Archivio per novembre 2012

SIGNORINELLA PALLIDA – POETICA… DOLCE… CANZONE DI UN TEMPO….   Leave a comment

 
 
 

 
 
 

In verità il titolo esatto è solo…
SIGNORINELLA…
ma è universalmente conosciuta come
SIGNORINELLA PALLIDA

 
 
 
 
 
 
 
 
 
ATMOSFERE E NOTE… D’UN TEMPO
a cura di Tony Kospan
 
 
 
 

 
 
 
Il testo della canzone è Poesia pura…
vera poesia del grande poeta e paroliere Libero Bovio.
 
 
Essa, a dire degli esperti, è sì scritta in lingua italiana,
ma è pensata in lingua Napoletana, 
per sintassi e costruzione delle strofe.

 
 
 
 

 
 
 
 
 
LA POESIA DELLA CANZONE
 
 
 
E’ una canzone davvero struggente che colpì, appena uscì…,
tantissimi cuori … e da allora non ha mai smessso…
di colpire soprattutto quello di chi è lontano dalla terra d’origine…
 
 
 
Personalmente non riesco a non commuovermi  
ogni volta che l’ascolto.

 
 
 
 Boccioni – La signora Massimino
 
 
 
 

LA STORIA DELLA CANZONE
 
 
Si racconta che la musica fu scritta in una nottata
e musicata da un Valente arrabbiatissimo
perché aveva perduto molto giocando a carte.


 
 
 

Vincenzo Irolli 
 

 
 
 
 
L'ATMOSFERA DELL'EPOCA
 
 
Vediamo, prima di passare alla canzone
qualche immagine che
ci riporta all'atmosfera del 1931…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il mitico Tazio Nuvolari il 2 agosto del 1931 prima della partenza della gara
 
 
 
 
In un primo momento i discografici l’avevano bocciata
perché per loro era… “un romanzo… e non una canzone…”
ma mai smentita fu più clamorosa…
e dal suo successo nacque anche un film.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ma veniamo alla canzone e, per meglio gustarla,
leggiamo prima il testo.
 
 
 
SIGNORINELLA
Libero Bovio – Nicola Valente (1931) 

 
Signorinella pallida,
dolce dirimpettaia del quinto piano,
non v’è una notte ch’io non sogni Napoli,
e son vent’anni che ne sto’ lontano!
Al mio paese nevica,
e il campanile della chiesa è bianco,
tutta la legna è diventata cenere,
io ho sempre freddo e sono triste e stanco!
Lenta e lontana,
mentre ti penso suona la campana
della piccola chiesa del Gesù
e nevica, vedessi come nevica ….
ma tu, dove sei tu?
Bei tempi di baldoria,
dolce felicità fatta di niente:
Brindisi coi bicchieri colmi d’acqua
al nostro amore povero e innocente.
Negli occhi tuoi passavano
una speranza, un sogno, una carezza ….
avevi un nome che non si dimentica,
un nome lungo e breve: giovinezza!
Amore mio!
Non ti ricordi che, nel dirmi addio,
mi mettesti all’occhiello una pansè
e mi dicesti, con la voce tremula:
“Non ti scordar di me!”
E gli anni e i giorni passano,
uguali e grigi, con monotonia,
le nostre foglie più non rinverdiscono,
signorinella, che malinconia!
Tu innamorata e pallida
più non ricami innanzi al tuo telaio,
io qui son diventato il buon don Cesare,
porto il mantello a ruota e fo’ il notaio.
Il mio piccino,
sfogliando un vecchio libro di latino,
ha trovato, indovina, una pansè ….
perchè negli occhi mi spuntò una lacrima?
Chissà, chissà perchè!
Lenta e lontana,
mentre ti penso, suona la campana
della piccola chiesa del Gesù ….
e nevica, vedessi come nevica ….
ma tu …. dove sei tu?
 
 
 
 
 Danielle Darrieux
 
 
 
 
IL VIDEO DELLA CANZONE
 
 
e poi ascoltiamola in questo video… in cui è
interpretata da Achille Togliani.
 
