Archivio per 14 novembre 2008

PESSOA ED IL SOGNO   Leave a comment

 
PESSOA ED IL SOGNO
 
 
La sua vita e le sue opere intrecci di altri nomi, testi, mondi di sogni.
 
Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler d’essere niente.
A parte questo,
ho in me tutti i sogni del mondo.
 
 
Difficile parlare di un prisma come Fernando Pessoa. Da dove cominciare?
dalla fama dei suoi eteronimi cioè numerose identità alternative da Pessoa create per scrivere poesie e romanzi, – uno su tutti Álvaro de Campos – che per lui erano più reali della sua stessa vita,
e a cui ha fatto scrivere poesie e libri che “da solo” non avrebbe potuto creare?
dal suo grande interesse per l’esoterismo e la teosofia, ereditato dalla famiglia, in special modo dalla zia Anica;
dalla sua influenza sulle avanguardie portoghesi ed europee in genere,
o ancora dalla sua biografia apparentemente insignificante, in un arco di tempo (1888-1935) in cui si muove un modesto impiegato che lavora per ditte import-export, che non “è niente”, ma ha in sé “tutti i sogni del mondo”?
Come si vede, i possibili approcci di presentazione di questo scrittore e poeta – affascinante e per certi versi misterioso – rivelano una molteplicità di sfaccettature.
Guardiamolo dunque al di là di tutto questo, soprattutto oltre quella immagine stereotipata che con il tempo gli si è stampata addosso.
E l’unico modo per farlo è dare voce alle persone che più lo hanno letto nella sua lingua originale, studiato, amato con passione e diffuso nel nostro paese: parliamo della Prof. Luciana Stegagno Picchio, la più grande studiosa vivente di letteratura portoghese, e dell’infaticabile Antonio Tabucchi suo allievo.
Attraverso le loro parole emerge la verità di questo straordinario fenomeno letterario inserito nel contesto socio-politico del suo tempo,
testimone di un profondo sentire che si barcamena con inquietudine nel continuo binomio realtà-sogno, consistenza-indeterminatezza, certezza-dubbio.
E, proprio per guidarci a meglio attraversare questo inedito ritratto del nostro Autore ecco alcuni cenni sulla sua vita.

Pessoa trascorse la giovinezza in Sudafrica, per poi tornare a Lisbona e iscriversi alla Facoltà di Filosofia.
Influenzato dal Romanticismo inglese e da Baudelaire, già a Città del Capo aveva iniziato a scrivere.
Poi, nel 1914, in un giorno che definì “trionfale”, arrivarono i suoi eteronimi,che lo portarono a creare i più significativi testi di prosa e poesia,
e un anno dopo, insieme al suo più caro amico Mário de Sá-Carneiro e ad altri autori,
fondò la rivista Orpheu, ispirata al futurismo e al cubismo.
Questa esperienza non durò a lungo, ma ebbe il grande merito di proporre nuovi percorsi per la poesia portoghese.
Unico amore della sua vita fu Ophelia Queiroz, collega di lavoro, con cui intraprese una fitta corrispondenza, fatta di lunghe pause, tra il 1920 e il 1930.
Unica pubblicazione in vita, a parte le poesie giovanili scritte in lingua inglese: Mensangem (1934), una raccolta in versi.
Tutto il resto – scritti di varia natura, che vanno dalla filosofia alla politica, dall’occultismo all’economia – fu pubblicato in quindici volumi dopo la sua morte, tra il 1942 e il 1978, grazie alla casa editrice Ática di Lisbona; quasi ignorato in vita – una vita che finì nel 1935 a causa di una crisi epatica dovuta all’abuso di alcool – fu emulato in seguito dalle generazioni successive.
Come scrive la studiosa Amina Di Munno nella postfazione al libro di poesie Il violinista pazzo, “accanto a una vita scandita sul piano umano dalla solitudine e dalla banalità di una routine monotona e modesta, senza viaggi e senza avventure reali (…), c’è l’altra, ricca, esuberante, creativa ed eccentrica, la vita letteraria, popolata di figure immaginarie che a loro volta pensano, palpitano, creano, comunicano, dialogano e polemizzano tra di loro: in una parola vivono”.
Non si può distinguere la vita di Pessoa, dunque, dalla sua fervida immaginazione: ciò che sognava, pensava e scriveva è parte essenziale del suo concetto di esistenza.
La vera vita è nella fantasia, l’unico modo per essere, per esserci, nel mondo e in sé stesso, accompagnato da altre vite possibili.
Scrisse il poeta portoghese in quello che poi divenne Il libro dell’inquietudine: “Sono quasi convinto di non essere sveglio.
Non so se non sogno quando sono vivo, se non vivo quando sogno, o se il sogno e la vita formano in me un ibrido, un’intersezione dalla quale il mio essere cosciente prende fisionomia per interpenetrazione”.
Il rapporto tra vita e sogno rimanda inevitabilmente a quello tra realtà e menzogna: temi vasti, complessi e astratti, che nei suoi scritti sono diventati carne viva, passione bruciante, tremolìo onnipresente. Diceva ne Il Marinaio: “Non oso guardare le cose. Come continua questo sogno?”
È con questa domanda che vi lasciamo partire alla scoperta di Fernando Pessoa.
 

