Archivio per 25 ottobre 2010

IL GIARDINO DEI FIORI – KABIR – MINI DELLA BUONANOTTE   4 comments

 
 
 
IL GIARDINO DEI FIORI
Kabir

Non andare al giardino dei fiori!
Oh amico! Non andarci!
E’ nel tuo corpo il giardino dei fiori!
Siediti sui mille petali del loto e…
… da lì, guarda l’infinita bellezza.
 
 
 
 
da Tony Kospan
 
 

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P O E S I A ? 
 
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UN MODO DIVERSO DI VIVERLA… 
ORSO TONY

 

Pubblicato 25 ottobre 2010 da tonykospan21 in BUONANOTTE IN MINIPOESIA, Senza categoria

BACH E MAGRITTE – CLASSICA ED ARTE   Leave a comment

  
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CLASSICA ED ARTE
 
 
 

 

 

BACH E MAGRITTE…

 

 
Bach                              Magritte
 
 
 
 
 
 
 
 
Un personalissimo accostamento… 
tra 2 grandi artisti… meglio dire forse geni…
uniti dalla suprema fantasia… e
dalla capacità d’inventare e mescolare stili diversi…
 
 
 
 
Ed ora ascoltiamo questo bel brano musicale…
magnifico esempio della grandezza musicale di Bach…
 
 
 
 
 
 
CIAO DA TONY KOSPAN
 

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Pubblicato 25 ottobre 2010 da tonykospan21 in ARTE MUSICA E..., Senza categoria

INVITI SUPERFLUI – DINO BUZZATI – RACCONTO SUBLIME   4 comments

INVITI SUPERFLUI 
 – DINO BUZZATI –
RACCONTO SUBLIME
 
Ho trovato questo racconto nel web… 
 
Mi ha molto entusiasmato… 
e m’ha fatto venir il desiderio ed il piacere
 di condividerlo con voi. 
 
 
Ma non voglio anticipare giudizi…
posso solo dirvi di leggerlo con calma
e di gustarlo con calma e fino in fondo…
 
 
 
 
 
INVITI SUPERFLUI
Dino Buzzati
 
 
Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.
Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi.

Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava.Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento.

 

 

 

Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.

Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi, e in date ore vaga la poesia congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene.

 
 
 

 

Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre delle città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo, sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola.

Ma tu – adesso mi ricordo – mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrar la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti di essere stanca; solo questo e nient’altro.

Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dei prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne.

 
 

 

Tu diresti “Che bello!”. Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora. Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti attorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata a esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno.

E non diresti “Che bello! “, ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici. Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di sé una specie di musica.

Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni.

Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo. è inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda.

 
 
 

Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare – ti prometto – gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore. Ma io ti avrò vicina.

E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo con donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo. Ma tu – adesso ci penso – sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.

 
 
 

 
Sì certo è un racconto…
ma come non accostarlo alle poesie sublimi?
 
Per me è straordinario il modo in cui,
pur non senza darlo a vedere… e quasi in sordina,
il racconto susciti in noi emozioni… visioni…
bellissime…
 
Ciao da Orso Tony 

 
 

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Pubblicato 25 ottobre 2010 da tonykospan21 in RACCONTI E TESTI SUBLIMI, Senza categoria

PILLOLINE D’UMORISMO… MA D’AUTORE…   2 comments

 
 
PILLOLINE D’UMORISMO…
MA D’AUTORE…
 
 
 
 
 
-L’ultima volta che sono entrato in una donna fu quando ho visitato la statua della Libertà.
(Woody Allen)
 
-Il sesso senza amore è un’esperienza vuota, ma tra le esperienze vuote è una delle migliori.
(Woody Allen)
 
– Non c’e’ più religione! Si esce un ora prima.
(Anonimo)
 
– Grazie a Dio, sono ateo.
(Luis Bunuel)
 
– Sono in crisi. In quanto megalomane mi credo Dio, ma in quanto ateo ho poca fiducia in me stesso.
(Max Greggio)
 
– Ho ricevuto un fax da Dio, diceva: “Cos’e’ un uomo senza fede?”. “Uno scapolo” gli rispondo.
(Ivan Della Mea)
 

– Per te sono un ateo, ma per Dio sono una leale opposizione.
(Woody Allen)
 
– Se mi sono riconciliato con Dio? Beh, ci salutiamo ma non ci parliamo.
(Voltaire)
 
– Il torto di Dio è di non aver brevettato l’uomo. Per questo ce ne sono in giro tante cattive imitazioni.
(Ida Omboni e Paolo Poli)
 
– Quando Dio creò l’uomo, era già stanco. Ciò spiega molto.
(Mark Twain)
 
– Dio ha creato l’uomo perchè era deluso della scimmia.
(Mark Twain)
 
– In amore bisogna non avere scrupoli, non rispettare nessuno. Se occorre, essere capaci di andare a letto con la propria moglie.
(Ennio Flaiano)
 
– Amore? Mah.. forse col tempo, conoscendoci peggio.
(Ennio Flaiano)
 
– Con le donne sono sempre stato un disastro, fin da bambino. Quando si giocava al dottore a me facevano guidare l’ambulanza.
(Boris Makaresko)
 

 

 

Ciaoooooooooooooooo
 
Orso Tony
 

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TONY KOSPAN

Pubblicato 25 ottobre 2010 da tonykospan21 in BUONUMORE, Senza categoria

GIANNI BERENGO GARDIN – FOTO D’ARTE – L’EMOZIONE DELLA REALTA’   Leave a comment

 
GIANNI BERENGO GARDIN
 fotografia & arte
 
L’EMOZIONE DELLA QUOTIDIANITA’ 
 
 
 
 
Negli anni cinquanta la ricostruzione culturale e morale portò l’estetica verso il realismo, un’evoluzione voluta da molti artisti e stimolata dai bisogni materiali di una generazione frustrata da vent’anni di teorie moderniste e chiusure di regime. Le prime influenze internazionali brandirono così la spada del risveglio e grazie ai rappresentanti d’oltreoceano (e non solo) i fotografi italiani edificarono il Neorealismo.
 