 
 
 
 
 
 
 
CIAO DA TONY KOSPAN
 
 
 

 
 
 
 

LA PAGINA DI PSICHE E SOGNO DI FB?






 

LA STATUA VIVENTE… SUPER BARZELLETTA….   Leave a comment

 

 

OLTRE CHE UNA BARZELLETTA…

E' ANCHE UNA BELLA STORIELLA

 

 

 

 
 
 

LA STATUA VIVENTE…

 

 
Una donna è a letto col suo amante quando sente il marito che apre la porta di casa.
“Sbrigati!!!” dice lei,”Mettiti lì in piedi nell’angolo!”.
Lo spalma con una crema per bambini e in fretta e furia gli spruzza tonnellate di borotalco addosso.
“Non ti muovere finché non te lo dico io… fingi di essere una statua!!!”
Il marito come entra nella stanza e chiede “Che cos’è quella amore?”
“Oh, è solo una statua,” gli dice con indifferenza” gli Smith ne hanno comprata una per la loro camera da letto, mi è piaciuta così tanto che ne ho presa una anche per noi!”.
Non si parlò più della statua nemmeno quando la sera si coricarono per dormire.
Intorno alle 2 di mattina il marito si alza, va in cucina e torna alcuni minuti dopo con un panino e una birra.
“Tieni,” dice alla statua, “mangia qualcosa. Sono stato fermo a far la statua  come un idiota dagli Smith per tre giorni e nessuno mi ha dato nemmeno un bicchiere d’acqua!”
 
 
 
 

 
 
 
 
E ricordate…
se vi capita di trovare una statua vivente…
maschile o femminile, in camera da letto,
non lasciatela morire di fame o di sete…
 
 
Pensate che potreste esser voi quella statua eh eh…
 
 
Scappooooooooooooooo
 
 
 
 
 
 
CIAOOOOOOOOOOOOO
 
 
ORSO TONY
 
 
 
 
 
 

IN BREVE LA… MILLENARIA STORIA DEL… FARO…   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 
IL FARO
NASCITA STORIA ED EVOLUZIONE
 
 
 
 
 
 
 
 
L’ORIGINE DEI FARI
 
 
 

Un tempo le coste di notte erano oscure e raramente si poteva scorgere qualche flebile lumicino su di esse, indicazione di presenza umana a terra. Era facile allora segnalare ai naviganti la presenza di pericoli o la strada da seguire per arrivare in porto semplicemente accendendo un bel falò in una posizione conosciuta.La cosa si prestava comunque anche alla pirateria, dal momento che bastava falsare la posizione dell’indicazione per far andare in secca i vascelli da depredare, come accadde spesso lungo le coste del Mare del Nord nei secoli passati. Niente di più logico quindi che si pensasse a un opportuno e sicuro segnalamento marittimo per dirigere i naviganti in sicurezza.Nell’antichità i fari erano collocati all’entrata di porti importanti per agevolare l’approdo di notte.Erano funzionanti saltuariamente e solo quando era necessario, data la difficoltà di alimentare le fiamme con legna e pece.

 

 

 
 
 
 
IL FARO NELL’ANTICHITA’
 
 
 
