Si dice che sia il gioco più venduto al mondo, (imitazioni low cost comprese) con oltre 300 milioni di pezzi.
Fu inizialmente progettato da Rubik a scopi didattici e all’inizio si diffuse solo tra i matematici ungheresi, interessati ai problemi statistici e teorici che il cubo poneva.
Qualche anno più tardi un matematico inglese scrisse su quest’oggetto un articolo che portò la sua fama fuori dai confini dell’Ungheria.
Nel giro di pochi anni, il cubo di Rubik invase i negozi europei ed americani, diventando il rompicapo più venduto della storia. Oggi esistono anche lettori mp3 a foma di cubo.
Nel solo 1982 ne furono venduti oltre 100 milioni di pezzi e Rubik divenne il cittadino più ricco del suo paese. Ad oggi si svolgono veri e propri Campionati del Mondo nel quale i concorrenti, che giungono da ogni parte del pianeta, si sfidano nel ricomporlo nel minor tempo possibile.
Il record del mondo, ad oggi appartiene a Erik Akkersdijk che lo ha risolto in 7,08 secondi durante gli Open 2008 tenutisi a Pardubice, nella Repubblica Ceca, il 12-13 luglio 2008; nella competizione che tiene conto della media nella risoluzione di 5 cubi, il record appartiene a Yu Nakajima con 11,28 secondi, record ottenuto durante gli Open 2008 tenutisi in Giappone, nella città di Kashiwa il 5 maggio 2008.
IL VIDEO DI UN RECORD
Ecco come un campione risolve il tremendo rompicapo in pochissimi secondi…
Un altro simpatico pezzo della nostra Luciana che stavolta
se la prende con… quello che è la croce e delizia delle donne…
il mondo dei parrucchieri…
SU LA TESTA…
di Luciana Littizzetto…
C’è un segnale inequivocabile. Un’azione apparentemente innocua.
Un piccolo gesto che annuncia che… ok, hai cominciato finalmente a prendere la tua vita tra le mani.
è quando riesci a dire al tuo parrucchiere che il taglio che ti ha fatto fa schifo.
Che persino la cavia peruviana di tua cugina è pettinata meglio. Che la frangia non te l’ha scalata, te l’ha mozzata come la coda di un mulo e che, per non dare nell’occhio, non ti rimane che ragliare.
Che se quella che ti ha fatto è una tinta, che vada pure a graffitare le metropolitane di Milano. Che persino le siepi di agrifoglio tremerebbero all’idea di farsi potare da lui.
Prima o poi ci farò un libro: Lo Zen e l’arte di mandare a stendere il tuo parrucchiere.
Devo spiegarlo io?
I capelli di una donna sono il termometro della sua anima.
Quando una purilla sta male, cosa fa?
Va dal parrucchiere. Prima ancora che dall’analista. Mette quel che ha di più vuoto tra le mani del coiffeur e si abbandona fiduciosa. E magari, all’improvviso l’incoscienza, gli dice la fatidica frase: «Fai tu».
Dire a un parrucchiere «fai tu» è un pò come decidere di fare boungee jumping senza elastico.
Armato solo del suo ego colossale, come un boia al patibolo, lui darà mano alle forbici e taglierà.
Tanto.
Quei bei tagli asimmetrici, sfilacciati, impettinabili, portabili al massimo in sfilata a Milano Collezioni.
E mentre mieterà e falcerà, ti dirà:
«Tesoro, sei bellissima.., ti mancano solo le ali per essere un angelo…»,
e tu penserai:
“Ho le scapole alate, andrà bene lo stesso???
E soprattutto:
“Quanto ci metterà mai un capello a ricrescere? Un mese? Un anno? Un decennio???
Meglio così, comunque, che scegliere l’acconciatura sfogliando quei tremendi giornali che trovi solo dai parrucchieri, stampati in una specie di segreta tipografia di categoria.
Un misto di teste a pera e tagli da Basil l’investigatopo.
E poi c’è il tocco finale.
Una volta bastava la lacca a inchiodarti le chiome come Marion Cunningham di Happy Days.
Adesso si va di gel, olio, schiuma, silicone…
E così esci dal negozio che ci hai i capelli unti come dopo una settimana di influenza.
Solo poche parole per oggi e addirittura a matita (con la tua) — Non sarò sicuro del mio alloggio sino a domani; che inutile perdita di tempo è tutto ciò! — Perché quest’angoscia profonda, quando parla la necessità — il nostro amore può forse durare senza sacrifici, senza che ciascuno di noi pretenda tutto dall’altro; puoi tu mutare il fatto che tu non sei tutta mia, io non sono tutto tuo? — Oh, Dio!, rivolgi il tuo sguardo alla bella Natura e da’ pace al tuo animo per ciò che deve essere — L’amore esige tutto e ben a ragione, così è di me per te, di te per me — Ma tu dimentichi così facilmente che io debbo vivere per me e per te. Se fossimo completamente uniti, tu sentiresti questa dolorosa necessità, tanto poco quanto la sento io – Il viaggio è stato orribile.
