Archivio per 18 Maggio 2013

QUANDO HO COMINCIATO AD AMARMI DAVVERO – CHAPLIN – SUBLIMI E SAGGE RIFLESSIONI   2 comments

 

 

Già conosciamo la grandezza di Chaplin non solo

nella comicità e nell'arte cinematografica…

ma anche nell'ambito del pensiero elevato…

 

 

 

 

 

 

La genialità

e la grande saggezza di queste sue riflessioni,

 a mio parere, fanno bene alla mente ed al cuore

di tutti noi…

 

 

 

 

 

 

QUANDO HO COMINCIATO AD AMARMI DAVVERO

 Charlie Chaplin

 

 

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono reso conto
che la sofferenza e il dolore emozionali
sono solo un avvertimento
che mi dice di non vivere contro la mia verità.
Oggi so che questo si chiama


AUTENTICITA’

 

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito com’è imbarazzante
imporre a qualcuno i miei desideri,
pur sapendo che i tempi non sono maturi
e la persona non è pronta,
anche se quella persona sono io.
Oggi so che questo si chiama

RISPETTO PER SE STESSI

 

 

 

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di desiderare un’altra vita
e mi sono accorto che tutto ciò che mi circonda
é un invito a crescere.
Oggi so che questo si chiama

MATURITA'

 

 

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito di trovarmi sempre ed in ogni occasione
al posto giusto nel momento giusto
e che tutto quello che succede va bene.
Da allora ho potuto stare tranquillo.
Oggi so che questo si chiama

RISPETTO PER SE STESSI





Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di privarmi del mio tempo libero
e di concepire progetti grandiosi per il futuro.
Oggi faccio solo
ciò che mi procura gioia e divertimento,
ciò che amo e che mi fa ridere,
a modo mio e con i miei ritmi.
Oggi so che questo si chiama

SINCERITA'

 

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono liberato di tutto ciò
che non mi faceva del bene:
cibi, persone, cose, situazioni
e da tutto ciò che mi tirava verso il basso
allontanandomi da me stesso,
all’inizio lo chiamavo “sano egoismo”,
ma oggi so che questo è

AMORE DI SE’


 

 



 

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di voler avere sempre ragione.
E cosi ho commesso meno errori.
Oggi mi sono reso conto che questo si chiama

SEMPLICITA'

 

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono rifiutato di vivere nel passato
e di preoccuparmi del mio futuro.
Ora vivo di piu nel momento presente,
in cui TUTTO ha un luogo.
E’ la mia condizione di vita quotidiana
e la chiamo

PERFEZIONE

 


 

 


 

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono reso conto che il mio pensiero può
rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho chiamato a raccolta
le energie del mio cuore,
l’intelletto è diventato un compagno importante.
Oggi a questa unione do il nome di

SAGGEZZA DEL CUORE

 


Non dobbiamo continuare a temere i contrasti,
i conflitti e i problemi con noi stessi e con gli altri
perché perfino le stelle, a volte,
si scontrarno fra loro dando origine a nuovi mondi.

Oggi so che…

QUESTO E' LA VITA!

 

 

 

 

 

 

Charlie Chaplin

 

 

 

 

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L’INCREDIBILE ESECUZIONE COL VIOLINO ROTTO DEL GRANDE VIOLINISTA I. PERLMAN   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 
 
Ecco un  fantastico e  commovente episodio…
che ha visto come protagonista il grande violinista
 Itzhak Perlman  
che non posso non portar anche alla conoscenza…
degli amici del
Mondo di Orsosognante
 
 
Ho poi trovato un brano musicale che potrete ascoltare,
simbolo della bravura dell’artista…
 
 
Ma andiamo con ordine…
 
 
 
 
 
 
 
 
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L’INCREDIBILE ESIBIZIONE DI
ITZHAK PERLMAN
AL LINCOLN CENTER DI NEW YORK
CON IL VIOLINO ROTTO…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Il 18 Novembre 1995, il violinista Itzhak Perlman si esibiva al Lincoln Center di New York City.

Camminava con le stampelle, a causa della poliomielite avuta da bambino.

Il pubblico attendeva pazientemente che attraversasse il palcoscenico fino ad arrivare alla sedia. Si sedette, appoggiò le stampelle al suolo, rimosse i rinforzi dalle gambe, si sistemò nella sua posa caratteristica, un piede piegato all’indietro, l’altro spinto in avanti, si piegò verso il basso per prendere il violino, lo trattenne fermamente con il mento, e fece un cenno col capo al direttore d’orchestra per indicare di essere pronto.

