
LA SIGNORA IN FRETTA
Vivian Lamarque
Il persempre
era ormai cortissimo diventato.
Quanti Natali erano rimasti?
Una manciata.
Allora bisognava non sprecare
nemmeno un minuto?
Sì, bisognava spicciarsi,
per questo lei, in fretta,
lo adorava.

par Ours Antoine…
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I DUE PASSEROTTI
Due passerotti se ne stavano beatamente a prendere il fresco sulla stessa pianta, che era un salice. Uno si era appollaiato sulla cima del salice, l’altro in basso su una biforcazione dei rami. Dopo un po’, il passerotto che stava in alto, tanto per rompere il ghiaccio, dopo la siesta disse: “Oh, come sono belle queste foglie verdi!”. Il passerotto che stava in basso la prese come una provocazione. Gli rispose in modo seccato: “Ma sei cieco? Non vedi che sono bianche!”. E quello di sopra, indispettito: “Tu sei cieco! Sono verdi!”. E l’altro dal basso con il becco in su: “Ci scommetto le piume della coda che sono bianche. Tu non capisci nulla! Sei matto!”.

Il passerotto della cima si sentì bollire il sangue e senza pensarci due volte si precipitò sul suo avversario per dargli una lezione. L’altro non si mosse. Quando furono vicini, uno di fronte all’altro, con le piume del collo arruffate per l’ira, prima di cominciare il duello ebbero la lealtà di guardare nella stessa direzione, verso l’alto. Il passerotto che veniva dall’alto emise un “oh” di meraviglia:
“Guarda un po’ che sono bianche!”.
Disse però al suo amico: “Prova un po’ a venire lassù dove stavo prima”. Volarono sul più alto ramo del salice e questa volta dissero in coro:
“Guarda un pò… sono verdi”.
Non giudicare nessuno se prima non hai camminato
almeno un’ora nei suoi mocassini
dice un noto proverbio degli Indiani d’America…
QUESTO RACCONTINO HA PER ME UN NOTEVOLE VALORE…
IN QUANTO CI INSEGNA QUANTO SIA IMPORTANTE…
PRIMA DI ESPRIMERE GIUDIZI…
CERCARE ALMENO
DI VEDERE LE COSE DAL PUNTO DI VISTA DELL’ALTRO…
CIAO DA ORSO TONY

P O E S I E ?
UN MODO DIVERSO DI VIVERLE…
ORSO TONY
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IL VIAGGIO IN POESIA… E NON SOLO
a cura di Tony Kospan
La primavera, come ben sapete, cari amici
è per antonomasia il momento del risveglio della natura
ma anche dell’Uomo… che sente rinascere in sé la voglia di vivere…
di conoscere… di sperimentare… di muoversi… etc… etc…
Matisse
Una delle principali espressioni di questo risvegliarsi
è la voglia di partire…ed è proprio al viaggio… al senso del viaggio…
che dedicheremo le poesie di questa domenica…
Dobbiamo andare
e non fermarci mai finché non arriviamo.
– Per andare dove, amico?
– Non lo so, ma dobbiamo andare…
(Jack Kerouac – 'On the road')
Il viaggio serve anche a conoscere… a conoscersi,
a liberarsi da vecchi pregiudizi, a mettersi in discussione,
in pratica il viaggio ci regala
il più profondo senso di appartenenza all'Umanità…
Nell'ambito della poesia e della letteratura in genere
l'emblema storico e classico del viaggiatore
non può che essere Ulisse…
al cui peregrinare Omero dedicò l'Odissea…
e dopo di lui Marco Polo con il Milione.
Ma il viaggio può anche esser inteso
come metafora della nostra vita,
ed è quello che facciamo all’interno del nostro animo…
Ma c'è anche quello nel tempo e nello spazio…
attraverso la storia…
ed oggi c'è anche quello virtuale…
Ma ora iniziamo il viaggio verso le poesie prescelte quest'anno
dove però non troveremo la mitica Itaca di Kavafis…
sempre presente negli altri anni…
e come sempre sarà bello leggere nell'area discussioni del
FANTASTICO MONDO DELLA POESIA
o nei commenti al post nel blog (categ. Poesie a tema)
IL MONDO DI ORSOSOGNANTE
le poesie vostre o quelle che amate su questo tema.
Bè si parte… affidandoci ad Ermes protettore dei viaggi…
A LUNGO DURERA' IL MIO VIAGGIO
Rabindranath Tagore
A lungo durerà il mio viaggio
e lunga è la via da percorrere.
Uscii sul mio carro ai primi albori
del giorno, e proseguii il mio viaggio
attraverso i deserti del mondo
lasciai la mia traccia
su molte stelle e pianeti.
Sono le vie più remote
che portano più vicino a te stesso;
è con lo studio più arduo che si ottiene
la semplicità d'una melodia.
Il viandante deve bussare
a molte porte straniere
per arrivare alla sua,
e bisogna viaggiare
per tutti i mondi esteriori
per giungere infine al sacrario
più segreto all'interno del cuore.
I miei occhi vagarono lontano
prima che li chiudessi dicendo:
“Eccoti!”.
Il grido e la domanda: “Dove?”
si sciolgono nelle lacrime
di mille fiumi e inondano il mondo
con la certezza: “Io sono!”.
UNA STORIA BANALE COME ALTRE
Alexis Diaz Pimienta
Sono arrivati all’Avana,
passeggeri dello stesso aereo,
vicini di posto,
chiacchierando delle sciocchezze
che riempiono i viaggi lunghi.
Lei ha nascosto la macchina fotografica,
ha comprato pizze infami,
ha usato monosillabi per nascondere il suo accento.
Lui parlava a voce alta
e sorrideva per ogni cosa,
ha visitato gli alberghi,
ha falsificato lo stupore,
ha affittato un’automobile.
Lei è entrata nel mercato,
è salita sugli autobus,
ha visto le costellazioni
dal lungomare,
ha comprato e bevuto acquavite.
Lui ha pagato le ragazze,
ha dato mance,
ha fatto felice un bambino
con gomme da masticare e biro,
ha fotografato le code e le case.
Un giorno prima di ripartire
si sono incontrati sotto i portici
della Piazza d’Armi,
soli, a tarda notte.
E non hanno trovato nulla da dirsi.



QUEI GABBIANI
Richard Bach
Quei gabbiani
che non hanno
una meta ideale e
che viaggiano solo
per viaggiare,
non arrivano
da nessuna parte,
e vanno piano.
Quelli invece che
aspirano alla perfezione
anche senza
intraprendere
alcun viaggio,
arrivano dovunque,
e in un baleno.
ATTRAVERSAI UNA CITTA' POPOLOSA
Walt Whitman
Una volta passai per una città popolosa
imprimendomi nel cervello per un uso futuro
vetrine, architetture, tradizioni e costumi,
eppure ora di tutta quella città
ricordo solo una donna incontrata per caso
che mi trattenne in quel luogo per amore sincero.
Giorno su giorno e notte dopo notte noi fummo insieme,
il resto è stato tutto da tempo dimenticato:
ricordo, ricordo solo quella donna
che appassionatamente mi stringeva,
e ancora noi camminiamo, amiamo, ancora ci dividiamo,
e lei mi tiene ancora per mano, io non devo andare,
la vedo accanto a me con le sue labbra tremule e mute.
HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO
E. Montale
Ho sceso dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Ciao da Tony Kospan
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