Archivio per 27 luglio 2011
LA BARCA – E. DICKINSON – FELICE NOTTE IN MINIPOESIA… 1 comment
LE LINEE DI NAZCA? – MISTERO IRRISOLTO! Leave a comment

Sul Mistero delle linee di Nazca molto si è scritto
e molti credono (o credevano) d’aver trovato la soluzione…
ma in effetti… come possiamo leggere in questo articolo,
che mi appare abbastanza serio e completo
pur senza esser pesante o noioso,
non sembra affatto che sia così…
NAZCA
– UN MISTERO ANCORA IRRISOLTO –

Gli enormi geoglifi dell’altopiano peruviano:
chi li ha tracciati? E perché?
di Dario Massara
Nel sud del Perù, in un’area desertica di quattrocento chilometri quadrati, le linee di Nazca sono un complesso di oltre 13.000 tracce continue e quasi 300 tra disegni e figure geometriche, ciascuna con un’estensione variabile da un minimo di 25 a un massimo di 275 metri. Avvistate per la prima volta nel 1927, a tutt’oggi costituiscono uno dei più grandi misteri dell’archeologia moderna. Difficile stabilire con certezza chi le abbia tracciate, quando e con quali tecniche. Persino più arduo decifrare il loro significato intrinseco.

Ufficialmente gli archeologi attribuiscono la paternità dei geoglifi ai Nazca, una civiltà preincaica vissuta tra il 300 a.C. e il 700 d.C. circa. Invero, trattandosi di opere fatte di pietra e sabbia, stimarne una datazione precisa con l’esame al carbonio è una strada non percorribile. Di certo si sa che esse furono realizzate mediante la rimozione dello strato superficiale e dei ciottoli del deserto, lasciando così scoperto il fondo giallino sottostante.

Del tutto inspiegabile, però, il meccanismo con cui gli autori poterono seguire il buon andamento dei lavori e la corretta esecuzione delle figure, posto che esse risultano ben visibili solo da un’altezza di almeno di 300 metri. Negli anni Settanta qualche studioso aveva addirittura teorizzato che i Nazca, già 2.500 anni fa, fossero in grado di costruire oggetti volanti simili alle attuali mongolfiere. Un’ipotesi suggestiva, ma ben lungi dall’essere suffragata da prove certe.

Per convenzione i disegni presenti sull’altopiano peruviano vengono suddivisi in tre categorie: gli antropomorfi, gli zoomorfi e le forme geometriche pure. Il loro stato di conservazione appare pressoché perfetto. Un fatto di per se straordinario, se si considera che i sassi e la sabbia siano materiali mobili, non cementati con alcun tipo di malta.
Secondo l’archeologo Josué Lancho Rojas la spiegazione risiederebbe in una particolarità dell’area. “L’incidenza del sole su un terreno altamente mineralizzato crea un vuoto termico di quasi un metro d’altezza. Per tale motivo i venti non riescono ad avere un’incidenza diretta sul paesaggio, lasciandolo immutato”. A ciò si aggiunga un’ulteriore peculiarità della zona, la quasi totale assenza di precipitazioni: ogni anno la durata complessiva delle piogge non supera mai i venti minuti.
Una delle figure più complesse e controverse è quella del ragno. Si tratta di un aracnide particolarmente raro, appartenente alla famiglia dei Ricinulei, che vive solo all’interno della foresta amazzonica. La sua caratteristica principale è la presenza di un organo genitale minuscolo localizzato su una delle zampe, osservabile in via esclusiva attraverso l’uso del microscopio. Di qui l’insorgere di diversi interrogativi. Uno: come facevano i Nazca a conoscere un animale così raro, che per giunta viveva a centinaia di chilometri da loro? Due: come hanno potuto rappresentarlo con precisione assoluta, considerando che non disponevano di strumenti d’osservazione minimamente paragonabili ai moderni microscopi? Tre: perché raffigurare proprio tale specie di ragno e in quella data posizione?
Tra i primi tentativi di fornire delle risposte, quello della ricercatrice tedesca Maria Reiche all’inizio degli anni Quaranta. A suo avviso lo schema dell’aracnide rappresentava gli spostamenti delle stelle della cintura di Orione nel firmamento a partire dal III secolo avanti Cristo. L’intero complesso di Nazca, poi, era da considerare come un gigantesco calendario astronomico, volto a spiegare il processo degli equinozi. Pur interessante sul piano teorico, la teoria astronomica della Reiche venne però contraddetta quasi trent’anni dopo da uno studio del professor Gerald Hawkins. Questi, infatti, dall’analisi computerizzata di circa 200 geoglifi, dimostrò che solo un 20% di essi risultava orientato secondo la posizione dei principali corpi celesti, tra cui il Sole e le stelle dell’Orsa Maggiore.
Agli studi della Reiche ne fecero seguito diversi altri, sovente piuttosto fantasiosi e arditi. Johan Reinard suppose che i geoglifi costituissero una sorta di calendario solare, per tenere sotto controllo lo scorrere del tempo. Simone Waisbard, invece, avanzò l’idea che essi potessero rappresentare una stazione meteorologica, per prevedere in anticipo il livello annuo delle precipitazioni. Addirittura, nel 1968, lo scrittore svizzero Erich von Daeniken sostenne che le raffigurazioni sudamericane fossero dei veri e propri segnali di richiamo per velivoli extraterrestri, predisposti per favorire atterraggi in condizioni di sicurezza.
Di tutte le tesi sin qui elaborate, la più realistica appare quella presentata nel 2001 dall’archeologo italiano Giuseppe Orefici, secondo cui le linee di Nazca erano dei lunghissimi viali consacrati dagli indigeni alle divinità dell’acqua e della fertilità.

