Facciamo un “salto” nell'antica Cina per conoscere
una tradizionale interpretazione del significato
dei lineamenti del nostro volto.
IL VOLTO
– STRUTTURA E SIGNIFICATI PER LA TRADIZIONE CINESE –
I cinesi usano una metafora geografica per interpretare i tratti del volto, che dividono simbolicamente in cinque montagne e in quattro fiumi.
Le montagne corrispondono ai punti cardinali, con il mento a nord, la fronte a sud, le guance a est e ovest, e il naso che naturalmente occupa il centro.
I fiumi corrispondono ai canali sensoriali: le orecchie, gli occhi, la bocca e le narici ( e così il naso riunisce entrambi i simboli).
Un viso armonioso (e non necessariamente “bello”) deve avere equilibrio tra le cinque montagne, e nei suoi fiumi deve scorrere acqua chiara e limpida.
Simbolicamente significa che l'insieme della “mappa” deve riflettere serenità, tranquillità, saggezza e sensibilità, senza che un elemento prevalga sugli altri, ma compensandosi tutti a vicenda.
La lettura del volto non si riferisce ai tratti che la genesi e la natura ci hanno dato dalla nascita.
Si tratta invece di una lettura “dell'espressione”, ovvero di ciò che si è impresso sul nostro volto nel corso della vita.
Le tensioni muscolari, i tic, le smorfie ecc., ridisegnano il nostro viso corrugandolo qui e spianandolo là,dando luminosità o opacità,rafforzando o indebolendo determinate aree.
Perciò si dice che, entrati nell'età adulta, siamo noi stessi i responsabili del nostro volto..

LA FRONTE
La parte superiore del viso riflette la nostra interiorità in due modi:
– L'aspetto della pelle e la direzione delle rughe.
Una pelle liscia e tersa indica bontà,innocenza e perfino ingenuità.
Una pelle secca indica freddezza,intellettualismo e decisionalità;
una pelle troppo umida può essere indice di nervosismo e squilibrio interiore.
– La fronte è percorsa da linee e solchi,qualunque sia la nostra età.
Due o tre linee parallele indicano equilibrio e armonia, e se i solchi orizzontali sono abbondanti possono segnalare allegria e buon umore.
Se le linee sono molto profonde, indicano insicurezza e mancanza di equilibrio.
Le linee verticali che in genere si collocano tra le sopracciglia, possono esprimere una personalità squilibrata, che ha sofferto eventi dolorosi senza riuscire a superarli.
GLI OCCHI
Sono stati chiamati “lo specchio dell'anima” perchè,oltre alla forma,la grandezza e il colore, riflettono in buona misura la nostra personalità (ovviamente,per chi sa leggerla).
Possiamo avere uno sguardo luminoso a qualunque età, e purtroppo ci sono bambini che hanno già uno sguardo opaco e spento.
La chiarezza e la limpidezza dello sguardo sono indici di salute fisica e mentale,di sincerità e di interesse per ciò che si circonda.
Molte malattie del corpo e della mente si riflettono negli occhi mediante vari segni:macchie,opacità,colore giallognolo,pupille velate,e così via.
Tutti questi segni corrispondono anche a sentimenti e azioni prodotte da vibrazioni negative.
La presenza di venette nel bianco dell'occhio coincide in genere con una personalità squilibrata e ambiziosa, mentre gli occhi “arrossati” , se non sono dovuti dal pianto o una situazione pratica, denotano un carattere pessimista e tormentato.
LA BOCCA E LE LABBRA
La bocca è senza dubbio il tratto più espressivo dei sentimenti e del modo di essere pratico.
Allegria,disprezzo,tristezza,dolore e dispiacere,tutte le emozioni si riflettono nell'atteggiamento delle labbra e nella forma della bocca.
L'antico teatro greco rappresentava la tragedia con una maschera dagli angoli della bocca piegati all'ingiù,e la commedia con la stessa maschera ma con gli angoli piegati all'insù.
Perché tutto ciò che abbiamo vissuto,tutto ciò che pensiamo e sentiamo,lascia un'impronta che segna in modo permanente il nostro viso.
Chi ha riso molto e si gode la vita,con un'atteggiamento aperto e allegro,esibirà un perenne sorriso,forse con piccole rughe attorno agli angoli della bocca,e la parte inferiore delle guange liscia e piena.
Al contrario una persona sofferente e amareggiata tenderà a dare alla bocca una curvatura “tragica”,con le labbra serrate e le guance incavate.
Qualunque sia la forma della bocca con cui siamo venuti al mondo,è quasi certo che le labbra delle persone sensuali e ottimiste si ingrandiscono, mentre quelle delle persone molto cerebrali e riflessive si assottigliano.
CONSIDERAZIONE FINALE SUL SENSO DEI TRATTI DEL VISO
Anche se nei testi cinesi abbandonano le interpretazioni di ciascun tratto e di ogni area del volto, e anche se il criminologo italiano Cesare Lombroso riuscì a classificare la propenzione della delinquenza basandosi sulle misure e sulla forma del cranio, non è mia intenzione accogliere questo tipo di pregiudizi basati sulle casualità anatomiche.
Voglio dire che non credo si possa giudicare una persona dalla forma delle orecchie, del naso o delle sopracciglia, nonostante i commenti popolari sul naso imporporato dei bevitori, sulla fronte stretta degli ignoranti o il mento sporgente dei volitivi.
(DAL WEB – IMPAGINAZ. T.K.)
Concordo in pieno con le considerazioni finali dell'autore del testo… che comunque resta molto interessante…
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Sembra proprio che gli psicologi americani più in voga, i super esperti delle felicità altrui, i massmediologi dal consiglio facile, e perfino i divulgatori di filosofie orientali, (tutti pagati profumatamente) hanno scoperto, nientepopodimeno, che i classici latini li hanno preceduti… alla grande!
INCREDIBILE…
E' STATO RISCOPERTO SENECA
ED IL SUO “DE VITA BEATA”
a cura di Tony Kospan

