Archivio per 4 novembre 2011

IL TEMPO IN UNA GRANDE POESIA ED IN UNA GRANDE CANZONE   Leave a comment



Il tempo è una delle più importanti e misteriose
dimensioni del nostro vivere…
ed ha sempre incuriosito ed affascinato l'Umanità







IL TEMPO
IN UNA GRANDE POESIA
ED IN UNA GRANDE CANZONE


Sant'Agostino diceva:
Se nessuno me lo chiede, so cos'è il tempo,
ma se mi si chiede di spiegarlo, non so cosa dire”.







A proposito dello scorrere del tempo e del rischio di sprecarlo…
ecco quella che è forse la più bella poesia/preghiera che esista.

E' di uno scrittore e filosofo francese del secolo scorso.






INSEGNAMI AD USARE BENE IL TEMPO
Jean Guitton
 

Dio mio,

insegnami ad usare bene il tempo che tu mi dai

e ad impiegarlo bene, senza sciuparne.

Insegnami a prevedere senza tormentarmi,

insegnami a trarre profitto dagli errori passati,

senza lasciarmi prendere dagli scrupoli.

Insegnami ad immaginare l’avvenire

senza disperarmi che non possa essere

quale io l’immagino.

Insegnami a piangere sulle mie colpe

senza cadere nell’inquietudine.

Insegnami ad agire senza fretta,

e ad affrettarmi senza precipitazione.

Insegnami ad unire la fretta alla lentezza,

la serenità al fervore, lo zelo alla pace.

Aiutami quando comincio,

perché è proprio allora che io sono debole.

Veglia sulla mia attenzione quando lavoro,

e soprattutto riempi Tu i vuoti delle mie opere.

Fà che io ami il tempo

che tanto assomiglia alla Tua grazia

perche’ esso porta tutte le opere alla loro fine

e alla loro perfezione

senza che noi abbiamo l’impressione

di parteciparvi in qualche modo.
.
.




Sempre in materia di Tempo,
e sempre di un autore francese,
è la famosissima… mitica canzone-poesia che segue
e di cui possiamo leggere il testo in italiano
mentre l'ascoltiamo nel video in lingua originale.



Avec le temps
(Con il tempo)
di Léo Ferré

Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
Non ricordi più il viso, non ricordi la voce
Quando il cuore ormai tace a che serve cercare
Ti lascio andare, forse meglio così


Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
L'altra che adoravi, che cercavi nel buio
L'altra che indovinavi in un batter di ciglia
E tra le frasi e le righe e il fondotinta
Di promesse agghindate per uscire a ballare


Col tempo sai, tutto scompare.
Col tempo sai col tempo tutto se ne va
Ogni cosa appassisce e mi scopro a frugare
In vetrine di morti,
Quando il sabato sera
La tenerezza rimane senza compagnia.


Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
L'altra a cui tu credevi per un raffreddore, per niente
L'altra che ricoprivi di gioielli e di vento
Per cui avresti impegnato anche l'anima al monte
A cui ti trascinavi alla pari di un cane


Col tempo sai tutto va bene
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
Non ricordi più il fuoco, non ricordi le voci
Della gente da poco e il loro sussurrare
Non ritardare copriti con il freddo che fa.


Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
E ti senti il biancore di un cavallo sfiancato
In un letto straniero ti senti gelato
Solitario ma in fondo in pace col mondo
E ti senti ingannato dagli anni perduti
E allora, col tempo sai… non si ama più.



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BUON ASCOLTO…


CIAO DA TONY KOSPAN

.
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IL GREGGE – MIRIAM BALLERINI – RACCONTO SUBLIME   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 
Non ricordo più dove trovai, parecchio tempo fa,
questo racconto.
 
L’autrice che frequenta il sito
dell’amica Grazia – Maktea, “Casatea”,  
l’ho poi conosciuta un pò… (virtualmente)
confermandomi che si tratta di persona
davvero in gamba.
 
 
 
 
 
 
Grande dunque è stata la mia sorpresa nel leggere il suo nome
quando m’è tornato tra le mani…,
(una volta forse si poteva dir così ma oggi…. nel web… non saprei),
rovistando nei miei archivi virtuali,  questo fantastico racconto.
 
Racconto che unisce eleganza di prosa,
intrisa di realismo, emozione,  dolcezza… 
e grande tensione verso una visione positiva della vita.
 