Era un rituale familiare per i fan di Perlman: il genio storpio che non dava importanza alla sua invalidità prima che la sua musica sublime trascendesse ogni cosa.

Ma questa volta fu diverso.

“Appena ebbe finito le prime battute”, rammenta il critico musicale Houston Chronicle, “una delle corde del suo violino si ruppe. La si poté sentire spezzarsi con uno schiocco secco – esplose come un colpo di pistola attraverso la stanza. Non c’erano dubbi su ciò che significava quel suono. Non c’erano dubbi su cosa avrebbe dovuto fare.”

Era ovvio – avrebbe dovuto posare il suo violino, rimettere i rinforzi per le gambe, prendere le stampelle, alzarsi in piedi, dirigersi faticosamente dietro le quinte e prendere un altro violino o cambiare la corda del suo violino mutilato.

Ma non lo fece.

 

 

 

Chiuse gli occhi per un momento, e poi segnalò al direttore d’orchestra di iniziare da capo.

Il pubblico era ammaliato.

Tutti sanno che è impossibile suonare un brano sinfonico con solo tre corde.

Io lo so, e voi lo sapete, ma quella notte Itzhak Perlman finse di non saperlo.

Suonò con una tale passione ed un tale potere ed una tale purezza…

Si poteva vederlo modulare, cambiare e ricomporre il pezzo nella sua testa…

Ad un certo punto sembrò come se stesse disaccordando le corde per ottenere… da esse suoni che non avevano mai prodotto prima.

Quando finì ci fu un silenzio di timore reverenziale, e poi il pubblico si levò, come una cosa sola.

Eravamo tutti in piedi, urlavamo e applaudivamo – facendo tutto ciò che potevamo per mostrare quanto apprezzavamo ciò che aveva fatto.

Egli sorrise, si asciugò il sudore dalla fronte, alzò il suo archetto per quietarci, e poi disse, non con vanto, ma in un tono modesto, pensoso, riverente:

“Sapete, talvolta è compito dell’artista scoprire quanta musica può ancora creare con ciò che gli è rimasto”.

 

 

 

 

 

Questo racconto-ricordo, rinvenuto nel web, di un episodio così bello ed incredibile mi ha fatto venire i brividi… sinceramente… e nel contempo penso ci faccia anche capire come accanto a noi ci sono, su questo pianeta, persone davvero straordinarie…
 
Il racconto m’ha fatto anche fatto venir voglia di conoscere un pò meglio la sua eccelsa arte… ed ho trovato questo video… che penso ne sia un magnifico esempio… e che desidero condividere con voi.
 
E’ davvero un brano musicale tutto da godere…
 
 
 
 
 
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ASCOLTIAMO ORA IL GRANDE VIOLINISTA
SUONARE QUESTA MUSICA DI VIVALDI
 
 
 
 
    
 
 
 
 
 
Ciao da Tony Kospan
 
 
 
 
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STORIA DELL’OPERETTA E TRAMA E VIDEO DEL PAESE DEI CAMPANELLI   Leave a comment

 
 
 
 
 

Stavolta nell'ambito delle musiche ed atmosfere d'un tempo
non parleremo di canzoni ma dell'operetta in generale
e di un’operetta in particolare…

 
 
 
 
 
 
 
 

IL PAESE DEI CAMPANELLI
STORIA TRAMA… E VIDEO
a cura di Tony Kospan

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
LA STORIA DELL' OPERETTA
 
 
L’operetta, come sapete,
è uno spettacolo d’argomento giocoso o sentimentale
ed in particolare la si può definire
una commedia in parte recitata e in parte cantata che,
per l’importanza delle parti musicali,
viene in genere considerata come una filiazione
del teatro musicale e, in particolare,
dell’opera comique francese.
 
 
La sua massima popolarità si ebbe durante la Belle Epoque…
 
 
Di essa ci restano oggi solo sognanti ricordi…
di quelle che la TV trasmetteva negli anni 50 e 60
e che possiamo rivivere attraverso
alcune brillanti ripresentazioni
in tanti teatri italiani…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
LA STORIA DEL…
PAESE DEI CAMPANELLI
 
 
 
Questa operetta fu scritta
da Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato.
 
 
Composta nel 1923  andò in scena il 23 novembre
di quello stesso anno al Teatro Lirico di Milano.
 
