THOMAS STRUTH
IL FOTOGRAFO DEI… VISITATORI DEI MUSEI
Thomas Struth (nato nel 1954)
Rielaborazione libera di un articolo di
LAURA LARCAN
da parte di Tony Kospan

LAURA LARCAN
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E’ un gioco teatrale spettacolare, da applauso.
Quello che poteva essere un intento documentario di ambienti museali diventa letteralmente una messinscena.
Thomas Struth può immortalare le sale del museo con i suoi capolavori universali, coinvolgendo gli stessi visitatori,
che diventano anche loro elementi perfettamente integrati con l’ambiente circostante, in una sorta di teatralità silenziosa,
dove il turista appare trasfigurato in una comparsa della scena.
Ma Struth può anche avvicinarsi di più alle persone, colte nel momento in cui contemplano l’opera d’arte.
Ed è questo il suo segno più arguto e innovativo, scegliendo di ritrarre frontalmente la gente che guarda,
vista come dal punto di vista dell’opera: quasi uno studio psicologico dei modi di guardare e di recepire l’arte
di persone di diverse età, sesso e provenienza sociale.
Struth punta così a ritrarre la condizione esistenziale dell’uomo confrontato con la propria immagine nell’opera d’arte.
Ecco, allora, ritrovare nelle sue immagini folle di individui nelle più svariate attività:
possono ammirare estatiche l’opera, possono ascoltare la guida, possono distogliere l’attenzione e osservare altre persone.
Sono veri e propri saggi sull’osservazione, sull’osservare e sull’essere osservati.
Ma Struth affronta con la sua macchina fotografica anche le altre indagini tematiche come quelle legate alle chiese e ai luoghi sacri,
dove il fotografo trasfigura la monumentalità architettonica e spaziale, profusa di valori cromatici,
nella superficie invasiva di un “pattern” decorativo, come ad esempio realizza con la facciata del Duomo di Milano.
Duomo di Milano – interno
Un altro tema sono i cosiddetti “Paradisi”, scatti fotografici che ritraggono luoghi dove l’uomo non ha mai o ha raramente messo piede.
Qui scorre l’altro tema caro a Thomas Struth, quello della natura, dei territori incontaminati, delle foreste amazzoniche,
di una natura, insomma, che è protagonista assoluta in una dimensione parallela alla realtà urbana, un mondo senza tempo,
sospeso in una grandiosità sconosciuta e silenziosa.
Un tema spiazzante che appare opposto a tutta quella civiltà fatta di arte, di città e architetture finora perlustrate.
D’altronde, l’essenza di questa fotografia la indica lo stesso Struth quando afferma che
“cerco un dialogo tra passato e presente e la possibilità di cercare uno spazio di quiete nel nostro mondo frenetico“.
ALTRE SUE OPERE
Testo rielaborato da repubblica.it – immagini da vari siti – impaginazione T.K.
CIAO DA TONY KOSPAN




Solo per un caso fortuito ho potuto leggere questo tuo post. La rielaborazione di un articolo di mia cugina LAURA LARCAN.
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Sono un grande stimatore di Laura… cara Patty… e delle sue critiche d’arte.
Se vuoi… me la saluti e le comunichi la mia stima…
Spesso quando trovo nel web dei suoi articoli con piacere li diffondo…
Ciao…
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E ne sono felice, mia cugina è super. Lei ha scritto la prefazione del mio libro. Glielo farò sapere. Saluti Pattyrose!
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Grazie Patty…
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