Vi consiglio di tutto cuore di leggerlo… 
 
Tony Kospan
 
 
 
 
 
 
IL GREGGE
Miriam Ballerini
 
 

Tobia subì l’ennesimo strepito di urla della madre. Nascosto, seduto in cima alle scale, sull’ultimo gradino di legno, quello che scricchiolava meno degli altri; assisteva a un nuovo litigio dei genitori. O, forse, era sempre lo stesso che veniva ripresentato in una nuova versione.
“Non ne posso più della tua gelosia!”, gridò suo padre.
La sua voce salì per la scala a chiocciola, fino a scontrarsi coi suoi piedi imbacuccati in un paio di pantofole a forma di cane.
“E io sono stanca delle tue bugie!” Sua madre, se possibile, urlò più forte di prima.
Il bambino provò a coprirsi le orecchie con le mani, stringendo forte gli occhi, sperando in un qualche rifugio interiore, dove rintanarsi.
“Basta! Me ne vado!”
“No, caro! Non sei tu che te ne vai, sono io che ti caccio via!”
Tobia scalciò l’aria nel tentativo di rialzarsi velocemente. Rinculò fino alla sua camera, dove indossò le scarpe da ginnastica e il giubbetto che da poco si era tolto, tornando da scuola.
Dall’alto delle scale vide l’ombra di suo padre stagliata sul muro: un lungo braccio nero che si allungò per aprire la porta, poi, solo il rumore dei suoi passi sul vialetto e l’accendersi del motore dell’auto.
Tobia discese qualche gradino; sua madre piangeva in cucina, sentiva i suoi singhiozzi, nonostante cercasse di coprirne il suono lavando i piatti, sbattendoli fra loro nell’acqua saponata.
Percorse il corridoio piano; delicatamente aprì la porta e la richiuse adagio.
Aveva otto anni e il pensiero che gli si era presentato alla mente, era semplice e lineare: sottrarsi con la fuga ai litigi dei suoi genitori. Si sentiva svigorito, a furia di passare sempre più giornate ad ascoltare le loro urla, inerpicarsi sui gradini fino a raggiungerlo. Aveva paura, di un timore semplice che solo una parola sapeva racchiudere interamente: divorzio.
A scuola sentiva i discorsi degli altri bambini, figli di divorziati: prima erano le urla, poi il silenzio della divisione. E loro, i bambini, rimanevano in quella terra di mezzo – una terra di nessuno – sbatacchiati ora da un genitore, ora dall’altro. E questo quando ti andava bene: a volte, venivi affidato a mamma e, papà, non si faceva più vivo.
Senza accorgersene, Tobia camminò per le strade del paese, con le lacrime che a forza di pungergli gli occhi, avevano finito per trovare la loro via d’uscita.
Si avviò verso la campagna, passando da un sentiero che a volte percorreva con papà, quando uscivano a raccogliere more; con i guanti per non pungersi le mani e i cestini di vimini che finivano per tingersi di blu.
Superata una modesta altura, venne accolto dal latrare di alcuni cani e si ritrovò circondato da pecore, agnellini e un paio d’asini! Due pastori sedevano su dei massi, intenti a mangiarsi un panino, mentre custodivano il loro gregge. Quando i loro animali avessero ripulito a dovere quel campo, si sarebbero spostati in cerca di una nuova pastura.
Tobia si soffermò ai margini di quell’insieme bianco sporco, belante, ad osservare gli agnellini che trotterellavano intorno alle zampe degli adulti.
Trascorse così  alcune ore, divertendosi ad accarezzare la lana sporca delle pecore e quella più candida dei loro cuccioli. I quali si avvicinavano giusto il tempo per farsi accarezzare il muso rosa, e poi scappare via.
I suoi genitori, nel frattempo, si erano riconciliati, come sempre accadeva dopo le loro liti. Per il bene di Tobia, perché non c’erano davvero questi grandi motivi di contrasto. Erano la tensione, i malumori raccolti sul lavoro che andavano sfogati in qualche futile scontro; per liberarsi da quel catarro vischioso prodotto dallo stress. E poi, ancora si guardavano con negli occhi il velo dell’amore. Forse era un po’ rattoppato, logoro, ma pur sempre lì, a fungere da mantello per ripararsi l’un l’altro.
La donna scese le scale di corsa, allarmata: “Tobia non c’è!”
“Non c’è?”
“Era in camera sua a fare i compiti. Non ci sono nemmeno più le sue scarpe!”
Si guardarono, lei con le guance arrossate per la corsa, lui pallido, sbiancato dall’ angoscia.
Uscirono di casa, scordandosi di coprirsi.
Il freddo di dicembre li avvinghiò appena li ebbe fra le sue braccia.
Cominciarono a cercarlo dai vicini, nei negozi, nei bar. Fra le vie del paese agghindate con file di luci colorate e alberi di Natale, a recitare auguri con le scritte a intermittenza.
Infine, udirono dei belati giungere dalla campagna, e le voci di alcuni uomini che chiedevano aiuto. I due coniugi di precipitarono verso quei suoni, davanti ai loro occhi si presentò una scena tremenda: le pecore erano discese tutte insieme da una collina che era franata sotto al loro peso, fra rovi e alberelli. Le bestie che erano scese per prime, stavano distese a terra, schiacciate dalle altre. I pastori tentavano di allontanare il resto del gregge, per impedirgli di finire anch’essi soffocati.
Tobia corse loro incontro: “Mamma! Papà! Dobbiamo aiutarli!”
La madre lo afferrò per le spalle: “Io e te stiamo qui, è pericoloso”.
Il padre si gettò fra le ressa di animali spaventati, sbattendo le mani e urlando, per far allontanare le altre pecore.
Nonostante gli sforzi di tutte le persone accorse, e i pastori che provarono a rianimare le pecore praticando loro la respirazione bocca a bocca, per venti animali non ci fu nulla da fare.
Tobia, stretto fra i genitori, rimase lì a guardare gli agnellini che richiamavano le loro madri defunte, distese in mezzo all’erba con le zampe levate in aria.
La madre lo abbracciò stretto: “Vieni, torniamo a casa”.
“E adesso?”
Il padre si incamminò con loro, esausto, sporco. “Adesso ci penseranno i pastori. Ai piccoli rimasti orfani daranno loro il latte”.
Entrarono in casa e il padre sedette con Tobia sul primo gradino della scala. “Tesoro, perché sei scappato?”
“Litigavate”.
Il bambino volse verso di lui due occhioni pieni di lacrime: “Litigate sempre! Io non voglio che divorziate”.
La madre gli si inginocchiò accanto: “Tobia, papà e io ci vogliamo bene. Siamo un po’ nervosi, è vero, ma non abbiamo nessuna intenzione di lasciarci”.
“E di lasciare me?” pensò alle zampe di quelle povere bestie, coi piccoli zoccoli appuntiti a indicare un posto lontano del campo.
“Ma cosa dici?” Suo padre gli accarezzò i capelli. “Non pensarlo nemmeno”.
“Io e papà siamo un po’ come quei pastori che hai conosciuto oggi: per la nostra famiglia faremmo di tutto. Hai visto come hanno tentato di salvare il loro gregge? Noi faremmo lo stesso per te. Tu sei il nostro agnellino!” Sua madre lo baciò sulla fronte. “Il più bell’agnellino che abbia mai visto!”
Tobia rise fra le lacrime, tirando su col naso gli ultimi singhiozzi che ancora aveva in gola. “E tu e papà siete due pecore?”
“Bhè…io un bell’ariete, e mamma una pecora con tanta lana!”
Risero, abbracciandosi, ritrovandosi in quell’amara esperienza.