Anche Lui però ai suoi tempi fu attaccato duramente dai critici e dunque leggeremo prima le sue difese e poi… il primo capitolo del suo “DE VITA BEATA”… che appare emblematico dei motivi di questa (ri)scoperta… americana… e che consiglio vivamente di leggere perché a mio parere ci può donare diversi spunti di riflessione.
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DE VITA BEATA – IL LIBRO E LE CRITICHE DELL'EPOCA
Seneca era stato accusato… dai critici dell’epoca… di predicare bene e razzolare male… e questo libro, che ha la forma di un dialogo apologetico, lo scrisse proprio per difendersi dalle accuse di incoerenza che gli erano state rivolte.
Aliter loqueris, aliter vivis”, lo apostrofa l’interlocutore immaginato nel dialogo: “dici una cosa, ne fai un’altra”.
Seneca non nega le sue colpe, ma controbatte che nei suoi scritti parla in generale della virtù, non della propria vita personale.
Lui si definisce infatti un semplice aspirante alla saggezza (adsectator sapientiae): “non sum sapiens […] nec ero“, cioè “non sono un saggio, né lo sarò”; .
Non ritiene quindi di appartenere alla categoria dei “sapientes“, gli unici che hanno raggiunto la virtù.
Afferma inoltre che la ricerca ed il conseguimento della virtù è uno dei mezzi per giungere alla felicità.
La virtù è dunque soprattutto un valore da ricercare ed esercitare.