In particolare, Orefici ritenne che la loro esecuzione ebbe inizio a partire dal 350 a.C., ossia dopo il terribile terremoto che distrusse Cahuachi, l’antica capitale religiosa dei Nazca. “Il loro era un mondo senza scrittura – osservò Orefici – Comunicavano attraverso i segni dipinti su ceramiche o stoffe”. In piccolo si trattava degli stessi segni riportati sul terreno e aventi le sembianze del ragno, del condor, del colibrì e delle innumerevoli altre immagini antropomorfe. Tutte dotate di una forte carica esoterica, tutte deputate a proteggere l’uomo dai disastri naturali e dalla siccità.
In conclusione, nonostante i notevoli passi avanti nella conoscenza degli stili di vita e delle capacità e competenze della civiltà Nazca, il mistero delle linee appare ancora di difficile decifrazione. Forse, come sostiene qualcuno, non è poi così assurdo vedere in esso un possibile anello di congiunzione tra il mondo primitivo e quello antico. Il frutto, cioè, di una qualche civiltà risalente molto evoluta, di cui purtroppo si sono perse completamente le tracce.
DAL WEB – IMPAGINAZ. T.K.
Ciao da Tony Kospan
IL SALOTTO DI SOGNO DI FACEBOOK?
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SOGNARE – F. PALMIERI – VERO E PROPRIO MANIFESTO DEL SOGNATORE Leave a comment

Cari amici amanti del sogno…
il bel brano che segue
sembra in buona parte un vero e proprio
Manifesto del Sognatore…

In verità non lo condivido al 100%
ma nella massima parte esprime dei concetti
che un sognatore non può non sentire
come propri o vicini ai propri…
Il sogno è stato amato, è amato e sarà amato
da tutti coloro che vogliono vivere… a colori…
quei colori che la grigia realtà spesso
vorrebbe impedirci di vedere…