Di essi si ricordano quello famoso di Alessandria d’Egitto (si ritiene che la prima vera e propria torre-faro, quella che ha dato a tutte le altre il nome e il modello, sia stata proprio questa).Venne costruita nel III secolo a.C. un’alta torre sulla quale un enorme braciere veniva acceso risultando visibile da molto lontano. La torre si ergeva con i suoi 120 metri proprio all’ingresso del porto su un’isoletta, il cui nome era (ed è tuttora) Pharos (da cui il nome Faro).Architetto ne fu Sostrato di Cnido, figlio di Dexifane, il quale lavorò sotto i primi due Tolomei.
La costruzione del Faro iniziò probabilmente nel 297 a.C., sebbene in epoca più tarda il cronista Eusebio, vescovo di Cesarea, che era stato prigioniero in Egitto, citi nella sua Cronaca la costruzione del faro nell’anno 283 o 282 a.C.
L’inaugurazione ebbe luogo sotto il secondo Tolomeo, Filadelfo, tra il 280 e il 279 a.C.
Il Faro era stato consacrato a favore dei navigatori agli dei salvatori, come diceva l’epigrafe dedicatoria, che poteva facilmente essere scorta da chiunque entrasse o uscisse dal porto.
La fiamma del Faro, vista isolata e alta sull’orizzonte, come una stella, sembrava ad essi l’apparizione della divinità protettrice.
Assai presto si diffuse nel mondo antico la fama della torre luminosa sorta sulla spiaggia dell’Egitto, torre che in verità era annoverata tra le più colossali costruzioni dei re greci.
La torre di Alessandria non fu la sola nell’antichità a rappresentare il primo sistema nautico inventato dall’uomo per la sicurezza sul mare. Altra analoga realizzazione fu per esempio il cosiddetto “Colosso di Rodi”, enorme costruzione di forma umana all’ingresso del porto dell’ “isola delle rose”, annoverata fra le sette meraviglie dell’antichità.
 
 
 
 

 

 

Particolare curioso del faro originale antico era la capacità del sistema di emettere anche suoni, quasi fosse un antenato dei moderni “fog horn” (corni da nebbia). Infatti un ingegnoso sistema di contenitore con acqua, riscaldata dal braciere, consentiva la fuoriuscita di getti vapore che funzionavano né più né meno come le attuali sirene delle navi. Un altro faro di grandi dimensioni, di cui ancor a metà del ’700 esistevano imponenti rovine, fu costruito sulla Manica a Boulogne dall’imperatore Caligola.I romani ne costruirono anche nell’Adriatico, uno p.es. a Brindisi, un altro in prossimità della foce del Po, di cui esiste ancor oggi il basamento di metri 7 x 7 posto su pali, un altro ad Ancona, etc. Certamente esistevano fari anche in Dalmazia se sulla colonna Traiana è riprodotto uno in prossimità dell’approdo, dove scese l’imperatore Traiano nel suo viaggio verso l’Oriente.I porti importanti erano dotati di lanterne prossime al centro abitato che quando erano in funzione bruciavano, – come nell’antichità – legna e pece. Nel Medio Evo non si costruivano fari isolati lungo le coste, non potendosene garantire permanentemente la sicurezza.

 

 

L’EVOLUZIONE DEI FARI
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I segnali emessi erano in origine esclusivamente luminosi, e stabili.
L’applicazione di uno specchio (e poi di una lente) alla fonte luminosa, in modo da estendere la portata luminosa del manufatto, fu per lungo tempo la sua unica evoluzione sostanziale.
Si aggiunsero poi meccanismi di rotazione, lenti per la colorazione della luce e così via. Il salto tecnologico si ebbe con l’aggiungersi, ai fari luminosi, di altri “ausili alla navigazione“, in particolare dei c.d. “ausili radioelettrici” – radiofari e risponditori radar.
I fari italiani costituiscono una risorsa storica e culturale per il nostro patrimonio architettonico ma anche per il paesaggio costiero regionale.
Ogni faro è univoco nel contesto della sua posizione geografica, sono progettati per durare nei secoli e segnare i caratteri del luogo esaltandone i valori ambientali e naturali attraverso il loro stile e la loro natura architettonica.
Un patrimonio poco conosciuto, studiato in maniera specialistica da pochi.
 
 
 
 

 

 

 

Testo dal web – Impaginaz. Tony Kospan
 
 
 

CIAO DA TONY KOSPAN

 

 

 

LA PAGINA CULTURALE DI FB
 
 
 

QUANDO NON CI SARO’ PIU’ – POESIA SULL’ETERNITA’ DEL SENTIMENTO   3 comments

  
 
 
 
 
Questa poesia dai significati ampi e solo apparentemente tristi,
pur parlandoci di un futuro addio alla vita
ha tuttavia, alla sua base, il senso sublime 
del vero grande Amore, del vero grande Affetto.
 
 
Ci parla infatti di un sentimento che va oltre la vita
e che resterà sempre accanto e dentro… chi si ama.