Corduba 21 maggio da 1 a 4 a.C. – Roma aprile 65 d.C.
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DE VITA BEATA
Seneca
I CAPITOLO
1 – Tutti, o fratello Gallione, vogliono vivere felici, ma quando poi si tratta di riconoscere cos’è che rende felice la vita, ecco che ti vanno a tentoni; a tal punto è così poco facile nella vita raggiungere la felicità, che uno, quanto più affannosamente la cerca, tanto più se ne allontana, per poco che esca di strada; che se poi si va in senso opposto, allora più si corre veloci e più aumenta la distanza.
Perciò dobbiamo prima chiederci che cosa desideriamo; poi considerare per quale strada possiamo pervenirvi nel tempo più breve, e renderci conto, durante il cammino, sempre che sia quello giusto, di quanto ogni giorno ne abbiamo compiuto e di quanto ci stiamo sempre più avvicinando a ciò verso cui il nostro naturale istinto ci spinge.
Finché vaghiamo a caso, senza seguire una guida ma solo lo strepito e il clamore discorde di chi ci chiama da tutte le parti, la nostra vita si consumerà in un continuo andirivieni e sarà breve anche se noi ci daremo giorno e notte da fare con le migliori intenzioni.
Si stabilisca dunque dove vogliamo arrivare e per quale strada, non senza una guida cui sia noto il cammino che abbiamo intrapreso, perché qui non si tratta delle solite circostanze cui si va incontro in tutti gli altri viaggi; in quelli, per non sbagliare, basta seguire la strada o chiedere alla gente del luogo, qui, invece, sono proprio le strade più frequentate e più conosciute a trarre maggiormente in inganno.
Da nulla, quindi, bisogna guardarsi meglio che dal seguire, come fanno le pecore, il gregge che ci cammina davanti, dirigendoci non dove si deve andare, ma dove tutti vanno.
E niente ci tira addosso i mali peggiori come l’andar dietro alle chiacchiere della gente, convinti che le cose accettate per generale consenso siano le migliori e che, dal momento che gli esempi che abbiamo sono molti, sia meglio vivere non secondo ragione, ma per imitazione.
Di qui tutta questa caterva di uomini che crollano gli unì sugli altri.
Quello che accade in una gran folla di persone, quando la gente si schiaccia a vicenda (nessuno cade, infatti, senza trascinare con sé qualche altro, e i primi provocano la caduta di quelli che stan dietro), capita nella vita: nessuno sbaglia solo per sé, ma è la causa e l’origine degli errori degli altri; infatti è uno sbaglio attaccarsi a quelli che ci precedono, e poiché ognuno preferisce credere, piuttosto che giudicare, mai si esprime un giudizio sulla vita, ma ci si limita a credere: così l’errore, passato di mano in mano, ci travolge e ci fa precipitare.
Gli esempi altrui sono quelli che ci rovinano; noi invece staremo bene appena ci staccheremo dalla folla.
Ora, in verità, il popolo, contro la ragione, si fa difensore del proprio male.
E succede come nei comizi quando, mutato che sia il volubile favore popolare, a meravigliarsi dell’elezione dei pretori sono proprio quelli che li hanno eletti: approviamo e nello stesso tempo disapproviamo le medesime cose; è questo il risultato di ogni giudizio che si dà secondo quel che dicono i più.

Ciao da Tony Kospan
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GUILLAUME APOLLINAIRE
POETA DELLE AVANGUARDIE
Breve Biografia ed alcune sue poesie
a cura di Tony Kospan
Qui è dipinto da De Chirico
Guillaume Apollinaire (ma il suo vero nome era Wilhelm Apollinaire de Kostrowitsky) nacque a Roma il 26 agosto 1880 da un ufficiale italiano ed una signora polacca.
Si trasferì giovanissimo a Parigi.
Lì entrò in contatto con le avanguardie culturali dell’epoca… e frequentò personalità quali Maurice de Vlaminck, André Derain, Pablo Picasso, Georges Braque, Henri Matisse e De Chirico… divenendo anche il teorico del movimento pittorico cubista.
Già allora appare forte la sua curiosità verso tutto quel che è nuovo… tecnologico e moderno… e questo lo portò anche ad appoggiare il movimento che proprio del modernismo fece la sua bandiera e cioè il futurismo di Marinetti.
Roma 26.8.1880 – Parigi 9.11.1918
Nel 1910 iniziò, ormai trentenne, la sua vita letteraria con un libro di sedici racconti “L’eresiarca & C.”, e dopo altre esperienze letterarie pubblicò nel 1913 “Alcools” una raccolta di sua poesie , che ebbe gran successo e influenzò molto tutta la letteratura francese, ed è oggi considerata il suo capolavoro… insieme con “Calligrammes” del 1918.

