Questa storia assolutamente vera, ma sconosciuta ai più,
è venuta alla luce, dopo oltre sessanta anni,
grazie al giornalista scrittore Marcello Sorgi…
L’INIMMAGINABILE LOVE STORY
TRA LA FIGLIA DEL DUCE
ED UN CAPO PARTIGIANO
Marcello Sorgi
Il giornalista scrittore ha scoperto per caso a Lipari…
mentre era in vacanza..
questo bellissimo e sorprendente gossip di fine guerra…
Una bruciante passione testimoniata da lettere e «pizzini»
gelosamente custoditi nell’armadio della «petite mal maison»
di contrada Timparozzo,
che fu scenario di quel tormentato profondo rapporto.
Ma andiamo avanti con ordine…
I PROTAGONISTI
EDDA MUSSOLINI… VEDOVA CIANO…
E
LEONIDA BUONGIORNO
LO SCENARIO
Il palcoscenico… bellissimo… sul quale si snoda la storia…
è la bella isola di Lipari… la più grande delle Eolie…
EDDA
CHE PERSONA E’?
Figlia di Benito Mussolini… e Rachele Guidi… trascorre l'infanzia a Milano, discola e molto magra.
Ormai giovanetta conosce il Conte Galeazzo fratello di un'amica
e dopo soli due mesi Edda Mussolini, a soli 20 anni, lo sposerà il 24 aprile 1930.

Il matrimonio tra Edda e Galeazzo
Capri è la meta del loro viaggio di nozze lampo, poi i due sposi partono per Shanghai dove Galeazzo Ciano è console.
Dopo la nascita del figlio Fabrizio rientrano in Italia nel 1932, dove la carriera di Ciano culminerà con la nomina a Ministro degli Esteri.

Edda con il marito Galeazzo Ciano
E’ nella Roma degli anni 30 una delle più attive protagoniste della mondanità…
Potente e prepotente, inquieta, chiacchierata, adoratrice della dea della mondanità, Edda Ciano è la “contessa dei Parioli”.

Spregiudicata, stravagante, di non inespugnabile virtù, ama il gin, il poker, le sigarette forti, gli uomini più giovani, gli abiti audaci, i romanzi americani e le opere di De Chirico.
Appartiene alla razza cui la quotidianità riserva solo scosse di piacere.

La sua vita è una sfida alle regole, un divertissement, un romanzo.
Il suo copione sembra scritto dal dio della fortuna.
Poi, inevitabile, scatta il contrappasso: gli dei malevoli si vendicano e la sua lunga, elegante vacanza precipita in tragedia nelle cupe atmosfere del fascismo morente.
Salò, 1944.
La ribelle dorata dei quartieri alti si trasforma in ribelle autentica, dalla maschera tragica.
Donna “contro”, orgogliosa ma sfinita dalla vita, lotta con tutte le sue forze per salvare Galeazzo.
Implora, minaccia, gioca la carta dei Diari, maledice il padre tanto amato, piange tutte le sue lacrime. Invano.

Edda col padre Benito
Ferita, furiosa, disperata, si rivela una donna vera, protagonista e vittima della Storia.
Gli altri muoiono, lei sopravvive ma è una donna senza sorriso.
Ha amato il marito Galeazzo, a modo suo, e glielo hanno portato via.
Ha amato il padre Benito con tutta se stessa e lui l’ha tradita.
Ha tanto amato e la vita l’ha portata a odiare: tragico capriccio del destino, che, impietoso, le ha chiesto il conto.
Nel settembre del 1945, a cinque mesi dalla fucilazione del padre Benito Mussolini e ventuno da quella del marito Galeazzo, Edda Ciano viene mandata al confino a Lipari.
La “sorvegliata speciale numero 1”, come ama definirsi, è malata, depressa, chiusa nella solitudine.
A 35 anni sembra una donna finita.
Ma… non sarà così.
LEONIDA BUONGIORNO
CHI E’?
Figlio di don Eduardu Bongiorno, capomusica della banda municipale di Lipari, socialista con Mussolini e poi così antifascista da essersi sempre rifiutato di suonare col suo trombone “Giovinezza” e da aver aiutato la fuga in motoscafo di Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Fausto Nitti nel 1929, era ritornato da poco sull’isola.
Era stato Tenente degli Alpini in Grecia e Francia, quindi orgoglioso partigiano comunista della resistenza francese ed ex prigioniero dei tedeschi.
Era colto (laureato in Economia a Bologna), ma anche conoscitore di greco e latino e… romantico.
E’ il capo del Pci isolano… quando…
LA LOVE STORY
Abbiamo lasciato Edda triste e sconsolata al confino ma ecco che dal mazzo di carte del cangiante destino esce un jolly:
Leonida Bongiorno, partigiano comunista bello, alto, forte, colto, romantico.
Lei ha il fascino dell’inquietudine, la seduzione del mistero, l’appeal della dea pagana che fu.