 
 
 

POESIA DELL’AMORE (IN SENSO LATO)


CHE VA OLTRE LA VITA







Dunque essa ci inoltra in una visione dell’amore o affetto

vero, totale,assoluto, profondo… come quello tra 2 innamorati,
ma anche tra genitori e figli, tra amici davvero fraterni… etc etc.
 
 
L’autore è un noto poeta e romanziere croato
nostro contemporaneo.
 
 
Ma ora leggiamola,e se ci va,
possiamo farlo anche ascoltando questa musica new age.
 
 
 
 

 
 
 
QUANDO NON CI SARO’ PIU’
Drazan Gunjaca
 
 Quando non ci sarò più…
quando le mie impronte
verranno cancellate dalla pioggia,
resterà la mia anima a vivere
ad amarti e ad ammirati.
ti assisterà nel tuo dolore
allevierà ogni tua lacrima
t proteggerà dal male e dalla menzogna
renderà meno pesante la tua solitudine.
Ti darà forza e coraggio
ti dara’ sogni tranquilli
ti restituirà il sorriso e ti fara felice
ti farà vivere la vita fino alla fine.
ti farà capire che nella vita tutto è precario
che devi accettare sia la fortuna
sia l’angoscia sia il dolore,
che l’imagine sbiadita di chi non c’è più
è anch’essa vita e non ricordo.
ti insegnerà a vivere con ciò che fu
che la realtà non e’ un sogno,
che tutto il bello successo ieri
vive per sempre in noi.
Per me, per te, continua.
Perché solo in tal modo vivrò anch’io
guardando il mondo attraverso tuoi occhi
accompagnandoti nei tuoi sogni.


 



  
 


Cosa ne pensate?

Ciao da Tony Kospan



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INSIEME – VERZELLONI – FELICE W. E. IN POESIA ARTE MUSICA E…   Leave a comment

 

 

Pierre Auguste Cot – Dionisia

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 Nel vero amore è l’anima che abbraccia il corpo.

Friedrich Nietzsche 

 

 

 

 

 

Pierre Auguste Cot – Primavera

 

 

 

I N S I E M E

~ R. Verzelloni ~

 

Giocheremo a piedi nudi

sulle onde del mare,

raccoglieremo fiori

sui rami del sole,

danzeremo sulle foglie vellutate

delle nuvole in cielo,

ascolteremo la melodia

della sabbia dorata,

fiuteremo l’aroma

della pioggia primaverile.

Tutto questo lo vivremo insieme,

tenendo i nostri cuori per mano,

uniti dallo stesso destino

fatto da lacrime di gioia.

E come anime vaganti

rigonfie di emozioni

ci fermeremo solo un attimo

ad osservare

chi non capisce e

chi non potrà mai capire

cosa vuol dire

……

amare.

 
 
 

 

Pierre Auguste Cot – Pisana con cesto di arance e limoni

 

 

 

 

 

 

da Orso Tony

 

 
 
 
 
 
 
 
 
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IL GRUPPO DI CHI AMA
VIVER L'ARTE… E NON SOLO…
I N S I E M E
Ripped Note
 
 
 
 
 

INCONTRIAMOCI – D. PIERINI – BUONANOTTE IN MINIPOESIA…   1 comment

 
 
 
 
 
 
INCONTRIAMOCI
Davide Pierini

Ma non per costruire qualcosa
per consumare l'attesa
per pattuire un'intesa.
Incontriamoci
solo un attimo.
Per risplendere
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
by Tony Kospan
 
 
 
 
 

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Pubblicato 29 novembre 2012 da tonykospan21 in BUONANOTTE IN MINIPOESIA, Senza categoria

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GIACOMO PUCCINI…- VITA AMORI E OPERE DI UN GRANDE MUSICISTA – II PARTE   Leave a comment


 
 





In questa seconda parte conosceremo
soprattutto i suoi amori
insieme ad altre sue immortali musiche…


 
 
 
 
 
 
 

GIACOMO PUCCINI
UNO DEI MASSIMI COMPOSITORI MUSICALI DI SEMPRE
 

 
 

II PARTE
 
 
 
 
 
Nel 1884 Puccini conobbe Elvira Bonturi, moglie di Narciso Gemignani, un droghiere di Lucca, dal quale ebbe due figli, Fosca e Renato. I due s’innamorarono perdutamente.
 