 
Ma veniamo ad una breve sintesi della trama…
prima di vedere il video con alcune scene…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
LA TRAMA
 
 
In una immaginaria isoletta olandese esiste il Paese dei Campanelli dove sopra ad ogni casa c’è un piccolo campanile che custodisce un campanello.
Secondo la leggenda, questi campanelli suonano ogni volta che una donna tradisce il marito : ma ciò non è mai accaduto, perché nel paese regna da tempo la tranquillità.
A seminare il disordine arriva una nave di militari, costretta all’attracco da un’avaria.
I marinai scendono a terra e subito cominciano a corteggiare le graziose donne del paese e, com’è facile prevedere, accade l’inevitabile: il comandante Hans fa suonare i campanelli con Nela, moglie di Basilio, il marinaio Tom con la bella Bombon, consorte di Tarquinio ed il buffo La Gaffe, per un imperdonabile errore, con Pomerania, la donna più brutta del paese, sposa del borgomastro Attanasio.
 
 
 
 
 

 

 

Ma La Gaffe, il cui nome dice tutto sulle sue caratteristiche, continua a fare “gaffes”:
la prima è quella di rivelare a Nela che Hans è già sposato; la seconda, e decisiva, è di far arrivare in paese, per un malaccorto scambio di telegrammi, tutte le mogli dei marinai, a cominciare da Ethel, la signora del comandante.
E la storia si ripete, ma questa volta a far suonare i campanelli sono le mogli dei cadetti con i pescatori Attanasio, Basilio e Tarquinio.
Dopo questa specie di pareggio, i marinai ripartono con le loro mogli e Bombon, una donna con un “passato”, non se la prende tanto.
Sa bene, infatti, che non bisogna cedere all’amore dei marinai… magari le resterà solo il ricordo di una vorticosa “giava” ballata con La Gaffe mentre a Pomerania resterà il ricordo di essere “piaciuta”.
La più disperata è Nela ma ben presto dimenticherà Hans e tornerà ad amare il suo noioso, ma buono, marito.
Tutto come prima, dunque, ma c’è da giurare che i campanelli non suoneranno più?
 
 
 
 
 


 
 
 
IL VIDEO
 
 
Questo video ci può dar un’idea 
anche se molto parziale… dell’operetta
ma certamente ci fa fa vivere la sua atmosfera
tanto colorata e tanto spensierata…
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

   
LA PAGINA CULTURALE DI FB?
 
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FABRIZIO CLERICI – L’IMMAGINARIO FANTASTICO NELL’ARTE DEL ‘900   1 comment


  


La barca solare

 

 

 

Fabrizio Clerici… pittore di archeologie fantastiche

è considerato il più visionario artista italiano del Novecento

anche se è poco noto alle masse. 




I suoi dipinti sono molto amati dalla popstar Madonna

 

 


 



(Milano 15.5.1913 – Roma 7.6.1993) 

 

 

BREVE BIOGRAFIA


 

Nato nel 1913 a Milano nel 1920 si trasferisce a Roma dove si laurea presso la Scuola Superiore di Architettura nel 1937.

Roma con i suoi monumenti, la sua architettura e la spettacolarità delle manifestazioni religiose è fondamentale per la formazione della sua visione artistica si guardi giù in tal senso “Sonno Romano” del 1955.

Notevole influenza ebbero poi gli incontri con i più grandi artisti della sua epoca ed i suoi viaggi. 

 

 

Qui con Moravia

 

 

Oltre alla pittura, a partire dagli anni 50, si dedicò con passione anche alla creazione di scene per il teatro… collaborando con vari registi tra cui Strehler… ed ad una grande vetrata per la Basilica di San Domenico di Siena nel '57.


La sua attività artistica si svolse fin quasi alla fine della sua vita. 


Dopo la sua morte, avvenuta nel 1993, è stato creato un archivio delle sue opere in suo onore e secondo i suoi desideri.


 

 

 
 
 
 

ENIGMA FABRIZIO CLERICI

LAURA LARCAN


 

 

 

 


Accadde un giorno del 1990 che Jean Paul Gaultier, quello che stava per diventare uno degli stilisti più eccentrici e geniali del fashion system, visitando il Museum of Modern Art di New York s'imbatté nel “Duo per arp“, quadro d'una sontuosa suggestione mitica del 1944 di Fabrizio Clerici.
Gaultier si fermò a contemplarlo a lungo, gli ricordava molta fotografia surrealista parigina degli anni Sessanta.
Ne rimase folgorato.
Chiese subito informazioni, voleva assaporare questo Clerici che lo gustava molto!
Quel 1990, stava per essere l'anno esplosivo del designer francese anche perché la popstar Madonna gli aveva affidato il disegno e i costumi del suo Blond Ambition Tour.
 