*********
Il giorno dopo degli uomini caricarono su di un camion le carcasse degli animali morti, per portarli all’inceneritore.
Il gregge, nonostante la tremenda sciagura, proseguì nel suo viaggio.
Tobia, divenuto adulto, non scordò mai quelle povere bestie morte schiacciate e l’impegno messo dai pastori per salvarle.
Divenne padre di famiglia e, un giorno, si ritrovò a raccontare questa storia ai suoi figli.
“… i miei genitori mi consolarono facendo questo esempio, da allora, ho sempre pensato alla famiglia come a un gregge: unita”.

 
 
 

Ciao da Tony Kospan

 

 

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POESIE…
INSIEME ED IN AMICIZIA? 
 
FANTMONDOPOESIA.jpg picture by orsotony21
TONY KOSPAN

Pubblicato 4 novembre 2011 da tonykospan21 in RACCONTI E TESTI SUBLIMI

SMS D’AMORE CHE VENGONO DAL… PASSATO…   2 comments

 

 

Ecco come anche coloro che ci hanno preceduti

erano capaci di scrivere brevi messaggi d'amore,

spesso bellissimi,

pur non avendo la necessità… di inviare sms

e chissà… qualcuno di essi potrà tornarci utile…

 

 

 

 
 
 
 
SMS D’AMORE CHE VENGONO DAL…
PASSATO… PIU' O MENO RECENTE
 
 
 
 
 
 
 
 
 
1 – Ama e fai quel che vuoi – S.Agostino
 
 
2 – Amano davvero, quelli che tremano a dire che amano – Ph.Sidney
 
 

3 – Amare è gioire, mentre crediamo di gioire solo se siamo amati – Aristotele

 

4 – Amare è mettere la nostra felicità nella felicità di un altro – G.W.von Leibnitz

 

5 – Amico mio, non pensiamo al domani e cogliamo insieme quest’attimo della vita che trascorre – Kyyam

