Archivio per 2 novembre 2010

PRESI LE BRIGLIE – JIMENEZ – MINI DELLA BUONANOTTE   2 comments

 
 
 
 
PRESI LE BRIGLIE
Juan Ramon  Jimenez

Presi le briglie,
andai in giro a cavallo dell’alba;
penetrai, candido, nella vita.
Come mi guardavano, folli,
i fiori del mio sogno,
tendendo le braccia alla luna!
 
 
 
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BUONANOTTE
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TONY KOSPAN
 
 

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TONY KOSPAN

Pubblicato 2 novembre 2010 da tonykospan21 in BUONANOTTE IN MINIPOESIA, Senza categoria

MARC CHAGALL – ARTISTA DEL SOGNO   2 comments

 
 
 MARC CHAGALL
– ARTISTA DEL SOGNO –
 
 

 

Atmosfere oniriche e scenari fiabeschi.
Ma anche temi religiosi e il dramma dell’Olocausto.
Su tutto, la straordinaria forza del colore.
Omaggio ad un grande artista del Novecento,
in un percorso che meraviglia…

 

Omaggio  ad Apollinaire 

 
Marc Chagall nasce a Liosno, presso Vitebsk nel 1887.Dal 1906 al 1909 studia prima a Vitebsk, quindi Marc Chagall - Il carnevale notturno – 1963 - olio su tela - 130 x 162 cm - Caracas, Museo de Arte Contemporaneo Sofia Imber Parque Centralall’accademia di Pietroburgo, dove è allievo anche di Bakst. Nel 1910 si trasferisce a Parigi. Qui conosce le nuove correnti del momento, particolarmente il Fauvismo e il Cubismo. Si inserisce negli ambienti artistici d’avanguardia. Frequenta tra gli altri Guillaume Apollinaire e Robert Delaunay. Nel 1912 espone sia al Salon des Indépendants, che al Salon d’Automne. Delaunay lo fa conoscere al mercante berlinese Herwarth Walden, che nel 1914 gli allestisce una personale presso la sua galleria Der Sturm.Il sopraggiungere della guerra nel 1914 fa rientrare Marc Chagall a Vitebsk. Qui fonda l’Istituto d’Arte, di cui èdirettore fino al 1920, quando gli subentra Malevich. Si trasferisce a Mosca. Inizia a realizzare le decorazioni per il teatro ebraico statale “Kamerny”.Nel 1923 ritorna a Berlino e successivamente a Parigi. Qui ristabilisce i contatti e conosce Ambroise Vollard, che gli commissiona l’illustrazione di vari libri. Nel 1924 ha luogo una importante retrospettiva di Chagall presso la Galerie Barbazanges-Hodeberg. In seguito, effettua viaggi in Europa e anche in Palestina.Nel 1933 presso il Kunstmuseum Marc Chagall - Resistenza - 1937-48Basel ha luogo una grande retrospettiva. Ma quasi contemporaneamente avviene l’ascesa del nazismo al potere in Germania. Tutte le opere di Chagall vengono confiscate ai musei tedeschi. Alcune figurano nell’asta tenuta alla Galerie Fischer di Lucerna nel 1939. A Chagall non rimane che rifugiarsi in America.Nel 1947 fa ritorno a Parigi, e nel 1949 si stabilisce a Vence. Importanti mostre gli vengono dedicate dappertutto. Inizia la lunga serie di decorazioni di grandi strutture pubbliche. Nel 1962 disegna le vetrate per la sinagoga dello Hassadah Medical Center, presso Gerusalemme, e per la cattedrale di Metz. Nel 1964 realizza le pitture del soffitto dell’Opéra di Parigi. L’anno dopo è la volta delle grandi pitture murali sulla facciata della Metropolitan Opera House di New York. Nel 1970 disegna le vetrate del coro e del rosone del Fraumenster di Zurigo. Di poco successivo è il grande mosaico a Chicago.
Muore a Saint-Paul-de-Vence nel 1985.
 

 

 

 

Sposa dalla doppia faccia

 

L’elemento onirico nelle sue opere non fa più capo ad un inconscio privato, quale poteva essere quello surrealista, ma ad un inconscio culturale, puro kunstwollen che si materializza in forme fantastiche dai colori straordinari. Senza tarpare le ali dell’immaginazione, Chagall racconta la Storia. Con un’intensità unica ed appassionata.
 