SOGNARE
Francesca Palmieri
Sognare, vivere. Vivere, sognare.
Piani paralleli che si alternano, come il giorno e la notte.
A volte non si capisce bene il confine dell’uno e dell’altro.
Il sogno sconfina nella realtà, irrompe nel quotidiano e rende i contorni della nostra vita più morbidi, più da fiaba.
Il vivere sconfina nel sogno e brandelli di esperienza, frammenti di presente o passato compaiono nella nostra mente, nella nostra fantasia.
Sogno e vita si sostengono a vicenda, camminano a volte sotto braccio.
Il sogno illude ma sa anche confortare.
Quello che non ci piace viene annullato, quello che ci piace prende forma e per un attimo sembra a portata di mano.
Il sogno concretizza situazioni e emozioni che tanto desideriamo e che purtroppo appaiono troppo lontane.
Quello che nel reale non si può afferrare, lo si afferra nel sogno.
Perché il sogno è la sfera del tutto è possibile e del tutto può accadere.
Il sogno non impone limiti o barriere.
E’appagamento del cuore, a volte dei sensi.
Il cuore sa che può rifugiarsi nel sogno, è la sua alcova.
Persone irraggiungibili sono tra le nostre mani.
Circostanze improbabili sono davanti ai nostri occhi.
Possiamo arrivare dovunque e a chiunque…
E il sogno può essere anche una trappola, seducente ma che fa male.
Di troppa vita non si muore, ma di troppo sogno forse sì.
Una volta tornati coi piedi per terra, l’impatto è forte.
Ciò che abbiamo intorno cambia. Non c’è più quello che avevano visto nella mente.
Siamo tornati alla realtà da cui eravamo sfuggiti.
Siamo al punto di partenza e lì rimarremo.
Perché il sogno svanisce, sbiadisce, si dissolve.
Ma la vita vera no, è accanto a noi, è dentro di noi.
E’ bello sognare: questa è una delle poche certezze che tutti noi condividiamo.
Che sia un sogno notturno o a occhi aperti.
Perché sognare apre possibilità nuove, apre altri mondi, quelli più nascosti ed inconsci.
E a dirlo non è solo Freud.
Lo affermano anche tanti scrittori, da Calderon De la Barca a Pasolini.
Già, lo stesso Pasolini, personaggio ambiguo e controcorrente, ha scoperto il valore delle visioni. Per non parlare di tutto il 900 visionario e immaginifico.
Noi siamo figli del sogno, non della veglia.
Noi amiamo lasciarci andare in fantasie e compiacimenti.
Costruirci un nostro mondo, con i nostri amori, con i nostri desideri, con tutto ciò che vorremmo avere.
In tempi storici così difficili, sognare dà ancora più sollievo.
Più la realtà è dura e difficile da accettare, più sognare è di appoggio.
Sogniamo noi, persone Occidentali, un mondo di pace e senza odio e sogna anche il popolo Orientale, di avere ciò che gli spetta e di non ricevere solo bombe e distruzione.
Sognano i grandi politici, come i bambini inconsapevoli che si ritrovano in una realtà assurda.
Sognano i buoni e chissà, forse pure i mostri e chi tanto male ci sta procurando…..
Il sogno appartiene a tutti.
Il diritto di sognare è universale.
Tante cose si possono controllare, ma non la nostra mente, i nostri sogni.
I sogni sono la sfera più privata e inaccessibile che possa esistere.
L’universo che c’è in noi, che sia pacifico, o pieno di rancore, è un territorio inviolabile.
Nessun estraneo può entrare.
Nemmeno le persone più care, quelle più vicine a noi e di cui ci fidiamo.
I sogni sono il nostro piccolo grande segreto….
La nostra porzione di individualità……
Se un sogno si infrange, c’è sempre un altro sogno che arriva.
Perché senza sogni saremmo soli, saremmo niente.
Immaginare una vita alternativa è un privilegio di cui non possiamo fare a meno.
Se il sogno è un appiglio, non possiamo privarci di esso.
Perché non vogliamo cadere. Perché ci piace la sensazione di evasione che ci trasmette.
Perché avere una vita perfetta, in cui tutto è al posto giusto, è davvero un’illusione.
E allora godiamoci le illusioni, anche solo per una notte senza stelle…
Ciao da Tony Kospan
L’UCCELLO E LA BAMBINA – RACCONTINO D’AMICIZIA E DI SAGGEZZA Leave a comment
L'UCCELLINO INCANTATO E LA BAMBINA (Rubem Alves)
Tra una bambina e un uccellino incantato, che possedeva penne variopinte dai colori dei luoghi che visitava, era nata una splendida amicizia.
Purtroppo l’uccellino ogni tanto doveva partire per nuovi lidi.
La piccola lo pregava di non lasciarla sola, ma lui doveva farlo, poiché la sua bellezza dipendeva dai viaggi che lui intraprendeva e dalla nostalgia che lei provava durante la sua assenza.
La bimba decise che quando sarebbe tornato lo avrebbe chiuso in una gabbia.
Dopo qualche tempo l’amico tornò e mentre dormiva la piccola lo catturò.
All’improvviso fu svegliata da un urlo terribile di disperazione.
Il prigioniero le fece notare di aver commesso un gravissimo errore.
Chiuso in gabbia si sarebbe rattristato, le sue piume avrebbero perso i colori e lei avrebbe smesso di amarlo.
La bimba capì di essersi comportata da stupida, così, aprì la porta della gabbia e lo lasciò libero.
Mentre esso si allontanava, l'avvertì che questa volta la sua assenza si sarebbe protratta più a lungo per riacquistare i colori e la rassicurò che sarebbe tornato, bello e interessante come prima.
La piccina da quel giorno cominciò a vivere il suo mondo incantato nell’attesa.
Indossava vestiti sgargianti, deponeva fiori colorati nei vasi.
Aveva compreso che anche la nostalgia era necessaria per rendere più forte la loro amicizia.
Morale: quando si ama veramente una persona
è indispensabile non tarparle le ali.
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DAL WEB – IMPAGINAZ. ORSO TONY
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Felice mercoledì in poesia (Gabbiano di E. Ciulla) arte (Antonio Ermolao Paoletti ) canzone (A Chi di Fausto Leali) e Leave a comment
Antonio Ermolao Paoletti – Bambini musicanti a Piazza San Marco
Giove, dall’alto, ride dei falsi giuramenti degli amanti. Ovidio ![]() Antonio Ermolao Paoletti – Piccioni e bambini a Venezia
GABBIANO
~ Esther Ciulla ~
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Ascolta gabbiano,
aspetta un momento, un attimo solo ! Sono io che ti chiamo, sono io che rapita, guardandoti in volo invano le mani protendo a prenderti l’ali… Oh gabbiano, potessi io lontano volare, perdermi in orizzonti perlati, potessi come te seguire l’onda di mari infiniti, cullarmi nel cielo coi venti ! Potessi io, ubriaca di sole vagare stordita, gustare appagata lo spazio nei mari e nei cieli e riprendere vita. ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Antonio Ermolao Paoletti – Gatto con l'acquolina in bocca
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