Elvira decise di lasciare il marito per andare a vivere con Puccini; portò con sé solo Fosca, l’altro figlio, Renato, rimase con il padre.
 
Puccini si affezionò alla piccola come fosse figlia sua.
 
Nel 1886 dall’ unione con Elvira nacque l’unico figlio di Puccini, Antonio.
 
Dopo tanti anni di convivenza Puccini regolarizzò l’unione con Elvira, sposandola nel 1904.
 
 
 
 
La tempestosa moglie Elvira Bonturi
 
 
 


Elvira era una donna estremamente gelosa, irascibile e anche violenta, capace di compiere gesti estremi pur di non perdere il proprio compagno (l’affare Doria Manfredi accaduto nel 1909 è un esempio di quanto Elvira non riuscisse a dominare e la gelosia nei confronti di Giacomo).
 
Doria era una domestica di casa Puccini, una ragazza dolce, umile che non avrebbe mai pensato di sedurre Giacomo, figuriamoci poi davanti agli occhi dell’infuriata moglie; fatto sta che l’Elvira a forza di accusarla pubblicamente di essere l’amante del Maestro, portò la ragazza, anima fragile e sensibile, al suicidio.
 
 
 
 

 
 
 
 
Questa nefasta vicenda incise notevolmente sullo stato d’animo e fisico del compositore, incrinando anche i rapporti con la moglie.
 
Varie circostanze però scoraggiarono Puccini dal chiedere il divorzio, rimanendo così al fianco di Elvira, sebbene il loro rapporto si fosse molto raffreddato dopo quel triste episodio.

 

 

Rose Ader
 
 
 


Puccini ebbe anche varie storie extraconiugali, alcune importanti come quella con Corinna, studentessa di Torino, conosciuta nei primi del 900, che gli fece completamente perdere la testa.

 

 

 

Josephine von Stengel


 

 

La vera passione la conobbe con lei, mentre la storia con Josephine, baronessa austriaca, fu un sentimento più profondo, languido e romantico.

Puccini aveva bisogno di innamorarsi per poter comporre, per potersi sentire ispirato doveva provare quel sentimento forte, passionale, dolce e struggente che è l’amore.


 

 

Sybil Seligman

 

 

D’altronde, come lui, molti compositori si prendevano queste libertà e piccole trasgressioni; Giacomo li chiamava i “piccoli giardini”, delle evasioni innocenti, per poter avere sempre uno spirito ringiovanito e regalare sempre così al pubblico della musica viva ed appassionata.

 

 

(La Bohème – Che gelida manina)  (Pavarotti)
 
 
 
 

Con il passare degli anni Puccini si sentiva sempre meno motivato, più svuotato dagli avvenimenti, sia personali che generali.

C’era stata la guerra del 1915-18, tante cose erano cambiate, anche nei teatri, nel modo di comporre un’opera, ormai lo stile musicale stava mutando, il pubblico desiderava storie e musiche meno appassionate e Giacomo si sentiva molto lontano da questo nuovo modo di intendere la musica.


 

 

 
 
 



Con Turandot finalmente egli compì un notevole passo in avanti: c’è infatti in quest’opera un Puccini diverso, più all’avanguardia, più innovativo.

Ecco che quest’opera riuscì a dargli una carica che gli mancava da tempo, sentiva che la storia della gelida principessa che si trasforma per amore avrebbe mostrato al mondo un Puccini diverso, nuovo, sorprendente!

 

 

 E lucevan le stelle 

 

 


Purtroppo il periodo della composizione di Turandot coincide anche con un aggravamento delle condizioni fisiche del Maestro; l’essere un fumatore incallito e l’infortunio di un osso d’oca inghiottito ed estratto con un piccolo intervento furono causa di un peggioramento delle sue condizioni di salute.

Gli avevano trovato un papilloma letale sotto l’epiglottide: nonostante l’intervento, durato più di tre ore e mezza, avvenuto a Bruxelles presso la clinica del dottor Ledoux, i medici non riuscirono a salvarlo.

