
a cura di Tony Kospan
lasciandoci sorpresi per il caldo esagerato ed anticipato,
proseguendo nella trilogia astrale…,
dopo aver trattato il tema del sole,
parleremo del corpo celeste a noi più vicino…
il più romantico ed il più amato dai poeti…
LA LUNA.

(ma a sua volta deriva da lingue più antiche)
e significa “Luce riflessa”
mentre il suo nome in greco era Selene
se non l’amica… direi di più… la sorella Luna
che pur cambia sempre… però la sua forma…
proprio come una donna per farsi bella
cambia sempre il suo vestito…?
ma forse anche i nostri pensieri e le nostre emozioni…

ed il suo giocar a rimpiattino col sole…,
ha da sempre affascinato l’umanità
e soprattutto i poeti… e gli innamorati…
e le Pleiadi a mezzo della notte;
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.
Saffo

le ha fatto perdere un pò del suo affascinante mistero…
ma essa parla ancora ai nostri cuori…
sul tema, parlano al vostro cuore…





Maria Luisa Spaziani
e tu l’immensa terra che mi attira,
e questa notte tu, tu sei la luna
– io ti tengo al guinzaglio –
so che mi stai sognando, mi accarezzi,
i globuli lo sanno del mio sangue,
ogni mio nervo teso come un arco
o un’arpa eolia che vibra al respiro.


Jimenez
colsero dal giardino del cielo
i tuoi occhi, violette divine.
Che nostalgia, quando i tuoi occhi
ricordano, di notte, il loro cespo
alla luce morta delle tue mani!
Tutta la mia anima, col suo mondo,
metto nei miei occhi della terra,
per ammirarti, moglie splendida!
Non incontreranno le tue due violette
il leggiadro luogo a cui elevo
cogliendo nella mia anima l’increato?


Charles Baudelaire
come una bella donna su guanciali profondi,
che carezzi con mano disattenta e leggera
prima d’addormentarsi i suoi seni rotondi,
moribonda s’estenua in perduti languori,
con gli occhi seguitando la apparizioni lievi
che sbocciano nel cielo come candidi fiori.
Quando a volte dai torpidi suoi ozi una segreta
lacrima sfugge e cade sulla terra, un poeta
nottambulo raccatta con mistico fervore
nel cavo della mano quella pallida lacrima
iridescente come scheggia d’opale.
e, per sottrarla al sole, se la nasconde in cuore.


Federico Garcia Lorca
nelle notti scure,
quando sorgono gli astri
per bere dalla luna
e dormono le frasche
delle macchie occulte.
E mi sento vuoto
di musica e passione.
Orologio pazzo che suona
antiche ore morte.
Pronunzio il tuo nome
in questa notte scura,
e il tuo nome risuona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della dolce pioggia.
T’amerò come allora
qualche volta? Che colpa
ha mai questo mio cuore?
Se la nebbia svanisce,
quale nuova passione mi attende?
Sarà tranquilla e pura?
Potessero le mie mani
sfogliare la luna!
Non voglio mica la luna


Giacomo Leopardi
che, or volge l’anno, sovra questo colle
io venia pien d’angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, che travagliosa
era mia vita: ed è, nè cangia stile
o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l’affanno duri!
