Questa volta la poesia di cui desidero parlare,
e che propongo anche alla vostra riflessone,
è del sommo Shakespeare.
Leggiamola prima.
Elizabeth Sonrel
QUANDO QUARANTA INVERNI
~ Sonetto 2° ~ William Shakespeare ~
Quando quaranta inverni assedieranno la tua fronte
e profonde trincee solcheranno il campo della tua bellezza,
l’orgoglioso manto della gioventù, ora ammirato,
sarà a brandelli, tenuto in nessun conto.
Allora, se richiesto dove la tua bellezza giace,
dove il tesoro dei tuoi gagliardi giorni,
rispondere ch’essi s’adagiano infossati nei tuoi occhi
per te vergogna bruciante sarebbe e ridicolo vanto.
Quanta più lode meriterebbe la tua bellezza,
se tu potessi replicare: “Questo mio bel bambino
pareggia il conto e fa perdonare il passare degli anni”,
dando prova che la sua bellezza da te fu data.
Sarebbe questo un sentirsi giovane quando sei vecchio,
mirare il tuo sangue caldo quand’esso nelle tue vene è freddo.
Elizabeth Sonrel
Il grande William consiglia dunque alla donna ultraquarantenne
di non preoccuparsi per lo sfiorir “di sua giovanile gran beltà”
ma anzi d’esser felice dato che la sua grazia
sta passando al/la figlio/a.
Però il Sommo, anche stavolta,
nonostante i 40 inverni ormai non siano più validi
ci dona un esempio di profondità di pensiero.
Non possiamo non scorgere in questi versi infatti
il consiglio d’accettar lo scorrer del tempo
in modo sereno… anche perché diversamente
vivremmo molto male gli anni
pochi o molti… che ci restano.
Infatti se ci fermassimo a rimpianger
la bellezza e la forza della nostra gioventù
che giorno per giorno s’allontana sempre più
rischieremmo di cadere nella depressione.
UNA PICCOLA RIFLESSIONE
E LE QUARANTENNI DI OGGI
Dando uno sguardo al significato del sonetto,
possiamo subito osservare come l’idea di una donna quarantenne
piena di rughe (e forse di acciacchi) oggi stride e stupisce
anzi ci appare quasi incomprensibile.
Elizabeth Sonrel
Oggi la donna quarantenne è poco più che giovanetta…
e dunque opterei in questo caso,
date le modifiche avvenute nel corso degli ultimi secoli
riguardo alla durata e tenuta della nostra vita,
per una diversa rappresentazione,
delle immagini poetiche del Sommo.
La donna di cui parla il Sommo William
oggi non sarebbe quarantenne ma settantenne
ed il piccolo sarebbe… il nipotino… eh eh.
Se ci guardiamo intorno, anche nel nostro mondo web,
il numero di nonne giovani e pimpanti
è in incredibile e costante aumento…
(ma in verità anche di nonni) .
Come sempre, cari amici,
la mia è una opinabilissima interpretazione
e come sempre sono curioso di legger
vostre diverse impressioni e valutazioni.
Tony Kospan
F I N E
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G. G. Savoldo
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Non possiamo… noi che amiamo la poesia,
nel giorno in cui morì Napoleone,
non ricordare la più grande e la più bella poesia,
benché dubbiosa, scritta dal Manzoni per lui.
(Ajaccio 15.8.1769 – Longwood – Sant'Elena 5.5.1821)
Poesia che oltre ad esser nota a tutti,
perché ce la fanno studiare a scuola,
ha anche una notevole valenza storica…
oltre ad esser densa di significati spirituali.
Alessandro Manzoni (Milano 7.3.1785 – Milano 22.5.1873)
Il Manzoni la scrisse quasi di getto (4 o 5 gg)
dopo aver saputo che Napoleone era morto
ma soprattutto perché commosso dal fatto
che si era convertito poco prima di morire…
Il poeta, quando il Bonaparte dominava l'Europa
non era stato tra i suoi ammiratori…, anzi,
per cui appare chiaro che questa poesia
in cui ne riconosce comunque la grandezza
(all'epoca Napoleone era amatissimo o odiatissimo)
non poteva certo portar vantaggi allo scrittore milanese.
Questo il foglio su cui fu scritta
In realtà egli si astiene da un preciso giudizio storico
limitandosi a dire… con i mitici versi…
“Fu vera Gloria?
Ai posteri l'ardua sentenza” (vv 31-32),
frase poi entrata a far parte anche del nostro comune dire.
La poesia fu censurata dalle Autorità Austriache
che governavano all'epoca la Lombardia ma,
grazie a Goethe, che la fece pubblicare su una rivista tedesca,
ebbe un'eco immediata in tutta Europa.
Ma ora leggiamola… rileggiamola.
IL CINQUE MAGGIO
Alessandro Manzoni
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie' mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al sùbito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.
Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de' manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e l'avvïò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trïonfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.
Tony Kospan
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Mi sarebbe piaciuto che non fosse stato necessario
dedicare un giorno
a questo gravissimo problema…
Ma ahimé è stato ed è ancora necessario…
per la diffusione e la gravità del fenomeno…
Ed allora nel ns piccolo…
non possiamo non ricordare
– che esiste questo tremendo problema…,
– che va combattuto in ogni modo
e
– che è necessario non abbassare la guardia…
Questa, di un autore che non sono riuscito a scoprire,
è la poesia, a mio parere, più bella contro la pedofilia…
LE ALI SPEZZATE
Guarda gli occhi dei bambini. Ti portano in un mondo fatato, ti portano dove un tempo anche tu sei stato, un mondo popolato da colori e suoni che noi adulti non riusciamo più a vedere non riusciamo più ad ascoltare. Uccellini in un nido che sbattono le ali per poterle poi spiegare e volare verso la vita. Ma ci sono bambini a cui hanno spento i colori. Bambini a cui i suoni glieli hanno trasformati in urla. Bambini che non sanno più piangere perché non hanno più lacrime che non sanno più ridere perché gli hanno tolto il sorriso. che non possono più sognare perché gli hanno ucciso i sogni. Gli hanno rubato l’innocenza, negata l’infanzia E la favola si è trasformata in un incubo. Questi bambini sono quegli uccellini che volevano volare via dal Nido, volare verso la vita che gli aspettava. Non voleranno più perché gli hanno spezzato le ali. E tu uomo, tu che hai osato profanare quell’innocenza, tu che hai ucciso i loro sogni e le loro attese tu che gli hai rubato il tempo magico dell’infanzia tu che gli hai negato lacrime e sorrisi e che in cambio gli hai dato solo dolore, disperazione, e urla che il tuo cuore non ha voluto ascoltare. Tu uomo hai il coraggio di guardare negli occhi di un bambino?
Ed infine ascoltiamo in questo bel video
questa encomiabile e suggestiva canzone di Dolcenera
contro la pedofilia… L'AMORE (IL MOSTRO)
VIDEO
Tony Kospan
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