Puccini così moriva il 29 novembre del 1924, a 66 anni, lasciando il mondo e il suo pubblico senza parole…


 

 

 
 
 
 


Se n’era andato un grande nel pieno della sua arte creativa, con un’ opera incompiuta…..

Tutto il mondo pianse il cantore di Mimì, Manon, Tosca, Butterfly, Turandot, il creatore di musica celestiale, accorata e sofferta.

La notizia lasciò tutti increduli e sbigottiti, ma la sua musica non si sarebbe mai spenta con lui, essa sarebbe sopravvissuta al tempo che fugge, Puccini avrebbe continuato a vivere con la sua musica, con le sue eroine, trionfando in tutto il mondo, commovendo il pubblico con il suo stile unico ed inconfondibile.

Daniela di Raimondo


 

 

 

 

Al termine di questa breve biografia
ascoltiamo il brano finale 
della sua mitica… incompiuta…
Turandot
 
 
 
 

 (Turandot – La scena finale)  

 
 
 
 
 
CON LA VISIONE E L'ASCOLTO DI QUESTO MITICO BRANO
VI SALUTO RINGRAZIANDO ANCORA L'AUTRICE DEL TESTO
DANIELA DI RAIMONDO
DI CUI MI ONORO ESSER AMICO IN FB
E VOI PER L'ATTENZIONE…
 

 
 
 
 
TONY KOSPAN

 
 
 
Chi volesse legger la I Parte
 
 
 



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GIACOMO PUCCINI…- VITA AMORI E OPERE DI UN GRANDE MUSICISTA – I PARTE   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
PUCCINI  
 
UNO DEI MASSIMI COMPOSITORI MUSICALI
DI SEMPRE
 
 
 
 
 
 

LA SUA VITA –  LA SUA MUSICA – IL SUO MONDO
 
 
 
 
 
I PARTE

 
 
 
   
 
 
 
Racconteremo,  per gli appassionati del grande musicista italiano
e della musica classica in genere  la vita e le opere
e faremo ascoltare alcuni suoi brani… indimenticabili…
 
 
 
 
 
 
Intanto iniziamo con un “assaggio” della sua arte….
con uno dei brani che l’hanno reso famoso nel mondo…
tratto… dalla  “Madame Butterfly
 
 
 
  
 

 
 
 
Ho scelto, tra le tante, questa biografia trovata nel web… perché, a mio parere, è la più completa in quanto tratteggia del nostro non solo i momenti della sua vita… da un punto di vista cronologico… ma anche e soprattuttto dal punto di vista umano ed in tal modo ci consente quasi di vederlo… di essere accanto a lui…
 
Mi complimento pertanto con l’autrice… appassionata ammiratrice e studiosa di Puccini… Daniela Di Raimondo. (Tony Kospan)
 
 
 
 
 
 
 
 
PUCCINI – LA BIOGRAFIA
Daniela Di Raimondo
 
 
 
 
 
 
 
“Ho sempre portato con me un gran sacco di malinconia,
non ne ho ragione, ma così son fatto”.
 
 
 