 
Poesia d’amore
 
“L’ arte mi sembra essere soprattutto uno stato d’ animo”. 
Questo era per lui l’arte.
E cosa c’ era nel suo animo di pittore?
Tanti mondi diversi: i ricordi d’ infanzia, trascorsa nel villaggio russo di Vitebsk, le tradizioni ebraiche della sua famiglia, e poi tante città.
Pietroburgo, dove dipinge i primi quadri, densi di memorie infantili; Parigi, dove viene investito dalle novità delle avanguardie; e New York, vissuta da emigrato, con ancora negli occhi le tragedie della guerra.
 
 

La passeggiata

 
Tante immagini che si fondono in uno stile inconfondibile, un armonioso insieme di tradizione e modernità ravvivato da colori fiabeschi, sempre in bilico tra sogno e realtà.
Il mondo incantato di un pittore-poeta, che unisce le icone russe e il talmud, le geometrie cubiste e gli ardori futuristi, il teatro e la danza.
Un universo di immagini, simboli e favole firmato Marc Chagall.
 
 

 
 
da vari siti web… impaginazione Orso Tony
 
CIAO DA TONY KOSPAN
 
 
 
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Pubblicato 2 novembre 2010 da tonykospan21 in ARTE, Senza categoria

LA MAGIA DEL LUCCIO – UNA DOLCE FAVOLA RUSSA   1 comment

 

LA MAGIA DEL LUCCIO

UNA DOLCE FAVOLA RUSSA…

 

   

 

   

 
       
In  una sperduta isba della steppa russa viveva un’abbastanza numerosa famiglia: il vecchio padre, due figli sposati con le relative spose, un terzo figlio, scapolo. Tanto erano intelligenti i due figli maggiori, quanto sciocco e fannullone il terzo. Infatti se ne stava tutto il giorno seduto in cima alla grande stufa di terracotta, occupato a sgranocchiar nocciole. Faceva spallucce se gli chiedevano aiuto per qualche lavoro in casa o fuori.
– Và a prendere acqua al fiume – gli ordinarono un giorno le cognate, seccate di dover sempre far tutto loro. – I tuoi fratelli sono andati al mercato a far compere, chissà che non abbiano qualche regalino per te se ti comporti bene.
Emelja – questo il nome del pigro ragazzo – scese a malincuore dalla stufa e andò al fiume. Non faceva molto freddo, ma l’acqua era già ghiacciata.
Emelja praticò una buca nel ghiaccio ed ecco affacciarsi all’apertura un bel luccio, grosso pesce voracissimo. Svelto, come non mai, il giovane l’afferrò, pensando alla buona zuppa di pesce che le cognate avrebbero preparato.
Ma il luccio parlò con voce umana:
– Ti prego, lasciami andare, in compenso esaudirò qualche tuo desiderio.
– Temo che tu abbia a ingannarmi – rispose Emelja. – Dammi una prova del tuo potere. Ora riempio i miei secchi di acqua, fammi vedere se gli stessi vanno a casa da soli..
. D’accordo, riempi i secchi e poi ripeti con me: “Per volontà del luccio e per mio desiderio andate a casa a portare l’acqua”.
Emelja non aveva finito di pronunciare queste parole che già i due secchi si erano avviati.
L’indomani, visto che Emelja pareva ben disposto, le donne lo pregarono di andar nel bosco a spaccare legna.
Il giovane non fece una piega, si limitò a comandare: “Accetta, per volontà del luccio e per mio desiderio, và nel bosco e spacca legna”.
L’accetta sgusciò di sotto la panca, prese la porta e si avviò. Non passò molto tempo e la legna arrivò in casa da sola, qualche pezzo saltò addiritturta nella stufa.
Qualche tempo dopo le cognate dissero che sarebbe stata buona cosa preparare in casa una buona scorta di legna. Presto sarebbe arrivato il grande freddo ed era meglio esser previdenti.
Emelja si accomodò sulla slitta senza bisogno di cavalli, per volere del luccio e suo, lanciò la slitta a corsa pazza nel bosco, attraversò il paese mandando a gambe levate gli incauti passanti che non si scansavano in tempo.
Nel bosco l’accetta lavorò a tagliare dagli alberi i rami secchi, che, da soli, si radunavano sulla slitta, già raccolti in fascine.
Quando la slitta fu carica, Emelja ordinò all’accetta di tagliargli un bel bastone.
Sulla via del ritorno, Emelja era atteso dai compaesani inferociti, desiderosi di punirlo per quei ruzzoloni indesiderati. Ma purtroppo il bastone attaccò una danza selvaggia sui gropponi dei malcapitati.
La notizia di tante prodezze arrivò alla reggia. Lo zar ordinò a un ufficiale delle Guardie di andare a prendere Emelja e di portarglielo dinanzi. Ma il giovane rifiutò di recarsi a corte, disse che stava meglio a casa sua, seduto al calduccio della stufa.
Lo zar mandò allora un cortigiano. Questo, esperto uomo di mondo, si presentò a casa di Emelja con un vassoio di dolci: parlò prima con le cognate e poi col giovane:
– Il nostro sovrano vuole donarti un abito rosso, un cappello e un paio di stivali.
Allora Emelja ordinò alla stufa di recarsi alla reggia. Per poco lo zar non svenne quando lo strano veicolo entrò nella sala del trono. In quel momento s’affacciò alla porta la figlia dello zar ed Emelja, folgorato dalla bellezza della fanciulla – cadde in ginocchio dinanzi a lei. Giurò a se stesso che l’avrebbe sposata. Ma la principessa gli voltò le spalle senza degnarlo di un saluto.
Emelja ricorse al potere del suo amico luccio: desiderò che la bella principessa si innamorasse di lui. Cosa che puntualmente avvenne: la giovane si sentò ardere d’amore per Emelja e chiese al padre il permesso di sposarlo.
Mai più lo zar avrebbe acconsentito! Aver per genero uno zoticone simile! Ordinò al suo astuto cortigiano:
– Riportami qui vivo o morto quel fannullone, lo farò sparire.
Il cortigiano si recò alla casa di Emelja portando in dono un orcio di vino dolce e tanto ne fece bere al giovane che alla fine quello cadde in un sonno profondo, così poté farlo portare alla reggia dalle sue guardie.
Alla reggia era già stata preparata una grande botte ed Emelja vi fu chiuso dentro, solo che la principessa, venuta per caso a conoscenza del progetto paterno, volle condividere la sorte riservata al giovane di cui era innamorata. Entrò anche lei nella botte, senza che alcuno se ne accorgesse. A notte fonda la botte venne sigillata e gettata in mare.
Quando Emelja si svegliò, la principessa gli spiegò ciò che era avvenuto. E allora bastarono le poche arcinote parole magiche perché la botte approdasse a riva.
Ma quel tratto di spiaggia era deserto:
– Dove abiteremo, Emelja? Costruisci almeno una capanna.
Emelja borbottò le solite parole e non una capanna apparve, bensì un bellissimo palazzo.
– Ora non hai proprio più niente da chiedere al tuo luccio – sorrise la principessa. – Cioè, sì, un’ultima cosa: un’oncia di bellezza e due di intelligenza, per te, amore mio.
E così fu che Emelja divenne un bel giovane e quel che più conta intelligente.
Qualche tempo dopo lo zar, inconsolabile per la misteriosa sparizione di sua figlia, andando a caccia, passò da quelle parti e si meravigliò nel vedere il palazzo mai esistito prima.
Emelja lo accolse con grande signorilità.
– Ma chi siete, bel giovane? – domandò lo zar, incuriosito.
– Sono Emelja, non ricordate, Maestà?
In quel momento comparve la principessa:
– Padre mio! – e i due furono l’uno nelle braccia dell’altra.
Le nozze furono celebrate qualche giorno dopo con grande solennità.
 
