Archivio per 10 ottobre 2012

VENIAMO SOLO PER SOGNARE – ESOTICA POESIA SUL SENSO DELLA VITA   5 comments

 
 
 
 
 
Care amiche e cari amici,
stavolta parleremo di una poesia
e di un poeta davvero “esotici”.
 
 
Il poeta definito il “forgiatore di canti”,
Tochihuitzin Coyolchiuhqui,
è un poeta azteco nato verso la fine del XIV secolo
e morto verso la metà del secolo seguente.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
VENIAMO SOLO PER SOGNARE
– SUBLIME POESIA… AZTECA –
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La poesia appare un vero incanto,
vien voglia d'ascoltar lo scorrer di fiumi…
d'osservar fiori ondeggiare
per la brezza primaverile…
 
 
Ma soprattutto
ci dipinge la sua visione della vita…
sul nostro pianeta…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La vita, lunga o breve,
 per lui si svolge tra sogno  natura… e amore.
 
 
Ma ora leggiamola…
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 

VENIAMO SOLO PER SOGNARE

Tochihuitzin Coyolchiuhqui

 

 

Non è vero, non è vero,

che veniamo sulla terra per vivere!

Veniamo solo per dormire.

Veniamo solo per sognare.

 

Il nostro corpo è un fiore.

L’erba diventa verde in primavera,

così i nostri cuori si aprono

e sbocciano come fiori.

 

Alcuni aprono la corolla,

poi appassiscono.

 

 

 

 

 

 

Ciao da Tony Kospan

 

 

 

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VERDI E MATISSE UNITI DAL… BRINDISI… – CLASSICA E ARTE   2 comments

 
 
 
 
 
 
 
Un lieto brindisi…
si prevede alla fine del pranzo…
che la signora, dipinta da Matisse,
sta preparando…
 
 
 
 
Matisse
(Le Cateau-Cambrésis 31 12 1869 – Nizza 3 11 1954)
 
 
 
 
Ammiriamola mentre sta terminando di
apparecchiare la tavola…
 
 
 
 


Henri Matisse – Dinner Table

 
 
 
 
Ed un brindisi è anche questo…
 dalla Traviata… di Verdi…
e che brindisi!!!!
 
 
 
Matisse – Pianista e giocatori di dama
 
 
 
 
E' a mio parere una musica fantastica…
in quanto nel contempo dolce e scintillante…
ed infatti questo brano è considerato tra i più belli
di tutta la musica classica…
ed uno dei capolavori di Verdi…
 
 
 
 

(Roncole Verdi 10 10 1813 – Milano 27 1 1901)
 
 
 
 
Possiamo ascoltarlo e gustarlo
in questa scenografica regia di Zeffirelli…
con la voce di Placido Domingo…
 
 
 
 
Matisse – Lezione di musica
 
 
 
 
o nell'interpretazione di Pavarotti…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao da Tony Kospan
 
 
 

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NELL’AMICIZIA LA SCOPERTA DI SE’ – INTERESSANTE RIFLESSIONE DI U. GALIMBERTI   2 comments

 

 

Davvero un bel brano sul rapporto (necessario)

 tra noi e… l'amicizia.

 

 

 

 

 

 

NELL’AMICIZIA LA SCOPERTA DI SE’

Umberto Galimberti*

 

 

 

 

 

 

Il nostro tempo è caratterizzato o da solitudini di massa, ciascuno davanti al suo computer, vittime di bulimia informatica per non perdere neppure un frammento di mondo, o adunate di massa in occasione di concerti, o a maxischermi per le partite di calcio, o in piazza San Pietro ad applaudire parole di fede o di speranza, ma non più l’amicizia, che è quel rapporto duale che evita alla solitudine di impazzire e alla gran massa di affogarci.

Oggi “amicizia” è diventata una parola che cataloga amori che non si vogliono svelare, rapporti coniugali resi esangui dalla quotidianità, conoscenze utili a scambi di favori, relazioni ipocrite che un giorno possono rivelarsi vantaggiose. Nulla di più, nulla di autentico, ma soprattutto nulla che possa dare espressione a quel bisogno di narrazione, di racconto, di immaginazione, di allusione, di cui si nutre la nostra anima quando nei fatti vuol trovare dei significati, nel dolore un argine, nella gioia una comunicazione, nella monotonia della ripetizione un lampo di novità.