 
AMARE E’ NON PENSARE
 
Io non ho filosofie: ho sensi…
Se parlo della Natura non è perchè sappia cosa essa è,
ma perchè la amo, e la amo per questo,
perchè chi ama non sa mai quello che ama
nè sa perchè ama, nè cosa sia amare…
Amare è l’eterna innocenza,
e l’unica innocenza, è non pensare…
 
 
 A OFELIA
 
Con chi mi hanno confuso
quando ti guardavo?
Posa la tua mano nella mia
e, senza guardarmi, sorridi.
Sorridi del tuo pensiero,
poiché io solo voglio pensare
che di me esso è fatto
e che lo hai per darlo a me.
Poi stringimi la mano
e volgi gli occhi a me…
Per chi mi hanno confuso
quando mi guardi così?
 
 

AUTOPSICOGRAFIA

 

Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.

E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.

E così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.

LONTANO, ALLA LUNA 

Lontano, alla luna,
sul fiume una vela,
serena passando,
che cosa mi rivela?

Non so, ma il mio essere
mi si rese estraneo,
e io sogno senza vederli
i sogni che ho.

Che angoscia mi allaccia?
Che amore non si dispiega?
E’ la vela che passa
nella notte che resta.

FINE

Testo liberamente tratto da un articolo di Francesca Di Mattia – Tra uno e nessuno: centomila .

Pubblicato 14 novembre 2008 da tonykospan21 in POESIE SUBLIMI

NON MI INTERESSA – FRAMMENTI DI SAGGEZZA INDIANA   Leave a comment

 
                         
   
FRAMMENTI DI SAGGEZZA INDIANA
 
 

 

NON MI INTERESSA

Non mi interessa cosa fai per vivere,
voglio sapere per cosa sospiri,
e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore.


Non mi interessa quanti anni hai,
voglio sapere se ancora vuoi rischiare
di sembrare stupido per l’amore,
per i sogni, per l’avventura di essere vivo.

Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna,
voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita,
o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.

Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo;
se puoi ballare pazzamente
e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita
senza prevenirci di cautela,
di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni
degli esseri umani.

Non voglio sapere se la storia
che mi stai raccontando sia vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro
per essere autentico a te stesso,
se puoi subire l’accusa di un tradimento e,
non tradire la tua anima.

Voglio sapere se sei fedele e quindi di fiducia.
Voglio sapere se sai vedere la bellezza
anche quando non è bella tutti i giorni
 se sei capace di far sorgere la tua vita
con la tua sola presenza.

Voglio sapere se puoi vivere
con il fracasso, tuo o mio,
e continuare a gridare all’argento di una luna piena: SI!

Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai,
mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore,
triste o spaccato in due,
e fare quel che si deve fare per i bambini.

Non mi interessa chi sei,
o come hai fatto per arrivare qui,
voglio sapere se sapresti restare
in mezzo al fuoco con me, e non retrocedere.

Non voglio sapere cosa hai studiato,
o con chi o dove,
voglio sapere cosa ti sostiene dentro,
quando tutto il resto non l’ha fatto.

Voglio sapere se sai stare
da solo con te stesso,
e se veramente ti piace la compagnia
che hai nei momenti vuoti.
                        

                     


Scritto da un’indiana della tribù degli Oriah (1890)

Ciao dall’Orso della Tribù degli Orsi Sognanti …

Pubblicato 14 novembre 2008 da tonykospan21 in PELLEROSSA NATIVI E ALTRE CULTURE

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