Le poesie di “Alcools” risentono degli influssi del Simbolismo francese e mostrano una bella la musicalità pur in temi legati alla malinconia ed al sogno.
Dopo queste, tante altre furono le sue pubblicazioni…, che però si diressero pian piano verso tematiche industriali e tecnologiche dell’epoca come l’automobile, il cinema, etc… esplorando nel contempo nuovi strumenti tecnici ed espressivi come l’eleminazione della punteggiatura, il verso libero, lo sperimentalismo grafico del calligramma.
Morì il 9 novembre 1918, in un modesto attico parigino e fu sepolto insieme ad altri grandi personaggi dell’epoca nel cimitero di Père Lachaise.
Leggiamo ora alcune tra le sue più belle poesie…
NEL LAGO DEI TUOI OCCHI
Nel lago dei tuoi occhi assai profondo
si scioglie il mio povero cuore a fondo
lo disperdono laggiù
nell'acqua di amore e follia
ricordo e malinconia.
Louise de Coligny-Châtillon – Uno dei 5 amori di Apollinaire
1909
La signora aveva un vestito
In ottomano viola scarlatto
E la sua tunica ricamata d'oro
Era composta di due pannelli
Che s'attaccavano sulle spalle
Gli occhi danzanti come angeli
Rideva rideva
Aveva un viso dai colori di Francia
Gli occhi blu i denti bianchi e le labbra molto rosse
Aveva un viso dai colori di Francia
Era scollata in rotondo
E pettinata alla Recamier
Con belle braccia nude
Non si sentirà mai suonare la mezzanotte
La signora nel vestito di ottomano viola scarlatto
E in tunica ricamata d'oro
Scollata in rotondo
Portava a passeggio i suoi riccioli
La sua fascia d'oro
E trascinava le scarpette con le fibbie
Era così bella
Che non avresti osato amarla
Amavo le donne atroci nei quartieri enormi
Dove nasceva ogni giorno qualche essere nuovo
Il ferro era il loro sangue la fiamma il cervello
Amavo amavo il popolo abile delle macchine
Il lusso e la bellezza sono solamente la sua schiuma
Quella donna era così bella
Che mi faceva paura.
Emile Vernon
LA PARTENZA
E i loro volti erano pallidi
Spezzati i loro singhiozzi.
Come la neve dai petali puri
O le tue mani sui miei baci
Cadevano le foglie autunnali.
Questa è poi divenuta anche una nota canzone francese…
IL PONTE MIRABEAU
Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna
E i nostri amori
Me lo devo ricordare
La gioia veniva sempre dopo il dolore
Venga la notte suoni l'ora
I giorni se ne vanno io rimango
Le mani nelle mani faccia a faccia restiamo
Mentre sotto
Il ponte delle nostre braccia passa
L'onda stanca degli eterni sguardi
Venga la notte suoni l'ora
I giorni se ne vanno io rimango
L'amore se ne va come
L'amore se ne va
Com'è lenta la vita
E come la Speranza è violenta
quest'acqua corrente
Venga la notte suoni l'ora
I giorni se ne vanno io rimango
Passano i giorni e passano le settimane
Né il tempo passato
Né gli amori ritornano
Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna
Venga la notte suoni l'ora
I giorni se ne vanno io rimango

(La versione musicale)