 


 
 
 
dal web – impaginazione dell’Orso
 
CIAO DA TONY KOSPAN
 
 
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NOI E… L’INFINITO – B. PASCAL – COSA NE PENSIAMO?   Leave a comment

 
 
NOI E… L’INFINITO
Un pensiero di Pascal…
 
 
 
 
 
 
 
“Rendiamoci dunque conto delle nostre possibilità: noi siamo qualcosa, ma non siamo tutto; quel tanto di essere che possediamo ci nasconde la vista dell’infinito. […]
Questa è la nostra vera condizione, la quale ci rende incapaci di sapere con certezza e di ignorare assolutamente.
Noi navighiamo in un vasto mare, sempre incerti ed instabili, sballottati da un capo all’altro. Qualunque scoglio a cui pensiamo di attaccarci e restare saldi, viene meno e ci abbandona e, se l’inseguiamo, sguscia alla nostra presa, ci scivola di mano e fugge in una fuga eterna.
Per noi nulla si ferma.
Questa è la nostra naturale condizione, che tuttavia è la più contraria alla nostra inclinazione: desideriamo ardentemente trovare un assetto stabile e una base ultima per edificarvi una torre che si levi fino all’infinito, ma ogni nostro fondamento si squarcia e la terra s’apre in abissi”
(B Pascal)
 
 
 

 
 

La nostra capacità di visione e comprensione dell’infinita realtà

è di tutta evidenza assolutamente parzialissima.

Nel contempo sentiamo fortsissima l’esigenza di assoluto.