Sono arrivato qui soltanto ieri mattina alle quattro. Siccome c’erano pochi cavalli, la diligenza ha scelto un altro itinerario; ma che strada orribile! Alla penultima stazione mi hanno sconsigliato di viaggiare di notte, hanno cercato di ispirarmi paura d’un bosco ma ciò non è servito ad altro che a spronarmi — e ho avuto torto. La vettura ha finito con lo sfasciarsi su quell’orribile strada, un semplice sentiero di campagna senza fondo.
Se non avessi avuto quei due postiglioni, sarei rimasto per strada — Per l’altra strada, quella solita, Esterhàzy con otto cavalli ha avuto la stessa sorte che io con quattro — Tuttavia, in un certo senso la cosa mi ha anche fatto piacere, come succede ogni volta che supero felicemente qualche ostacolo — Ora voglio passare in fretta dagli eventi estrinseci a quelli intimi. Confido che ci vedremo presto; ed anche oggi mi manca il tempo per dirti i pensieri che ho rimuginato in questi ultimi giorni sulla mia vita — Se i nostri cuori fossero sempre l’uno vicino all’altro, non mi capiterebbe certo di avere simili pensieri. II mio cuore trabocca del desiderio di dirti tante cose — Ahimè – ci sono momenti in cui sento che la parola è inadeguata — Cerca di essere serena — e sii per sempre il mio fedele unico tesoro, ii mio tutto, come io lo sono per te. Sono gli dèi che debbono provvedere, qualunque possa essere il nostro destino.
Il tuo fedele Ludwig
7 Luglio 1812
A letto i miei pensieri sono già rivolti a te, mia amata immortale, ora lieti, ora di nuovo tristi, nell’attesa che il destino esaudisca i nostri desideri, posso vivere soltanto unito strettamente a te, non altrimenti, sì, ho deciso di errare lontano finché non potrò volare nelle tue braccia e sentirmi perfettamente a casa accanto a te e lasciando che la mia anima, circondata dal tuo essere, entri nel regno degli spiriti.
Purtroppo così deve essere, ti rassegnerai, tanto più conoscendo la mia fedeltà verso di te, nessuna altra donna potrà mai possedere il mio cuore, mai, mai.
O Dio perché doversi allontanare dall’oggetto di tanto amore, la mia vita a V. è ora miserevole.
Il tuo amore ha fatto di me il più felice e nello stesso tempo il più infelice degli uomini, alla mia età avrei bisogno di vivere in modo uniforme senza scosse, ma è ciò possibile nella nostra situazione?
Angelo mio, mi dicono ora che la posta funziona tutti i giorni quindi chiudo affinché tu possa ricevere la lettera al più presto.
Sii calma, solo contemplando con serenità la nostra esistenza potremo raggiungere il nostro scopo di vivere insieme.
Sii calma – amami – oggi – ieri.
Quanta nostalgia, quanto rimpianto di te, di te, di te, mia vita, mio tutto.
A presto, ti prego continua ad amarmi, non smentire mai il cuore fedelissimo del tuo amato.
Ludwig
Eternamente tuo Eternamente mia Eternamente nostri
Giulia Guicciardi
Dopo la morte di Ludwig van Beethoven (1770-1827) queste lettere vennero trovate in un cassetto segreto del suo armadio.
Scritte fra il 6 e il 7 luglio 1812 a Teplilz non vennero probabilmente mai spedite.
Da allora i biografi hanno cercato di identificare la misteriosa destinataria senza approdare a una conclusione definitiva.
Quale delle donne che il musicista frequentava è l’amata immortale?
Renoir – Giovane donna dal cappello nero
La contessa Giulietta Guicciardi, allora diciassettenne? Therese Brunsvick? Amalie Sebald? Josephine Staekelbeig?
Sfuggente a ogni più precisa identificazione, la donna sconosciuta resta comunque una delle più suggestive incarnazioni del mito romantico.
Testi dal web – Impaginaz. T.K
Ora, se ci va,
possiamo ascoltar in questo video la 2° lettera
letta da par suo da Fabio Volo.
Ciao da Tony Kospan
.
.
.
.
.
.
PER CHI AMA LA STORIA.. I RICORDI E LE ATMOSFERE DI UN TEMPO
Solo l’accettazione reciproca delle proprie libere personalità…
consente all’amore di librarsi in emozioni senza fine…
senza timori di… amare sorprese…
Ciò non toglie…però… come dice Salinas…
che chi ama… all’amata/o vorrebbe,
come nelle più facili dichiarazioni,
donare la Luna…
ma poi… non può e forse in verità non vuole
che donare se stessa/o.
Chagall
IO DI PIU’ NON POSSO DARTI Pedro Salinas
Io di più non posso darti. Non sono che quello che sono.