Ciao da Tony Kospan
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VENTIQUATTRESIMO ANNIVERSARIO
DELLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO

Il 9 novembre 1989 cadeva il Muro di Berlino
Quest'anno la tremenda crisi economica che sconvolge l'Italia… L'Europa… ed il Mondo… ha fatto passare in secondo piano un avvenimento storico che ha segnato la storia della seconda parte del 20° secolo…
Ritengo tuttavia importante non dimenticarlo… perché quel giorno segnò il definitivo tramonto della Guerra Fredda e dei blocchi contapposti Occidente – Impero URSS.
Per 28 anni, dal 1961 al 1989, il muro di Berlino ha tagliato in due non solo una città, ma un intero paese.
Fu il simbolo delle divisione del mondo in una sfera americana e una sovietica.
Fu il simbolo più crudele della Guerra Fredda.
T. K.

PICCOLA STORIA DEL MURO DI BERLINO

1 – Le due Germanie
Come diretta conseguenza della seconda guerra mondiale e della guerra fredda, la Germania, nel 1949, fu divisa. Sul piano economico la Germania occidentale visse negli anni 50 un fortissimo boom, erano gli anni del cosiddetto “Wirtschaftswunder” (miracolo economico). Aiutata all'inizio dai soldi americani, la Germania Federale riuscì in breve tempo a diventare nuovamente una nazione rispettata per la sua forza economica.
Attlee, Truman e Stalin alla conferenza di Ptotsdam (1945)
La parte orientale faceva molto più fatica a riprendersi: era svantaggiata all'inizio per le pesanti richieste economiche fatte dall'Unione Sovietica per riparare i danni subiti nella guerra e per la mancanza di aiuti paragonabili a quelli che riceveva la parte occidentale. Inoltre la rigida struttura di pianificazione nazionale dell'economia non favorì lo stesso sviluppo come nella parte occidentale del paese. Più i due paesi si stabilivano al livello politico, più si facevano sentire le differenze per quanto riguarda lo standard di vita.
In quegli anni il confine tra est ed ovest non era ancora insuperabile e per tutti gli anni '50 centinaia di migliaia di persone fuggivano ogni anno dall'est all'ovest, per la maggior parte erano giovani con meno di 30 anni e spesso persone con una buona formazione professionale, laureati, operai specializzati e artigiani, che all'ovest si aspettavano un futuro più redditizio e più libero. Questo continuo dissanguamento stava diventando un pericolo serio per la Germania dell'est ed era un'ulteriore causa delle difficoltà economiche di questo stato.
L'erezione del muro
2 – La costruzione del muro
Nelle prime ore del 13 agosto del 1961 le unità armate della Germania dell'est interruppero tutti i collegamenti tra Berlino est e ovest e iniziavano a costruire, davanti agli occhi esterrefatti degli abitanti di tutte e due le parti, un muro insuperabile che avrebbe attraversato tutta la città, che avrebbe diviso le famiglie in due e tagliato la strada tra casa e posto di lavoro, scuola e università. Non solo a Berlino ma in tutta la Germania il confine tra est ed ovest diventò una trappola mortale. I soldati ricevettero l'ordine di sparare su tutti quelli che cercano di attraversare la zona di confine che con gli anni fu attrezzata con dei macchinari sempre più terrificanti, con mine anti-uomo, filo spinato alimentato con corrente ad alta tensione, e addirittura con degli impianti che sparavano automaticamente su tutto quello che si muoveva nella cosiddetta “striscia della morte”.

13 agosto 1961: viene eretto il muro di Berlino
Bloccato quasi completamente il dissanguamento economico dello stato, negli anni 60 e 70 la DDR visse anch'essa un boom economico. Tra gli stati dell'est diventò la nazione economicamente più forte e i tedeschi cominciarono a rassegnarsi alla divisione. Di riunificazione si parlava sempre meno e solo durante le commemorazioni e le feste nazionali.