Dunque condivido in pieno il pensiero di Pascal e spesso ne ho parlato…

in post e poesie…

Ma voi che ne pensate? Sentite la nostra limitatezza…

 o immaginate di poter comprendere tutto?

 

Ciao da Orso Tony…

 

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poesia… etc…
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Pubblicato 2 novembre 2010 da tonykospan21 in RIFLESSIONI AFORISMI FILOSOFIE, Senza categoria

L’INFINITO MISTERO – BRONTE – FELICE MARTEDI’ IN POESIA E MUSICA   Leave a comment


 
 
 
 
 
 
 
Se non ricordi che Amore
t'abbia mai fatto commettere
la più piccola follia,
allora non hai amato
William Shakespeare
 

                

 

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 L’INFINITO MISTERO
Emily Bronte
 
Improvviso, il buio della casa
il sole  rischiarò,
il canto dei canarini rallegrò,
rianimò il salto del gatto,
ravvivò i fiori del giardino
le lacrime si tramutarono in sorriso,
il pianto in gioia
e la tristezza diventò quasi allegria:
oh, Amore, l’infinito
 
 

   
 
 
 
da Orso Tony
 
 
 

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2 NOVEMBRE E STORIA COMMEMORAZIONE DEFUNTI   Leave a comment

 

 
 
 
 
 
 
2 NOVEMBRE 2010
COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI
 
 
 
 

 

Oggi e’ d’obbligo

 rivolgere un pensiero una preghiera uno sguardo

ai nostri cari defunti…

 

 

 

 

Oggi e’ d’obbligo

fermarci un attimo in questa nostra vita affannosa…

per risvegliare in noi

ricordi… affetti, insegnamenti,  esempi…

che ci vengono da loro…

 

 

 

 

Per quanto riguarda i nostri cari avi…

in fondo noi siamo la  prosecuzione

senza soluzione di continuita’

del loro passaggio su questa terra…

ed i loro eventuali errori nulla sono in confronto

alla vita che ci hanno dato

 

Ma come'è nata la storia del 2 novembre? 

 

 
 
STORIA DELLA COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI
 
 
L’idea di commemorare i defunti in suffragio nasce su ispirazione di un rito bizantino,
che celebrava infatti tutti i morti il sabato prima della domenica di Sessagesima
ossia la domenica che attualmente nel rito romano coincide con quella delle Palme, all’incirca in un periodo compreso
fra la fine di gennaio ed il mese di febbraio
.
 
Nella chiesa latina il rito viene fatto risalire all’abate bedenettino sant’Odilone di Cluny nel 998: con la riforma cluniacense stabilì infatti che le campane dell’abbazia fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del 1 novembre per celebrare i defunti, ed il giorno dopo l’eucaristia sarebbe stata offerta “pro requie omnium defunctorum”; successivamente il rito venne estesa a tutta la Chiesa Cattolica.
 
Ufficialmente la festività, chiamata originariamente Anniversarium Omnium Animarum, appare per la prima volta nell’Ordo Romanus del XIV secolo.
 
Nel Rituale Romano, parte III, capitolo 54, Benedizione delle Tombe nella Commemorazione dei Fedeli Defunti si legge che nel 1563  « In molti modi le comunità parrocchiali esprimono questo senso della speranza cristiana. Per la commemorazione di tutti i fedeli defunti è consuetudine andare in processione al Cimitero e in tale occasione benedire le tombe. In questa o simili circostanze è opportuno promuovere una celebrazione con un apposito rito di benedizione. »
Oggi si celebra come Commemorazione di tutti i fedeli defunti .
 
In quasi tutte le regioni possiamo trovare pratiche e abitudini legate a questa ricorrenza.
Una delle più diffuse era l’approntare un banchetto, o anche un solo un piatto con delle vivande, dedicato ai morti
 
 

 
 
 
 
 
 
Ciao mamma… ciao papà…
ciao nonni… zii… amici etc…
che siete nel giardino del mistero…
 

 

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Un requiem… musicale… in memoria…

di tutti i defunti…

 

 

scarica il midi

 

 Cosa dire infine a chi ha avuto dei cari

morti molto prematuramente

se non le parole di Menandro?
 
 
 
 

MUORE GIOVANE CHI AL CIELO E’ CARO
 
 
 
ORSO TONY
 
 
 
 

AMI LEGGER… SCRIVER… POESIE?
DISCUTERNE  INSIEME ED IN AMICIZIA? 
VIENI ANCHE TU… NEL… 
  

ImageChef.com
 

Pubblicato 2 novembre 2010 da tonykospan21 in Senza categoria, STORIA... IN SENSO AMPIO

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