Questo pensiero così profondo ed intenso giunge dall’anima del più grande compositore d’opera del ventesimo secolo, Giacomo Puccini.
Un simile stato d’animo probabilmente lo ha accompagnato nei momenti più significativi della sua vita, come la creazione dei suoi personaggi femminili più acclamati al mondo: la dolce Mimì, la passionale Tosca e la fragile Butterfly, in un costante stato di angoscia, sofferenza e mestizia, Puccini ha composto delle opere indimenticabili che racchiudono tutto il dolore e la passione che ognuno di noi porta con sé nell’arco della sua esistenza.
Giacomo Puccini nacque il 22 dicembre 1858 a Lucca. Il padre, Michele, era un musicista, organista. La famiglia Puccini contava già altri compositori, a cominciare da Jacopo, il primo genio della famiglia, nato nel 1712. Il padre indirizzò  Giacomo allo studio della musica quando aveva solo cinque anni, cercando di fargli toccare i tasti dell’organo in modo alquanto curioso (appoggiava sui tasti delle monetine di rame e il piccolo Giacomo correva subito a raccoglierle): Ma il papà morì troppo giovane, a soli 52 anni, e non poté proseguire i suoi insegnamenti al caro figlioletto, così lo zio Fortunato Magi si incaricò di ciò. Puccini cominciò poi a frequentare l’Istituto musicale di Lucca nel 1864 sotto la guida di Carlo Angeloni. La decisione di dedicarsi all’opera arrivò nel 1876, quando Puccini assistette al teatro di Pisa a uno spettacolo di Aida: fu un vero colpo di fulmine per lui. Purtroppo gli studi operistici potevano  essere approfonditi solo a Milano, presso il Conservatorio; poiché la famiglia Puccini, dopo la morte del padre, si ritrovava con gravi problemi economici,  la mamma di Giacomo, Albina Magi, donna forte e volitiva, decise di chiedere un sussidio alla regina Margherita, per permettere al figlio di proseguire gli studi.  La regina fece così ottenere a Giacomo una borsa di studio di cento lire mensili, fiduciosa che il suo talento si sarebbe affermato molto presto.
 
 
 
 
Puccini Giovane
 
 
 
 
Puccini poté così diplomarsi in composizione al Conservatorio nel 1883.
Partecipò poi ad un concorso indetto da Sonzogno, presentando il suo Capriccio Sinfonico come saggio finale, ma non lo vinse. Nel maggio del 1884 andò in scena al teatro Dal Verme di Milano la sua prima opera Le Villi: fu un grande successo, di pubblico e di critica. La seconda opera però non ebbe altrettanto successo; infatti l’Edgar, rappresentato nell’aprile del 1889 alla Scala di Milano, fu accolto tiepidamente. Non piacque tanto quanto l’opera  precedente e questo ovviamente avvilì notevolmente Puccini e ancor di più il suo fedele amico e protettore, l’editore Giulio Ricordi, che credeva ciecamente nel suo immenso talento e che volle dargli un’altra occasione per potersi affermare nel mondo. “Puccini è il successore di Verdi”  soleva ripetere il caro Ricordi.
 
 
 
 
 
 
 
 
Infatti il suo fiuto infallibile ebbe poi conferma nell’opera Manon Lescaut, rappresentata al teatro Regio di Torino il primo febbraio del 1893; da allora Puccini riuscì a conquistare la gloria in tutto il mondo, le sue opere furono acclamate nei teatri più prestigiosi d’Europa e  d’oltreoceano, un crescendo che decretò Giacomo Puccini il più grande compositore del Novecento.
Così vediamo nascere nel 1896 la Bohème rappresentata sempre al Regio di Torino e la Tosca nel 1900 al Costanzi di Roma, la Madama Butterfly nel 1904 alla Scala di Milano(qui l’opera fu fischiata e derisa, forse per una congiura ai danni del Maestro, ormai affermato, ricco, e invidiato ovunque per il suo genio, ma anche per il fascino e l’ eleganza, elementi inconsueti per un compositore di quei tempi…..)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
A differenza di altri compositori un po’ trasandati, spettinati, poco curati nel vestire e nei modi, Giacomo Puccini appariva come un uomo estremamente intrigante, raffinato, elegante; amava vestire come un Lord inglese,  soprattutto dopo aver ottenuto successi e ammirazione internazionale….
 
Le donne erano catturate dalla sua musica, inebriate dal suo sguardo così magnetico e sensuale, travolte dai suoi lineamenti così forti, da  vero maschio latino; voluttuoso ed invitante, ecco come risultava Puccini agli sguardi del gentil sesso.
Puccini amava le donne, ne era incantato, ammaliato, “innamorato perdutamente dell’amore”, ecco come amava descriversi. Era anche un uomo schivo, evitava di partecipare a banchetti organizzati appositamente per lui; non amava la folla e il dover parlare davanti a tanta gente gli incuteva ansia ed imbarazzo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fondamentalmente timido, dolce, affettuoso, anche un po’ scontroso, era comunque se stesso solo insieme agli  amici più cari, gente modesta e semplice come piaceva tanto a lui, gente di campagna, buona, leale, schietta ed onesta. Non amava vantarsi o atteggiarsi a genio;
 