3 – La caduta del muro
Quello che infine, per la grande sorpresa di tutti e nel giro di pochissimo tempo portò alla riunificazione furono due fattori: l'arrivo di Gorbaciov (vedi la foto a sinistra) come leader dell'Unione Sovietica e le crescenti difficoltà politiche ed economiche dei paesi dell'est e specialmente della DDR. Con la “Perestroika”, cioè la radicale trasformazione della politica e della economia e con la “Glasnost”, che doveva portare alla trasparenza politica, Gorbaciov cominciò a cambiare strada all'Unione Sovietica.
I dirigenti della DDR videro questo processo prima con un certo imbarazzo e poi con crescente resistenza. Nel corso del 1989, i cambiamenti democratici, le piccole rivoluzioni nell'economia e nella politica in Polonia, in Ungheria e nell'Unione Sovietica riempivano ogni giorno i giornali in tutta l'Europa, solo nella DDR il tempo sembrava essersi fermato, ma molta gente adesso era impaziente e cominciò a protestare e manifestare apertamente.

Ogni tentativo di lasciare la DDR in direzione ovest equivaleva ancora a un suicidio, ma nell'estate del '89 la gente della DDR trovò un'altra via di fuga: erano le ambasciate della Germania Federale a Praga, Varsavia e Budapest il territorio occidentale dove si poteva arrivare molto più facilmente! Cominciò un assalto in massa a queste tre ambasciate che dovevano ospitare migliaia di persone stanche di vivere nella DDR. Ma il colpo decisivo arrivò quando l'Ungheria, il 10 settembre, aprì i suoi confini con l'Austria. Ora, la strada dalla Germania dell'est all'ovest (attraverso l'Ungheria e l'Austria) era libera! La valanga di fuga stava diventando inarrestabile.
Anche l'ultimo tentativo da parte del governo della DDR di salvare il salvabile, cioè il cambiamento dei vertici del partito comunista e del governo non servì a nulla.

Quando la sera del 9 novembre un portavoce del governo della DDR annunciò una riforma molto ampia della legge sui viaggi all'estero, la gente di Berlino est lo interpretò a modo suo: il muro doveva sparire.
Migliaia di persone si riunivano all'est davanti al muro, ancora sorvegliato dai soldati, ma migliaia di persone stavano anche aspettando dall'altra parte del muro, all'ovest, con ansia e preoccupazione.
Nell'incredibile confusione di quella notte, qualcuno, e ancora oggi non si sa esattamente chi sia stato, dette l'ordine ai soldati di ritirarsi e, tra lacrime ed abbracci, migliaia di persone dall'est e dall'ovest, scavalcando il muro, si incontravano per la prima volta dopo 29 anni.

TESTO STORIA DEL MURO DAL SITO – VIAGGIARE IN GERMANIA – IMPAGINAZ. T.K.
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Bianca Monet che dipinge – Monet
La promenade (La passeggiata) – Monet
VUOI CHIAMARMI GIOIA
Sibilla Aleramo
Vuoi chiamarmi Gioia
poi che non sai il mio nome.
E io ti rispondo come ti rispose quel fanciullo
a cui lodasti i lucenti occhi
laggiù nel paese caldo e colorato,
ti rispondo che sei tù ad avere nel forte cuore
la virtù della gioia,
tù ad investire il cuore mio.
Tanto sei forte o signore
che di me cogli solo ciò che t’incanta
e mi ravvivi il sorriso,
e fai che a me stessa più non importi il mio nome
il mio nome che non è Gioia,
fai che ogni oscura imminenza della mia sorte
io alteramente allontani.
– per un attimo?-
e a fine del tuo il mio sorriso ravvivi.
Ravvivi il mio canto,
ed è come se laggiù chiusa nella tua mano
tu mi portassi, nel paese cldo e colorato,
in un avvampante aurora,
là dove ogni cosa si chiama Gioia.
Il prato – Monet
da Tony Kospan
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