 

6 – Fu il tuo bacio, amore, a rendermi immortale. – M.Fuller

 

7 – Amore non è guardarsi a vicenda; è guardare insieme nella stessa direzione – A.deSaint-Exupery

 

 

 

 

8 – Amore guarda non con gli occhi ma con l’anima… – Shakespeare

 

9 – Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze – Paul Valery

 

10 – Amore! Ecco un volume in una parola, un oceano in una lacrima, un turbine in un sospiro, un millennio in un secondo – Tupper

 

11 – E adesso che ti amo sono felice, così felice che qualsiasi cosa può aspettare domani. – Alda Merini

 

12 – Non dimenticare mai che l'amore che provo per te è come il vento: non potrai mai vederlo, ma potrai sempre sentirlo. Ovunque sarai. – Sergio Bambaren

 

13 – Bocca dolcissima, se parli o taci sei tutta amori, sei tutta grazie e sempre affabili, sempre vivaci – Rolli

 

14 – E' dolce quello che tu mi dici, ma più dolce è il bacio che ho rubato alla tua bocca. – H. Heine

 

 

 

 

15 – Celami in te, dove cose più dolci son celate, fra le radici delle rose e delle spezie – Swinburne

 

16 – Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l'ho scordato. – Walt Whitman

 

17 – Come ti vidi mi innamorai. E tu sorridi perché lo sai – Arrigo Boito  

 

18 – Con te conversando, dimentico ogni tempo e le stagioni e i loro mutamenti: tutte mi piacciono allo stesso modo – Milton
 
 

19 – Ami domani – chi non ha mai amato – e chi ha amato già – ami domani  – Anonimo latino

 

20 – Cos’è un tuo bacio? Un lambire di fiamma… – Victor Hugo

 

21 – Un amore così bello non doveva far male. – Alda Merini

 

 

 

 

22 – Dammi 1000 baci e quindi 100 e quindi altri 1000 ed altri 100 e poi di nuovo 1000 e ancora 100 – Catullo

 

23 – E’ dolce quello che tu mi dici, ma più dolce è il bacio che ho rubato alla tua bocca – H. Heine

 

24 – E’ preferibile l’aver amato e aver perso l’amore al non aver amato affatto – Lord Tennyson

 

25 – Fortunato quanto gli dei, a me pare, colui che siede di fronte a te e da vicino ode la tua voce e il riso melodioso – Saffo

 

26 – Fu il tuo bacio, amore, a rendermi immortale – M. Fuller

 

 

 

 

 

 

27 – Il bacio è un dolce trovarsi dopo essersi a lungo cercati – Anonimo

 

28 – Non ho mai freddo quando sono tra le tue braccia. – Raymond Peynet

 

29 – Il vero amore non ha mai conosciuto misura – Properzio 

 

30 – Mi piacerebbe soltanto vedere i miei occhi quando ti guardano… – R. Barthes

 

31 – La gioia non è nelle cose, è in noi – Richard Wagner

 

 

 

 

 

 

CIAO DA TONY KOSPAN

 

 

 

     
IL SALOTTO DI SOGNO?
PSICHE E SOGNO
 
 
 
 

Pubblicato 4 novembre 2011 da tonykospan21 in PENSIERI E NOTIZIE SORRIDENTI

MI VESTIRO’ DI TE – XARTAM – BUON WEEK END IN POESIA MUSICA E…   Leave a comment

 
 
 
Il Turbante – William Clarke Wontner
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Il male che a vicenda ci facemmo
lo dimentica il cuore,
ma le ore beate si fermano per sempre
in un interminabile splendore
Hermann Hesse
 
 
   
 
 
 
 

 


MI VESTIRO’ DI TE
~ G. Xartam ~
 

 
Mi vestirò di te…
dei tuoi caldi sguardi
e delle tue illusioni,
sarai per me il fresco cotone
per le giornate afose
oppure pura lana vergine
per quando il freddo
invaderà il cuore mio,
cucirò un foulard colorato
con la seta della tua pelle.
Mi vestirò di te…
delle tue notti insonni
e dei tuoi sogni più dolci
che saranno il mio pigiama,
sarai carezza lieve
sulla mia pelle nuda,
userò le fibre tue più calde
per mantenere il fuoco nel mio corpo,
userò tutta la stoffa che c’è in te
per fare capi unici.
Mi vestirò di te…
perché senza di te 
è come se fossi nudo.
 
 
Una folata di vento – Levy Dhurm
 

 
 
 
 
 
 
 
da Orso Tony
 
 
 
 
 
 
 
 
 
PSICHE E SOGNO
il tuo salotto culturale di fb
 
 

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