Ah, come vorrei essere sabbia, sole, in estate! Che tu ti distendessi riposata a riposare. Che andando via tu mi lasciassi il tuo corpo, impronta tenera, tiepida, indimenticabile. E che con te se ne andasse sopra di te, il mio bacio lento: colore, dalla nuca al tallone, bruno.
Ah, come vorrei essere vetro, tessuto, legno, che conserva il suo colore qui, il suo profumo qui, ed è nato tremila chilometri lontano!
Essere la materia che ti piace, che tocchi tutti i giorni, che vedi ormai senza guardare intorno a te, le cose – collana, profumi, seta antica – di cui se senti la mancanza domandi: «Ah, ma dov’è?»
Ah, e come vorrei essere un’allegria fra tutte, una sola, l’allegria della tua allegria!
Un amore, un solo amore: l’amore di cui tu ti innamorassi.
Ma non sono che quello che sono.
Come sempre mi piacerebbe leggere il vostro pensiero…
Attraverso il segnale dei telefoni cellulari un gruppo di ricercatori ha monitorato per sei mesi 100.000 persone. Un campione particolarmente grande seguito per capirne gli spostamenti, scoprendo che gli esseri umani passano l’80% del loro tempo sempre negli stessi luoghi.
Siamo una specie abitudinaria, che tende a frequentare gli stessi spazi a intervalli precisi e sempre abbastanza vicino ai luoghi familiari. Spostamenti che assomigliano a quelli di altri animali predatori secondo schemi collaudati in natura. Per il gruppo di ricerca formato dai fisici Marta Gonzàlez, César Hidalgo e Albert-Làszlo Barabèsi saremmo una sorta di “predatori passivi”.
Si tratta della prima ricerca che indaga gli spostamenti delle singole persone: lo schema osservato, simile ma non identico a quello già visto in altre specie, è detto Levy flight ed è caratterizzato da spostamenti in zone limitate con qualche occasionale movimento su una distanza più lunga.
Già in uno studio del gennaio 2006, pubblicato sulla rivista Nature, si concluse che gli esseri umani seguissero questa legge.
In quella ricerca si seguì il viaggio delle banconote, attraverso la registrazione dei numeri di serie grazie al lavoro di numerosi volontari.
Per Gonzàlez, Hidalgo e Barabèsi, tuttavia, il metodo su cui fu basato lo studio del 2006 era limitato: le banconote cambiano proprietario continuamente, al contrario dei cellulari che rimangono con la stessa persona per periodi molto lunghi.
Inoltre, il segnale del cellulare è rintracciabile automaticamente, senza dover ricorrere a volontari. Considerare le antenne da cui passa il segnale significa poi tracciare in modo preciso il percorso del cellulare nello spazio.
Per evitare errori dovuti ai cellulari spenti, i ricercatori hanno comparato i dati ottenuti con quelli ricavati da un campione più modesto, in cui la posizione del telefonino era verificata ogni due ore, che fosse acceso o meno. Tale comparazione ha dimostrato che le rilevazioni effettuate per il gruppo più grande erano molto simili a quelle per il gruppo più piccolo.
Ogni rilevazione è stata eseguita in forma anonima, registrando solo il segnale del cellulare e non associandolo ad alcun nominativo.
Secondo lo studio anzidetto, il movimento degli esseri umani è sì di tipo Levy flight, ma in forma modificata, in quanto la distanza degli spostamenti non è casuale come negli animali predatori ma è tipica per ogni individuo.
La spiegazione è che la nostra specie passa la maggior parte del tempo, l’80%, nei medesimi luoghi.
Un comportamento abitudinario che ha permesso al gruppo di ricerca di elaborare una funzione che descrivesse il movimento e che, eliminati determinati fattori individuali, potesse ritenersi di ordine universale.
Le conclusioni dello studio potrebbero avere importanti ripercussioni in futuro: il modello ricavato dall’analisi statistica degli spostamenti potrebbe essere utile per pianificare meglio le vie di traffico, preparare piani di emergenza e prevedere schemi di diffusione delle patologie in area urbana.
Pubblicato su: Understanding individual human mobility patterns, Nature, 453, 779-782 (5 June 2008). Da ANTHROPOS
ma sono pochi quelli che lo hanno visto davvero. (Francois de La Rouchefoucauld)
Franz Dvorak – Lettrice
QUANDO TI BACIO
Erich Fried
Quando ti bacio non è solo la tua bocca non è solo il tuo ombellico non è solo il tuo grembo che bacio.
Io bacio anche le tue domande e i tuoi desideri bacio il tuo riflettere i tuoi dubbi e il tuo coraggio il tuo amore per me e la tua libertà da me il tuo piede che è giunto qui e che di nuovo se ne va io bacio te così come sei e come sarai domani e oltre e quando il mio tempo sarà trascorso.