 
 
 


 
 
 



E quel Clerici, quelle tracce di genio romantico e apocalittico, facevano al caso suo. Accadde, allora, che Gaultier regalò alla Material Girl, per una scena del concerto, la più segreta reinterpretazione di arte italiana, nella storia del costume e della moda, di “Solo per Arpa”, citando un'opera del 1946.
Galeotto fu Gaultier.
Perché anche Madonna impazzì per quell'italiano che dipinge pastiche di fantasia e fantascienza infarciti di decadenze antiquarie, tra grandiosità di un'archeologia romana e orientalismi esuberanti che evocano universi paralleli. E quattro anni dopo, quando scrive la sceneggiatura del videoclip “Bedtime story” invoca l'occhio di Horus, proprio come fa Fabrizio Clerici nelle sue opere. Quella di Madonna è stata la celebrazione più sensazionale che il pop abbia mai offerto all'arte “fantastico visionaria italiana”, con un tributo all'iconografia di Fabrizio Clerici. E mentre la sua bocca comincia a scandire “Today is the last day that I'm using words”, la sua faccia somiglia a quelle che Clerici ha disegnato nei “Testimoni oculari” del 1943 e nei “Testimoni oculari” del 1946. 
 
 
 
 


 
 

 
 
 

E questo maestro del Novecento (1913-1993), ma allo stesso tempo così avulso dai canoni delle avanguardie storiche, così profondamente colto ma anche inattuale, così permeato di una componente visionaria di derivazione onirica, ma sempre così razionale nell'articolazione delle immagini, così “stendhaliano” nelle sue suggestive scenografie evocatrici di archeologie fantastiche, ma anche così attento alla letteratura fantascientifica che a sua volta diventa nutrimento per i film di fantascienza, dal Pianeta delle scimmie a 2001 Odissea nello Spazio, questo maestro della pittura calligrafica e dell'indeterminatezza temporale, di architetture fossili, di ruderi e rovine di civiltà antiche che rimandano a scoperte temerarie ma anche a viaggi della mente, di miraggi sospesi in paesaggi fantastici, dove l'enigma sembra essere il Dna di un'iconografia germogliata dalla fascinazione per Böcklin e per De Chirico, per Ernst e per Tanguy, per Kircher, ma anche per Signorelli, questo maestro di utopie e catastrofi figurative, di cui Alberto Savinio scrisse in “Ascolto il tuo cuore città” (1944) “Fabrizio del resto è così naturalmente stendhaliano, nell'animo, nel carattere, nel costume, che per una volta mi è consentito credere che la natura ha fatto le cose a dovere”…
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 

La sua è una produzione “visionaria”, bizzarra, affabulatoria e ossessiva. Fabrizio Clerici esordì nel '49 come pittore relativamente tardivo, quando aveva trentasei anni e un passato già da disegnatore e scenografo, ma con in mente un'opera che fondeva con assoluta audacia le suggestioni del Piranesi, l'autorevolezza negli studi sull'antichità classica del gesuita ed erudito tedesco del XVII secolo Athanasius Kircher, le romantiche e struggenti evocazioni del sublime di Caspar David Friedrich e le simbologie decadenti e misteriose di Arnold Böcklin, trasferendone i codici figurativi e di ricerca nel suo paesaggio contemporaneo, inevitabilmente intriso di inquietudini ed introspezioni.
Un'opera che ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali per la sua opera. Dal MoMA al Guggenheim di New York, dal Centre Pompidou di Parigi al Puskin di Mosca, dai musei Vaticani a prestigiose collezioni private e pubbliche, le sue opere sono parte importante e significativa dell'arte italiana del Novecento.
E questa componente di spettacolarizzazione sul baratro di una teatralità effimera e magniloquente, rimasta forte, quasi incandescente, nelle sue opere sempre pregne di un carisma ambizioso, costante nella sua grandeur surrealista, che non cederà il passo a nessun'altra ricerca di impronta neoavanguardista, conservando sempre la sua aulica e algida poetica, estranea, intenzionalmente sorda a qualsiasi dibattito del secondo dopoguerra.


 
 
 
 
 

Recupero del Cavallo di Troia


 

Forse un suo limite? Forse una sua spasmodica ancora di salvezza nel tourbillon di prove d'autore che hanno imperversato nel secondo Novecento. Sicuramente una cifra stilistica che ne ha segnato, nel bene e nel male, tra successi e critiche, il peso di un'identità nella storia dell'arte contemporanea. Una carriera, quasi quarantacinque anni di arte complessa e colta, densa di raffinati riferimenti culturali, fitta di virtuosismi surreal-metafisici, alimentata di umane inquietudini che hanno tormentato il secolo scorso, documentata da un percorso di oltre cento opere, fra dipinti, disegni e bozzetti di scena provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, a ricostruire l'evoluzione visionaria di Fabrizio Clerici, dai famosi labirinti alle composizioni fantastiche di immaginari paesaggi archeologici, dagli interni di matrice onirica, le cosiddette “stanze”, alla serie dedicata alle figure e ai simboli dell'antico Egitto, fino alle opere ispirate a Friedrich, Böcklin e Signorelli.
 