Giacomo preferiva l’amicizia vera, le risate, le sane bevute  insieme ai suoi amici di Torre del Lago, ( piccolo paesino sul lago di Massaciuccoli vicino Lucca, divenuta poi residenza del Maestro). Lì riusciva a comporre, ad estraniarsi da tutto e da tutti, a sognare, meditare e godere di quei lussuriosi tramonti sul lago: lì nascevano tutte le opere più commoventi del Maestro perché lì c’era la sua anima, il suo spirito, il suo vero Io.  (CONTINUA)
 
 
Ascoltiamo ora, se vogliamo, questo famoso brano da “Manon Lescaut”
 
 
 
 

 
 
 
 
 
C O N T I N U A
 
 
 
TESTO DAL WEB – IMPAGIN. E COORDIN.  T.K.
 
 
    

 
 
 
 
  
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Per la rivista Rolling Stones

 

 

 

 

Aretha Franklin

 

è la più grande cantante di tutti i tempi…

 
 
 
La rivista Rolling Stones
è da sempre tra le più attive
nello stilare classifiche tematiche.
 
 
L’ultima apparsa nell’edizione americana
riguarda i 100 più grandi cantanti
di tutti i tempi.
 
 
 
 
 
 
 
 
Al primo posto s’è piazzata la regina del soul
Aretha Franklin.
 
 
 
 
Questa la top-ten decretata:

 

1 Aretha Franklin

2 Ray Charles

3 Elvis Presley

4 Sam Cooke

5 John Lennon

6 Marvin Gaye

7 Bob Dylan

8 Otis Redding

9 Stevie Wonder

10 James Brown

 
 
 
 

 
 
 
 
E' ovviamente inevitabilmente soggettiva,
come tutti questi tipi di classifiche…
 
 

Per ognuno dei top 100
c’è una scheda scritta da un prestigioso “collega”.
 
 
 
 
 
 
 
 Trovate tutte le schede e la classifica completa
sul sito sul sito americano di ROLLING STONES
ma c'è anche una versione italiana…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Bene… qualunque sia il vostro parere…
 Aretha è comunque di una… grandezza… assoluta…
 
 
Dunque rendiamole il giusto omaggio…
ascoltandola in questa canzone…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao da Tony Kospan
 
 
 
 

IL SALOTTO DI SOGNO DI FB? 
PSICHEESOGNO1RID.gif PSICHE E SOGNO picture by orsosognante
 
 
 
 
 

SOTTO L’ARCOBALENO – D. COSTANTINI – BUON POMERIGGIO IN POESIA ARTE MUSICA E…   Leave a comment

 

Lord Frederick Leighton – Madre e figlia

    

 

 

 

Il sogno ad occhi aperti non è un vuoto mentale.
E' piuttosto il dono di un'ora che conosce la pienezza dell'anima.
Gaston Bachelard

   

 
 
      

       
 
Lord Frederick Leighton – Luna di miele
 

 
 
SOTTO L'ARCOBALENO
Daniela Costantini
 
E’ un mattino dipinto d’arcobaleno
e mille emozioni mi increspano l’anima.
Le strade ancora bagnate di pioggia
riflettono le mille sfumature del cielo;
mille colori,
mille pensieri,
mille emozioni fatte di te.
Mille baci poserò sulle tue labbra
tra poco…
quando ti incontrerò…
Mi immergerò nel tuo sguardo
dove incontrerò la tua anima.
Naufragherò nel mare del tuo amore
senza cercare salvezza.
Le strade ancora bagnate
sono ora una specchio di luce;
alzo gli occhi…
mi stai venendo incontro.
Mi fermo a guardarti…
troppa emozione;
ti sorrido, mi sorridi…
sotto i colori dell’arcobaleno..
   
 
 
 
 

Lord Frederick Leighton – Le ore d'oro

 

 

 

 

da Orso Tony

 

 

 

 

 
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