La contessa lo corteggia subito, per stuzzicarlo lo chiama “Baiardo” (come il cavallo di Rinaldo) o “Lecret” (come il generale liberatore di Cuba nel 1898), e gli chiede di poter stare nella sua «casetta moresca» del Timparozzo che le ha «preso il cuore» e che ribattezzerà “Petite Malmaison” (come il castello regalato da Napoleone a Joséphine de Beauharnais dopo il divorzio).
Il loro nido.
Nelle lettere spesso lo provoca: «Mio adorabile allievo di sieur Palmiro»; «Continuate a essere comunista? Davvero?»…
Lui, un po’ in soggezione dinanzi a quella donna misteriosa, le dà il nome di Ellenica, le racconta epici episodi di guerra, leggende e miti delle Eolie, le declama a voce alta l’Odissea, che conosce a memoria.
Soprattutto, la ragguaglia sul suo passato sentimentale, sulle sue tre storie d’amore degne di essere ricordate. Edda ricambia le confidenze, ricorda i tradimenti di Galeazzo, l’indifferenza del Duce («Una donna italiana fascista deve saper portare le corna»), e anche i suoi.
Presto l’amicizia, complici le gite in barca, i versi di Byron, la sbocciante primavera eoliana, senza però sottovalutare i succinti costumi da bagno della rifiorita e abbronzata 35enne, si trasforma.
E poco prima della Pasqua 1946 i baci diventano più audaci, le carezze spinte, gli incontri bollenti. A Vulcanello il 16 marzo Baiardo la disegna nuda, dritta su una piccola roccia in mezzo al mare; un ritratto destinato, dopo il rientro a Roma, a una parete del bagno personale di Ellenica.
Ormai il soldato conquistatore è cotto a puntino.
Una sera le confessa: «Voi per me potreste essere la donna ideale!».
Ma viene gelato: «è possibile che io lo sia per tutti gli uomini che si sono innamorati di me?».
Fra la figlia del duce, la “fascistissima” Edda, e un uomo che orgogliosamente esibisce la tessera del Pci nasce una grande passione, un amore disperato.
Si incontrano, si corteggiano, si amano.
Baci dati e negati, fughe repentine, capricci di monella, parole sussurrate, poesie dedicate, sguardi persi nel vuoto, momenti di passionalità intensa, lettere, gelosia.
Una storia d’amore struggente, impossibile, che nasce e si consuma nelle magiche Eolie, inebriata dal profumo dei gelsomini, bagnata dalle acque blu di quelle isole vulcaniche, rincorsa sulle spiagge nere nei giorni di scirocco «bianco», il vento africano che toglie le forze e induce alla rilassatezza. E come tutte le storie d’amore, capace di superare ogni differenza e ideologia.
«La loro è una storia d’amore e di grande bellezza di vita isolana, un po’ indigena, impensabile oggi.
Passavano le nottate a far l’amore sul terrazzo di casa, lei faceva il bagno in due pezzi…»
CONTINUA….
Testo ed immagini da vari siti rielaborati e coordinati da T.K.
CIAO DA TONY KOSPAN



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Nel giorno dell'anniversario della sua nascita…
mi fa piacere render omaggio ad un poliedrico artista
(attore regista e sceneggiatore)
che fu un vero mito per la sua genialità ed originalità
dagli anni 70 agli anni 90…
(San Giorgio a Cremano, 19 febbraio 1953 – Roma, 4 giugno 1994)
Alla memoria di questo mio concittadino…
prematuramente scomparso,
ma sempre nei cuori di chi ama una comicità non banale,
dedico una poesia di Benigni
letta da Renzo Arbore
e 2 video il primo… di una scena del film
Non ci resta che piangere…
sempre con Benigni
ed il 2° della mitica scenetta
del Dialogo con San Gennaro
con Lello Arena
Questo è poi il testo della poesia…
OMAGGIO A TROISI…
Roberto Benigni
Non so cosa teneva “dint’a capa”,
intelligente, generoso, scaltro,
per lui non vale il detto che è del Papa,
morto un Troisi non se ne fa un altro.
Morto Troisi muore la segreta
arte di quella dolce tarantella,
ciò che Moravia disse del Poeta
io lo ridico per un Pulcinella.
La gioia di bagnarsi in quel diluvio
di “jamm, o’ saccio, ‘naggia, oilloc, azz!”
era come parlare col Vesuvio,
era come ascoltare del buon Jazz.
“Non si capisce”, urlavano sicuri,
“questo Troisi se ne resti al Sud!”
Adesso lo capiscono i canguri,
gli Indiani e i miliardari di Holliwood!
Con lui ho capito tutta la bellezza
di Napoli, la gente, il suo destino,
e non m’ha mai parlato della pizza,
e non m’ha mai suonato il mandolino.
O Massimino io ti tengo in serbo
fra ciò che il mondo dona di più caro,
ha fatto più miracoli il tuo verbo
di quello dell’amato San Gennaro
Qui ora il video di una scena di
NON CI RESTA CHE PIANGERE
“UN FIORINO…”
ed infine il video del…
DIALOGO CON SAN GENNARO
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Tony Kospan
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