 
 
 
 
 


Sonno Romano – 1955

 
 
 

Roma sarà decisiva per la sua maturità immaginifica. Arriva da Milano all'età di sette anni, si laurea in architettura a ventiquattro, e si innamora dei suoi monumenti antichi, della pittura e dell'architettura rinascimentale e barocca che lo influenzarono fortemente. E' tutto l'apparato teatrale, folclorico e mistico della città che lo seduce.

Sempre a Roma, negli anni della guerra, si appassiona agli studi scientifici di Athanasius Kircher, agli anamorfici di Erhard Schön e a quelle teorie ottico-prospettiche del Padre Jean-Francois Niceron dell'ordine dei Minimi.
In piena Roma città aperta incontra Leonor Fini, che gli regala il senso tangibile dell'atmosfera di magia infusa nelle sue opere. Ma gli anni Quaranta sono anche gli anni in cui frequentava Alberto Moravia, Elsa Morante, Renato Guttuso, che lo ritrarrà negli anni settanta con de Chirico e Savinio nel dipinto “Caffè Greco“.
L'incontro con Tristan Tzara, la collaborazione con Lucio Fontana, l'amicizia con Salvador Dalì, sono tutti eventi che ne accentuano la creatività eccentrica.
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 

Poi arrivano i viaggi, le sue peregrinazioni nel Medio Oriente, negli anni Cinquanta, l'Egitto e successivamente la Siria, Giordania, Libia, Cirenaica e Turchia, che gli regaleranno i temi che gli saranno sempre cari, i Miraggi e i Templi dell'uovo, cicli di costruzioni utopistiche nei deserti, che si sviluppano a spirale partendo da un nucleo centrale dove ha sede un ipotetico uovo primigenio.
Viaggi che gli infonderanno la dimensione mitologica, quel senso di fatalità quanto mai vivo nelle sue tele.
Alla pittura, che si evolve secondo l'indirizzo sempre più fantastico e magico, si dedica al teatro.
Al ritorno dall'Egitto, Giorgio Strehler lo invita a creare le scene per La Vedova scaltra di Carlo Goldoni. Non è il primo, e non sarà l'ultimo.
Anche Federico Felllini non riuscì a resistere all'eloquente ambiguità dell'immaginario fantastico di Clerici, come raccontano i bozzetti per “Tre passi nel delirio”, del 1968.
 
 
 
 

 

 

  

 
 
 
Testo di Laura Larcan eggermente adattato al post… da T.K.
Diverse immagini dal sito ARCHIVIO FABRIZIO CLERICI
Impaginaz. T.K.
 
 
 
 
 

CIAO DA TONY KOSPAN
 
 
 
 
 
 
 


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T’AMO – P. ELUARD – FELICE SABATO IN POESIA ARTE AFORISMA E…   3 comments

 

 

William John Hennessy –  Piccolo segreto

 

 

 

 

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Forse attendo invano, ma spero in un tuo
“mi manchi”
che mi accarezzi l'anima.
Gustave Flaubert
 
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William John Hennessy – L'orgoglio di Digione

 

 

T'AMO

Paul Éluard

 

T'amo per tutte le donne che non ho conosciuto

t'amo per tutte le stagioni che non ho vissuto

per l'odore d'altomare e l'odore del pane fresco

per la neve che si scioglie per i primi fiori

per gli animali puri che l'uomo non spaventa

t'amo per parlare

t'amo per tutte le donne che non amo

sei tu stessa a riflettermi io mi vedo così poco

senza di te non vedo che un deserto

tra il passato e il presente

ci sono state tutte queste morti superate senza far rumore

non ho potuto rompere il muro del mio specchio

ho dovuto imparare parola per parola la vita

come si dimentica

t'amo per la tua saggezza che non è la mia

per la salute

t'amo contro tutto quello che ci illude

per questo cuore immortale che io non posseggo

tu credi di essere il dubbio e non sei che ragione

tu sei il sole forte che mi inebria

quando sono sicuro di me..

 

 

William John Hennessy – Fiori di maggio

 

 

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da Tony Kospan

 

 

 

 

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