Tutto ciò non è possibile nella solitudine dove il dolore dilaga e la gioia resta inespressa, e neppure nella gran massa che concede espressione solo all’applauso o allo slogan, ma unicamente nell’amicizia dove la parola si fa affabulatoria, immaginifica, confidenziale, segreta e soprattutto fuoriesce dalla “concretezza”, oggi da tutti invocata ed eretta a valore, che altro non è se non un limitarsi nel linguaggio, un controllo delle parole, uno stare ai fatti come richiede il “sano realismo”degli uomini di poche parole, a cui non verrebbe mai in mente di chiedere alla luna “che ci fa in cielo” o a se stessi “che ci fanno qui sulla terra”.

In solitudine queste domande restano inespresse o soffocate, in mezzo alla gente che quotidianamente frequentiamo possono generare qualche sospetto, perché sono domande troppo cariche di senso per poterle esplorare in solitudine, e troppo fuori dall’usuale per poter essere accolte in pubblico come domande “serie”. Eppure queste sono le domande di cui si nutre l’anima, domande poco realistiche ma cariche di simbolismo, per dare spazio alle quali gli antichi Greci, accanto al singolare e al plurale, avevano inventato il “duale”, che è lo spazio dell’amicizia, dove ogni parola che rinvia a un’eccedenza di senso non rischia di apparire parola folle, perché l’ascolto dell’amico non è solo ascolto razionale ma aperto a tutti gli sconfinamenti di senso, che è prerogativa del cuore.

Ma dove trovare il tempo? Si giustificano i più. Non a caso l’amicizia è diffusa tra i giovani che hanno a disposizione tanto tempo, e riprende in età senile quando non si ha null’altro a disposizione che il tempo. Ma che dire di una cultura che concepisce l’amicizia una “perdita di tempo”? Non inganniamoci. Non è il tempo che ci manca, è la capacità di stare l’uno con l’altro in quella forma intermedia che non è la fusione dell’amore e neppure l’anonimato dei rapporti impersonali perchè solo funzionali, è la capacità di muoverci in quella zona di confine tra le prescrizioni della ragione e quegli sprazzi di follia che di continuo attraversano la nostra anima e che solo l’amicizia sa accogliere. Perchè proibirci questo spazio? Quale spietata tirannide ci impone di stare ai fatti e nient’altro che ai fatti?

Tra l’anonimato del pubblico e la solitudine del privato vogliamo conservare quello spazio intermedio propiziato dall’amicizia, che ricuce quella dissociazione a cui la nostra cultura ci costringe a non essere mai in pubblico quel che veramente siamo, e a vergognarci un po in privato delle nostre pubbliche performance. Tuteliamo l’amicizia. Forse è l’unico spazio che ci rimane per un residuo di sincerità, una sorta di riunificazione con noi stessi dalla dissociazione che ci è imposta, una forma di autoriconoscimento secondo quel modulo che Platone ci indica là dove dice: “Se uno, con la parte migliore del suo occhio guarda la parte migliore dell’occhio dell’amico, vede se stesso”.

A meno che ciascuno non sia diventato per se stesso il maggior ingombro da evitare, qualcuno con cui non si sa che rapporti avere, qualcuno da evitare, quando non da affogare con le cose da fare, per non trovarci mai a tu per tu con questo sconosciuto che lo sguardo accogliente dell’amico potrebbe incominciare a raccontare, a delinearne i contorni, a propiziarci l’incontro.

E’ infatti la scoperta di noi che l’amicizia favorisce e propizia.

 

* filosofo

 

 

 

 

 

 

CIAO DA TONY KOSPAN

 

 

 

 

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DOV’ERI? – M. K. SHAHMIRZADI – BUON POMERIGGIO IN POESIA ARTE AFORISMA E….   Leave a comment

 
 
 
 
  
Helene Beland
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
  
Fu il tuo bacio, amore, a rendermi immortale
M. Fuller 
 
 
 
 
 
Helene Beland
 
 
 
DOV'ERI?
Mahmoud K. Shahmirzadi
 
 
Dov'eri?
“Quando sentivo il bisogno di vederti
dov'eri?
Quando riflettevo nei miei pensieri
e vedevo che tu c'eri
dov'eri?
Mentre camminavo per le strade
sotto la pioggia
in quelle sere tristi
 
dov'eri?
Quando la speranza e l'attesa
mi dedicavano solo illusione
tu…

tu dov'eri?”
 
 
 
 
 
Helene Beland
 
 
 
 
 
 
a tutti da Tony Kospan 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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