 

 

 
Scrisse efficacemente Cesare Pavese ne L’influsso degli eventi, in La letteratura americana, 1946: “Noi scoprimmo l’Italia […] cercando gli uomini e le parole in America, in Russia, in Francia e nella Spagna”.

 

 

 

                     
E’ bene quindi ripensare a quel periodo della cultura fotografica italiana cercando all’interno delle sue principali caratteristiche le evoluzioni della poetica dello stesso Gardin e di tutti coloro che direttamente o indirettamente entrarono i contatto con il Neorealismo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(Questa di Migliori e le successive testimonianze sono riprese dalle interviste presenti in: AA.VV., Gli anni del Neorealismo. Tendenze della fotografia italiana, Prato, Fiaf, 1998, n.d.r.).
 
 
 
 
 
 
Nel 1963 il grande maestro della fotografia italiana impresse uno scatto – non lontano da Siena – che racchiude l’essenza del mutamento. Una strada bianca s’inerpica nella campagna toscana. Pochi alberi ne seguono il tracciato. Un uomo e una donna camminano verso l’orizzonte. A riguardarla dopo trentacinque anni, Berengo Gardin riesce ancora a emozionarsi. “E’ come rivedere un figlio”, ammette e racconta di come questo scatto “racchiuda in sé il valore del documento”. Poi, spiega: “Sono ripassato per questa stessa strada dieci anni dopo e non esisteva praticamente più: per prima cosa è stata asfalta correggendo una delle curve, poi è stato costruito il guard rail. Infine gli alberi sono morti con la gelata del 1985”. 

 

 

 
Intorno proprio alla questione del Neorealismo è interessante leggere proprio la posizione in merito dello stesso Berengo Gardin, sempre ricordando che capire l’opera di un autore richiede un approfondimento, seppur minimo, sul periodo nel quale è vissuto e sulle influenze culturali che quel periodo è stato in grado di imprimere nella poetica e nell’estetica: “Forse non avevamo la consapevolezza di aderire al Neorealismo fotografico, etichetta che, beninteso, non ci dispiace affatto, si trattava di un esperienza irrinunciabile, di una risposta espressiva ad uno stato d’animo comune a tutti.”
 
 
 
 
 
 

    
Ritiene poi che le influenze di  – Life – e dei fotografi della Farm Security Administration, alla fine degli anni trenta, abbiano cambiato molte cose e impressionato molti animi. Il manifesto pubblicato proprio su Life nel ’36 esprimeva quei concetti che furono propri del successivo realismo italiano: “Vedere la vita, vedere il mondo, essere testimoni oculari di grandi eventi, osservare i volti dei poveri e i gesti dei superbi. Vedere e gioire nel vedere, vedere ed essere sorpresi, vedere e apprendere”.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Una lezione ancora valida che crea nei discorsi di Berengo Gardin, tuttora, grande suggestione e gli permette di affermare: “Fotografia di reportage – o, se preferite, Neorealismo fotografico – come possibilità di fotografare e interpretare le cose che accadono in modo che esse assumano e poi riescano a comunicare ulteriori significati.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La fotografia di questo autore è in definitiva una storia di luoghi e di volti, un lavoro costante che ripropone oggi, nella sua varia complessità, avvenimenti e situazioni di un’Italia povera, di un’Italia in continuo movimento ed evoluzione. Nei volti e nelle situazioni si riscoprono atmosfere lontane, luoghi fermi nel tempo, volti di statuaria memoria.

 

 

 
 
 
 
 
 
Le sue fotografie sono state insignite del prestigioso Lucie Awards, la massima onoreficenza per la fotografia che, in precedenza, era stata data a grandi maestri come Henri Cartier-Bresson, Gordon Parks, William Klein e Wily Ronis.
 
Testo dal web – impaginazione Tony Kospan
 
 
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PSICHE E SOGNO
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test poesia racconti riflessioni… etc…
Accomodati… è casa tua…

Pubblicato 25 ottobre 2010 da tonykospan21 in FOTOGRAFIA ARTE STORIA, Senza categoria

LA MIA FELICE BOCCA – HESSE – FELICE INIZIO DI SETTIMANA   Leave a comment

 

 
 
 

 

 

E' necessario correre dei rischi …
riusciamo a comprendere il miracolo della vita
solo quando lasciamo che l'inatteso accada.
Paulo Coelho

 

 

 
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LA MIA FELICE BOCCA
Hermann Hesse
 
La mia felice bocca nuovamente incontrare vuole
le tue labbra che baciando mi benedicono,
le tue dita care voglio tenere
e giocando congiungerle con le mie dita,
saziare il mio assetato sguardo col tuo,
avvolgere il mio capo nei tuoi folti capelli,
con le mie membra giovani e sempre sveglio voglio
rispondere ad ogni movimento delle tue membra
e da sempre nuovi fuochi d'amore
rinnovare mille volte la tua bellezza,
finché entrambi appagati e grati
ci troviamo felicemente sopra ogni dolore,
finché senza desideri salutiamo il giorno e la notte,
l'oggi e l'ieri come fratelli amati
finché camminiamo sopra ogni fare e ogni agire
come raggianti in una pace completa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

da Tony Kospan

 

 

 
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UN MODO DIVERSO DI VIVERLA… 
 TONY KOSPAN
 

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