Mi vestirò di te… dei tuoi caldi sguardi e delle tue illusioni, sarai per me il fresco cotone per le giornate afose oppure pura lana vergine per quando il freddo invaderà il cuore mio, cucirò un foulard colorato con la seta della tua pelle.
Mi vestirò di te… delle tue notti insonni e dei tuoi sogni più dolci che saranno il mio pigiama, sarai carezza lieve sulla mia pelle nuda, userò le fibre tue più calde per mantenere il fuoco nel mio corpo, userò tutta la stoffa che c’è in te per fare capi unici.
Mi vestirò di te… perché senza di te è come se fossi nudo.
Torna amore vela delicata e libera che occupi il pensiero della mia terra sto morendo sulla grandiosità di un fiume che è rosso di desiderio e vorrebbe travolgere il tuo amore
Nel 1884 Puccini conobbe Elvira Bonturi, moglie di Narciso Gemignani, un droghiere di Lucca, dal quale ebbe due figli, Fosca e Renato. I due s’innamorarono perdutamente.
Elvira decise di lasciare il marito per andare a vivere con Puccini; portò con sé solo Fosca, l’altro figlio, Renato, rimase con il padre.
Puccini si affezionò alla piccola come fosse figlia sua.
Nel 1886 dall’ unione con Elvira nacque l’unico figlio di Puccini, Antonio.
Dopo tanti anni di convivenza Puccini regolarizzò l’unione con Elvira, sposandola nel 1904.
La tempestosa Elvira Bonturi
Elvira era una donna estremamente gelosa, irascibile e anche violenta, capace di compiere gesti estremi pur di non perdere il proprio compagno (l’affare Doria Manfredi accaduto nel 1909 è un esempio di quanto Elvira non riuscisse a dominare e la gelosia nei confronti di Giacomo. Doria era una domestica di casa Puccini, una ragazza dolce, umile che non avrebbe mai pensato di sedurre Giacomo, figuriamoci poi davanti agli occhi dell’infuriata moglie; fatto sta che l’Elvira a forza di accusarla pubblicamente di essere l’amante del Maestro, portò la ragazza, anima fragile e sensibile, al suicidio. Questa nefasta vicenda incise notevolmente sullo stato d’animo e fisico del compositore, incrinando anche i rapporti con la moglie. Varie circostanze però scoraggiarono Puccini dal chiedere il divorzio, rimanendo così al fianco di Elvira, sebbene il loro rapporto si fosse molto raffreddato dopo quel triste episodio).
Rose Ader
Puccini ebbe anche varie storie extraconiugali, alcune importanti come quella con Corinna, studentessa di Torino, conosciuta nei primi del 900, che gli fece completamente perdere la testa.
La vera passione la conobbe con lei, mentre la storia con Josephine, baronessa austriaca, fu un sentimento più profondo, languido e romantico.
Puccini aveva bisogno di innamorarsi per poter comporre, per potersi sentire ispirato doveva provare quel sentimento forte, passionale, dolce e struggente che è l’amore.
Sybil Seligman
D’altronde, come lui, molti compositori si prendevano queste libertà e piccole trasgressioni; Giacomo li chiamava i “piccoli giardini”, delle evasioni innocenti, per poter avere sempre uno spirito ringiovanito e regalare sempre così al pubblico della musica viva ed appassionata.
(“Che gelida manina”)
Con il passare degli anni Puccini si sentiva sempre meno motivato, più svuotato dagli avvenimenti, sia personali che generali. C’era stata la guerra del 1915-18, tante cose erano cambiate, anche nei teatri, nel modo di comporre un’opera, ormai lo stile musicale stava mutando, il pubblico desiderava storie e musiche meno appassionate e Giacomo si sentiva molto lontano da questo nuovo modo di intendere la musica.
Puccini e Toscanini
Con Turandot finalmente egli compì un notevole passo in avanti: c’è infatti in quest’opera un Puccini diverso, più all’avanguardia, più innovativo. Ecco che quest’opera riuscì a dargli una carica che gli mancava da tempo, sentiva che la storia della gelida principessa che si trasforma per amore avrebbe mostrato al mondo un Puccini diverso, nuovo, sorprendente!
Purtroppo il periodo della composizione di Turandot coincide anche con un aggravamento delle condizioni fisiche del Maestro; l’essere un fumatore incallito e l’infortunio di un osso d’oca inghiottito ed estratto con un piccolo intervento furono causa di un peggioramento delle sue condizioni di salute. Gli avevano trovato un papilloma letale sotto l’epiglottide: nonostante l’intervento, durato più di tre ore e mezza, avvenuto a Bruxelles presso la clinica del dottor Ledoux, i medici non riuscirono a salvarlo. Puccini così moriva il 29 novembre del 1924, a 66 anni, lasciando il mondo e il suo pubblico senza parole….
Se n’era andato un grande nel pieno della sua arte creativa, con un’ opera incompiuta….. Tutto il mondo pianse il cantore di Mimì, Manon, Tosca, Butterfly, Turandot, il creatore di musica celestiale, accorata e sofferta. La notizia lasciò tutti increduli e sbigottiti, ma la sua musica non si sarebbe mai spenta con lui, essa sarebbe sopravvissuta al tempo che fugge, Puccini avrebbe continuato a vivere con la sua musica, con le sue eroine, trionfando in tutto il mondo, commovendo il pubblico con il suo stile unico ed inconfondibile.
Daniela di Raimondo
Al termine di questa breve biografia
ascoltiamo questo mitico brano della sua incompiuta…
la Turandot “Nessun dorma”
CON LA VISIONE E L'ASCOLTO DI QUESTA GRANDE OPERA VI SALUTO RINGRAZIANDO ANCORA L'AUTRICE DEL TESTO, DANIELA DI RAIMONDO DI CUI MI ONORO ESSER AMICO IN FB,
Il Sole è il centro del sistema solare e tutti i pianeti gravitano attorno a lui in un moto armonioso.
è questo movimento armonioso dei pianeti attorno al Sole che dobbiamo riprodurre in noi stessi, affinché tutte le particelle del nostro essere entrino nel ritmo della vita universale.
Contemplando ogni mattina il levar del sole con il desiderio di attingervi delle energie, di penetrare in lui, ma anche di ritrovarlo in noi stessi, noi abbandoniamo la periferia del nostro essere, dove regna il disordine, per ritornare verso il centro, nella pace, nella libertà e nella luce.
è così che diventiamo capaci di ristabilire dentro di noi un sistema identico, con il proprio Sole al centro, ossia il nostro spirito, che viene ad insediarsi e ad assumere il comando. Per trovare delle soluzioni ai problemi che quotidianamente ci si presentano, sia nella nostra vita psichica che nella nostra vita materiale, dobbiamo lavorare per diventare interiormente un sistema organizzato, dobbiamo cioè installare il sole dentro di noi, affinché tutto graviti attorno a quel centro di luce e di calore.”
Omraam Mikhaël Aïvanhov
Omraam Mikhaël Aïvanhov (Serbzi, 31 gennaio 1900 – Fréjus, 25 dicembre 1986) è stato un filosofo e pedagogo bulgaro
Il suo insegnamento è stato orale ed è avvenuto attraverso migliaia di conferenze tenute dal 1937 al 1985 stenografate o registrate su audio o video cassette.
Sono stati pubblicati più di 77 volumi tradotti, in parte, in 32 lingue con i suoi pensieri.
Ancor oggi le sue riflessioni sono amatissime da un grandissimo numero di fans.
E’ a mio parere un pensiero bello profondo.
Esso ci consente davvero di riflettere su noi stessi